Via d’Amelio: quei pm che dimenticarono di depositare i verbali

La decisione dei magistrati di Caltanissetta. La commissione antimafia siciliana ha evidenziato che quella scelta ha «determinato una grave deviazione processuale» soprattutto nella valutazione dell’attendibilità del pentito Scarantino

Per ora sarebbero due i magistrati finiti nel registro degli indagati con l’ipotesi di reato di concorso in calunnia aggravato dall’avere favorito Cosa nostra. Parliamo del nuovo colpo di scena relativa alla vecchia indagine sulla strage di Via D’Amelio, definita dal Borsellino Quater il «il più grande depistaggio della Storia».

Ma è un depistaggio che ha visto anche come protagonista l’irritualità dello svolgimento del processo, tant’è vero che lo scorso novembre la Procura di Caltanissetta, che ha istruito il processo del Borsellino Quater, aveva trasmesso una tranche dell’inchiesta ai colleghi messinesi perché accertassero se nella vicenda, ci fossero responsabilità di magistrati.

Così la Procura di Messina ha aperto in un primo tempo un fascicolo di atti relativi, una sorta di attività pre- investigativa sfociata adesso in una inchiesta per calunnia aggravata. Ora dovranno conoscere i contenuti delle registrazioni del falso pentito Vincenzo Scarantino quando era nel programma protezione, dove aveva a disposizione un telefono fisso e poteva solo ricevere le chiamate.

Parliamo di un accertamento tecnico non ripetibile, avente ad oggetto il riversamento di 19 supporti magnetici contenenti registrazioni prodotte con strumentazione della Radio Trevisian, denominata RT2000, trasmessi alla procura di Messina, in originale, dalla procura di Caltanissetta.

Ma rimane ancora inevaso un interrogativo, proprio sulla conduzione dell’iter processuale che è costata la condanna di otto innocenti, sulla base delle dichiarazioni di Scarantino. Lo spartiacque, o meglio quello che avrebbe dovuto essere, è da ritrovare nella data del 13 gennaio del 1995, quando c’è stato il confronto tra Scarantino e i collaboratori di giustizia Totò Cancemi, Gioacchino La Barbera e Mario Santo Di Matteo.

Ed è proprio in quel confronto che emerse la totale mancanza di attendibilità di Scarantino. Ma è accaduto che il verbale del confronto è rimasto nel cassetto per diverso tempo. Alla data dei confronti, ovvero il 13 gennaio 1995, nessuno dei processi riguardante la strage di via D’Amelio era stato ancora definito. La sentenza del primo processo concluso, il Borsellino 1, viene pronunciata solo nel gennaio del 1996, a distanza di oltre un anno dall’avvenuta assunzione dei confronti.

Il deposito di quei verbali demolitori della figura di Scarantino, quanto al profilo e criminale quanto al contenuto delle dichiarazioni, avrebbe potuto quindi incidere sensibilmente sulle conclusioni di quel processo. Che invece, com’è noto, si concluse accettando l’intero impianto accusatorio basato sulla parola di Scarantino e condannando all’ergastolo.

Il verbale uscì fuori grazie alla tenacia dell’avvocato Rosalba Di Gregorio, che all’epoca difese alcuni imputati poi condannati ingiustamente per la strage. Lo racconta in audizione dinnanzi la commissione antimafia della Sicilia presieduta da Claudio Fava.

«Siamo all’udienza preliminare del bis, quindi siamo se non ricordo male nel 1996 – ha spiegato Di Gregorio – facciamo le copie degli atti, tra le copie degli atti spunta fuori una missiva strana, una lettera di trasmissione dal Procuratore aggiunto di Caltanissetta Paolo Giordano, al procuratore aggiunto Guido Lo Forte di Palermo dove gli dice: «Ti mando, per quanto di interesse, i confronti fra Scarantino- Cancemi, Scarantino- Santino Di Matteo, Scarantino – Gioacchino La Barbera».

Cerchiamo questi confronti ma non ci sono, cioè non sono stati depositati, quindi noi chiediamo al giudice dell’udienza preliminare di fare depositare i confronti. La risposta a verbale è “Non esistono”. Gli abbiamo detto: “Non è possibile che non esistono, se li avete trasmessi a Palermo, evidentemente esistono quindi non ci dite non esistono, dite non ve li vogliamo depositare», «Non esistono e se esistono non riguardano gli imputati di questo processo, quindi voi non li potete avere».

