Il vero scandalo del Csm: autosospesi e strapagati

Altro che linea dura. I quattro membri del Consiglio superiore della magistratura inciampati nelle intercettazioni del «caso Palamara», scoperti mentre partecipavano alle cene con Luca Lotti in cui si spartivano le poltrone degli uffici giudiziari, sono in questo momento «autosospesi» dal Csm. 

Cosa significhi in concreto è presto detto: sono pagati senza lavorare. Non partecipano ai lavori delle commissioni, non si presentano al plenum. Se ne stanno a casa loro. E a fine mese prendono lo stipendio.

Antonio Lepre, Corrado Cantoni, Paolo Criscuoli (di Magistratura Indipendente) e Gianluigi Morlini (di Unicost) hanno respinto bruscamente l’invito esplicito dell’Associazione nazionale magistrati e quello – altrettanto netto, anche se implicito – del Quirinale a dimettersi dal Csm per salvaguardare l’immagine dell’istituzione. Lo hanno fatto perché le dimissioni suonerebbero come una ammissione di colpevolezza, e i quattro rivendicano la propria innocenza, sostenendo che Luca Lotti – il plenipotenziario di Renzi sul fronte delle nomine – si materializzò a fine cena senza essere stato annunciato. «Siamo vittime di una caccia alle streghe», dice Criscuoli. Posizione legittima. Ma non è irrilevante il fatto che evitando di dimettersi i consiglieri continuano a prendere lo stipendio. Certo, prenderebbero lo stipendio ugualmente se si dimettessero, come ha fato il loro collega Luigi Spina, e tornassero negli uffici di provenienza. Ma in quel caso dovrebbero lavorare.

La «autosospensione» ha, economicamente parlando, una sola conseguenza: la perdita dei gettoni di presenza, che sono collegati alla partecipazione dei lavori e delle commissioni. Venalità a parte, la scelta dei quattro consiglieri solleva un tema rilevante: la sostanziale inamovibilità dei membri del Csm. Se l’organismo di autogoverno dei giudici si è trasformato nel corso degli anni in un potere irresponsabile, sottratto a qualunque controllo, è anche per questo. E dovrà farci i conti anche il presidente Mattarella, i cui propositi di «tolleranza zero» rischiano di andare a sbattere contro le garanzie di cui godono i membri del Consiglio.

Nella giornata di giovedì, davanti alle richieste di dimissioni che venivano dai magistrati di mezza Italia, è dovuta intervenire Alessandra Dal Moro, consigliere Csm di Magistratura democratica, con una mail indirizzata alla base. È un documento interessante, perché fa capire che o i diretti interessati scelgono di togliere il disturbo dimettendosi, o mandarli a casa è impossibile.

La Dal Moro spiega che la «autosospensione» è solo un termine giornalistico, e che per i quattro si tratta di «volontaria astensione dei consiglieri coinvolti dalle attività consiliari». Una effettiva sospensione dalla carica o una decadenza definitiva sarebbero possibili solo in cinque casi. Assai ardui (e in alcuni casi del tutto impossibili) da verificarsi.

Primo caso: il magistrato sottoposto a procedimento penale per un reato non colposo può essere sottoposto a «sospensione facoltativa», ma serve un voto del Plenum a scrutinio segreto e con una maggioranza dei due terzi: improbabile. Secondo caso, la sospensione automatica in caso di procedimento disciplinare con sospensione dalle funzioni o dallo stipendio: ipotesi impossibile, perché i membri del Csm non sono considerati in servizio attivo e quindi non possono essere sottoposti a procedimento disciplinare. Terzo caso: la decadenza in caso di condanna disciplinare a una sanzione più grave dell’ammonimento: vedi sopra. Quarto caso, la decadenza in caso di condanna penale irrevocabile: che, visti i tempi della giustizia, arriva solo quando il membro ha già finito il suo mandato.

Resta il quinto caso: sospensione se il consigliere finisce in galera. Vabbé, almeno in quel caso si può cacciarlo. Provvisoriamente.

Rif:http://www.ilgiornale.it/news/politica/vero-scandalo-csm-autosospesi-e-strapagati-1707741.html

Palamara: Centofanti amico di tante toghe

“Non ho mai piegato la mia funzione a fantomatici interessi del gruppo Amara, della cui attività sono totalmente all’oscuro avendo avuto rapporti di amicizia e frequentazione esclusivamente con Fabrizio Centofanti, amicizia che per altro ha anche con importanti figure di vertice della magistratura ordinaria e amministrativa“. Lo afferma in una nota il pm Luca Palamara indagato a Perugia per corruzione.

Rif: http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2019/06/07/palamaracentofanti-amico-tante-toghe_3283303c-fbfd-4f05-bf27-ce2a6a2f6490.html

Quel telefonino di Palamara che terrorizza la giustizia

Il Pm indagato per corruzione è stato intercettato con un «trojan» per 9 giorni. E molti suoi colleghi tremano.

Dopo nove giorni in cui il suo nome è diventato il nome-simbolo del caso che scuote la magistratura italiana, Luca Palamara esce allo scoperto. 

