Caos procure, Criscuoli si dimette da consigliere del Csm.

Criscuoli, togato di MI, era tornato il 9 settembre al lavoro a Palazzo dei Marescialli, dopo un periodo di autosospensione nell’ambito dell’inchiesta della procura di Perugia sul tentativo di condizionamento delle nomine dei vertici di alcuni degli uffici giudiziari

Il Vice Presidente del Csm David Ermini ha ricevuto stasera la lettera del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con la quale sono state trasmesse le dimissioni del consigliere Paolo Criscuoli da componente del Consiglio superiore. Il Capo dello Stato ha ravvisato nella lettera di dimissioni presentata da Criscuoli senso di responsabilità e rispetto delle istituzioni. Criscuoli, togato di MI, era tornato pochi giorni fa, il 9 settembre, al lavoro a Palazzo dei Marescialli, dopo un periodo di autosospensione. Si era autosospeso dall’incarico il 4 giugno scorso, dopo essere stato tirato in ballo nell’inchiesta della Procura di Perugia sul tentativo di condizionamento delle nomine dei vertici di alcuni degli uffici giudiziari più importanti d’Italia, in cui tra gli altri, è indagato per corruzione l’ex consigliere del Csm, Luca Palamara. Oggi le dimissioni. – See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Caos-procure-Criscuoli-si-dimette-da-consigliere-del-Csm-Mattarella-dice-atto-di-responsabilita-3fa69652-1c29-4606-9a26-05ef61eb6e12.html

Caos Csm, salgono a 5 i membri che lasciano. Si dimette Criscuoli

Image result for paolo criscuoli

Il vicepresidente del Csm, David Ermini, ha ricevuto ieri sera la lettera del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con la quale sono state trasmesse le dimissioni del consigliere Paolo Criscuoli da componente del Consiglio superiore della Magistratura. Il capo dello Stato – si legge in una nota – ha ravvisato nella lettera di dimissioni presentata […]

Rif:https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/09/19/caos-csm-salgono-a-5-i-membri-che-lasciano-si-dimette-criscuoli/5462424/

Caos procure, Criscuoli si dimette dal Csm

Caos procure, Criscuoli si dimette dal Csm

Il Vice Presidente del Csm David Ermini ha ricevuto stasera la lettera del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con la quale sono state trasmesse le dimissioni del consigliere Paolo Criscuoli da componente del Consiglio superiore. Il Capo dello Stato ha ravvisato nella lettera di dimissioni presentata da Criscuoli senso di responsabilità e rispetto delle istituzioni.

“Con profondo rammarico comunico che ho rassegnato direttamente nelle mani del presidente della Repubblica le mie dimissioni quale componente del Consiglio Superiore della Magistratura, chiedendo contestualmente il collocamento in ruolo” scrive il togato Paolo Criscuoli, che stasera ha comunicato le sue dimissioni dal Consiglio Superiore della Magistratura, in una lettera aperta agli iscritti dell’Anm.

Rif: https://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/2019/09/18/caos-procure-criscuoli-dimette-dal-csm_yS4DHsnLzhglo64n6irBPO.html

Csm in ostaggio del caso Criscuoli, nuova bagarre in vista del primo plenum

Csm in ostaggio del caso Criscuoli, nuova bagarre in vista del primo plenum

Non si dimette il consigliere coinvolto nel caso Palamara

Non c’è pace al Csm. Nonostante i reiterati inviti del presidente della Repubblica, nonché del Csm, Sergio Mattarella, rivolti con frequenza prima delle vacanze agli inquilini di palazzo dei Marescialli, a rispettare rigidamente leggi e conseguenti comportamenti congrui, ecco che un’ennesima polemica si preannuncia proprio in coincidenza con il primo plenum che si aprirà domani mattina alle 10. Per comprendere le possibili conseguenze pesanti va tenuto in mente che nell’orizzonte politico del nuovo governo c’è, nel capitolo sulla giustizia, anche la riforma del Csm, il sistema di elezione dei componenti togati e anche le regole interne, nonché leggi fortemente divisive, e sulle quali può contare proprio il parere consultivo del Consiglio, come quelle sulle intercettazioni e sulla prescrizione. Va da sé che un Csm screditato pesa poco, o nulla, sulle future leggi. Molti magistrati di peso hanno già compreso la portata della prossima partita e invitano il Csm a rimettersi velocemente in pista dopo l’inchiesta di Perugia sull’ex pm di Roma Luca Palamara che ha coinvolto ben cinque cinque consiglieri-magistrati su sedici, portandone quattro alle dimissioni, cui va aggiunto il procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio.

Che succede invece al Consiglio proprio nel giorno – mercoledì 11 settembre – del primo plenum della stagione? Ecco che il caso Palamara e le sue conseguenze si ripresentano. Da giorni circola la voce che l’ultimo consigliere coinvolto perché anche lui tra quelli che hanno partecipato agli incontri tra magistrati e politici per discutere i vertici degli uffici giudiziari tra cui la procura di Roma – Palamara, il deputato Pd Luca Lotti indagato dalla procura di Roma, il collega di partito Cosimo Ferri, magistrato in aspettativa di Magistratura indipendente e deputato dem) – e cioè Paolo Criscuoli di Mi, sospeso ma non ancora dimessosi, sarebbe intenzionato a restare al suo posto, chiedendo un pieno reintegro in quanto non ritiene di essere coinvolto nella vicenda al pari degli altri.

Un caso che già infiamma una situazione comunque tesa, su cui incombono le elezioni dei due pubblici ministeri che devono sostituire quelli già dimissionari. I posti lasciati vacanti da Luigi Spina di Unicost e da Antonio Lepre di Mi non sono coperti da consiglieri non eletti, perché nelle elezioni del luglio 2018 le correnti pensarono bene di candidare solo quattro concorrenti per altrettanti posti. Quindi si vota il 6 e 7 ottobre, e la partita si annuncia molto dura per il parterre dei concorrenti, ben 16, tra cui spiccano i nomi di Nino Di Matteo per la corrente di Davigo, di Anna Canepa per Area, di altri magistrati come Fabrizio Vanorio (pm a Napoli) e Tiziana Siciliani (pm a Milano), noti per le loro inchieste. Domenica, in streaming dall’Anm, presenteranno il loro programma. Ma nel frattempo proprio il Csm – tallonato dall’Anm sul caso Palamara, che sabato terrà un’assemblea di tutti gli iscritti – rischia di incartarsi sul caso Criscuoli, le cui dimissioni o meno, ovviamente, per la polemica che scatenano, possono incidere anche sugli equilibri del voto di ottobre.

Il caso Criscuoli, che non è indagato a Perugia, è singolare, perché dimostra come ci sia una sorta di insensibilità rispetto al comportamento che dovrebbe tenere chi entra a far parte di un’istituzione importante come il Csm. Criscuoli faceva parte della sezione disciplinare, quella che giudica i colleghi che hanno commesso errori, ma da lì si è dimesso. Adesso anche lui a sua volta è sotto azione disciplinare proprio per via dei fatti su cui indaga Perugia. Se dovesse rientrare in Consiglio si verificherebbe l’assurdo di un consigliere che, nelle commissioni e nel plenum, siede accanto ai colleghi che poi a loro volta dovranno giudicarlo nell’ambito della sezione disciplinare. Su di lui, inoltre, potrebbero incombere gli interventi disciplinari del ministro della Giustizia e del pg della Cassazione. Va tenuto presente che tra le future norme in discussione nella riforma del Guardasigilli Alfonso Bonafede c’è anche quella di aumentare il numero dei membri del Csm – da 16 a 20 i togati, da 8 a 10 i laici – proprio con l’obiettivo di creare una sezione disciplinare i cui consiglieri, giudici dei loro stessi colleghi, non facciano parte di altre commissioni, ma siano una sorta di tribunale interno isolato dal resto.

Le ore, ovviamente di febbrili contatti, che precedono il plenum diranno alla fine se la linea del vicepresidente David Ermini – ex Pd di area renziana, ma che ha sposato la linea della totale indipendenza una volta entrato al Csm, e con un forte legame con Mattarella – sarà destinata a prevalere. In questo cado Criscuoli dovrà recedere dalla sua volontà di restare e sarà costretto a dimettersi definitivamente. In caso contrario la sua permanenza al Csm aprirà un caso anche in vista dell’assemblea degli iscritti all’Anm di domenica convocato proprio per esaminare i fatti e gli effetti vicini e lontani del caso Palamara sulla magistratura.