A quel punto l’avvocato ha fatto un’istanza al dott. Guido Lo Forte come indagine difensiva ed è andata a parlargli. «Mi ha detto – racconta sempre la Di Gregorio: «Lei è pazza – graziosamente, cordialmente – se pensa che io le do una cosa che Caltanissetta non le vuole dare». Io ho detto «No, no, ma io lo voglio messo per iscritto: non te la posso dare, fattela dare da Caltanissetta».

E così abbiamo fatto. Il dott. Lo Forte scrive nella mia istanza «Non te la do, te la fai dare da Caltanissetta», quindi io prendo la risposta e la porto a Caltanissetta a Paolo Giordano dicendo: «Siccome esistono e me li devi dare tu, ti dispiace che me li dai?» «Non se ne parla assolutamente, non ti interessano, non ti riguardano, non riguardano gli imputati, non riguardano questo processo». Alla fine, nel febbraio del 97 ( e cioè dopo più di un anno dalla richiesta rigettata in udienza preliminare), l’avvocato Di Gregorio chiese e ottenne il deposito del confronto tra i collaboratori di giustizia e Scarantino nel processo “Borsellino ter”.

La commissione antimafia della Sicilia, nella sua relazione, ha evidenziato che il mancato deposito di detti verbali nella segreteria del pubblico ministero ha «sicuramente determinato una grave deviazione processuale, perché ha impedito alla Corte di Assise di Caltanissetta una piena cognizione ed una corretta valutazione dell’inesistente affidabilità di Scarantino». Un iter processuale, quindi, che già nel 1995 avrebbe avuto un esito diverso, se solo si fosse portato a conoscenza di quel verbale, il perno principale che avrebbe fatto decadere tutte le accuse senza arrivare fino al Borsellino Quater.

I due magistrati indagati tra politica e pentiti

Indagati per calunnia Carmelo Petralia

Via D’Amelio – Anna Palma e Carmelo Petralia coinvolti nell’inchiesta sul depistaggio di Scarantino

Uno ha costruito la sua carriera nei ruoli dell’accusa, l’altra è stata per oltre dieci anni fuori ruolo, impegnata nello staff dell’ex presidente del Senato Renato Schifani e poi nelle stanze di Via Arenula, come vicecapo Dipartimento per gli affari di Giustizia. Carmelo Petralia e Anna Palma, indagati dalla Procura di Messina per il depistaggio di via D’Amelio, sono i primi magistrati chiamati a rispondere della colossale mistificazione costruita a tavolino sulle parole del pentito farlocco, Vincenzo Scarantino.

Top secret il contenuto dell’accusa di calunnia aggravata ipotizzata nei loro confronti, ma si sospetta che un ruolo cruciale della nuova indagine potrebbero giocare le 19 bobine trasmesse da Caltanissetta con registrazioni telefoniche dell’epoca, pronte a essere riversate su supporti moderni per la valutazione.

Di certo c’è che Scarantino aveva i numeri di cellulare di almeno quattro magistrati quando, nell’estate del ’95, era detenuto ai domiciliari a San Bartolomeo al Mare (Imperia), nella casa dove sarebbe stato “indottrinato” dagli uomini del gruppo Falcone-Borsellino e dove era installato un telefono fisso. Lo ha rivelato lui stesso, nel processo in corso ai poliziotti Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, accusati di averlo aiutato a memorizzare i verbali taroccati. “Il numero della Palma – ha detto Scarantino – mi sembra che me l’aveva dato Bo; quello del procuratore di Caltanissetta Gianni Tinebra (morto nel 2017, ndr) me l’aveva dato lui stesso, quello di Petralia me l’aveva dato il poliziotto Vincenzo Ricciardi, e quello del pm Nino Di Matteo me l’aveva passato Tinebra”. Di Matteo, sentito nel quater, è l’unico ad aver riferito spontaneamente di aver ricevuto in quel periodo messaggi vocali da Scarantino sul proprio cellulare, precisando però di non avergli mai risposto perché impegnato in un’udienza.