Il pm romano, ex membro del Consiglio superiore della magistratura ed ex presidente della Associazione nazionale magistrati, indagato per corruzione dalla Procura di Perugia, rilascia una lunga dichiarazione pubblica: nessuna traccia di autocritica, neanche di fronte alla trivialità di alcune espressioni che il trojan installato sul suo telefono ha documentato, neanche davanti alla cruda realtà degli incontri con il renziano Lotti, con il piddino Ferri. Palamara rivendica la correttezza del proprio operato, e chissà se è solo un modo per difendere se stesso o anche per tranquillizzare le decine e decine di magistrati famosi e oscuri che con lui hanno interloquito in questi anni, e che ora tremano per quanto potrà venire ancora fuori.

«Voglio dimostrare che non sono e non sarò mai un corrotto e che non sono mai stato eterodiretto da nessuno nelle mie scelte. Non ho mai ricevuto favori e non ho mai preso la somma di 40 mila euro», dice Palamara. «I viaggi ed i regali sono stati da me direttamente pagati», aggiunge. Nega di conoscere Pietro Amara, l’avvocato siciliano considerato il burattinaio della cricca; ammette di essere amico di Fabrizio Centofanti, lobbista di area Pd e in affari con Amara, ma manda un messaggio esplicito: la frequentazione con Centofanti è «avvenuta peraltro anche con importanti figure di vertice della magistratura ordinaria e amministrativa». Non ero il solo a bazzicarlo, insomma. Se non è una chiamata in correità, poco ci manca.

Sul vero nocciolo dell’inchiesta, sul suo ruolo di smistatore di nomine e di carriere, dice solo di non essere mai stato «eterodiretto». Ma non nega, e sarebbe impossibile, di essere stato uno dei registi di una intera stagione di nomine giudiziarie, lottizzate tra correnti e sottocorrenti. Parla di un solo episodio, la nomina del procuratore di Gela per cui Amara voleva il pm di fiducia, Giancarlo Longo: «In plenum non prese neanche un voto», dice.

Ma le altre nomine? Cosa ha raccontato il cellulare di Palamara ai finanzieri del Gico? È questa la domanda che agita i sonni di molte toghe. Il virus inoculato dalle Fiamme gialle all’inizio di maggio ha raccontato in presa diretta le nomine dell’ultima fase, soprattutto le manovre intorno alla scelta del nuovo procuratore di Roma. Ma un buon trojan può avere succhiato la memoria interna del telefono, soprattutto i messaggi, per un periodo consistente.

Secondo indiscrezioni, sono state documentate le attività di Palamara a partire dal 2017. Più indietro non si è riusciti ad andare, anche per alcune accortezze dell’indagato (che di mestiere, va ricordato, fa il pm). Chi in questi anni ha avuto contatti telefonici con il leader di Unicost sostiene che nei quattro anni in cui è rimasto in carica al Csm Palamara avrebbe cambiato per tre volte il telefono.

Questo significa che comunque l’ultimo anno di attività del vecchio Csm può oggi venire raccontato attraverso i messaggi di Palamara. A venire illuminati possono essere non solo una sfilza di nomine chiave ma anche le relazioni di potere. Di Palamara, di leader pronti a trattare le nomine non nel Csm ma negli incontri privati con i politici e i loro emissari, ce n’erano anche altri, e anche questi nomi prima o poi verranno fuori.

Certo, ne sarebbero usciti altri, e più recenti, se l’indagine fosse andata avanti. Se il trojan a un certo punto non fosse stato disattivato. E se il suo collega Luigi Spina non avesse avvisato Palamara di essere indagato.

Intanto «Magistratura indipendente» se la prende con i giornalisti. La corrente invita i suoi uomini – Cartoni, Criscuoli e Lepre, tre dei quattro autosospesi del Csm – a «riprendere senza indugio le attività consiliari» e parla di «faziosa campagna di stampa» contro di loro.

Rif:http://www.ilgiornale.it/news/politica/telefonino-palamara-che-terrorizza-giustizia-1707739.html

La rete di Palamara e i magistrati usati per depistare le inchieste

Da Trani a Gela, l’intrigo per fermare i pubblici ministeri di Milano. Al centro l’avvocato Amara, il cui arresto ha svelato il mercato delle poltrone. La denuncia di un falso complotto doveva servire a spiare e boicottare l’inchiesta sulle mazzette in Africa.

BARI – Nel verminaio delle nomine ai vertici delle Procure italiane, c’è una storia che, da sola, spiega qual era e qual è la posta in gioco del Grande Domino. E documenta come alcune delle scelte cruciali di una delle più influenti correnti della magistratura associata, Unicost, siano state indirizzate e condizionate dall’uomo che sussurrava all’orecchio dei magistrati e trafficava per aggiustare sentenze. Un ragno dell’intrigo. L’avvocato siciliano …

Rif:https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2019/06/02/news/corruzione-227823080/

Tutte le ombre, penali e non, che si sono allungate sul Csm

Galeotto fu il conto e chi lo pagò, verrebbe da dire. Già, perché è partita anche da una serie di riscontri su pagamenti di soggiorni alberghieri e regali costosi, l’inchiesta della procura di Perugia che da una settimana sta squassando dall’interno il Consiglio superiore della magistratura, rallentando le decisioni sui vertici di alcune procure e generando fibrillazioni in seno all’Anm, nonché seria preoccupazione sul Colle più alto delle istituzioni repubblicane. Le indagini, condotte dalla Guardia di Finanza e coordinate dai pm perugini, nei giorni scorsi hanno portato all’emissione di un decreto di perquisizione dell’ufficio di Luca Palamara, pm a Roma, ex presidente dell’Anm ed ex consigliere del Csm. Dagli atti dell’inchiesta emerge uno scenario inquietante a diversi livelli: penale, correntizio, politico. 