Dall’asse M5S-Pd i magistrati si aspettano sì leggi migliori piuttosto dei decreti sicurezza e delle polemiche con Salvini, ma anche scarsa clemenza rispetto agli inciuci delle correnti. Complessivamente l’impressione è che nella querelle tra Bonafede e l’ex Guardasigilli dem Andrea Orlando, il primo potrebbe avere la meglio, perché soprattutto le scelte fatte su intercettazioni e prescrizioni vengono preferite a quelle di Orlando. Ma proprio Bonafede, nei conversazioni riservate, viene criticato per l’assetto del ministero e per i magistrati scelti, mentre vengono preferiti quelli selezionati dal suo predecessore.

Il Csm, oggi, non può più permettersi una sola sbavatura. “Graziato” soprattutto per l’intervento di Mattarella dopo il caso Palamara, deve dimostrare di essere realmente una “casa di vetro”, e non solo perché cerchi di ostacolare il lavoro dei giornalisti con rigide circolari interni che ne bloccano il libero accesso e la visione dei documenti, anche quelli non riservati, proprio l’opposto della necessaria trasparenza (per esempio delle carte dei processi contenuta nella riforma delle intercettazioni di Orlando) e sintomo che nessuno di fida di nessuno. Proprio la “casa di vetro” invece è necessaria in vista di nomine importanti. Innanzitutto, se Criscuoli lascia (e il suo passo pare inevitabile), a prendere il suo posto non potrà essere l’ultimo rimasto dei non eletti, Bruno Giangiacomo della sinistra di Area, perché a sua volta sotto inchiesta disciplinare per via di una indagine sulla sua compagna. Area gli ha già espresso il non gradimento, invitandolo a farsi da parte. Anche per questo posto servirà dunque un’elezione suppletiva. Ma poi ci sono le nomine, a cominciare da quella del procuratore generale della Cassazione, che saranno gestite dalla quinta commissione, presieduta da Mario Suriano di Area, scelto da Ermini proprio per sostituire uno dei dimissionari (Gianluigi Morlini) del caso Palamara. Un ruolo strategico, quelle del pg della Cassazione, anche perché componente di diritto del Csm, nonché titolare dell’azione disciplinare al pari del Guardasigilli. In pole il pg di Roma Giovanni Salvi di Area e quello di Venezia Antonio Mura di Mi. Ottime carriere, ma Mi è la stessa corrente che esprime anche l’attuale presidente della Cassazione Giovanni Mammone in scadenza a ottobre dell’anno prossimo. Senza contare che Salvi gode di maggiore anzianità. Nella partita delle nomine, che seguiranno un ordine rigidamente temporale (si sceglie prima chi ha lasciato prima), la nomina del pg della Cassazione potrebbe cadere all’inizio di ottobre. Seguirà la procura di Torino, vacante da dicembre 2018 dopo il pensionamento di Armando Spataro. Poi toccherà ad altri uffici tra cui le procure di Frosinone e Torre Annunziata, per cui corre l’attuale presidente dell’Anac Raffaele Cantone, che giusto domani sarà rimesso in ruolo e tornerà a fare il giudice, collega tra i colleghi. In coda sia la procura di Roma che quella di Perugia, vacanti da meno tempo. Un Csm con impegni come questi non può dare adito ad alcuna polemica, come quella di far sedere al suo interno consiglieri chiacchierati.

Rif:https://www.repubblica.it/politica/2019/09/10/news/csm_plenum_criscuoli-235692297/

Csm, le intercettazioni tirano in ballo anche il Pg di Cassazione: l’incontro con Palamara

Dalle intercettazioni emerse dall’indagine per corruzione a carico dell’ex presidente dell’Anm, Luca Palamara, emergono nuovi dettagli sul caso che ha fatto scoppiare lo scandalo Csm e che stavolta tirano in ballo alcuni magistrati di punta della giustizia italiana, arrivando fino a Riccardo Fuzio, procuratore generale della Corte di Cassazione, lo stesso che poi ha firmato gli atti di incolpazione proprio di Palamara e degli altri magistrati presenti con lui nell’ormai nota riunione notturna in hotel assieme a Luca Lotti e Cosimo Ferri.

A maggio Palamara non era solo impegnato a caldeggiare la candidatura di Marcello Viola alla procura di Roma, ma anche a scoprire a che punto fossero le indagini su di lui a Perugia. Come riporta il Corriere della sera, la notte del 16 maggio Palamara si mette in contatto con il consigliere Csm Luigi Spina, che l’avvisa della sua iscrizione nel registro degli indagati a Perugia: «Ci stanno i viaggi…». Palamara si sfoga: «È una porcata». 

Rif:https://www.open.online/2019/06/17/csm-le-intercettazioni-tirano-in-ballo-anche-il-pg-di-cassazione-l-incontro-con-palamara/

Csm, tutte le trame di Palamara, Lotti & Co.: «Se mi intercettano, diranno che sono la P5»

Le nuove rivelazioni choc dell’inchiesta. Il pm indagato per corruzione: «Ho parlato di Roma, di Lo Voi, di Creazzo: possono dire che sono quello che fa le nomine». Le mire dei congiurati: «Ridimensionare» la procura di Napoli e ricattare Pignatone. «È un matto vero, uno stronzo. Tu devi solo fargli capì che finisce male». Il pm Sirignano a Palamara: «Uccidere questa gente significa andare a mettere le pedine nei posti giusti».

L’informativa del Gico della Guardia di Finanza è un pozzo senza fondo. Letta dall’inzio alla fine, disegna un sistema mefitico di intrallazzi e operazioni oscure che hanno un solo obiettivo: la gestione assoluta del potere. In particolare, del potere giudiziario in Italia. Fuori ogni canone costituzionale. Fuori ogni logica democratica.

Protagonisti della storia, come sappiamo dalle cronache delle ultime due settimane, toghe di primo livello della magistratura italiana, e alcuni politici che tramano – insieme a loro – per piazzare uomini graditi in cima agli uffici giudiziari più delicati del Paese. Regista indiscusso del film horror sulle nomine, almeno a leggere le trascrizioni delle registrazioni effettuate dal trojan piazzato dal Gico della Guardia di Finanza nel suo cellulare, è Luca Palamara.

Il boss della corrente centrista di Unicost, indagato a Perugia in merito a una presunta corruzione per alcuni viaggi e utilità che avrebbe ricevuto dall’imprenditore Fabrizio Centofanti, è stato ascoltato per mesi.

VEDI ANCHE:

AGF-EDITORIAL-2185198-jpg

Magistratura dipendente, al servizio dei politici

Corruzione diffusa. Guerre di potere per sistemare amici e proteggere la propria cricca, a Roma ma non solo. Così le toghe sono finite nel fango 

E le sue conversazioni con i piddini Luca Lotti e Cosimo Ferri (magistrato in aspettativa e influente esponente di Magistratura indipendente), con alcuni membri del Consiglio superiore della magistratura e pm assortiti stanno terremotando l’intero sistema giudiziario nazionale.

Finito d’improvviso nel gorgo di una crisi morale ed etica che ha pochissimi precedenti nella storia repubblicana (cinque componenti del Csm si sono già dimessi, e ieri lo scandalo ha travolto il sindacato della categoria, l’Anm: ne ha fatto le spese il presidente Pasquale Grasso, di Mi, che ha lasciato l’incarico; al suo posto è stato eletto Luca Poniz, della corrente di sinistra Area).

Già sappiamo che i congiurati, in un incontro notturno avvenuto lo scorso 9 maggio in un hotel romano, discutevano – in un clima a metà tra mercato delle vacche e riunione carbonara – delle nomine delle più importanti procure italiane.