Diventata nel 2016 avvocato generale della Repubblica a Palermo (in quell’occasione il suo sponsor fu l’avvocato Paola Balducci, già deputata di Sel e compagna dell’ex ad delle Ferrovie dello Stato lo scomparso Lorenzo Necci), la Palma ha attraversato numerose polemiche per la sua familiarità con la politica (è sposata con Elio Cardinale, sottosegretario alla Salute nel governo Monti), la sua frequentazione di aggregazioni paramassoniche (nel ’79 fu nominata dama del Santo Sepolcro, lo stesso Ordine al quale apparteneva lo 007 Bruno Contrada, in cui rimase fino al ’93) e la sua amicizia con Totò Cuffaro, il governatore siciliano condannato per mafia. Fu Cuffaro a designare il fratello della Palma, già magistrato della Corte dei conti, “vicecommissario regionale per l’emergenza idrica in Sicilia”, come scrisse l’informatico Gioacchino Genchi nel libro autobiografico firmato con il giornalista Edoardo Montolli.

Sentita dalla Commissione regionale antimafia su via D’Amelio, Palma non ha saputo spiegare perché sul sopralluogo eseguito da Scarantino nella carrozzeria di via Messina Marine, in cui furono rubate le targhe poi montate sull’autobomba, non venne redatto alcun verbale: “Non mi sono posta assolutamente il problema – ha risposto – devo dire forse sarò stata ignorante”.

Già nella Dda catanese nel ’92, Petralia arriva a Caltanissetta a rafforzare il pool di magistrati all’indomani di via D’Amelio e negli anni successivi approda alla Procura nazionale antimafia, per poi guidare la Procura di Ragusa. Il suo ruolo nelle indagini su via D’Amelio è segnalato dall’Antimafia regionale nell’episodio di San Bartolomeo a Mare, la prima ritrattazione di Scarantino, bloccata proprio dall’intervento del pm, che in tempo reale, alla Questura di Genova, verbalizzò la ritrattazione della ritrattazione.

Depistaggio sulla strage Borsellino: due magistrati indagati dalla Procura di Messina.

Nuovo colpo di scena nelle indagini sul depistaggio Borsellino. I magistrati Annamaria Palma e Carmelo Petralia sarebbero indagati per calunnia aggravata dalla Procura di Messina.

A Palma, avvocato generale di Palermo, e Carmelo Petralia, procuratore aggiunto di Catania-come apprende l’Adnkronos-sarebbero stati notificati oggi pomeriggio gli avvisi di accertamento tecnico non ripetibile della Procura di Messina. Al vaglio dei giudici 19 cassette contenenti alcune registrazioni prodotte in passato.

A novembre magistrati di Caltanissetta, che indagano sul depistaggio sulla strage di via D’Amelio, avevano inviato ai pm di Messina un fascicolo, contenente i nomi dei magistrati che si erano occupati delle indagini sulla strage Borsellino, e anche i documenti della sentenza del Borsellino quater. In quest’ultima si denunciavano  gravi omissioni nel coordinamento dell’indagine, al termine della quale venne stabilita la condanna all’ergastolo di otto innocenti. Il coordinamento delle indagini spettava ai magistrati dell’epoca. Tra costoro c’erano anche Carmelo Petralia, Annamaria Palma e Giovanni Tinebra, che nel frattempo è defunto.
Rif:http://www.strettoweb.com/2019/06/strage-borsellino-procura-messina-magistrati-indagati/854127/

Borsellino: depistaggio, indagati i pm Palma e Petralia

arebbero gli ex pm in servizio nel pool che indagò sulla strage di via D’Amelio, Carmelo Petralia ed Annamaria Palma, i magistrati indagati per il depistaggio dell’inchiesta sull’attentato costato la vita al giudice Paolo Borsellino. L’indagine, che ipotizza il reato di concorso in calunnia aggravato dall’avere favorito Cosa nostra, è condotta dal procuratore di Messina Maurizio De Lucia.

