Indagato Patroni Griffi. E spunta il solito Amara

Finora il Consiglio di Stato, il tempio della giustizia amministrativa, era rimasto ai margini del gorgo di veleni che ruota intorno all’avvocato Piero Amara, il legale siciliano divenuto la «gola profonda» di almeno tre Procure della Repubblica. Un magistrato contabile era finito sotto accusa, ma i vertici non erano stati chiamati in causa. Ieri a colmare la mancanza arriva lo scoop del Domani che racconta come nel mirino delle rivelazioni di Amara sia finito anche il massimo rappresentante del Consiglio di Stato: il primo presidente, Filippo Patroni Griffi, che si ritrova indagato dalla Procura di Roma per induzione indebita.

Come spesso accade, c’è di mezzo una gentile signora cara all’alto magistrato: Giada Giraldi, una amica che Patroni Griffi fa assumere in una azienda controllata da Amara, la Dagi srl. Stipendio, quattromila euro. Sarebbe solo una cortesia, magari un po’ irrituale, se di mezzo non ci fossero le cause che nello stesso periodo approdano sulla scrivania di Patroni Griffi – che allora presiedeva la quarta sezione del Consiglio – e che riguardavano la Exitone, una azienda assistita proprio da Amara.

Davanti alle notizie di stampa, ieri dagli ambienti del Consiglio di Stato si fa presente che in realtà Patroni Griffi prese una decisione contraria alla azienda di Amara, la Exitone, ribaltando un provvedimento assunto dal giudice Riccardo Virgilio, già finito nella rete. Ma il risultato non cambia, la posizione di Patroni Griffi sembra traballare, anche perché a fare da tramite tra lui e Amara sarebbe stato l’imprenditore Fabrizio Centofanti, già salito alle cronache come amico di Luca Palamara e (secondo le accuse) finanziatore di alcune sue spese.

In attesa degli sviluppi dell’indagine, l’inchiesta su Patroni Griffi sembra confermare quanto si ipotizza da tempo: e cioè che i verbali resi in segreto da Piero Amara e tuttora coperti da segreto istruttorio, sono ormai in circolazione in tutta Italia, nelle mani di diverse procure, e costituiscono un tesoretto di rivelazioni pronte a deflagrare. Secondo gli atti depositati dalla Procura di Perugia, che ha ricevuto anche lei una parte dei verbali di Amara, sebbene coperti da ampi omissis, gli interrogatori cruciali dell’avvocato siciliano sono stati resi in più riprese a Milano, davanti al sostituto procuratore Paolo Storari, nell’ambito di un procedimento penale aperto già dal 2017. In questo contesto, nell’autunno 2019 Storari interroga Amara per quattro volte di fila: il 18 e 24 novembre, poi il 5 e il 16 dicembre. Il 29 gennaio successivo, i vertici della Procura trasmettono una parte delle dichiarazioni di Amara a Fabio De Pasquale, procuratore aggiunto del processo Eni: in mezzo agli omissis ci sono le accuse lanciate da Amara contro il presidente del tribunale che celebra il processo, Marco Tremolada. De Pasquale, che teme che Tremolada intenda assolvere i vertici di Eni, cerca invano di fare entrare i verbali di Amara nel processo. A quel punto il fascicolo, come era doveroso, viene trasmesso alla Procura di Brescia che archivia tutto: quelli di Amara contro Tremolada sono veleni senza sostanza.

Ma di nomi, nei verbali raccolti da Storari, ce ne sono molti altri. I termini massimi per le indagini preliminari sono scaduti da tempo, e quali siano le intenzioni del pm milanese per chiudere l’inchiesta non si sa. Ma intanto i verbali inviati per competenza qua e là per l’Italia sono oggetto di una sorta di gossip giudiziario, sul loro contenuto e sulle persone che vi vengono chiamate in causa circolano voci incontrollate e incontrollabili. Pare che circolino anche copie anonime, forse apocrife. Ieri si apprende che uno dei nomi finora coperti da omissis era Patroni Griffi. Chi sarà il prossimo?