Sappiamo anche che per Roma il preferito del gruppetto era Marcello Viola, di cui Palamara voleva diventare braccio destro, in modo da provocare una «discontinuità» (scrive il Gico) rispetto alla gestione di Giuseppe Pignatone. Sappiamo soprattutto che Lotti (imputato nel caso Consip) ragionava di alcuni dossier da usare contro Paolo Ielo, cioè il pm che lo ha rinviato a giudizio per favoreggiamento. Sappiamo infine che molti astanti si informavano su altre carte che avrebbero potuto inguaiare la candidatura di Giuseppe Creazzo, il procuratore di Firenze che ha fatto arrestare qualche mese fa i genitori di Matteo Renzi.

«DIRANNO: IO SONO LA P5»
Ma il pozzo, come detto, è senza fondo. E se il pm Giuseppe Cascini ha invocato la P2, la loggia massonica guidata da Licio Gelli, le nuove intercettazioni pubblicate ora dall’Espresso descrivono comportamenti allarmanti da parte di pubblici ufficiali. Ricatti incrociati, minacce, veleni, dossieraggi contro i nemici. Fughe di notizie, e un uso strumentale dei giornali. Condotte che per qualcuno (a oggi il fascicolo sulle nomine non ha indagati, ma sono una dozzina i magistrati finiti nel fango etico dell’inchiesta di Perugia) potrebbero essere al limite dell’eversione.

Per bocca degli stessi protagonisti dell’affaire, infatti, le manovre appaiono delineare una sorta «di P5».
La definisce così proprio Palamara, quando – parlando con Stefano Fava, l’amico pm che ha depositato un esposto al Csm contro Ielo e Pignatone, in merito a presunti confitti d’interesse per alcuni contratti avuti da rispettivi fratelli, due avvocati professionisti) – inizia a temere di essere stato intercettato per lungo tempo.

Fava: «Penso che ti ha intercettato, sto pezzo…»
Palamara: «Io non lo escludo più»
Fava: «Io non ho mai visto un’indagine fatta da Perugia… su un magistrato romano… mai!»
Palamara: «Eh! Beh! L’informativa è del Gico… è di coso…»
Fava: «Del Gico… Ovviamente è sicuro questo… perché ovviamente il Gico indagava nel nostro procedimento»
Palamara: «Liguori mi ha detto… che ero archiviato… però a questo punto secondo me non è vero».

VEDI ANCHE:

Gherardo Colombo

«Anche la P2 voleva controllare le procure. La magistratura sa fare pulizia al proprio interno» 

Lo scandalo delle nomine inquinate ha travolto il Csm. Ma alcune delle soluzioi proposte sembrano solo metodi per minare l’indipendenza delle toghe. Parla Gherardo Colombo, ex magistrato di Milano che ha scoperto la loggia massonica

Palamara sa che la notizia dall’indagine su di lui è arrivata al Csm.

Palamara: «Ma io, se mi chiama qualcuno in Prima Commissione (del Csm, ndr) devo dire: “Signori, voi mi chiamate qui… io purtroppo conosco questa storia… ve la dico oggi… la so da un anno e mezzo…»
Fava: «Eh»
Palamara: «Vediamo, come dici tu… per il fascicolo loro mi fanno vedere le intercettazioni? Ci dovrebbero… mi dovrebbero dare pure quelle… e che teoricamente sono irrilevanti ai fini dell’ipotesi principale no? Perché se io parlo… se a Roma viene Lo Voi, o Creazzo…»
Fava: «Vabbè certo… certo»
Palamara: «Eh… però loro ti possono dire che io sono la P5… che sono quello che fa le nomine!»
Fava: «Certo! Certo!»
Palamara: «E quindi in teoria mi possono… è pazzesco… capisci che ti voglio dire?»

UN LIBRO CONTRO PIGNATONE
Palamara è arrabbiato. Sa che l’inchiesta per presunta corruzione dei pm di Perugia rischia di farlo finire nella polvere, e di far saltare tutta l’operazione. Che sembra essere composta da due fasi diverse: da un lato, spingere il suo candidato per Roma (Marcello Viola) nella commissione del Csm che deve scremare con un voto i 13 candidati (la speranza è che lui stesso poi diventi il suo braccio destro) e lavorare per trovare un buon successore del procuratore De Ficchy a Perugia.

In secondo ordine distruggere – attraverso dossier e veleni sparsi a piene mani – quelli che considera i suoi avversari: a partire da Creazzo, che con Lo Voi e Viola è il più accreditato successore di Pignatone, fino ai suoi nemici mortali. Cioè lo stesso Pignatone e Paolo Ielo, i due che hanno osato inviare a Perugia, che ha competenza a indagare sui reati dei magistrati capitolini, la storia dei presunti viaggi pagati da Centofanti.

Sul tentato dossieraggio a Ielo l’Espresso ha già scritto negli scorsi giorni. Il report del Gico, però, mostra anche l’odio feroce che Palamara sembra nutrire verso Pignatone. I rapporti un tempo tra i due, ricorda Luca a Spina che non si capacita, erano un tempo più che buoni. Ora, secondo il pm, il suo capo (oggi in pensione) è diventato il perno di un oscuro complotto contro di lui. Per questo, dunque, bisogna punirlo:

Palamara: «… E soprattutto quel matto di Pignatone. Perché il matto vero è Pignatone…»
Spina: «E che c’ha da capì»
Palamara: «Perché tu… dopo tutte ste cose che sappiamo…»
Spina: «Luca… ma come che c’è da capire… ancora non hai capito. Il potere! Luca…»
Palamara: «Esatto. Ma qualcuno ha ricattato Pignatone… Pignatone…»
Spina: «Eh ma…è ricattabile Pignatone…»
Palamara: «Lo Voi (il procuratore capo di Palermo, ndr) lo fa Pignatone…. il ricorso di Guido Lo Forte (ex procuratore che nel 2015 fece ricorso al Tar e al Consiglio di Stato contro la designazione di Lo Voi, vincendo in primo grado e perdendo al secondo)… c’è pure Pignatone in mezzo… vabbè è meglio che non ti racconto… loro sono dei matti perché Peppe, Peppe…»
Spina: «È soltanto potere»
Palamara: «Scherza col fuoco… tu devi solo fargli capì… secondo me, se gli fate rode il culo finisce male»

Leggendo la trascrizione del Gico, dunque, Palamara suggerisce a Spina di andare a fare pressioni su “Peppe” (cioè Pignatone). Se non lo lasciano stare, se non mollano la presa, questa sembra essere l’antifona, lui potrebbe vendicarsi. Non si sa con quali mezzi. Né è chiaro che cosa c’entri la vecchia nomina di Lo Voi a Palermo.
Quella nomina decisa dal Csm, infatti, fu contestata sia da Lo Forte sia dal collega Sergio Lari. In primo grado il Tar diede ragione a questi ultimi, ma il Consiglio di Stato ribaltò poi la decisione, confermando Lo Voi al suo posto.
La sentenza a Palazzo Spada fu firmata dal presidente Riccardo Virgilio e da Nicola Russo, come ha scritto il Fatto Quotidiano qualche giorno fa. Il primo è stato indagato e il secondo è finito in carcere proprio a seguito di un’inchiesta della procura di Roma (e di Messina) su una sospetta compravendita di sentenze, ordita dall’imprenditore Piero Amara.

Csm, le trame tra Lotti e Palamara su Ielo: «Il dossier va spinto». «Sì, così li ammazzo» 

L’Espresso ha letto le nuove intercettazioni. Stavolta l’ex ministro e il pm indagato per corruzione sono soli a cena. Il renziano contro Ielo: «Su di lui a noi la decisione. Che si fa? Si spinge? Una volta fatti anche i procuratori aggiunti». Il magistrato: «Fava è un matto. Siccome non mi frega un cazzo di nessuno, ora vado fino in fondo»

Torniamo a Palamara. Parlando con Spina, è ancora un fiume in piena.

Palamara: «A Stefano (Fava probabilmente, ndr) gli raccontavo i fatti, e lui diceva, allora c’è qualcosa che non va…”guarda che ti vogliono inculare, occhio che lo utilizzano (Centofanti, ndr) come arma di ricatto”, mi faceva “dimmi la verità, hai fatto qualche processo e l’hai aiutato”. “Stefano, mai: perché non stavo in ruolo, nel 2011 ero nel pieno dell’Anm”…e allora (Stefano) ha iniziato a dire, viene fuori il fratello di Pignatone, di Ielo… mi ha detto “fottitene,vai in fondo, qualsiasi cosa ti fanno, li vendi”»

“Li vendi”. Palamara, che si autodefinisce «la P5», dice proprio così. Minaccia e sbraita, ipotizza apertura di fascicoli e intimidazioni assortite e poi, con una capriola logica, definisce in un’altro colloquio con Fava i suoi nemici «dei banditi…ricattatori di professione». L’idea finale dei due amici è quella di scrivere un libro contro di loro. Contro Pignatone, in particolare.