La strage di via D'Amelio © ANSA

Annamaria Palma attualmente è avvocato generale a Palermo, mentre Petralia ricopre la carica di procuratore aggiunto a Catania. Nell’ipotesi accusatoria, in concorso con i tre poliziotti sotto processo a Caltanissetta, Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, avrebbero depistato le indagini sulla strage. Un depistaggio definito clamoroso nella sentenza di primo grado del processo Borsellino quater, costato l’ergastolo a sette innocenti. Il reato contestato ai magistrati e ai funzionari di polizia è la calunnia: i pm e i poliziotti avrebbero imbeccato tre falsi pentiti, costruiti a tavolino tra cui Vincenzo Scarantino, suggerendo loro di accusare falsamente dell’attentato persone ad esso estranee. Ai magistrati si contesta, oltre all’aggravante di avere favorito Cosa nostra, anche l’aggravante che deriva dal fatto che dalla calunnia è seguita una condanna a una pena maggiore di 20 anni. A Palma e Petralia oggi è stato notificato dalla Procura di Messina, che indaga in quanto è coinvolto un magistrato in servizio a Catania, un avviso di accertamenti tecnici irripetibili. Stesso avviso è stato notificato ai sette condannati ingiustamente: Cosimo Vernengo, Gaetano La Mattina, Gaetano Murana, Gaetano Scotto, Giuseppe Urso e Natale Gambino, persone offese dal reato. Tranne Urso e Gambino, che non hanno nominato legali, gli altri sono difesi dagli avvocati Rosalba Di Gregorio e Pino Scozzola.

Rif:http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2019/06/11/borsellino-depistaggio-indagati-gli-ex-pm-palma-e-petralia_43ea4508-932e-4424-b041-8a97d289f673.html

Depistaggio strage di via DʼAmelio, la figlia di Borsellino: “Il Csm non ha fatto nulla”

“Menti esterne alla mafia hanno ordinato a Cosa nostra di anticipare il progetto di omicidio di Paolo Borsellino, ha invece detto il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato.

Il Consiglio superiore della magistratura “non ha fatto nulla sul piano disciplinare” in merito al depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio. Lo ha denunciato Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato ucciso nel 1992, aggiungendo: “Quando il Csm si è mosso non l’ha fatto di sua iniziativa, ma solo su input di noi familiari e questo per me è abominevole”.

Presunto depistaggio strage di via D'Amelio, la figlia di Borsellino: "Il Csm non ha fatto nulla"

Il riferimento della Borsellino è ad eventuali responsabilità disciplinari dei magistrati che indagarono sulla strage. Indagine condizionata da una clamoroso depistaggio su cui è in corso un processo a tre funzionari di polizia. “Ad oggi nei nostri confronti – ha aggiunto – non c’è stata alcuna riparazione. Io sono stata convocata dal procuratore generale della Cassazione. Ci si chiedono contributi a cui non ci siamo mai sottratti, contrariamente ad altri. Ma non c’è stata alcuna riparazione”.

“Menti esterne alla mafia hanno ordinato a Cosa nostra di anticipare il progetto di omicidio di Paolo Borsellino e hanno dato anche ai clan il supporto logistico per fare la strage”, ha invece detto il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, intervenuto con Fiammetta Borsellino al dibattito “Furti di verità, a Palermo. Scarpinato si è soffermato sui depistaggi dell’inchiesta sulla strage di via D’Amelio, riportando dati di indagini e ricordando il mix di verità e menzogna che ha offerto una ricostruzione falsata dei fatti costata l’ergastolo a sette innocenti.

Rif:https://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/presunto-depistaggio-strage-di-via-d-amelio-la-figlia-di-borsellino-il-csm-non-ha-fatto-nulla-_3202642-201902a.shtml

Depistaggio su inchiesta Borsellino, indagati gli ex pm Palma e Petralia | “Concorso in calunnia per favorire la mafia”

La Procura ha disposto lʼanalisi di 19 audiocassette su cui vennero registrati una serie di interrogatori. I poliziotti indagati avrebbero obbligato il finto pentito Vincenzo Scarantino ad accusare della strage persone innocenti

Depistaggio su inchiesta Borsellino, indagati gli ex pm Palma e Petralia | "Concorso in calunnia per favorire la mafia"

Non è più a carico di ignoti l’indagine della Procura di Messina sul depistaggiodell’inchiesta sulla strage di via d’Amelio, costata la vita al giudice Paolo Borsellino e agli agenti della sua scorta. I pm hanno iscritto nel registro degli indagati gli ex pm in servizio nel pool, Carmelo Petralia ed Annamaria Palma. Ai due e alle persone offese la Procura ha notificato l’esecuzione di accertamenti tecniciirripetibili.

