Corteo di genitori davanti al tribunale dei minori, “ridateci i nostri figli”.

“Ridateci i nostri figli, se abbiamo dei problemi aiutateci a risolverli, ma ridateci i nostri figli”. Rabbia, un senso di impotenza e tantissima commozione nelle parole di mamme e di papà a cui sono stati strappati dei figli, genitori che non accettano di essere considerati ex e che oggi hanno preso parte alla manifestazione di circa 200 persone sfilata per le vie del centro di Genova per confluire poi davanti alla sede del tribunale dei minori davanti ai giardini dell’Acquasola.

Ad organizzare la protesta a cui hanno preso parte manifestanti giunti da ogni parte della Liguria sono stati il Comitato dei cittadini per i diritti umani, i Papà separati liguri e alcuni non ben definiti gillet gialli.

Nelle parole di tutti la voglia di giustizia e tanti commoventi racconti di figli strappati, a loro dire, con troppa facilità dagli assistenti sociali. Molte volte, raccontano più o meno tutti, come a Bibbiano, i figli sono stati tolti con superficialità,come se ci fosse un interesse a farlo”.

Chi racconta che gli è stato tolto un figlio perché ritenuto non in grado di essere genitore, chi perché era privo dei mezzi economici per mantenerli. Da tutti la stessa accusa: invece di aiutarci con specialisti e assistenti sociali, o anche assegnandoci una casa adeguata, si è preferito togliere i figli.

Il portavoce della manifestazione, Paolo Roat, responsabile nazione del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, ha ricordato che manifestazione è stata decisa da un tam tam su Facebook dopo un caso clamoroso nel Savonese di due bambini strappati prima ai genitori, ed in questo caso era giusto farlo, ma poi tolti anche ad una casa famiglia in cui, a suo dire, invece era meglio lasciarli perché i piccoli avevano trovato un proprio equilibrio.

“La Liguria – denuncia Roat – è la regione in cui vengono tolti più bambini in Italia, 5.2 bambini ogni mille, rispetto ad una media che si attesta a 2.8”.

rif:https://telenord.it/corteo-genitori-davanti-al-tribunale-dei-minori-ridateci-i-nostri-figli/

BIBBIANO, C’È UN MOSTRO: È IL TRIBUNALE DEI MINORI

Bibbiano, c’è un mostro: è il Tribunale dei Minori

Se c’è qualcosa di assurdo nell’inchiesta giudiziaria sui falsi rapporti dei Servizi sociali per ottenere il “rapimento” dei bambini ai genitori per destinarli ad un “commercio” degli affidamenti, questo è rappresentato dal fatto che a condurre l’indagine è la stessa Autorità giudiziaria, lo stesso Tribunale, che sono responsabili della mostruosa vicenda.

Il difetto sta nel manico”. In questo caso come in tanti altri, il “manico” è il sistema che permette e favorisce gli abusi. Perché quanto è avvenuto a Bibbiano e dintorni è la naturale conseguenza di un sistema assurdo, nonché della deformazione di esso che, prodottasi con gli anni (e con il non voler vedere la realtà dei risultati), ha reso il sistema stesso capace di mostruosità ancor più evidenti.

Prima assurdità: il Tribunale dei Minori ha una giurisdizione troppo vasta, corrispondente a quella della Corte d’Appello (quella di Bologna comprende tutta l’Emilia-Romagna). Ed è un Tribunale con competenze varie, che vanno da quella penale alla cosiddetta “volontaria giurisdizione” che è, appunto, quella delicatissima funzione che dovrebbe, nientemeno, vegliare sull’esercizio stesso delle funzioni genitoriali. A ciò si aggiunge che il carattere, in gran parte “semi-amministrativo” delle funzioni del Tribunale dei Minori e le norme relative alla sua composizione con l’intervento di “esperti” e con sostanziali deleghe di indagini (che non dovrebbero essere, ma sono, “sostitutive” di quelle della stessa Autorità giudiziaria, ai famigerati “Servizi sociali”); delega che tende a diventare sempre più completa e sempre meno controllata e soggetta alla critica.

Ecco quindi che in un sistema giudiziario in cui nemmeno una fitta quantità di norme riescono a rendere equa e chiara l’assunzione delle prove, proprio per l’esercizio di uno dei più delicati e difficili compiti si ricorre al trasferimento al potere incontrollato di organismi di discutibile formazione e mancanti di ogni controllo efficace sulla loro discrezionalità, con una effettiva rinunzia alla funzione che il Tribunale dovrebbe considerare come propria e non delegabile. È l’anticamera dell’abuso e addirittura l’anticamera del crimine.