Rif: https://www.ilgiornale.it/news/politica/indagato-patroni-griffi-e-spunta-solito-amara-1941431.html

Consiglio di Stato, “indagato il presidente Patroni Griffi per induzione indebita. Per i pm ha fatto pressioni per favorire un’amica”

Consiglio di Stato, “indagato il presidente Patroni Griffi per induzione indebita. Per i pm ha fatto pressioni per favorire un’amica”

l quotidiano ‘Domani’ riferisce dell’iscrizione del registro degli indagati dell’ex ministro del governo Monti da parte della Procura di Roma. Secondo l’accusa, avrebbe indotto l’avvocato Piero Amara (indagato con la stessa ipotesi di reato) a non licenziare Giada Giraldi, sua amica.

Indagato per induzione indebita ‘a dare o promettere utilità’”. È questa l’accusa con cui Filippo Patroni Griffi, presidente del Consiglio di Stato, è stato iscritto dalla procura di Roma nel registro degli indagati. La notizia viene riportata dal quotidiano il Domani, in cui si legge che l’ex ministro del governo Monti, capo del più importante organo della giustizia amministrativa, nel 2017, quando era presidente della quarta sezione di palazzo Spada, avrebbe indotto l’avvocato Piero Amara(indagato con la stessa ipotesi di reato) a non licenziare Giada Giraldi, un’amica dell’alto magistrato. Esperta in relazioni istituzionali – si legge sul quotidiano – Giraldi sarebbe stata assunta tempo prima in un’azienda di Amara, la Da.gi srl. Amara le avrebbe fatto un contratto da circa 4-5mila euro al mese, dopo una raccomandazione arrivata da un suo socio in affari, Fabrizio Centofanti,imprenditore finito sui giornali celebre perché accusato di aver corrotto il pm Luca Palamara. Secondo i pm, però, sarebbe stato proprio Patroni Griffi a sollecitare Centofanti (al tempo socio di Amara) affinché trovasse un posto di lavoro alla ragazza”.

Rif: https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/04/23/consiglio-di-stato-indagato-il-presidente-patroni-griffi-per-induzione-indebita-per-i-pm-ha-fatto-pressioni-per-favorire-unamica/6175237/

Magistratura, l’alta toga Patroni Griffi indagata: “Ha favorito un’amica”, duro colpo al Consiglio di Stato

Pure Palazzo Spada – sede autorevole del Consiglio di Stato – rischia di finire sotto i riflettori per una vicenda che riguarda in prima persona uno dei suoi vertici. Notizia di qualche giorno fa è quella che riguarda l’iscrizione nel registro degli indagati, da parte dei pm della Procura di Roma, proprio del presidente dell’organo costituzionale (il più importante della giustizia amministrativa), Filippo Patroni Griffi. Il caso, riportato dal quotidiano Domani, vede l’alto magistrato ed ex ministro della Pubblica amministrazione del governo Monti «indagato per induzione indebita “a dare o promettere utilità”» nei confronti di una donna, sua conoscente.

rif: https://www.liberoquotidiano.it/news/italia/27007595/magistratura-alta-toga-patroni-griffi-indagata-favorito-amica-duro-colpo-consiglio-stato.html

Dopo Palamara non è cambiato nulla: “Spartizioni e clientele, toghe sempre uguali”

Dopo Palamara non è cambiato nulla: “Spartizioni e clientele, toghe sempre uguali”

Che cosa è cambiato nella magistratura e nel suo organo di autogoverno a distanza di oltre due anni dallo scoppio del Palamaragate? La risposta è semplice: nulla. «Anche se appare incredibile, non si profila all’orizzonte alcuna efficace riforma e quelle che si profilano costituiscono un rischio di aggravamento della situazione». Lo scrivono i magistrati “dissidenti” di Articolo 101, il gruppo nato per contrapporsi alla strapotere delle correnti, in una mozione, poi non ammessa, presentata all’ultima assemblea dell’Associazione nazionale magistrati.