Chi sono i magistrati indagati – Annamaria Palma attualmente è avvocato generale a Palermo, mentre Petralia ricopre la carica di procuratore aggiunto a Catania. Nell’ipotesi accusatoria, in concorso con i tre poliziotti sotto processo a Caltanissetta, Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, avrebbero depistato le indagini sulla strage.

Sette innocenti finirono all’ergastolo – Un depistaggio definito clamoroso nella sentenza di primo grado del processo Borsellino quater, costato l’ergastolo a sette innocenti. Il reato contestato ai magistrati e ai funzionari di polizia è la calunnia: i pm e i poliziotti avrebbero imbeccato tre falsi pentiti, costruiti a tavolino tra cui Vincenzo Scarantino, suggerendo loro di accusare falsamente dell’attentato persone ad esso estranee. Ai magistrati si contesta, oltre all’aggravante di avere favorito Cosa nostra, anche l’aggravante che deriva dal fatto che dalla calunnia è seguita una condanna a una pena maggiore di 20 anni. A Palma e Petralia è stato notificato dalla Procura di Messina, che indaga in quanto è coinvolto un magistrato in servizio a Catania, un avviso di accertamenti tecnici irripetibili. Stesso avviso è stato notificato ai sette condannati ingiustamente: Cosimo Vernengo, Gaetano La Mattina, Gaetano Murana, Gaetano Scotto, Giuseppe Urso e Natale Gambino, persone offese dal reato. Tranne Urso e Gambino, che non hanno nominato legali, gli altri sono difesi dagli avvocati Rosalba Di Gregorio e Pino Scozzola.

Accertamenti su audiocassette – Gli accertamenti tecnici irripetibili disposti dalla Procura di Messina riguardano le cassette con le intercettazioni delle conversazioni del falso pentito Vincenzo Scarantino registrate durante il periodo in cui questi era sottoposto al programma di protezione. Periodo in cui, secondo una ipotesi accusatoria, Scarantino sarebbe stato indotto, anche con la violenza, dal pool di poliziotti che indagava sull’attentato a mentire sulla fase esecutiva della strage incolpando persone innocenti. Le cassette, molto risalenti nel tempo, potrebbero deteriorarsi, da qui la necessità di far partecipare agli accertamenti i consulenti degli indagati e delle persone offese. Del pool di investigatori che indagò sulla strage, guidati dall’ex capo della Mobile di Palermo Arnaldo La Barbera, poi deceduto, facevano parte i poliziotti Bo, Ribaudo e Mattei, ora sotto processo a Caltanissetta per calunnia aggravata, lo stesso reato contestato ai due pm dalla Procura di Messina, competente a indagare in quanto Petralia è in servizio a Catania. Per legge i pm della citta’ dello Stretto sono competenti infatti sui casi in cui i colleghi catanesi sono indagati o persone offese.

Rif:https://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/sicilia/depistaggio-su-inchiesta-borsellino-indagati-gli-ex-pm-palma-e-petralia-concorso-in-calunnia-per-favorire-la-mafia-_3213955-201902a.shtml

Depistaggio Borsellino, indagati per calunnia due pm che si occuparono dell’inchiesta sulla strage di via d’Amelio

La nuova indagine è stata aperta dalla procura di Messina: sotto inchiesta Carmelo Petralia e Anna Maria Palma, oggi aggiunto a Catania e avvocato generale a Palermo. La notizia dell’inchiesta è emersa perché alle persone sottoposte a indagini e alle parti lese la Procura ha notificato l’esecuzione di accertamenti tecnici irripetibili. Riguardano 19 cassette con le registrazioni delle conversazioni di Vincenzo Scarantino, il picciotto della Guadagna e falso pentito che con le sue dichiarazioni depistò la strage

Depistaggio Borsellino, indagati per calunnia due pm che si occuparono dell’inchiesta sulla strage di via d’Amelio