Ecco il vero mostro. Che non è “di Bibbiano”. Ho già scritto delle malefatte del Tribunale dei Minori proprio di quello di Bologna, di molti anni fa. Malefatte dei Servizi sociali, malefatte del ministro della Giustizia che allora, di fronte ad un caso in cui l’abuso si tingeva addirittura di ridicolo, alzò le spalle per il fastidio di quel ficcanaso di deputato.

Manca, tra l’altro, uno studio serio e severo, sulla corrispondenza (che in realtà è vera “dipendenza”) dei provvedimenti del Tribunale rispetto all’operato ed alle “proposte” dei Servizi sociali. Ecco il mostro! Rimediare tardivamente agli episodi di Bibbiano, lasciando intatto il sistema, fa sì che la mostruosità si estenda al potere legislativo. Altro che mostri di Bibbiano!

Rif:http://www.opinione.it/editoriali/2019/07/31/mauro-mellini_bibbiano-inchiesta-giudiziaria-falsi-rapporti-servizi-sociali-bambini-genitori-affidamenti/

Cosa è successo a Bibbiano, sesto capitolo: il business degli affidi e il conflitto di interessi

Gli affidi muovono un giro d’affari poco trasparente, compreso tra 1 e 2 miliardi di euro l’anno. In Italia ci sono 1800 strutture, un numero anomalo rispetto ad altri Paesi come Germania o Francia

Nel caso di Bibbiano le relazioni tecniche dei terapeuti avrebbero ingannato Procura e tribunale per i minori. Ma non è chiaro se e quanto situazioni simili possano nascondersi in Italia, dato il conflitto di interessi strutturale di molti operatori del settore. Quello reggiano, per dimensioni e tipo di indagine, sembra il primo caso giudiziario del genere.

Negli anni però, diverse inchieste giornalistiche hanno posto l’accento sui tecnici e i «giudici onorari» che decidono sui minori da sottrarre alle famiglie in casi di violenza. Questi tipi di giudici non sono magistrati professionisti, ma educatori, psicologi, sociologi e avvocati, adattati al ruolo.

Rif:https://www.open.online/2019/07/23/cosa-e-successo-davvero-a-bibbiano-sesto-capitolo-il-business-degli-affidi-e-il-conflitto-di-interessi/

La verità su Bibbiano – parla l’ex magistrato Francesco Morcavallo

Nessuna strumentalizzazione politica su Bibbiano, perchè Bibbiano è solo l’albero che nasconde una foresta che non ha colore politico. Ne abbiamo parlato con l’ex magistrato del tribunale dei minori di Bologna Francesco Morcavallo, specialista nelle questioni legate ai minori.

Rif:https://www.imolaoggi.it/2019/07/26/la-verita-su-bibbiano-parla-lex-magistrato-francesco-morcavallo/

Bibbiano, affidi illeciti: “Il Tribunale minorile di Bologna era stato informato di alcune false relazioni”

Bibbiano, affidi illeciti: “Il Tribunale minorile di Bologna era stato informato di alcune false relazioni”

Il Tribunale dei Minori di Bologna sapeva che uno degli affidi autorizzati dai servizi sociali dell’Unione Val d’Enza, finito nell’inchiesta “Angeli e Demoni”, per cui sono indagate 29 persone, era illecito. La Procura di Reggio Emilia aveva comunicato che le relazioni che avrebbero allontanato il minore dai genitori contenevano dei falsi. A novembre scorso il sostituto procuratore di Reggio Emilia Valentina Salvi si era rivolta al giudice minorile Mirko Stifano. Lo aveva prima chiamato, annunciandogli l’urgenza di interrompere l’iter di allontanamento, e poi gli aveva inviato gli atti, dimostrando che quanto riportato dai servizi sociali non era vero.

Il minore doveva essere portato via a causa delle condotte penali di suo padre riscontrate dal servizio sociale. Condotte che, come avrebbe riferito la pm Salvi a Stifano, non risultavano tali da procedere. Ma la sua richiesta è caduta nel vuoto. Il bambino è finito ugualmente nel centro “La Cura” di Bibbiano, dov’è rimasto fino all’ordinanza del giudice Luca Ramponi, che ha disposto gli arresti domiciliari per sei persone, tra cui il fondatore del Centro Hansel & Gretel Claudio Foti (la misura per lui poi è stata attenuata).