IL PM E QUEI CONTI PAGATI 
L’indagine di Perugia prende le mosse da investigazioni pregresse su Fabrizio Centofanti, imprenditore rinviato a giudizio in un’inchiesta siciliana in cui sono coinvolti pure due avvocati, Piero Amara e Giuseppe Calafiore. Indagando su quel ginepraio, gli uomini delle Fiamme gialle hanno individuato fatture sospette, con pagamenti di conti per soggiorni in ho- tel italiani (a Madonna di Campiglio, nell’isoletta di Favignana, a Siena) o esteri (a Dubai), in favore del pm di Roma Luca Palamara, già presidente dell’Associazione nazionale magistrati ed ex consigliere togato del Csm (come esponente della corrente centrista di Unicost). Secondo gli inquirenti, mentre era in carica a Palazzo dei Marescialli, avrebbe ricevuto denaro per favorire la nomina di Giancarlo Longo a procuratore di Gela, poi non avvenuta. Proprio Longo (arrestato nel febbraio 2018 in un’inchiesta a Messina su casi di corruzione in atti giudiziari), interrogato dai pm siciliani nel luglio 2018, disse che «Calafiore gli avrebbe riferito di aver dato unitamente ad Amara la somma di euro 40mila a beneficio di Palamara per la sua nomina a procuratore di Gela», poi non concretizzatasi. Ancora, secondo la ricostruzione dei pm perugini, Centofanti avrebbe corrisposto a Palamara sin dal 2011 (quando il pm non ricopriva ruoli al Csm) utilità e vantaggi economici, destinati non solo a lui, ma anche alla sorella Emanuela e alla sua amica Adele Attisani (compreso un anello da 2mila euro): da soggiorni a Taormina, Favignana, in Toscana e a Dubai, fino a un cenone di Capodanno nel 2015 (456 euro). Secondo i pm, l’imprenditore avrebbe «operato come rappresentante » di un «centro di potere» anche «mediante atti corruttivi di esponenti dell’autorità giudiziaria». E «le utilità percepite nel corso degli anni da Palamara, dai suoi conoscenti e familiari ed erogate da Centofanti appaiono direttamente collegate alla sua funzione di consigliere dell’organo di autogoverno della magistratura ». Inoltre, si legge nel decreto di perquisizione, «il numero di donativi e il valore degli stessi non è spiegabile sulla base di un mero rapporto di amicizia ». Palamara, indagato per corruzione, è già stato interrogato due volte dagli inquirenti. E ha respinto ogni addebito: «Su di me si stanno abbattendo i veleni della Procura di Roma, ma non mi faccio intimidire – ha affermato –. Non ho ricevuto pagamenti, né regali, né anelli e non ho fatto favori a nessuno. Non ho mai parlato di Giancarlo Longo, né ho danneggiato qualche altro collega». 

RIVELAZIONE DI SEGRETI 
Indagato per rivelazione di segreto e favoreggiamento personale è il sostituto procuratore di Roma Stefano Rocco Fava: secondo i pm perugini, «comunicando con Palamara e rispondendo alle sue plurime e incalzanti sollecitazioni» gli avrebbe rivelato come gli inquirenti erano giunti a lui con accertamenti partiti «dalle carte di credito» di Centofanti e dalle verifiche sui pernottamenti negli alberghi. Per i medesimi reati è indagato anche Luigi Spina (membro togato del Csm, anche lui della corrente Unicost). Gli inquirenti sostengono che abbia rivelato a Palamara notizie relative all’inchiesta di Perugia, apprese per il suo ruolo nel Csm. Spina si è dimesso dal Consiglio superiore e tornerà a fare il pm a Castrovillari. 

INCONTRI CON POLITICI SULLA PROCURA DI ROMA
La vicenda penale si intreccia – con contorni ancora da accertare – con eventi legati alla decisione del Csm sulla successione, a capo della procura di Roma, di Giuseppe Pignatone. Da un lato c’è l’esposto, presentato a marzo dal pm Fava al Csm su presunte ragioni di astensione in capo all’ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e al suo aggiunto Paolo Ielo per gli incarichi che sarebbero stati assunti dai due fratelli dei magistrati, entrambi avvocati. Lo scorso 9 maggio (ignorando di essere ascoltati dai pm di Perugia, attraverso un ‘trojan’ inserito nel cellulare di Palamara), quest’ultimo e Spina incontrano i deputati del Pd Luca Lotti (indagato a Roma per l’inchiesta Consip) e Cosimo Ferri (ex sottosegretario alla Giustizia) e parlano della successione alla procura capitolina. A dei pourparler sullo stesso tema avrebbero partecipato anche i consiglieri del Csm Antonio Lepre, Corrado Cartoni, Gianluigi Morlini e Paolo Criscuoli (non indagati, ora autosospesi). Negli stessi giorni, il Csm sta vagliando le candidature, ristrette a una corsa a tre: Marcello Viola, Giuseppe Creazzo e Francesco Lo Voi. Ma questo terremoto mediatico e giudiziario allungherà i tempi della decisione.