Due pm che indagarono sulla strage di via d’Amelio sono indagati per concorso in calunnia aggravata dall’aver favorito Cosa nostra. Si tratta di Carmelo Petralia e Annamaria Palma, attualmente procuratore aggiunto a Catania e avvocato generale a Palermo. All’epoca erano entrambi pm di Caltanissetta. Ventisette anni dopo la strage che uccise il giudice Paolo Borsellino e cinque uomini della scorta ci sono quindi due magistrati accusati del depistaggio dell’inchiesta. La notizia dell’inchiesta è diventata pubblica perché l’ufficio inquirente della città sullo Stretto ha notificato un avviso di accertamento tecnico irripetibili agli indagati e alle parti lese, cioè Gaetano Murana, Giuseppe La Mattina e Cosimo Vernengo, ingiustamente accusati nei primi processi. Oltre a Gaetano ScottoGiuseppe UrsoNatale Gambino.

Le 19 cassette e l’atto non ripetibile- Gli atti tecnici che devono compierere gli investigatori non sono ripetibili perché c’è il rischio che le prove vadano perdute. Riguardano 19 cassette con le registrazioni delle conversazioni di Vincenzo Scarantino, il picciotto della Guadagna e falso pentito che con le sue dichiarazioni depistò la strage. Venne ascoltato mentre era sotto protezione, un periodo in cui, secondo l’accusa, è stato indotto, anche con la violenza, dal pool di poliziotti che indagava sull’attentato, a mentire. Del pool di investigatori, guidati dall’ex capo della Mobile di Palermo Arnaldo La Barbera, poi deceduto, facevano parte i poliziotti oggi finiti a giudizio: Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei. Sono occusati del depistaggio delle indagini, costato l’ergastolo a sette innocenti. Il reato contestato ai magistrati e ai funzionari di polizia è la calunnia: i pm e i poliziotti avrebbero imbeccato tre falsi pentiti. Ai magistrati si contesta, oltre all’aggravante di avere favorito Cosa nostra, anche l’aggravante che deriva dal fatto che dalla calunnia è seguita una condanna a una pena maggiore di 20 anni. Le cassette sono molto datate e l’ascolto potrebbe deteriorarle: da qui la necessità che all’accertamento, mai eseguito prima, partecipino anche i consulenti degli indagati e delle persone offese. Scarantino, secondo l’accusa, sarebbe stato picchiato e minacciato perché desse la versione di comodo “pensata” dagli investigatori. E costretto a imparare a memoria le fandonie da ripetere durante gli interrogatori. Il falso pentito, protagonista di ritrattazioni clamorose, ha poi svelato le pressioni subite. Attribuendole soltanto ai poliziotti. I”l dottor Di Matteo non mi ha mai suggerito niente, il dottor Carmelo Petralia neppure. Mi hanno convinto i poliziotti a parlare della strage. Io ho sbagliato una cosa sola: ho fatto vincere i poliziotti, di fare peccare la mia lingua e non ho messo la museruola…”, ha detto l’ex collaboratore solo poche settimane fa.

Come nasce l’inchiesta sui magistrati – L’indagine su Palma e Petralia nasce nello scorso novembre, quando la procura di Caltanissetta, che ha istruito il processo per il depistaggio delle indagini sull’attentato, ha trasmesso una tranche dell’inchiesta ai colleghi messinesi perché accertassero se nella vicenda, ci fossero responsabilità di magistrati. Così l’ufficio inquirente della città sullo Stretto ha aperto in un primo tempo un fascicolo di atti relativi, una sorta di attività pre-investigativa. Che adesso è diventata un’inchiesta per calunnia aggravata con alcune persone indagate. I fatti contestati sono stati commessi “in Caltanissetta e altrove, in epoca antecedente e prossima al settembre 1998”. La nuova indagine è condotta dal procuratore di Messina, Maurizio De Lucia,perché l’ufficio inquirente della città dello Stretto è competente quando sono coinvolti nelle vicende giudiziarie magistrati in servizio a Catania: ed è il caso di Petralia.