Palamara: «Cioè qui la cosa… è capire se pure Sebastiano (presumibilmente Ardita, pm e consigliere attuale del Csm della corrente di Davigo, ndr) capisce che cazzo c’è dietro. Sebastiano è forse l’unico che può capì sti ricatti»
Fava: «ma ora, ieri, ha chiamato a Erminio…»
Palamara: «Però dopo lo sai che facciamo, facciamo un libro, io faccio un libro, no non sto scherzando»
Fava: …(ride)…
Palamara: «… Na specie de ricatto…tu mi dai le co..eh..e tutto… è diciamo quello che cazzo è successo»
Fava: «Il titolo è “Ricatto alla Palermitana”…”Ricatto” punto “alla Palermitana»
Palamara: «alla Palermitana…»

DAVIGO E ARDITA, «I NOSTRI ALLEATI»
Le intercettazioni sul trojan mostrano manovre e operazioni di ogni tipo. In qualche caso i protagonisti parlano di strategie che mettono a punto in prima persona. Altre volte, invece, si discute di soggetti apicali della magistratura e delle istituzioni italiane, si ipotizzano alleanze con assenti e si millantano entrature nei Palazzi (come quella che Lotti vanta con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha smentito categoricamente di aver mai parlato con il renziano, o con chicchessia, di nomine di giudici.

Dunque, le parole degli intercettati su persone terze vanno prese con le pinze.

Come quelle su Davigo (membro del Csm e capo della corrente di Autonomia e Indipendenza) fatte da Ferri («cioè il nostro alleato è Davigo, più Davigo di Ermini», dice il deputato Pd; Davigo, è un fatto, ha votato a favore di Viola, ma può certamente averlo fatto per convinzione personale).

E come i tanti apprezzamenti che il gruppo, nel famoso incontro del 9 maggio, fa nei confronti di Ardita, neo membro del Csm in Prima Commissione (dove è finito l’esposto di Fava contro Ielo) e davighiano di ferro.

Spina: «Cè coso che vuole spingere… Sebastiano… digli di stare calmo..»
Ferri: «Ti volevo dire… scusami… ma voleva convocare Ielo?»
Spina: «No, voleva convocare Fava…per farsi…»
Corrado: «Calma, calma, calma…»
Spina: «Calma… più sta quella pratica meglio è»
Ferri: «Però Ardita lo inizio a rivalutare»
Palamara: «Sì»
Ferri: «È tosto… e nostro alleato è diventato… sai cosa, io l’ho capito Ardita… lui vuole rientrare e prendere in mano Magistratura indipendente politicamente… come segreteria, perché lui il cuore ce lo ha lì, dai»
Spina: «È più a destra di tutti Ardita, ragazzi…»
Ferri: «E poi lui gli piace la politica, perché è uno che ragiona… cioè lui non è un coglione».

Anche Palamara lo stima molto. Tanto che, qualche giorno dopo, discettando con Fava dei suoi problemi giudiziari (anche questi finiti davanti alla Prima Commissione del Csm), dice: «Questo ormai è un rica… è una storia pazzesca… poi a chi va a finire in prima commissione, per fortuna che c’è Sebastiano Ardita…».

IL CASO NAPOLI
I magistrati Palamara e Spina parlano di nomine e magheggi anche in auto. Non sanno che il Gico li sta intercettando. Ricordano di quando dovevano «inculà (Francesco, ndr) Cananzi». Palamara letteralmente spiega che «a Napoli abbiamo dato una marea di inculate… Cananzi ha iniziato a dare le botte contro il muro… ad urlà come un pazzo… perché il patto tra me, Massimo e Alberto… era il ridimensionamento di Napoli… quella era la mia politica precostituita».

Poi i due parlano di Cesare Sirignano, importante pm antimafia, anche lui – vedremo – intercettato dal trojan di Palamara.

Palamara: «Ognuno di Napoli si scredita con l’altro. Cioè, la Sica dice che Sirignano non conta un ca… Sirignano dice che la Sica non conta un ca… Sirignano su Napoli è l’unica carta che ci possiamo giocare…in questo momento mi fido di più di Sirignano».

In effetti, il pm indagato per corruzione e Sirignano (magistrato che contribuì ad arrestare il sanguinario boss Giuseppe Setola e che interrogò per primo Antonio Iovine, capo dei Casalesi) in un dialogo captato il 7 maggio sembrano davvero in ottimi rapporti.
Anche loro discutono di nomine e di pedine da muovere sul tavolo della scacchiera del potere giudiziario (in particolare Palamara voleva mettere a Perugia Giuseppe Borrelli, magistrato napoletano che – secondo l’indagato e Sirignano – avrebbe potuto gestire la denuncia contro Ielo di Fava; Borrelli ha però smentito duramente le parole intercettate di Sirignano, inviando una relazione di servizio al suo procuratore capo Giovanni Melillo).
Ma, soprattutto, parlano di possibili vendette.

Palamara: «Eh no tu hai detto Borrelli… Borrelli non ce l’hai?
Sirignano: «Borrelli è come hai detto tu… viene dopo di Maresca…. perché Maresca (presumibilmente Catello, ndr) è Unicost sicuramente, Borrelli mezzo e mezzo…»
Palamara: «E quindi che facciamo su Perugia? Tu mi hai chiesto che volevi… che bisognava dargli quello»
Sirignano: «Si perché tu non hai alternative… perché non puoi fare andare Antonio D’Amato come si prospettava»
Palamara: «Non si può Viola a Roma e D’Amato, no»

E quando Palamara chiede se Borrelli è in grado, una volta diventato capo a Perugia, di aprire un’inchiesta penale contro Ielo, Sirignano sembra capire al volo di che sta parlando il sodale:

Sirignano: «Ma quella cosa lì di quale, di Fava? … E quindi che cosa significa quella cosa lì deve andare avanti contro questi qua?
Palamara: «Eh… deve aprire un procedimento penale su Ielo… cioè stiamo a parlà di questo… non lo farà mai!»
Sirignano: «Io non lo so se Ielo è amico di Melillo… Se sono della stessa parte… tieni conto che Melillo e lui stanno in contrasto però»
Palamara: «Melillo e Borrelli?»
Sirignano: «Se voi non li uccidete questi qua…»
Palamara: «…non lo faremo mai…»
Sirignano: «…è chiaro che questa cosa non si fa»
Palamara: «Esatto»
Sirignano: «Uccidere questa gente significa andare a mettere le pedine nei posti giusti…significa dare visibilità alle vostre scelte».

Qualche giorno fa Sirignano, dopo la pubblicazione di poche frasi del dialogo rispetto a quelle che leggete ora, ha spiegato di non essere indagato, di essere estraneo a manovre di ogni sorta e ad accordi opachi di ogni genere. Chissà se poteva immaginare mai che l’amico Palamara, intercettato, era quello che si autodefiniva quello della «P5».