Rif: https://www.avvenire.it/attualita/pagine/toghe-e-nomine-la-grande-matassa

Siracusa. Caso Palamara, si capovolge la vicenda di corruzione: Amara e Calafiore negano di aver dato 40 mila euro

Si tinge di giallo la vicenda della presunta corruzione dei quarantamila euro per fare eleggere l’ex pubblico ministero Giancarlo Longo dal Csm come capo della Procura della Repubblica di Gela. Gli avvocati Giuseppe Calafiore e Piero Amara prendono le distanze dal loro «amico» ed ex pubblico ministero Giancarlo Longo, il quale lo scorso anno ad agosto, alcuni giorni prima di chiedere il patteggiamento, aveva chiesto di essere sentito dai Pubblici Ministeri di Messina per accusare tre consiglieri togati del Csm di corruzione.

Siracusa. Caso Palamara, si capovolge la vicenda di corruzione:  Amara e Calafiore negano di aver dato 40 mila euro

Nella dichiarazione Longo aveva fatto riferimento ai suoi «amici» Calafiore e Amara i quali avevano pagato quarantamila euro per farlo eleggere dal Csm come capo della Procura della Repubblica di Gela. L’ex pm aveva fatto i nomi dei tre consiglieri togati del Csm, dei quali il più noto è l’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati Luca Palamara, sostenendo di averlo anche incontrato a Roma per sapere come mai non avesse ancora ricevuto la nomina: «Il collega Palamara mi rispose dicendo che la mia nomina a capo della Procura di Gela era stata bloccata personalmente dal presidente del Csm, il Capo dello Stato Sergio Mattarella».

I verbali contenenti la dichiarazione di Giancarlo Longo, sono stati riportati nei decreti notificati all’ex pubblico ministero Palamara, indagato per corruzione dalla Procura della Repubblica di Perugia.

Tale dichiarazione resa da Longo però viene smentita dagli avvocati siracusani. Calafiore ha affermato di «smentire il suo amico Giancarlo Longo, ma io non ho pagato i quarantamila euro di cui lui parla per chiedere al consigliere Palamara di farlo nominare dal Csm procuratore capo alla Procura di Gela. Piuttosto ho chiesto all’amico Fabrizio Centofanti di parlare con i suoi amici magistrati di Roma per dare una mano d’aiuto a Longo ma non risponde al vero che abbiamo pagato 40 mila euro per farlo nominare procuratore capo alla Procura di Gela».
A sua volta l’avvocato Piero Amara ha negato di essersi adoperato per la promozione dell’ex pubblico ministero Longo e ha preferito non entrare nel merito della vicenda Palamara. E’ caustico il suo commento sull’ex magistrato in servizio alla Procura di Siracusa, affermerebbe: «Longo è fuori di testa. Il mio commento mi pare chiaro su questa storia raccontata da Longo. Ripeto: Longo è totalmente fuori di testa».
Longo, che poi ha avuto applicata la pena di cinque anni di reclusione, con la richiesta di cedere il Tfr per risarcire le parti civili costituitesi contro di lui e di presentare la lettera di dimissioni dal Corpo della Magistratura, tentò di convincere i magistrati della Procura di Messina di mitigare la pena a quattro anni e sei mesi di reclusione in modo che lui potesse usufruire del beneficio di legge di espiare il residuo di quattro anni all’affidamento in prova, ma non ottenne lo sconto di pena che chiedeva.

Adesso l’ex pm Longo rischia di essere incriminato dai magistrati di Perugia per il reato di calunnia ai danni di Luca Palamara e degli altri due consiglieri togati del Csm che lui ha chiamato in causa per la sua mancata promozione a capo della Procura di Gela. Se non lo incriminano d’ufficio i magistrati di Perugia l’ex pm Longo potrebbe essere denunciato da Palamara il quale ha negato di avere ricevuto quarantamila euro dalla coppia Amara-Calafiore nè dall’imprenditore romano Fabrizio Centofanti e per dimostrare la veridicità della sua dichiarazione ha messo a disposizione degli inquirenti tutti i conti correnti bancari da lui aperti in vari istituti di credito. Per la cronaca l’ex pm Giancarlo Longo per vivere ha aperto una palestra a Napoli.

Sistema Siracusa, il silenzio di Ferraro: “nessuna collaborazione con i magistrati”. E il Csm, a pezzi, ricorda gli “anticorpi”: “tutto inizia con gli 8 PM”

Il 17 giugno la Cassazione dovrebbe omologare il patteggiamento di Amara e Calafiore a Roma, mentre il 20 giugno i due dovrebbero essere ascoltati a Messina e il 25 puntano anche al patteggiamento in continuazione

csm-interno

Il Consiglio superiore della magistratura è a pezzi. Quello che una volta era il Sistema Siracusa, adesso si è esteso così tanto da aver toccato forse uno dei momenti più bui della giustizia italiana. Il Csm è ridotto di un terzo dei togati e attende con timore le rivelazioni dell’inchiesta di Perugia. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dopo che avrebbe bloccato la nomina dell’ex Pm di Siracusa Giancarlo Longo a Gela, all’ultima riunione ha mandato il suo vice David Ermini, che esce bene dalle intercettazioni contro Lotti (secondo cui il magistrato non risultava sufficientemente collaborativo), Ferri e Palamara.