«La vicende accadute negli ultimi anni hanno reso manifesto a tutti il livello di degenerazione del Consiglio superiore della magistratura da lungo tempo denunciato da alcuni degli addetti ai lavori e agli osservatori attenti della materia», esordiscono i giudici Giuliano Castiglia, Stefania Di Rienzo, Ida Moretti e Andrea Reale. La spartizione degli incarichi, infatti, non è un tema recente. Sono anni che i gruppi della magistratura associata si spartiscono le nomine al Csm. Il Palamaragate ha soltanto contribuito a rendere di pubblico dominio un sistema rodato e collaudato. Nel mirino delle toghe antisistema è finita la “raccomandazione”, in proprio o da parte di terzi. Le chat contenute nel telefono di Palamara sono il migliore esempio possibile di come funziona il meccanismo: un pressing fortissimo sul consigliere del Csm per ottenere un incarico. Raccomandazione, poi, fa rima con ricerca del consenso. Il ragionamento sul punto è molto lineare.

Il Csm si è trasformato da organo di garanzia a organo di rappresentanza delle correnti e della gestione degli equilibri interni della magistratura, dando vita a un sistema clientelare che è habitat ideale per le pressioni dall’esterno.
Le toghe di Articolo 101 hanno anche fatto un elenco delle decisioni del Csmche sono maggiormente oggetto di condizionamento esterno: oltre agli incarichi direttivi e i “fuori ruolo”, i posti di consigliere di Cassazione, di sostituto procuratore generale e di addetto al Massimario. A tal proposito le toghe di Articolo 101 sottolineano le decisioni del giudice amministrativo che bocciano le scelte del Csm. Gli ultimi casi sono le nomine dei componenti del Comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura di Scandicci e dei procuratori aggiunti di Napoli. «La Commissione ha deciso prima il nominativo da proporre, sulla base di inesplicate ragioni, e successivamente ha confezionato la relativa motivazione predisponendo il testo da sottoporre al Plenum», aveva scritto il Tar a proposito degli aggiunti napoletani. Tutto ciò ha come conseguenza di indebolire l’esercizio della giurisdizione.

Rif: https://www.ilriformista.it/dopo-palamara-non-e-cambiato-nulla-spartizioni-e-clientele-toghe-sempre-uguali-249050/?refresh_ce

Corruzione in tribunale: chiesto il processo per il giudice Galiano e altri 20 imputati

BRINDISI – La procura di Potenza ha chiesto il rinvio a giudizio di 21 persone, tra cui il giudice civile di Brindisi, Gianmarco Galiano, accusate a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari, abuso d’ufficio, riciclaggio, autoriciciclaggio, falso in atto pubblico. L’udienza preliminare è fissata per il 10 novembre prossimo. Galiano era stato arrestato il 28 gennaio scorso insieme ad altre cinque persone: il consulente, ritenuto suo braccio destro, Oreste Pepe Milizia, l’imprenditore del settore surgelati Massimo Bianco, l’ex moglie e avvocata, Federica Spina, l’avvocato Francesco BiancoAnnalisa Formosi, presidente dell’ordine degli Ingegneri di Brindisi. Gli ultimi tre erano stati posti ai domiciliari, i primi in carcere. In tempi diversi sono tutti ritornati in libertà. Per alcuni di loro sono state disposte prescrizioni.

Le accuse

Secondo quanto emerso dalle indagini dei militari della guardia di finanza di Brindisi, coordinati dal procuratore di Potenza Francesco Curcio e dal sostitutoSarah Masecchia, il giudice Galiano avrebbe ricevuto per sé parte dei risarcimenti del danno concessi dalle assicurazioni in due cause civili: una del 2007, che si era occupata della morte di una ragazza di 23 anni, e un giudizio su bambino nato con traumi permanenti per colpa medica. Nel primo caso 300.000 euro sarebbero stati messi a disponibilità del giudice attraverso il conto intestato alla suocera. Nel secondo, l’importo ricevuto ammonterebbe a 150.000 euro. Le indagini si sono anche concentrate su un giro di sponsorizzazioni ruotate attorno ad alcune imprese sportive della barca di Galiano e a un consistente numero di consulenze concesse a professionisti ritenuti amici, nell’ambito dell’attività della sezione fallimentare del tribunale di Brindisi. Quattro le persone offese indicate: si tratta dei familiari del bambino disabile che potranno decidere se costituirsi o meno parte civile. Le difese sono sostenute dagli avvocati Raul Pellegrini, Domenico Attanasi, Giancarlo Camassa, Fabio Di Maria, Francesco Paolo Sisto, Riccardo Mele, Serena Tucci, Massimo Manfreda, Lorenzo Bullo, Michele Laforgia, Pasquale Fistetti, Sebastiano Flora.