Rif:http://espresso.repubblica.it/palazzo/2019/06/17/news/csm-intercettazioni-luca-palamara-luca-lotti-p5-1.336056

Csm, nelle intercettazioni anche il pg Fuzio. Palamara: “Diranno che sono la P5”. Gli insulti ad Ardita: “È un talebano”

Csm, nelle intercettazioni anche il pg Fuzio. Palamara: “Diranno che sono la P5”. Gli insulti ad Ardita: “È un talebano”

La procura di Perugia ha inviato a Palazzo dei marescialli un altro faldone d’intercettazioni, che contiene le registrazioni dal 16 al 29 maggio, cioè il giorno prima che Palamara venisse perquisito e la notizia dell’indagine ai suoi danni diventasse pubblica. Il 27 maggio il pm sotto inchiesta avrebbe incontrato il procuratore generale della Cassazione, che qualche giorno fa ha avviato l’azione disciplinare per i cinque consiglieri che parteciparono alle riunioni con Lotti. Nelle registrazioni anche insulti al consigliere del Csm della corrente di Davigo: “Per lui è tutto bianco o nero”

C’è anche la voce di Riccardo Fuzio, il procuratore generale della Cassazione, nelle intercettazioni della procura di Perugia su Luca Palamara. A riportare la notizia sono i principali quotidiani nazionali: da Repubblica al Corriere della Sera. Sul pm indagato per corruzione, infatti, sono arrivate dall’ufficio inquirente umbro una nuova mole d’intercettazioni. Finora al Csm erano state inviate le trascrizioni operate col trojan installato sul cellulare di Palamara fino al 16 maggio. Sono quelle che documentano l’incontro tra l’8 e il 9 maggio per discutere le manovre da seguire per nominare il nuovo procuratore di Roma tra il pm, i deputati del Pd Luca LottiCosimo Ferri (il primo imputato dalla procura di Roma, il secondo magistrato in aspettativa e storico leader di Magistratura Indipendente) e cinque consiglieri del Csm: sono Corrado CartoniAntonio LepreLuigi SpinaGianluigi Morlini – che si sono già dimessi – e Paolo Criscuoli, che è solo autosospeso.

Per i cinque consiglieri che parteciparono all’incontro Fuzio ha avviato l’azione disciplinare, utilizzando giudizi pesantissimi nell’atto d’incolpazione. Adesso, però, la procura di Perugia ha inviato al Csm un altro faldone d’intercettazioni, che contiene le registrazioni dal 16 al 29 maggio, cioè il giorno prima che Palamara venisse perquisito e la notizia dell’indagine ai suoi danni diventasse pubblica. Nelle nuove carte – riportate anche dal sito del settimanale Espresso– si riporta l’esistenza di una conversazione risalente al 27 maggio tra lo stesso Palamara e Fuzio. Per gli inquirenti il pg della Cassazione viene citato anche in un’altra conversazione, quando Palamara parla con Spina, l’ormai ex consigliere del Csm che gli aveva rivelato di essere sotto inchiesta a Perugia. Spina sta raccontando a Palamara che a Palazzo dei Marescialli sono arrivate le carte dell’indagine umbra.  

Csm, Conte: “Maggioranza giudici onesta. Riforma della giustizia sarà medita bene. Ben venga collaborazione opposizioni”

Spina: “Il comitato di presidenza ha mandato in busta chiusa ai presidenti della Quinta e della Prima”.
Palamara: “Eh, ma perché alla Quinta?”.
Spina: “E che c… ne so. Anche dalla Quinta… secretata”.
Palamara: “Ah, allora…”.
Spina: “Non può passa…”.
Palamara: “Allora Riccardo ma che c… ha fatto“.
Spina: “Non c’ è Riccardo…c…, Riccardo non c’ è è questo il punto… Riccardo non ci sta, io l’ ho avvisato… Riccardo non ci sta … sta all’ estero”.
Palamara: “Ah, allora è grave… dai questo è grave”.

Per gli investigatori il Riccardo citato è Fuzio, pg della Cassazione e dunque membro di diritto del Csm, esponente di Unità per la Costituzione, la stessa corrente di Palamara e Spina. Quando i due vengono intercettati effettivamente Fuzio è all’estero. Poi, però, riesce a incontrare Palamara il 27 maggio: il colloquio è ancora top secret.
In un’altra conversazione, Palamara discute con Stefano Fava, il pm autore dell’esposto al Csm contro Giuseppe Pignatone e Paolo Ielo. Fava è indagato per rivelazione di segreto e favoreggiamento perché avrebbe rivelato a Palamara i dettagli dell’indagine ai suoi danni.

Fava: “Penso che ti ha intercettato, sto pezzo…
Palamara: “Io non lo escludo più”
Fava: “Io non ho mai visto un’indagine fatta da Perugia… su un magistrato romano… mai!”
Palamara: “Eh! Beh! L’informativa è del Gico… è di coso…”
Fava: “Del Gico… Ovviamente è sicuro questo… perché ovviamente il Gico indagava nel nostro procedimento”
Palamara: “Liguori mi ha detto… che ero archiviato… però a questo punto secondo me non è vero”.

Il pm sotto inchiesta sa già che il fascicolo su di lui è arrivato al Csn,

Palamara: “Vediamo, come dici tu… per il fascicolo loro mi fanno vedere le intercettazioni? Ci dovrebbero… mi dovrebbero dare pure quelle… e che teoricamente sono irrilevanti ai fini dell’ipotesi principale no? Perché se io parlo… se a Roma viene Lo Voi, o Creazzo…”
Fava: “Vabbè certo… certo”
Palamara: “Eh… però loro ti possono dire che io sono la P5... che sono quello che fa le nomine!”
Fava: “Certo! Certo!”
Palamara: “E quindi in teoria mi possono… è pazzesco… capisci che ti voglio dire?”

Anm, eletto il nuovo presidente: è Luca Poniz di Area: “Gigantesca questione morale. Grati ai pm di Roma e Perugia”

In un altro passaggio delle intercettazioni, invece, Palamara cita il procuratore nazionale Antimafia, Federico Cafiero De Raho. “Questo discorso che ti sto facendo l’ho fatto non solo a Sirignano, ma anche a Cafiero. Sapeva tutto della situazione di Roma e di quello che mi volevano fare e mi ha detto: “Hai perfettamente ragione sul ridimensionamento di Pignatone”. A Repubblica, Cafiero De Raho ha replicato: “Quello che mi viene attribuito è pura millanteria”.

Ma non solo. Perché oltre agli sfoghi, alle trame e alle manovre sul Csm, il trojan di Palamara registra anche insulti. Il bersaglio è Sebastiano Ardita, integerrimo magistrato eletto al Csm da Autonomia e Indipendenza, la corrente creata da Piercamillo Davigo dopo la scissione di Magistratura indipendente, la componente di Ferri. È l’ex consigliere Spina a definire Ardita “un talebano“. Per lui – dice Ferri “è bianco o è nero“. Ardita viene citato perché fa parte della prima commissione, dove era finito l’esposto di Fava contro Pignatone e Ielo.
Spina: “Cè coso che vuole spingere… Sebastiano… digli di stare calmo..”.
Ferri: “Ti volevo dire… scusami… ma voleva convocare Ielo?”.
Spina: “No, voleva convocare Fava…per farsi…”.
Cartoni : “Calma, calma, calma…”.
Spina: “Calma… più sta quella pratica meglio è”.

Per i consiglieri vicini e a Lotti e Ferri la volontà di Ardita di convocare Fava non è positiva: l’esposto deve rimanere nei cassetti del Csm, come una sorta di spada di Damocle su Ielo. Per Spina, dunque, Ardita è “un talebano”.”Uno che non si fa i fatti suoi”, dice un altro partecipante alla riunione. Ferri insiste e ricorda i tempi della comune militanza in Magistratura Indipendente. Racconta che Ardita voleva rinnovare il gruppo ed emarginare i “vecchi ” e chi avrebbe tenuto condotte discutibili. “Mi soffocava” aggiunge il deputato del Pd per spiegare la fine dei loro rapporti e della militanza comune in Magistratura Indipendente. L’ex sottosegretario, tra l’altro, non nasconde il timore che Ardita voglia tornare a riprendersi la corrente per fare il segretario.
Ferri: “È tosto… sai cosa, io l’ho capito Ardita… lui vuole rientrare e prendere in mano Magistratura indipendente politicamente… come segreteria, perché lui il cuore ce lo ha lì, dai”.
Spina: “È più a destra di tutti Ardita, ragazzi…”. Anche Palamara conferma l’inavvicinabilità di Ardita: non riesce ad avere accesso diretto ad Ardita per la sua domanda di aggiunto a Roma e chiede a Fava come può arrivarci. ”Qualcuno ci ha parlato con Sebastiano?”.

rif:https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/17/csm-nelle-intercettazioni-anche-il-pg-fuzio-palamara-diranno-che-sono-la-p5-gli-insulti-ad-ardita-e-un-talebano/5261130/

Csm, tutte le trame di Palamara, Lotti & Co.: «Se mi intercettano, diranno che sono la P5»

Csm, tutte le trame di Palamara, Lotti & Co.: «Se mi intercettano, diranno che sono la P5»

Le nuove rivelazioni choc dell’inchiesta. Il pm indagato per corruzione: «Ho parlato di Roma, di Lo Voi, di Creazzo: possono dire che sono quello che fa le nomine». Le mire dei congiurati: «Ridimensionare» la procura di Napoli e ricattare Pignatone. «È un matto vero, uno stronzo. Tu devi solo fargli capì che finisce male». Il pm Sirignano a Palamara: «Uccidere questa gente significa andare a mettere le pedine nei posti giusti»

L’informativa del Gico della Guardia di Finanza è un pozzo senza fondo. Letta dall’inzio alla fine, disegna un sistema mefitico di intrallazzi e operazioni oscure che hanno un solo obiettivo: la gestione assoluta del potere. In particolare, del potere giudiziario in Italia. Fuori ogni canone costituzionale. Fuori ogni logica democratica.