Dimissioni e sospensioni. Martedì altri due consiglieri – Gianluigi Morlini di Unicost e presidente della commissione che nomina i capi degli uffici e Paolo Criscuoli di Magistratura indipendente — si sono autosospesi e si aggiungono alle dimissioni di Luigi Spina di Unicost e alle sospensioni di lunedì sera di Antonio Lepre e Corrado Cartoni di Mi. Il vicepresidente del Csm, Ermini, alla fine lo dice chiaramente: questo Csm può andare avanti “purché la reazione a condotte non compatibili sia chiara, rapida, senza fraintendimenti”.

C’è anche Lotito. Le carte sembrano gettare un’ombra sulle nomine del Csm e in particolare su quella del procuratore di Roma, di cui Palamara parlava in un incontro con i deputati del Pd Cosimo Ferri e Luca Lotti e con 5 consiglieri togati. Le riunioni per scegliere il nuovo procuratore di Roma si sarebbero svolte a tarda sera in un albergo romano e oltre a Palamara, Ferri e Lotti c’erano i consiglieri del Csm Luigi Spina, Corrado Cartoni, Antonio Lepre, Gianluca Morlini e Paolo Criscuoli. E a queste rimpatriate notturne avrebbe preso parte anche il presidente della Lazio Claudio Lotito, che avrebbe omaggiato Palamara di biglietti da distribuire agli amici.

Quei magistrati coraggiosi. E mentre sono volati gli stracci tra il presidente dell’Anm Pasquale Grasso (“i magistrati coinvolti si dimettano“) e i togati del Csm sospesi (che hanno definito priva di fondamento la richiesta di dimissioni), durante la calda seduta del plenum un magistrato siciliano – catanese di nascita ma siracusana d’adozione, e di residenza – Concetta “Cochita” Grillo ha preso parola per ricordare a tutti da dove è partita la genesi dell’indagine, dall’esposto che 8 sostituti di Siracusa denunciarono a Messina la situazione in cui si trovava la Procura della Repubblica aretusea e che portò anche all’arresto del Pm Longo: “il ringraziamento va a questi 8 colleghi, molti anche di prima nomina, e a tutti quelli che senza paura danno la possibilità di andare a fondo in questa vicenda”.

Ferraro silente. Al momento la vicenda scaturita dal Sistema Siracusa investe le Procure di Perugia, Milano, Roma, Catania, Trani, Taranto, Matera e Messina passando per il Csm e la spinosa vicenda Eni. Da più parti si indica in Alessandro Ferraro, ritenuto per anni il braccio destro di Amara e che venerdì sarà ascoltato dai Pm milanesi proprio sull’affare Eni, uno dei possibili depositari di informazioni da parte degli avvocati Amara e Calafiore. Finora Ferraro ha deciso di difendersi nei processi e di non parlare con i magistrati (di Messina, Roma o Perugia…). E oggi l’imprenditore si limita a confermare la propria indisponibilità mandando un velato messaggio a qualcuno…: “non c’è alcuna collaborazione con i Pm, perché non avrei cos’altro aggiungere rispetto a quanto detto da Amara e Calafiore”. 

Giugno caldo. Ancora silenzio da parte sua, mentre le parole di tutti gli altri hanno aperto una voragine sulla credibilità della giustizia italiana. Mentre il 17 giugno la Cassazione dovrebbe omologare il patteggiamento di Amara e Calafiore a Roma, mentre il 20 giugno i due dovrebbero essere ascoltati a Messina (quando potrebbero emergere altre novità) e il 25 nuova udienza sempre al Tribunale peloritano con i due che puntano anche al patteggiamento in continuazione. Mentre… in questo momento sembra si stia giocando una partita a carte, con i giocatori seduti al tavolo (o al banco degli imputati) che di volta in volta danno le carte a piacimento. Una brutta partita, dove a perdere sono in tanti, in troppi.

Rif: http://www.siracusanews.it/sistema-siracusa-silenzio-ferraro-nessuna-collaborazione-magistrati-csm-pezzi-ricorda-gli-anticorpi-inizia-gli-8-pm/

La figura del giudice Longo trascina la Procura di Roma nella bufera

Il magistrato arrestato mentre era in servizio alla sezione distaccata di Ischia. Dall’inchiesta della Procura di Perugia emerge che i suoi presunti amici avvocati si erano interessati affinché Longo venisse nominato procuratore della Repubblica di Gela. Coinvolgendo l’allora membro del Csm Luca Palamara, che è stato anche presidente dell’Anm e attualmente in servizio all’ufficio inquirente di Roma. Si parla di una mazzetta per favorire la promozione dell’ex magistrato dell’ufficio giudiziario ischitano.