Corruzione in Tribunale, chiesti 20 rinvii a giudizio. Scoperchiato a Brindisi un business illecito intorno ai fallimenti

Brindisi Galiano

Chiesti dalla procura di Potenza i rinvii a giudizio del giudice del Tribunale di Brindisi, Gianmarco Galiano (nella foto), e di altre 19 persone, tutti coinvolti in un’inchiesta su alcune procedure fallimentari che il 28 gennaio scorso portò a una serie di arresti. Tredici indagati, tra i quali il giudice e il commercialista ritenuto il suo braccio destro, Oreste Pepe Milizia, di Francavilla Fontana, sono accusati di aver costituito un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di più delitti di corruzione in atti giudiziari.

Galiano, ritenuto al vertice dell’organizzazione criminale, è accusato anche di essersi appropriato di parte dei risarcimenti riconosciuti a due coppie di genitori, una che aveva perso una figlia di 23 anni in un incidente stradale e l’altra per un figlio disabile in seguito a colpa medica. A decidere sarà il giudice per l’udienza preliminare il prossimo 10 novembre.

Restando poi sempre in Puglia e sempre sul fronte della corruzione in toga, è iniziata davanti al gup di Lecce l’udienza preliminare nei confronti di 9 persone, tra cui l’ex gip di Bari, Giuseppe De Benedictis, e l’ormai ex penalista Giancarlo Chiariello, e sia la Presidenza del Consiglio dei Ministri che il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Bari hanno chiesto di costituirsi parte civile. Gli imputati sono accusati di corruzione in atti giudiziari, ovvero di aver preso tangenti in cambio di scarcerazioni. Imputato anche un appuntato dei carabinieri in servizio nella sezione di polizia giudiziaria della Procura di Bari.

rif: https://www.brindisireport.it/cronaca/caso-galiano-chiesto-rinvio-giudizio-giudice.html

Soldi in cambio di protezione giudiziaria: così il procuratore capo di Potenza ha fatto arrestare il giudice corrotto

dettagli inquietanti: il magistrato finito in carcere avrebbe preteso danaro dai genitori di una 23enne morta in incidente e da quelli di un bambino nato con traumi permanenti.

Brindisi Galiano
Giudice Arrestato Gianmarco Galiano

Corruzione e incarichi agli amici. Fallimenti e cause civili pilotati. Estorsione di denaro a genitori di una 23enne morta in un incidente e a quelli di un bambino nato con traumi permanenti per colpa medica. E’ un’indagine complessa quella, che nella mattinata di oggi, ha portato all’arresto di 6 persone, tra cui un giudice del tribunale di Brindisi, accusate a vario titolo di estorsione, corruzione passiva in atti giudiziari, corruzione attiva, associazione per delinquere, riciclaggio, auto riciclaggio ed emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Indagate in totale 21 persone tra cui altri due magistrati: Francesco Giliberti e Giuseppe Marseglia.

Gli arrestati. L’operazione coordinata dalprocuratore capo di Potenza, Francesco Curcio, è stata condotta dalla Guardia di Finanza brindisina che ha notificato l’ordinanza di custodia cautelare a Gianmarco Galiano, giudice civile presso la Sezione Contenzioso del Tribunale di Brindisi, Oreste Pepe Milizia commercialista di Francavilla Fontana, Massimo Bianco amministratore di Soavegel, con sede a Francavilla Fontana, operante nel settore della produzione e vendita all’ingrosso di prodotti alimentari, Annalisa Formosi, presidente dell’Ordine degli Ingegneri di BrindisiFederica Spina, avvocato, e Francesco Bianco, avvocato.

Secondo quanto emerge dalle indagini, il giudice avrebbe abusato delle sue funzioni giudiziarie svolte presso il Tribunale Civile di Brindisi facendone in alcuni casi moneta di scambio o strumento di indebita pressione — coinvolgendo, in parte delle sue illecite attività, imprenditori e liberi professionisti che ricevevano nomine e incarichi disposti dal medesimo giudice nell’esercizio delle sue funzioni nelle sezioni civile o fallimentare del Tribunale.