Protagonisti della storia, come sappiamo dalle cronache delle ultime due settimane, toghe di primo livello della magistratura italiana, e alcuni politici che tramano – insieme a loro – per piazzare uomini graditi in cima agli uffici giudiziari più delicati del Paese. Regista indiscusso del film horror sulle nomine, almeno a leggere le trascrizioni delle registrazioni effettuate dal trojan piazzato dal Gico della Guardia di Finanza nel suo cellulare, è Luca Palamara.

Il boss della corrente centrista di Unicost, indagato a Perugia in merito a una presunta corruzione per alcuni viaggi e utilità che avrebbe ricevuto dall’imprenditore Fabrizio Centofanti, è stato ascoltato per mesi.

VEDI ANCHE:

AGF-EDITORIAL-2185198-jpg

Magistratura dipendente, al servizio dei politici

Corruzione diffusa. Guerre di potere per sistemare amici e proteggere la propria cricca, a Roma ma non solo. Così le toghe sono finite nel fango 

E le sue conversazioni con i piddini Luca Lotti e Cosimo Ferri (magistrato in aspettativa e influente esponente di Magistratura indipendente), con alcuni membri del Consiglio superiore della magistratura e pm assortiti stanno terremotando l’intero sistema giudiziario nazionale.

Finito d’improvviso nel gorgo di una crisi morale ed etica che ha pochissimi precedenti nella storia repubblicana (cinque componenti del Csm si sono già dimessi, e ieri lo scandalo ha travolto il sindacato della categoria, l’Anm: ne ha fatto le spese il presidente Pasquale Grasso, di Mi, che ha lasciato l’incarico; al suo posto è stato eletto Luca Poniz, della corrente di sinistra Area).

Già sappiamo che i congiurati, in un incontro notturno avvenuto lo scorso 9 maggio in un hotel romano, discutevano – in un clima a metà tra mercato delle vacche e riunione carbonara – delle nomine delle più importanti procure italiane.

Sappiamo anche che per Roma il preferito del gruppetto era Marcello Viola, di cui Palamara voleva diventare braccio destro, in modo da provocare una «discontinuità» (scrive il Gico) rispetto alla gestione di Giuseppe Pignatone. Sappiamo soprattutto che Lotti (imputato nel caso Consip) ragionava di alcuni dossier da usare contro Paolo Ielo, cioè il pm che lo ha rinviato a giudizio per favoreggiamento. Sappiamo infine che molti astanti si informavano su altre carte che avrebbero potuto inguaiare la candidatura di Giuseppe Creazzo, il procuratore di Firenze che ha fatto arrestare qualche mese fa i genitori di Matteo Renzi.

«DIRANNO: IO SONO LA P5»
Ma il pozzo, come detto, è senza fondo. E se il pm Giuseppe Cascini ha invocato la P2, la loggia massonica guidata da Licio Gelli, le nuove intercettazioni pubblicate ora dall’Espresso descrivono comportamenti allarmanti da parte di pubblici ufficiali. Ricatti incrociati, minacce, veleni, dossieraggi contro i nemici. Fughe di notizie, e un uso strumentale dei giornali. Condotte che per qualcuno (a oggi il fascicolo sulle nomine non ha indagati, ma sono una dozzina i magistrati finiti nel fango etico dell’inchiesta di Perugia) potrebbero essere al limite dell’eversione.

Per bocca degli stessi protagonisti dell’affaire, infatti, le manovre appaiono delineare una sorta «di P5».
La definisce così proprio Palamara, quando – parlando con Stefano Fava, l’amico pm che ha depositato un esposto al Csm contro Ielo e Pignatone, in merito a presunti confitti d’interesse per alcuni contratti avuti da rispettivi fratelli, due avvocati professionisti) – inizia a temere di essere stato intercettato per lungo tempo.

Fava: «Penso che ti ha intercettato, sto pezzo…»
Palamara: «Io non lo escludo più»
Fava: «Io non ho mai visto un’indagine fatta da Perugia… su un magistrato romano… mai!»
Palamara: «Eh! Beh! L’informativa è del Gico… è di coso…»
Fava: «Del Gico… Ovviamente è sicuro questo… perché ovviamente il Gico indagava nel nostro procedimento»
Palamara: «Liguori mi ha detto… che ero archiviato… però a questo punto secondo me non è vero».

VEDI ANCHE:

Gherardo Colombo

«Anche la P2 voleva controllare le procure. La magistratura sa fare pulizia al proprio interno» 

Lo scandalo delle nomine inquinate ha travolto il Csm. Ma alcune delle soluzioi proposte sembrano solo metodi per minare l’indipendenza delle toghe. Parla Gherardo Colombo, ex magistrato di Milano che ha scoperto la loggia massonica

Palamara sa che la notizia dall’indagine su di lui è arrivata al Csm.

Palamara: «Ma io, se mi chiama qualcuno in Prima Commissione (del Csm, ndr) devo dire: “Signori, voi mi chiamate qui… io purtroppo conosco questa storia… ve la dico oggi… la so da un anno e mezzo…»
Fava: «Eh»
Palamara: «Vediamo, come dici tu… per il fascicolo loro mi fanno vedere le intercettazioni? Ci dovrebbero… mi dovrebbero dare pure quelle… e che teoricamente sono irrilevanti ai fini dell’ipotesi principale no? Perché se io parlo… se a Roma viene Lo Voi, o Creazzo…»
Fava: «Vabbè certo… certo»
Palamara: «Eh… però loro ti possono dire che io sono la P5… che sono quello che fa le nomine!»
Fava: «Certo! Certo!»
Palamara: «E quindi in teoria mi possono… è pazzesco… capisci che ti voglio dire?»

UN LIBRO CONTRO PIGNATONE
Palamara è arrabbiato. Sa che l’inchiesta per presunta corruzione dei pm di Perugia rischia di farlo finire nella polvere, e di far saltare tutta l’operazione. Che sembra essere composta da due fasi diverse: da un lato, spingere il suo candidato per Roma (Marcello Viola) nella commissione del Csm che deve scremare con un voto i 13 candidati (la speranza è che lui stesso poi diventi il suo braccio destro) e lavorare per trovare un buon successore del procuratore De Ficchy a Perugia.

In secondo ordine distruggere – attraverso dossier e veleni sparsi a piene mani – quelli che considera i suoi avversari: a partire da Creazzo, che con Lo Voi e Viola è il più accreditato successore di Pignatone, fino ai suoi nemici mortali. Cioè lo stesso Pignatone e Paolo Ielo, i due che hanno osato inviare a Perugia, che ha competenza a indagare sui reati dei magistrati capitolini, la storia dei presunti viaggi pagati da Centofanti.