 L’inchiesta giudiziaria che coinvolse il giudice civile della sezione distaccata di Ischia Giancarlo Longo tiene ancora banco, creando una vera e propria bufera nell’ambito della magistratura. Come si ricorderà, Longo venne tratto in arresto dalla Guardia di Finanza su ordine del giudice per le indagini preliminari di Messina per corruzione nell’ambito delle funzioni da lui stesso detenute qualche anno prima presso la procura della Repubblica di Siracusa. I militari delle fiamme gialle giunti dalla città dello Stretto vennero accompagnati dai colleghi della tenenza di Ischia per prelevare il magistrato e condurlo in carcere, ove rimase fino all’udienza del riesame, ottenendo gli arresti domiciliari. La sua vicenda processuale si è chiusa qualche mese fa con una richiesta di patteggiamento accolta dal tribunale a cinque anni di reclusione, le dimissioni dall’ordine giudiziario e con la riparazione parzialmente del danno allo Stato.
Sembrava che tutto si fosse concluso “agevolmente”, ma così non è stato, in quanto i suoi due amici di un tempo, gli avvocati Pietro Amara e Giuseppe Calafiore, che hanno patteggiato anche loro le pene per i reati contestati, hanno collaborato con la giustizia. E si è appreso da fonti giudiziarie della Procura di Roma che uno dei due avrebbe riferito ai magistrati che sarebbe stata promessa una dazione di 40.000 euro ad un magistrato importante della stessa Procura della capitale, Luca Palamara, affinché spingesse per promuovere il loro amico, il giudice Giancarlo Longo, per la nomina a procuratore della Repubblica di Gela. Nomina che non è mai arrivata e che tutti gli interessati respingono. L’operazione si sarebbe potuta perfezionare per il tramite di Fabrizio Centofanti, amico del Palamara. Magistrato di un certo spessore e di rilevanza nazionale, per aver ricoperto la carica di presidente dell’Associazione nazionale magistrati e successivamente membro del Consiglio superiore della magistratura. E’ grazie soprattutto a quest’ultimo incarico che si sarebbe dovuto architettare questa promozione. Rimasta nel cassetto, anche perché esplose oltre un anno e mezzo fa la famosa inchiesta della Procura di Messina che portò all’arresto sia del Longo che dei due avvocati che avevano una capacità innata di relazionarsi con il bel mondo dell’alta finanza e anche con altri rappresentanti istituzionali. Ognuno in quella fase cercò di respingere l’accusa, ma gli elementi raccolti furono tali da consigliare i diretti interessati ad avere un atteggiamento ben diverso, in quanto oltre a Messina indagava Roma, attirando quegli stessi avvocati nella sfera investigativa per aver avuto rapporti finanche con qualche personaggio della giustizia amministrativa intervenuto per favorire i loro interessi o quantomeno dei clienti che rappresentavano. Un peso accusatorio di dimensioni tali da costringere i due professionisti a cambiare strategia difensiva. Collaborando, tant’è vero che la loro richiesta di patteggiamento venne accordata dai pubblici ministeri in tre anni di reclusione. E nell’ambito dei verbali acquisiti e in parte secretati, gli atti vennero trasmessi per competenza alla procura della Repubblica di Perugia nelle indagini nei confronti dei magistrati capitolini. Tant’è vero che si parla anche di una iniziativa che non trovò pieno consenso da parte di un magistrato della pubblica accusa di Roma, non collimando con le conclusioni con cui erano giunti il procuratore Pignatone e il suo aggiunto Ielo, che decisero che non vi erano le condizioni per proseguire nelle indagini nei confronti di uno degli avvocati che aveva ammesso alcune circostanze che avevano poi indotto a trasmettere gli atti ad altra autorità giudiziaria. Tanto da essere sollevato dall’inchiesta. Il magistrato in questione non si diede per vinto e segnalò l’accaduto anche al Consiglio superiore della magistratura.

L’INCHIESTA DELLA PROCURA DI PERUGIA
Poi la situazione è completamente esplosa con l’iniziativa dei pubblici ministeri di Perugia di procedere alla perquisizione nell’abitazione del sostituto procuratore di Roma Palamara. Il quale si è dichiarato estraneo, di non aver ricevuto un becco di un centesimo dando la massima disponibilità a verificare i suoi movimenti bancari e le risorse finanziarie da lui possedute negli ultimi anni. Ammettendo solo di avere dal 2008 un rapporto di amicizia con il Centofanti, che all’epoca era uno stimato imprenditore e che non era stato mai coinvolto nelle indagini. Lo stesso Centofanti, sentito dagli inquirenti, ha escluso categoricamente di aver fatto da tramite per convincere il suo amico magistrato a sponsorizzare nell’ambito del Csm la nomina di Giancarlo Longo a procuratore capo di Gela. Lo stesso indagato ha dichiarato ai magistrati che lo hanno interrogato in queste ultime ore di non aver mai fatto parte della commissione per gli incarichi direttivi del Csm e che quella nomina non è stata mai presa in considerazione dall’organo di autogoverno della magistratura. Tutto sarebbe una vera e propria montatura.
Ma cosa c’è dietro questa inchiesta che sta sconquassando la magistratura italiana? Alcuni ritengono che vi sia una vera e propria contrapposizione in relazione alla nomina del nuovo procuratore capo di Roma, essendo il Pignatone in quiescenza e si sarebbe dovuto discutere anche della promozione del Palamara a procuratore aggiunto. Quest’ultimo ha titoli per ricoprire tale incarico, anche per essere uno degli esponenti di rilievo della corrente Unicost, tra le più rappresentative nel panorama dei giudici. Avendo ricoperto ruoli di livello nazionale prima come presidente dell’Anm e poi consigliere del Csm.