L’alto tenore di vita del giudice. Le indagini, attraverso minuziosi accertamenti di polizia economico-finanziaria svolti dalla Guardia di Finanza, anche presso Istituti Bancari, hanno fatto emergere rilevanti movimentazioni di denaro per centinaia di migliaia di euro in entrata sui conti correnti nella disponibilità di Galiano, nonché cospicui investimenti dello stesso in diverse attività economiche fra cui l’acquisto di una masseria. Il giudice aveva un tenore di vita assai elevato che appariva sproporzionato rispetto alle sue entrate ufficiali risultando altresì dedito ad attività economiche quali la conduzione di imprese agricole ed agrituristiche, gestione di attività di bed and breakfast, che aveva avviatoin seguito e nel corso della sua attività giudiziaria e degli illeciti a lui contestati.

Soldi dai genitori di una 23enne morta in incidente e da quelli di un bambino nato con traumi. Gli approfondimenti investigativi hanno consentito di dimostrare a livello di gravità indiziaria che tali rilevanti entrate erano riconducibili a dazioni da parte di soggetti che avevano preso parte a procedimenti civili innanzi al Tribunale di Brindisi. In particolare alcuni accrediti risultavano provenire, attraverso complesse operazioni bancarie, dalle somme erogate a titolo di risarcimento danni riconosciuti da compagnie assicurative all’esito di alcuni incidenti.

Nel 2007 era deceduta una ragazza di 23 anni a seguito di incidente stradale, all’esito del contenzioso civile promosso dai genitori della giovanenei confronti della compagnia assicurativa, era stato riconosciuto un risarcimento pari a circa 1,1 milioni di euro, di cui 300 mila erano giunti nella disponibilità del giudice attraverso il conto intestato alla suocera, indagata per riciclaggio. 

Nel 2011 un bambino era nato con traumi permanenti causati da colpa medica: all’esito del contenzioso civile promosso dai genitori del piccolo contro la compagnia assicurativa, era stato riconosciuto un risarcimento pari a circa 2 milioni di euro, di cui 150 mila erano stati estorti dal giudice, transitando, anche in questo caso, dai conti correnti della suocera.

Soldi anche alla moglie. Attraverso condotte che, la procura prima e il gip dopo hanno ritenuto corruttive ed estorsive, il giudice Galiano con minacce, o in cambio del buon esito delle cause risarcitorie, si sarebbe fatto erogare indebite somme di denaro. In tali procedure tra l’altro, risultava nominata l’ex moglie Federica Spina quale legale patrocinante, anche lei raggiunta da misura cautelare con gli addebiti di estorsione, corruzione ed altro. 

Protezione giudiziaria in cambio di denaro. Nel caso del bambino nato con traumi permanenti, secondo i magistrati che hanno indagato, le somme di denaro incassate da Galiano sarebbero state ottenute ottenute con la minaccia di sottrarre la potestà sul figlio, nei confronti di genitori che avevano un bambino gravemente disabile. Nel caso della 23enne morta in un incidente stradale non solo il giudice avrebbe ottenuto le somme di danaro in cambio della “protezione giudiziaria” da lui assicurata, ma avrebbe ottenuto anche che sua moglie fosse nominata dai corruttori quale erede testamentaria.

I soldi dagli imprenditori. Approfondimenti investigativi sono stati poi effettuati su 220 mila euro che l’imprenditore Massimo Bianco, per mezzo della sua azienda “Soavegel” avrebbe concesso al dottor Galiano (quale corrispettivo della protezione giudiziaria da questi assicurata) sotto forma di quelle che, sulla base di gravi indizi, si è ritenuto essere sponsorizzazioni “fittizie” o “gonfiate” che Soavegel assicurava ad associazioni sportive (create ad arte da Galiano e Pepe Milizia) che gestivano (solo sulla carta) un veliero di proprietà del giudice (ma, fittiziamente nella disponibilità di tali associazioni) che in sostanza, non solo, consentivano a Galiano di utilizzare e godersi l’imbarcazione senza oneri a proprio carico, ma che di fatto rappresentavano una ulteriore entrata per il magistrato. Tali erogazioni dell’industriale al giudice rappresentavano la contropartita di una tutela giudiziaria assicurata dal giudice all’imprenditore che aveva, sia attraverso le sue imprese che attraverso suoi congiunti, numerosi procedimenti civili pendenti innanzi al Tribunale di Brindisi.