Le motivazioni del Borsellino Quater – Negli atti che i pm di Caltanissetta hanno inviato ai colleghi messinesi si fa riferimento alla sentenza del processo Borsellino quater. Nelle motivazioni dell’ultimo verdetto della strage i giudici della corte d’assise parlavano di depistaggio delle indagini sull’attentato al magistrato. “Questa Corte ritiene doveroso, in considerazione di quanto è stato accertato sull’attività di determinazione realizzata nei confronti dello Scarantino, del complesso contesto in cui essa viene a collocarsi, e delle ulteriori condotte delittuose emerse nel corso dell’istruttoria dibattimentale, di disporre la trasmissione al Pubblico ministero, per le eventuali determinazioni di sua competenza, dei verbali di tutte le udienze dibattimentali, le quali possono contenere elementi rilevanti per la difficile ma fondamentale opera di ricerca della verità nella quale la Procura presso il Tribunale di Caltanissetta è impegnata”, è il passaggio della sentenza con cui si dispone la trasmissione degli atti.

Fiammetta Borsellino: “Non parlo di indagini in corso” –“Preferisco non parlare di indagini ancora in corso”, ha detto Fiammetta Borsellino, figlia minore del giudice Paolo Borsellino. Fiammetta Borsellino ha partecipato a numerose udienze del processo sul depistaggio, dove si è costituita parte civile, e più volte ha lamentato il comportamento dei magistrati che indagarono sull’attentato. “Mio padre è stato lasciato solo, sia da vivo che da morto. C’è stata una responsabilità collettiva da parte di magistrati che nei primi anni dopo la strage – ha sempre ripetuto Fiammetta Borsellino – hanno sbagliato a Caltanissetta con comportamenti contra legem e che ad oggi non sono mai stati perseguiti né da un punto di vista giudiziario né disciplinare”.

Rif:https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/11/depistaggio-borsellino-indagati-per-calunnia-due-pm-che-si-occuparono-dellinchiesta-sulla-strage-di-via-damelio/5248433/

Strage di via D’Amelio, indagati pm che condussero l’inchiesta

Nella strage morirono il giudice Paolo Borsellino e gli uomini della scorta. Il reato ipotizzato è di concorso in calunnia aggravato dall’avere favorito Cosa nostra.

Non è più a carico di ignoti l’indagine della Procura di Messina sul depistaggio dell’inchiesta sulla Strage di via d’Amelio, costata la vita al giudice Paolo Borsellino e agli agenti della scorta. I pm della città dello Stretto hanno iscritto nel registro degli indagati due magistrati del pool che indagò sull’attentato. Sarebbero Carmelo Petralia e Annamaria Palma. L’indagine, che ipotizza il reato di concorso in calunnia aggravato dall’avere favorito Cosa nostra, è condotta dal procuratore di Messina Maurizio De Lucia. In concorso con i 3 poliziotti sotto processo a Caltanissetta Annamaria Palma attualmente è avvocato generale a Palermo, mentre Petralia ricopre la carica di procuratore aggiunto a Catania. Nell’ipotesi accusatoria, in concorso con i tre poliziotti sotto processo a Caltanissetta (Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo), Palma e Petralia avrebbero depistato le indagini sulla strage. Un depistaggio definito clamoroso nella sentenza di primo grado del processo Borsellino quater, costato l’ergastolo a sette innocenti. Il reato contestato è la calunnia Il reato contestato ai magistrati e ai funzionari di polizia è la calunnia: i pm e i poliziotti avrebbero imbeccato tre falsi pentiti- costruiti a tavolino, tra cui Vincenzo Scarantino-, suggerendo loro di accusare falsamente dell’attentato persone a esso estranee. Ai magistrati si contesta, oltre all’aggravante di avere favorito Cosa nostra, anche quella che deriva dal fatto che dalla calunnia è seguita una condanna a una pena maggiore di 20 anni. A Palma e Petralia oggi è stato notificato dalla Procura di Messina, che indaga in quanto è coinvolto un magistrato in servizio a Catania, un avviso di accertamenti tecnici irripetibili. Stesso avviso è stato notificato ai sette condannati ingiustamente: Cosimo Vernengo, Gaetano La Mattina, Gaetano Murana, Gaetano Scotto, Giuseppe Urso e Natale Gambino, persone offese dal reato. Tranne Urso e Gambino, che non hanno nominato legali, gli altri sono difesi dagli avvocati Rosalba Di Gregorio e Pino Scozzola. Gli accertamenti tecnici irripetibili riguardano i nastri delle intercettazioni del falso pentito Scarantino Gli accertamenti tecnici irripetibili disposti dalla Procura di Messina riguardano le cassette con le intercettazioni delle conversazioni del falso pentito Vincenzo Scarantino registrate durante il periodo in cui questi era sottoposto al programma di protezione. Periodo in cui, secondo una ipotesi accusatoria, Scarantino sarebbe stato indotto, anche con la violenza dal pool di poliziotti che indagava sull’attentato, a mentire sulla fase esecutiva della strage, incolpando persone innocenti. Le cassette, molto risalenti nel tempo, potrebbero deteriorarsi, da qui la necessità di far partecipare agli accertamenti i consulenti degli indagati e delle persone offese. Del pool di investigatori che indagò sulla strage, guidati dall’ex capo della Mobile di Palermo Arnaldo La Barbera, poi deceduto, facevano parte i poliziotti sotto processo Bo, Ribaudo e Mattei.
Rif:http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Strage-via-D-Amelio-inchiesta-depistaggio-indagati-pm-che-condussero-inchiesta-5dbe753b-161d-4bb8-83ff-42e0c71054cf.html