LE NOMINE
Lo sconquasso coinvolge altri aspetti che sono all’attenzione del plenum. Soprattutto le nomine dei capiufficio di Procure importanti. Oltre Roma, di cui abbiamo fatto cenno poc’anzi, c’è quella di Perugia, che indaga sui fatti accaduti nell’ufficio romano e come si sa i concorrenti sono numerosi. Tra cui magistrati di provata esperienza come Raffaele Cantone, a capo dell’Anticorruzione, o come Giuseppe Borrelli, procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Entrambi aspirano a sedersi sulla poltrona più importante della Procura di Perugia insieme ad altri due autorevoli magistrati che siedono attualmente negli uffici della Procura generale.
Tutta questa storia è partita da una piccola Procura siciliana, quella di Siracusa. Dove Giancarlo Longo era uno dei sostituti di punta e che aveva rapporti con gli avvocati Amara e Calafiore, che rappresentavano gli interessi in alcune indagini dell’Eni. Una multinazionale italiana che si occupa di idrocarburi, le cui attività erano sottoposte al vaglio dell’ufficio inquirente di Milano. Siracusa contestualmente apriva una nuova indagine sempre riferita alle attività dell’Eni e si chiedevano informazioni ai magistrati milanesi, ma non per approfondire taluni filoni aperti, ma solo per conoscere quali fossero gli elementi raccolti per giungere a dei “favori”. Un intreccio mostruoso che, come evidenziano gli ultimi sviluppi, ha interessato la Procura più importante del nostro Paese. Per le amicizie, le conoscenze e gli interessi che ruotano in determinate strutture finanziarie ed imprenditoriali. Rendendosi a questo punto necessario un intervento del Consiglio superiore della magistratura e delle alte sfere dell’Ufficio Ispezioni del Ministero e del procuratore generale presso la Cassazione affinché vengano dissipate storture e coinvolgimenti di personaggi che rappresentano le Procure più importanti italiane.

Rif:http://www.ildispariquotidiano.it/it/la-figura-del-giudice-longo-trascina-la-procura-di-roma-nella-bufera/

Magistrati indagati, intercettato con Palamara anche un pm dell’Antimafia

Magistrati indagati, intercettato con Palamara anche un pm dell’Antimafia

Si tratta di Cesare Sirignano, stimato investigatore che si è occupato anche di camorra. Non poteva sapere che il collega fosse intercettato perché indagato per corruzione dalla procura di Perugia. Anche perché Palamara è l’ex presidente dell’Anm e leader della sua stessa corrente, Unicost.

Il trojan installato nel cellulare di Luca Palamara ha intercettato anche la voce di un pm della Direzione nazionale antimafia. Si tratta – come racconta il Corriere della Sera – di Cesare Sirignano, già pm a Napoli molto stimato per il suo lavoro contro la camorra. Non poteva sapere che il collega fosse intercettato perché indagato per corruzione dalla procura di Perugia. Anche perché Palamara è l’ex presidente dell’Anm e leader di Unicost, la stessa corrente di Sirignano.

Il 7 maggio scorso Palamara parla con Sirignano. Nel decreto di perquisizione eseguito dalla guardia di finanza giovedì 30 maggio gli investigatori scrivono che “l’argomento è l’individuazione di un candidato da appoggiare da parte di Luca Palamara per l’incarico di procuratore di Perugia”. “Ma io non c’ ho nessuno a Perugia… zero”, dice il pm sotto indagine che “si informa su uno dei tanti candidati, consociuto ed in contatto con il suo interlocutore”. “Nel prosieguo del dialogo si comprende che, secondo il citato collega, Palamara non avrebbe alternative (per problemi e logiche di correnti qui irrilevanti) se non ‘appoggiare’ il candidato di cui parlano e a quel punto l’indagato chiede: Chi glielo dice che deva fare quella cosa lì”. E “a seguito di chiarimenti, infine chiearisce: ‘Deve aprire un procedimento penale su Ielo…cioè stiamo a parlà di questo…non lo farà mai”. 

Dei tentativi di delegittimazione di Paolo Ielo, procuratore aggiunto di Roma, tra l’altro, sarebbero stati informati o deputati del Pd Luca Lotti e Cosimo FerriL’incontro è quello raccontato dal Fatto Quotidiano tra Palamara, l’ormai ex consigliere del Csm Luigi Spina (che si è dimesso ieri) e i due esponenti dem: Ferri è un ex magistrato, già sottosegretario dei governi Letta, Renzi e Gentiloni, e leader della corrente di Magistratura Indipendente, l’ex ministro Lotti, invece, è imputato dalla procura di Roma per l’inchiesta Consip. Il 9 maggio scorso Spina li avvisò che allegato all’esposto trasmesso al Csm dal sostituto procuratore di Roma Stefano Fava – indagato come Spina per violazione di segreto e favoreggiamento – c’ era anche “un cd secretato”. Il dischetto Il dischetto conteneva dei file su un incarico affidato al fratello di Ielo dalla società Condotte.