L’intera vicenda processuale ha preso origine da alcune perquisizioni, effettuate dalle fiamme gialle brindisine nell’ambito di un altro procedimento, nello studio di Pepe Milizia, durante le quali veniva sottoposta a sequestro numerosa documentazione cartacea e digitale. Dalle indagini era stato possibile appurare che Milizia si era prestato a predisporre, per conto di Galiano, le motivazioni di sentenze pronunciate in esito a processi tributari nell’ambito dei quali il professionista ricopriva l’incarico di Giudice presso la “Commissione Tributaria Regionale Puglia”

L’associazione a delinquere. La Procura ha contestato al giudice arrestato e al commercialista Pepe Milizia, nonché ad altri professionisti brindisini che prestavano spesso la loro opera presso il Tribunale di Brindisi anche il reato di associazione per delinquere finalizzato al mercimonio degli incarichi e dei provvedimenti giudiziari, sodalizio nel cui ambito, da una parte il Galiano distribuiva incarichi ai suoi amici professionisti e, dall’altra, questi ultimi si prestavano ad agevolare lo stesso Galiano nelle sue diverse attività di occultamento/reinvestimento di proventi illeciti. Galiano poi avrebbe affidato, alla ristretta cerchia di amici e sodali, numerosi e remunerativi incarichi professionali (per circa 400 mila euro complessivi quelli individuati).

Oltre ai provvedimenti cautelari, il Gip di Potenza ha disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro e beni per un valore complessivo di circa 1,2 mln di euro.

Viterbo – Caso Palamara, azione disciplinare a carico del procuratore Paolo Auriemma

L’atto di accusa della procura generale: “Avrebbe brigato per favorire la carriera di suo cugino Gerardo Sabeone per evitare altre figuracce in ambito familiare”

OMA – Dopo l’espulsione del pm Luca Palamara dalla magistratura, e dopo l’apertura di un processo disciplinare a carico di alcuni (ex) consiglieri togati del Csm, la procura generale della Cassazione accelera le valutazioni su tutti quei magistrati che hanno avuto contatti ‘sensibili’ con Palamara. Tra i 27 nomi iscritti nella relazione finale della disciplinare è inserito anche quello di Paolo Auriemma (nella foto con Luca Palamara e Marco Mancinetti) capo della Procura di Viterbo.

Il trojan inoculato nel cellulare di Palamara nell’ambito di un’inchiesta per corruzione sull’allora
magistrato inquirente ha consentito di catturare numerose conversazioni, avvenute via chat, sui
delicati temi delle nomine o su altri aspetti della vita della magistratura, come le promozioni
all’interno degli UCI giudiziari. Dialoghi ritenuti dalla procura generale della Cassazione
inopportuni e contrari al codice etico che regola le azioni di giudici e pm. In particolare sono 27 le
posizioni ‘isolate’ dalla procura generale e nei confronti delle quali è stata avviata l’azione
disciplinare.

La circostanza è stata resa nota dal pg della Cassazione Giovanni Salvi parlando al plenum del Csm nella giornata di martedì 17 novembre.

Alcuni dei 27 magistrati cui Salvi ha fatto riferimento sono già noti e in diverse circostanze il
processo disciplinare è già incardinato.

Secondo la procura generale della Cassazione il CSM diventava un vero e proprio laboratorio di macchinazioni.

Paolo Auriemma, procuratore a Viterbo, sarebbe arrivato a “Interloquire con Palamara e a esprimere il proprio assenso o dissenso sulle pratiche del CSM in grado di avere ripercussioni sulla sua campagna elettorale” per il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa.

Insomma, Palazzo dei Marescialli sarebbe servito per vincere altre partite.

Ma non solo: in un messaggio del 1 luglio 2018 Auriemma “segnalava a Palamara che suo cugino Gerardo Sabeone venisse proposto”, addirittura all’unanimità, “presidente di sezione della corte di Cassazione (nomina poi avvenuta) onde evitare altre figuracce con i familiari”.

Piegando perfino i vertici della magistratura a vanità personali.