Depistaggio strage di via D’Amelio, colpo di scena: “Magistrati indagati per calunnia”


„Gli avvisi sarebbero stati notificati ad Annamaria Palma e Carmelo Petralia, pm che indagarono sull’attentato del 19 luglio 1992 in cui persero la vita anche il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta. Ad aprire il fascicolo la Procura di Messina“

Depistaggio strage di via D’Amelio, colpo di scena: “Magistrati indagati per calunnia”

distanza di 27 anni dalla strage di via D’Amelio, in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta, svolta nell’inchiesta sul depistaggio delle indagini sull’attentato. La Procura di Messina – fa sapere l’Adnkronos – ha iscritto nel registro degli indagati alcuni magistrati che indagarano sui fatti del 19 luglio 1992. L’accusa è di calunnia aggravata. Gli avvisi di accertamento tecnico non ripetibile sul riversamento di 19 supporti magnetici contenenti alcune registrazioni prodotte in passato sarebbero stati notificati nel pomeriggio ad Annamaria Palma, avvocato generale di Palermo, e Carmelo Petralia, procuratore aggiunto di Catania.

Tutto comincia lo scorso novembre quando la Procura di Caltanissetta – che ha istruito il processo per il depistaggio delle indagini – trasmette una parte del fascicolo a Messina per accertare eventuali responsabilità di magistrati nella vincenda. I documenti fanno riferimento alla sentenza del processo Borsellino quater nella quale i giudici della Corte d’assise parlavano di depistaggio delle indagini sull’attentato al magistrato.

Depistaggio su cui i pm di Caltanissetta hanno indagato e poi incriminato tre poliziotti del pool che indagò sull’eccidio (Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei). Ma nella sentenza si denunciavano anche gravi omissioni relative al coordinamento dell’indagine, costata la condanna all’ergastolo di otto innocenti.

Il lavoro di coordinamento spettava ai pm dell’epoca. Tra questi appunto Carmelo Petralia, Nino Di Matteo, attualmente alla Dna, Annamaria Palma e Giovanni Tinebra, nel frattempo deceduto.

Dopo aver ricevuto i documenti da Caltanissetta la Procura di Messina avrebbe aperto un fasciolo, diventato poi una vera e propria inchiesta per calunnia aggravata.“

Rif: http://www.palermotoday.it/cronaca/inchiesta-depistaggio-strage-via-d-amelio-magistrati-pm-indagati.html

Borsellino, sul depistaggio indagati alcuni magistrati: spuntano 19 microcassette

Borsellino, sul depistaggio indagati alcuni magistrati: spuntano 19 microcassette

Nuovo colpo di scena nell’inchiesta sul depistaggio sulla strage di via D’Amelio a Palermo. A distanza di 27 anni, la Procura di Messina, come apprende l’Adnkronos, ha iscritto nel registro degli indagati, con l’accusa di calunnia aggravata, alcuni magistrati. Sarebbero gli ex pm in servizio nel pool che indagò sulla strage di via D’Amelio, Carmelo Petralia ed Annamaria Palma. L’indagine, che ipotizza il reato di concorso in calunnia aggravato dall’avere favorito Cosa nostra, è condotta dal procuratore di Messina Maurizio De Lucia.