Martedì il caos che ha travolto la magistratura finirà sul tavolo del Csm, che ieri ha convocato un plenum straordinario per il 4 giugno.“Si impone oggi un confrontoresponsabile tra tutti i componenti per la forte riaffermazione della funzione istituzionale del CSM a tutela dell’intera Magistratura”, hanno fatto sapere ieri da Palazzo dei Marescialli specificando che la riunione del consiglio è fissata per le 16.30. Nel corso della riunione “verrà anche preso atto delle sopravvenute dimissioni del Consigliere Luigi Spina”. Intanto la questione approda alla parata di via dei Fori Imperiali. A margine delle manifestazioni per la festa della Repubblica, il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha chiesto al vicepresidente del Csm, David Ermini: “Come va?”. Il numero due di Palazzo dei marescialli, alla luce dei recenti avvenimenti che hanno coinvolto le procure, ha risposto: “Forza, forza… Andiamo avanti”.

Rif:https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/02/magistrati-indagati-intercettato-con-palamara-anche-un-pm-dellantimafia/5226393/

È caduta la fiducia nei giudici. Mattarella e il Csm facciano in modo che la piaga purulenta venga isolata

e anche i giudici sono corrotti, che speranza rimane a questa sventurata Italia? È la domanda che mi sento rivolgere spesso in questi giorni. E non mi stupisce: sono giorni segnati dalle cronache sconvolgenti che vedono una parte del Consiglio superiore della magistratura, il massimo organo di autogoverno del potere giudiziario, coinvolto in manovre di bassa lega, con accuse che vanno dalla collusione col potere politico per truccare l’esito delle nomine nei posti chiave della magistratura, fino al presunto pagamento di mazzette o regalie varie, non escluso un gioiello per l’amica di uno dei personaggi coinvolti.

Dunque, quale speranza c’è per questo sventurato Paese? Se è vero che la speranza è l’ultima a morire, è anche vero che sembra avere già un piede nella fossa. I fatti, ampiamente riportati da questo giornale, sono noti. Membri di quel Csm che governa o dovrebbe governare il potere giudiziario in totale indipendenza dal potere politico come vuole la Costituzione, appaiono implicati in illeciti mercati, in combutta con soggetti della politica. Stiamo parlando di almeno cinque membri del Csm su un totale di diciotto, togati compresi.

Stando alle registrazioni audio degli inquirenti, il giudice Luca Palamara, ex consigliere del Csm ed ex presidente dell’Anm, e cinque consiglieri in carica del Csm, brigavano con due uomini politici per scegliere i nomi su cui convogliare i voti per la nomina a Procuratore di Roma e di Perugia. I politici in questione, entrambi del Pd, sono Cosimo Ferri(magistrato che è stato sottosegretario alla Giustizia nei governi Letta, Renzi e Gentiloni, prima di diventare deputato) e Luca Lotti, quest’ultimo all’epoca ministro dello sport del governo Renzi ed eminenza grigia del “giglio magico” renziano.

I congiurati puntavano non solo ad ottenere in proprio vantaggi di posizione e inchieste mirate, da usare come un’arma: avrebbero puntato – secondo l’accusa – anche a “farla pagare” all’ex Procuratore di Roma, Pignatone, che aveva inquisito Lotti per la vicenda Consip. Lotti, scrive il Corriere della sera, “appare determinato a vendicarsi di Pignatone” e vuole scegliere il prossimo Procuratore di Roma “per contare su una pubblica accusa a lui più favorevole”. Lo stesso Lotti vuole escludere dalle nomine il magistrato Creazzo “che ha fatto arrestare i genitori di Renzi”.

giustizia

Sono accuse tremende, che disegnano uno Stato in cui i due poteri separati e distinti, quello giudiziario e quello legislativo, in teoria l’uno cane da guardia dell’altro, si colludono con uno stesso intento illegittimo e sostanzialmente sovversivo. Non è un caso che qualcuno abbia evocato la P2. E non è un caso che il vicepresidente del Csm Davide Ermini, in un drammatico discorso, abbia detto: “O sapremo riscattare coi fatti il discredito che si è abbattuto su di noi o saremo perduti”.

Personalmente so con certezza che molti giudici fanno onore alla toga che indossano. Ma i fatti di questi giorni dimostrano con altrettanta certezza che una parte dell’organismo è infetta. L’unica speranza è che l’organo di autogoverno e il presidente Mattarella, che presiede il Csm, facciano in modo che la piaga purulenta venga isolata e ripulita, prima che la cancrena dilaghi ulteriormente. Noi aspettiamo.

Rif:http://www.lanotiziagiornale.it/e-a-rischio-la-fiducia-nei-giudici-mattarella-e-il-csm-facciano-in-modo-che-la-piaga-purulenta-venga-isolata/