Rif: https://etrurianews.it/2020/11/19/viterbo-caso-palamara-azione-disciplinare-a-carico-del-procuratore-paolo-auriemma/

Quando il corrotto è il magistrato

«Il magistrato che si fa corrompere dovrebbe essere giudicato per tradimento, perché il danno per l’istituzione giudiziaria è inestimabile».

Nella Giornata Internazionale contro la corruzione che ricorre oggi puntiamo i riflettori sui casi di corruzione all’interno della magistratura, sempre più all’ordine del giorno e prima causa della sfiducia dei cittadini nei confronti dell’intera categoria.

Ad eccezione del Palazzo di Giustizia di Foggia, in tutta la Puglia non vi è un foro che non sia stato colpito da un’ indagine.

Tribunale Bari. ANM: individuare unica sede per uffici penali |  Associazione Nazionale Magistrati

Imputati informati sui procedimenti penali, ritardi nei depositi, processi falsati, scarcerazioni improvvise in cambio di mazzette, regali, prestazioni sessuali. L’ultimo scandalo è emerso a giugno 2021 e ha visto la condanna dell’ex gip Antonio Savasta e il pm Emilio Arnesano. Colpiti da misure cautelari anche l’ex Procuratore di Taranto Carlo Maria Capristo, il giudice civile Gianmarco Galliano e l’Ex gip di Bari Giuseppe De Benedictis“Ricavare il più rilevante profitto possibile” era il motto dell’ex pm di Trani Michele Nardi, condannato a più di sedici anni per associazione a delinquere.

La legge è uguale per tutti ed anche i magistrati che commettono reati devono affrontare i tre gradi di giudizio, oltre alla pronuncia dello stesso Consiglio Superiore della Magistratura che decide, prima della sentenza definitiva, se lasciare il soggetto in carica, trasferirlo, sospenderlo o radiarlo definitivamente.

Discredito dell’amministrazione giudiziaria

Le bufere giudiziarie con protagonisti magistrati coinvolgono sempre più fori e sezioni interne, nessuna esclusa.

Avvengono ovunque, anche nel tribunale dove i giudici Falcone e Borsellino hanno sancito il cambiamento della storia d’Italia, pagato con la propria vita.

A due passi dall’aula bunker, l’ex giudice e presidente della sezione misure di prevenzione Silavana Saguto, per anni simbolo dell’antimafia palermitana, e non solo, si gestiva i beni confiscati alle cosche compiendo affari illeciti.

Truffa e falso, chiesti 5 anni per l'ex giudice Saguto - Live Sicilia

Radiata e condannata, secondo le carte della sentenza, la Saguto avrebbe messo in atto una “grave distorsione – per tempi, modalità e protrazione delle condotte – delle funzioni giudiziarie da avere arrecato, oltre che danni patrimoniali ingentissimi all’erario e alle amministrazioni giudiziarie, anche un discredito gravissimo all’amministrazione della giustizia”. Intanto, la sua storia è stata raccontata anche da una docuserie Netflix e nonostante le sentenze, l’ex giudice continua a proclamarsi innocente.

Risposte tardive

Dati alla mano, nello scorso anno sono state avviate 81 azioni disciplinari nei confronti di 79 magistrati, di cui il 43% pm e il 57% giudici, ma il problema che emerge da questo fenomeno è che non sempre il CSM, il Ministero della Giustizia e il Procuratore Generale offrono una risposta adeguata e in tempi brevi.

Questo porta a una costante perdita di credibilità della magistratura creando un danno irreparabile per tutti i professionisti del settore che lavorano bene. Una risposta tardiva da parte delle istituzioni è una mancanza anche nei confronti di tutti coloro che sono morti in nome della giustizia.

Rif: https://www.blmagazine.it/quando-il-corrotto-e-il-magistrato/

“Ho preso quelle tangenti per far scarcerare 3 persone, chiedo scusa”: il giudice De Benedictis ammette tutto

Ha confessato di avere ricevuto denaro in relazione a tre provvedimenti di scarcerazione effettuati, il giudice molfettese Giuseppe De Benedictis, in carcere dal 24 aprile per corruzione in atti giudiziari. Nello stesso giorno è stato arrestato anche l’avvocato barese Giancarlo Chiariello, accusato di avere pagato mazzette al magistrato per ottenere provvedimenti di scarcerazione nei confronti di quattro suoi clienti, coinvolti in inchieste sulla criminalità organizzata.