Sul tentato dossieraggio a Ielo l’Espresso ha già scritto negli scorsi giorni. Il report del Gico, però, mostra anche l’odio feroce che Palamara sembra nutrire verso Pignatone. I rapporti un tempo tra i due, ricorda Luca a Spina che non si capacita, erano un tempo più che buoni. Ora, secondo il pm, il suo capo (oggi in pensione) è diventato il perno di un oscuro complotto contro di lui. Per questo, dunque, bisogna punirlo:

Palamara: «… E soprattutto quel matto di Pignatone. Perché il matto vero è Pignatone…»
Spina: «E che c’ha da capì»
Palamara: «Perché tu… dopo tutte ste cose che sappiamo…»
Spina: «Luca… ma come che c’è da capire… ancora non hai capito. Il potere! Luca…»
Palamara: «Esatto. Ma qualcuno ha ricattato Pignatone… Pignatone…»
Spina: «Eh ma…è ricattabile Pignatone…»
Palamara: «Lo Voi (il procuratore capo di Palermo, ndr) lo fa Pignatone…. il ricorso di Guido Lo Forte (ex procuratore che nel 2015 fece ricorso al Tar e al Consiglio di Stato contro la designazione di Lo Voi, vincendo in primo grado e perdendo al secondo)… c’è pure Pignatone in mezzo… vabbè è meglio che non ti racconto… loro sono dei matti perché Peppe, Peppe…»
Spina: «È soltanto potere»
Palamara: «Scherza col fuoco… tu devi solo fargli capì… secondo me, se gli fate rode il culo finisce male»

Leggendo la trascrizione del Gico, dunque, Palamara suggerisce a Spina di andare a fare pressioni su “Peppe” (cioè Pignatone). Se non lo lasciano stare, se non mollano la presa, questa sembra essere l’antifona, lui potrebbe vendicarsi. Non si sa con quali mezzi. Né è chiaro che cosa c’entri la vecchia nomina di Lo Voi a Palermo.
Quella nomina decisa dal Csm, infatti, fu contestata sia da Lo Forte sia dal collega Sergio Lari. In primo grado il Tar diede ragione a questi ultimi, ma il Consiglio di Stato ribaltò poi la decisione, confermando Lo Voi al suo posto.
La sentenza a Palazzo Spada fu firmata dal presidente Riccardo Virgilio e da Nicola Russo, come ha scritto il Fatto Quotidiano qualche giorno fa. Il primo è stato indagato e il secondo è finito in carcere proprio a seguito di un’inchiesta della procura di Roma (e di Messina) su una sospetta compravendita di sentenze, ordita dall’imprenditore Piero Amara.

VEDI ANCHE:

ESPRESSOMUNAFO-20190614220055586-1-jpg

Csm, le trame tra Lotti e Palamara su Ielo: «Il dossier va spinto». «Sì, così li ammazzo» 

L’Espresso ha letto le nuove intercettazioni. Stavolta l’ex ministro e il pm indagato per corruzione sono soli a cena. Il renziano contro Ielo: «Su di lui a noi la decisione. Che si fa? Si spinge? Una volta fatti anche i procuratori aggiunti». Il magistrato: «Fava è un matto. Siccome non mi frega un cazzo di nessuno, ora vado fino in fondo»

Torniamo a Palamara. Parlando con Spina, è ancora un fiume in piena.

Palamara: «A Stefano (Fava probabilmente, ndr) gli raccontavo i fatti, e lui diceva, allora c’è qualcosa che non va…”guarda che ti vogliono inculare, occhio che lo utilizzano (Centofanti, ndr) come arma di ricatto”, mi faceva “dimmi la verità, hai fatto qualche processo e l’hai aiutato”. “Stefano, mai: perché non stavo in ruolo, nel 2011 ero nel pieno dell’Anm”…e allora (Stefano) ha iniziato a dire, viene fuori il fratello di Pignatone, di Ielo… mi ha detto “fottitene,vai in fondo, qualsiasi cosa ti fanno, li vendi”»

“Li vendi”. Palamara, che si autodefinisce «la P5», dice proprio così. Minaccia e sbraita, ipotizza apertura di fascicoli e intimidazioni assortite e poi, con una capriola logica, definisce in un’altro colloquio con Fava i suoi nemici «dei banditi…ricattatori di professione». L’idea finale dei due amici è quella di scrivere un libro contro di loro. Contro Pignatone, in particolare.

Palamara: «Cioè qui la cosa… è capire se pure Sebastiano (presumibilmente Ardita, pm e consigliere attuale del Csm della corrente di Davigo, ndr) capisce che cazzo c’è dietro. Sebastiano è forse l’unico che può capì sti ricatti»
Fava: «ma ora, ieri, ha chiamato a Erminio…»
Palamara: «Però dopo lo sai che facciamo, facciamo un libro, io faccio un libro, no non sto scherzando»
Fava: …(ride)…
Palamara: «… Na specie de ricatto…tu mi dai le co..eh..e tutto… è diciamo quello che cazzo è successo»
Fava: «Il titolo è “Ricatto alla Palermitana”…”Ricatto” punto “alla Palermitana»
Palamara: «alla Palermitana…»

DAVIGO E ARDITA, «I NOSTRI ALLEATI»
Le intercettazioni sul trojan mostrano manovre e operazioni di ogni tipo. In qualche caso i protagonisti parlano di strategie che mettono a punto in prima persona. Altre volte, invece, si discute di soggetti apicali della magistratura e delle istituzioni italiane, si ipotizzano alleanze con assenti e si millantano entrature nei Palazzi (come quella che Lotti vanta con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha smentito categoricamente di aver mai parlato con il renziano, o con chicchessia, di nomine di giudici.

Dunque, le parole degli intercettati su persone terze vanno prese con le pinze.

Come quelle su Davigo (membro del Csm e capo della corrente di Autonomia e Indipendenza) fatte da Ferri («cioè il nostro alleato è Davigo, più Davigo di Ermini», dice il deputato Pd; Davigo, è un fatto, ha votato a favore di Viola, ma può certamente averlo fatto per convinzione personale).

E come i tanti apprezzamenti che il gruppo, nel famoso incontro del 9 maggio, fa nei confronti di Ardita, neo membro del Csm in Prima Commissione (dove è finito l’esposto di Fava contro Ielo) e davighiano di ferro.

Spina: «Cè coso che vuole spingere… Sebastiano… digli di stare calmo..»
Ferri: «Ti volevo dire… scusami… ma voleva convocare Ielo?»
Spina: «No, voleva convocare Fava…per farsi…»
Corrado: «Calma, calma, calma…»
Spina: «Calma… più sta quella pratica meglio è»
Ferri: «Però Ardita lo inizio a rivalutare»
Palamara: «Sì»
Ferri: «È tosto… e nostro alleato è diventato… sai cosa, io l’ho capito Ardita… lui vuole rientrare e prendere in mano Magistratura indipendente politicamente… come segreteria, perché lui il cuore ce lo ha lì, dai»
Spina: «È più a destra di tutti Ardita, ragazzi…»
Ferri: «E poi lui gli piace la politica, perché è uno che ragiona… cioè lui non è un coglione».

Anche Palamara lo stima molto. Tanto che, qualche giorno dopo, discettando con Fava dei suoi problemi giudiziari (anche questi finiti davanti alla Prima Commissione del Csm), dice: «Questo ormai è un rica… è una storia pazzesca… poi a chi va a finire in prima commissione, per fortuna che c’è Sebastiano Ardita…».

IL CASO NAPOLI
I magistrati Palamara e Spina parlano di nomine e magheggi anche in auto. Non sanno che il Gico li sta intercettando. Ricordano di quando dovevano «inculà (Francesco, ndr) Cananzi». Palamara letteralmente spiega che «a Napoli abbiamo dato una marea di inculate… Cananzi ha iniziato a dare le botte contro il muro… ad urlà come un pazzo… perché il patto tra me, Massimo e Alberto… era il ridimensionamento di Napoli… quella era la mia politica precostituita».

Poi i due parlano di Cesare Sirignano, importante pm antimafia, anche lui – vedremo – intercettato dal trojan di Palamara.

Palamara: «Ognuno di Napoli si scredita con l’altro. Cioè, la Sica dice che Sirignano non conta un ca… Sirignano dice che la Sica non conta un ca… Sirignano su Napoli è l’unica carta che ci possiamo giocare…in questo momento mi fido di più di Sirignano».