De Benedictis – assistito dagli avvocati Saverio Ingraffia e Gianfranco Schirone -è stato interrogato dalla giudice Gulia Proto nel carcere di Lecce.  “Il giudice sta male – hanno detto i difensori, al termine del confronto – è un uomo distrutto e piegato dai sensi di colpa. Speriamo di tirarlo un po’ su, perché è innanzitutto una persona. Per 36 anni è stato un magistrato esemplare, questo non bisogna dimenticarlo”.

Ha confessato di avere ricevuto denaro in relazione a tre provvedimenti di scarcerazione effettuati, il giudice molfettese Giuseppe De Benedictis, in carcere dal 24 aprile per corruzione in atti giudiziari. Nello stesso giorno è stato arrestato anche l’avvocato barese Giancarlo Chiariello, accusato di avere pagato mazzette al magistrato per ottenere provvedimenti di scarcerazione nei confronti di quattro suoi clienti, coinvolti in inchieste sulla criminalità organizzata.

De Benedictis – assistito dagli avvocati Saverio Ingraffia e Gianfranco Schirone -è stato interrogato dalla giudice Gulia Proto nel carcere di Lecce.  “Il giudice sta male – hanno detto i difensori, al termine del confronto – è un uomo distrutto e piegato dai sensi di colpa. Speriamo di tirarlo un po’ su, perché è innanzitutto una persona. Per 36 anni è stato un magistrato esemplare, questo non bisogna dimenticarlo”.

Gli avvocati hanno presentato istanza di scarcerazione alla stessa giudice Proto, affinché De Benedictis possa essere posto agli arresti domiciliari, ritenendo che non sussistano più le esigenze cautelari dettate dal pericolo di reiterazione del reato, considerato che ha chiesto di lasciare la magistratura. La confessione riguarda tre dei quattro episodi contestati ed è stata corredata da una serie di dichiarazioni di pentimento.

e Benedictis aveva parzialmente ammesso le sue responsabilità già il 9 aprile, dopo che i carabinieri del Nucleo investigativo di Bari lo avevano sorpreso nel suo ufficio mentre contava le banconote che, poco prima, gli erano state consegnate da Chiariello in una busta. La successiva perquisizione nella casa del giudice, aveva consentito agli investigatori di scoprire altri 60mila euro, divisi in buste e nascosti dietro le prese elettriche. De Benedictis aveva confermato di avere ricevuto quei soldi da Chiariello e subito annunciato di volere lasciare la magistratura, nella speranza di evitare il carcere. La gip Giulia Proto, tuttavia, ha ritenuto troppo grave il suo comportamento, considerato che aveva continuato a prendere soldi anche dopo aver saputo di essere indagato dalla Procura di Lecce.

“Delinque fino all’ultimo momento – era scritto nell’ordinanza di custodia cautelare – Anche mentre è in attesa della prevista misura cautelare, non disdegna l’ennesima dazione corruttiva”. Tanto è vero che, anche durante la seconda perquisizione – effettuata dai carabinieri il 24 aprile, durante la notifica della misura cautelare – è stata trovata un’altra tangente ovvero ulteriori 4mila euro nascosti dietro una presa elettrica, in un luogo già perquisito il 9 aprile.

Anche l’avvocato Giancarlo Chiariello, interrogato qualche ora dopo il giudice, ha parzialmente ammesso le sue responsabilità. All’avvocato vengono contestati quattro episodi di corruzione in atti giudiziari e uno di rivelazione di segreti d’ufficio in concorso con De Benedictis, la sua collaboratrice Marianna Casadibari e l’appuntato in servizio in Procura Nicola Soriano. L’avvocato, che era assistito dai colleghi Andrea Sambati e Raffaele Quarta, ha risposto alle domande della giudice Proto, precisato alcune circostanze e chiarito la natura dei suoi rapporti con il giudice. Dopo l’interrogatorio è stato riportato nel carcere di Altamura.

Rif: https://bari.repubblica.it/cronaca/2021/04/27/news/ho_preso_quelle_tangenti_chiedo_scusa_il_giudice_d_benedctis_ammette_tutto-298329075/