In effetti, il pm indagato per corruzione e Sirignano (magistrato che contribuì ad arrestare il sanguinario boss Giuseppe Setola e che interrogò per primo Antonio Iovine, capo dei Casalesi) in un dialogo captato il 7 maggio sembrano davvero in ottimi rapporti.
Anche loro discutono di nomine e di pedine da muovere sul tavolo della scacchiera del potere giudiziario (in particolare Palamara voleva mettere a Perugia Giuseppe Borrelli, magistrato napoletano che – secondo l’indagato e Sirignano – avrebbe potuto gestire la denuncia contro Ielo di Fava; Borrelli ha però smentito duramente le parole intercettate di Sirignano, inviando una relazione di servizio al suo procuratore capo Giovanni Melillo).
Ma, soprattutto, parlano di possibili vendette.

Palamara: «Eh no tu hai detto Borrelli… Borrelli non ce l’hai?
Sirignano: «Borrelli è come hai detto tu… viene dopo di Maresca…. perché Maresca (presumibilmente Catello, ndr) è Unicost sicuramente, Borrelli mezzo e mezzo…»
Palamara: «E quindi che facciamo su Perugia? Tu mi hai chiesto che volevi… che bisognava dargli quello»
Sirignano: «Si perché tu non hai alternative… perché non puoi fare andare Antonio D’Amato come si prospettava»
Palamara: «Non si può Viola a Roma e D’Amato, no»

E quando Palamara chiede se Borrelli è in grado, una volta diventato capo a Perugia, di aprire un’inchiesta penale contro Ielo, Sirignano sembra capire al volo di che sta parlando il sodale:

Sirignano: «Ma quella cosa lì di quale, di Fava? … E quindi che cosa significa quella cosa lì deve andare avanti contro questi qua?
Palamara: «Eh… deve aprire un procedimento penale su Ielo… cioè stiamo a parlà di questo… non lo farà mai!»
Sirignano: «Io non lo so se Ielo è amico di Melillo… Se sono della stessa parte… tieni conto che Melillo e lui stanno in contrasto però»
Palamara: «Melillo e Borrelli?»
Sirignano: «Se voi non li uccidete questi qua…»
Palamara: «…non lo faremo mai…»
Sirignano: «…è chiaro che questa cosa non si fa»
Palamara: «Esatto»
Sirignano: «Uccidere questa gente significa andare a mettere le pedine nei posti giusti…significa dare visibilità alle vostre scelte».

Qualche giorno fa Sirignano, dopo la pubblicazione di poche frasi del dialogo rispetto a quelle che leggete ora, ha spiegato di non essere indagato, di essere estraneo a manovre di ogni sorta e ad accordi opachi di ogni genere. Chissà se poteva immaginare mai che l’amico Palamara, intercettato, era quello che si autodefiniva quello della «P5».

Rif:http://espresso.repubblica.it/palazzo/2019/06/17/news/csm-intercettazioni-luca-palamara-luca-lotti-p5-1.336056

Magistrati indagati, nelle carte nuovi nomi di consiglieri del Csm. E Lotti vantava legami col Quirinale

La novità – riportata da Repubblica e Corriere della Sera – emerge dalle trascrizioni integrali delle intercettazioni operate con il trojan installato sul cellulare di Palamara, consegnate alla procura di Perugia dal Gico della Guardia di Finanza. L’ex ministro sosteneva di essere andato da Sergio Mattarella la propria vicenda giudiziaria, dipingendosi come una vittima della procura romana che vuole processarlo per favoreggiamento nell’ambito dell’inchiesta Consip

Ci sono almeno altri due consiglieri del Csm che incontravanoLuca LottiLuca Palamara e Cosimo Ferri per discutere dei giochi di corrente che avrebbero portato alla conquista della procura di Roma. La novità – riportata da Repubblica e Corriere della Sera – emerge dalle trascrizioni integrali delle intercettazioni operate con il trojan installato sul cellulare di Palamara, consegnate alla procura di Perugia dal Gico della Guardia di Finanza. Alle riunioni notturne per discutere del futuro della procura capitolina, dunque, non partecipavano solo i consiglieri Corrado Cartoni, Antonio Lepre, Paolo Criscuoli, Gianluigi Morlini (non indagati, si autosospesi) e Luigi Spina, accusato di favoreggiamento e violazione di segreto: si è dimesso alcuni giorni fa. Ma c’erano anche altri due membri di Palazzo dei marescialli.

Lo scandalo nato con l’inchiesta della procura di Perugia su Palamara, dunque, sembra destinato ad allargarsi. E a terremotare ulteriormente il mondo della magistratura. Anche perché nei dialoghi registrati, Lotti anche detto a Palamara di essere andato addirittura al Quirinale. Il motivo? Raccontare a Sergio Mattarella la propria vicenda giudiziaria, dipingendosi come una vittima della procura romana che vuole processarlo per favoreggiamento nell’ambito dell’inchiesta Consip. Il braccio destro di Matteo Renzi sosteneva di essersi lamentato col presidente della Repubblica del procuratore Giuseppe Pignatone e dell’aggiunto Paolo Ielo. Lotti avrebbe anche sostenuto di essere in grado di tornare al Colle per provare a trovare una sponda nel risiko che avrebbe dovuto portare alla nomina del nuovo capo dell’ufficio inquirente capitolino. Affermazioni al momento senza alcun riscontro che potrebbero anche essere solo delle millanterie.  

Magistrati indagati, i quattro consiglieri autosospesi vogliono leggere gli atti: Csm chiede parere alla procura di Perugia

I veleni sul Quirinale si allungano anche nell’interrogatorio reso da Palamara, accusato di corruzione, con la procura di Perugia. L’ex presidente dell’Anm ha raccontato che, pochi giorni prima delle perquisizioni ai suoi danni, una persona a lui vicina (già identificata dai pm umbri) gli aveva raccontato di aver saputo da una misteriosa talpa del Colle che sul suo telefonino era installato un trojan. Non si sa chi è quella persona autrice di quella fuga di notizia e se esista davvero. È un fatto però che a Palamara quella notizia è arrivata. Ma è anche vero che il pm nei giorni successivi ha continuato a usare il suo cellulare come se niente fosse.  

Csm, l’ex presidente Anm Albamonte: “Quelle riunioni? Timore che si tentasse di rimpiazzare pm su esigenze politica”

E infatti il suo smartphone ha continuato a registrare ogni dialogi. Come quelli con Cesare Sirignano, pm della procura nazionale Antimafia iscritto a Unicost, la stessa corrente di cui Palamara eè leader. Il magistrato sotto inchiesta ha interesse affinché a Perugia fosse nominato un magistrato a lui vicino in modo da affossare l’inchiesta ai suoi danni. Sirignano fa il nome del procuratore aggiunto di Napoli, Giuseppe Borrelli. Palamara non  convinto ma Sirignano insiste dipingengo Borrelli come un magistrato avvicinabile. Borrelli, però, ha denunciato Sirignano a Perugia “producendo una documentazione che comprova la più totale estraneità ai fatti”, come recita una nota fatta avere a Repubblica.

Rif:https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/12/magistrati-indagati-nelle-carte-nuovi-nomi-di-consiglieri-del-csm-e-lotti-vantava-legami-col-quirinale/5249494/

Csm, Robledo: “Magistratura si faccia esame coscienza. Ma non ne ha la forza, per anni ha tollerato questo”

Caos procure e Csm? Sì, siamo assolutamente di fronte a una situazione grave e pericolosa per le istituzioni. Non c’è dubbio”. Così, ai microfoni di “24 Mattino”, su Radio24, l’ex procuratore aggiunto di Milano, Alfredo Robledo, commenta lo scandalo sul Csm e le ultime intercettazioni, registrate da un trojan nel cellulare dell’ex presidente di Anm, Luca Palamara, indagato a Perugia per corruzione, e riguardanti le conversazioni tra lo stesso Palamara, alcuni consiglieri del Csm (togati del Csm autosospesi Antonio Lepre, Corrado Cartoni e Paolo Criscuoli e i dimissionari Gianluigi Morlini e Luigi Spina) , il deputato Pd Cosimo Ferri e l’ex ministro Luca Lottisulla nomina del successore dell’ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone. Dalle intercettazioni è emerso che uno dei candidati, il procuratore capo di Firenze Giuseppe Creazzo, è stato escluso, perché indagava sui genitori di Matteo Renzi.

Rif:https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/13/csm-robledo-magistratura-si-faccia-esame-coscienza-ma-non-ne-ha-la-forza-per-anni-ha-tollerato-questo/5253431/