Il minore in questione è uno dei dieci finiti nel giro degli affidi illeciti. Potrebbe trattarsi del ragazzino di origine straniera la cui abitazione veniva descritta dai servizi sociali come “spoglia” e “priva di giochi”. Dettagli poi contraddetti da un sopralluogo dei Carabinieri. Secondo l’accusa, Federica Alfieri, psicologa Asl, e Annalisa Scalabrini, assistente sociale, riportavano nella relazione, poi trasmessa dalla dirigente del servizio sociale, Federica Anghinolfi (personaggio chiave nell’inchiesta), al Tribunale dei Minori, il falso. “Lasciavano intendere uno stato di denutrizione del bambino”, poi smentito dal pediatra. Descrivevano il minore come “depresso”, a causa di suo padre soggetto dedito al consumo di alcolici e violento. “Pare che il padre abbia un atteggiamento molto aggressivo e che sia stato coinvolto in diverse risse”, avrebbero dichiarato. Alla figura paterna avrebbero imputato anche una cattiva gestione del denaro, “basando tale assunto esclusivamente sul dato del mancato pagamento di alcune rette scolastiche”. Notizia poi dimostratasi falsa. Per l’accusa, è vero che il padre era stato fermato 2 volte per guida in stato di ebbrezza, ma 10 anni prima e con un livello modesto di positività al test. Infatti, i giudici considerano un’esagerazione ritenere che fosse dipendente da alcool. Per questo minore, i servizi sociali avevano richiesto il collocamento in luogo protetto assieme alla madre. Il decreto di allontanamento del Tribunale dei minori di Bologna veniva eseguito dai servizi sociali dell’Unione Val d’Enza il 22 novembre 2018. Presumibilmente, qualche giorno prima la pm Salvi aveva cercato di impedirne l’attuazione, rivolgendosi direttamente al giudice minorile.

Ma viene allontanato ugualmente e portato presso “La Cura” di Bibbiano. La madre lo segue e l’assistente sociale, Francesco Monopoli, avrebbe commentato così la sua presenza: “Gli dirà guai a te se parli”. Influenzato dalla madre, il minore avrebbe negato gli abusi (mai avvenuti). Non si esclude invece, che abbia assitito ad aggressioni del padre nei confronti della madre.

rif: https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/07/28/affidi-illeciti-il-tribunale-minorile-di-bologna-sapeva/5353710/

Bibbiano, il giudice minorile ignorò l’allarme del magistrato

Bibbiano, il giudice minorile ignorò l'allarme del magistrato

La procura di Reggio Emilia aveva avvertito il Tribunale dei minori di Bologna che alcune relazioni sui bambini sottratti alle famiglie della Val d’Enzapotessero presentare anomalie. In particolare l’alert del pm riguardava un bambino coinvolto nell’inchiesta “Angeli e Demoni” che venne affidato ugualmente a in comunità, dove è rimasto fino agli arresti dei 18 indagati dello scorso giugno delle settimane scorse. Vanno avanti le indagini sul caso di Bibbiano, dove quattro dei sei piccoli coinvolti nelle false perizie, e sottratti alle famiglie sulla base di abusi e maltrattamenti mai subiti, sono tornati dai genitori naturali. 

L’AVVISO
Lo scorso novembre la pm di Reggio Emilia, Valentina Salvi, che aveva avviato le verifiche sulla base di un numero spropositato di affidi nella Val D’Enza, scrive al giudice minorile, Mirko Stifano. Una comunicazione preceduta anche da telefonate e classificata come urgente per impedire quel provvedimento basato su relazioni false. La Procura reggiana, infatti, dimostrava, allegando gli atti, che quanto indicato dai servizi sociali non era vero e la situazione del padre, al quale stava per essere sottratto il bambino, non aveva condotte penalmente rilevanti, comunque tali da giustificare un provvedimento come l’affido del figlio a una comunità. Il Tribunale, però, non avrebbe tenuto conto di quelle preoccupanti segnalazioni, tanto che il piccolo, poi, era comunque stato allontanato dai genitori. 
Dalle intercettazioni emerge anche che Federica Arginolfi, dirigente del servizio sociale della Val d’Enza, agli arresti domiciliari, avrebbe valutato per alcune coppie di associazioni lgbt di una città del Sud Italia un affido a tempo indeterminato, a fronte della manifestazione, da parte degli aspiranti genitori omosessuali, di potersi affezionare ai piccoli. La donna li rassicurava sostenendo che il perdurare di una valutazione negativa sui genitori, ritenuti inadeguati dalle relazioni degli stessi servizi sociali, avrebbe di fatto reso l’affido a tempo indeterminato, come una sorta di adozione. 

AFFIDI FANTASMA
Dagli atti emergono anche casi di affidi fantasma. Come emerge dalla testimonianza di una donna, cuoca in una struttura per ragazzi. «Non ho fatto nessuna accoglienza, non conosco le loro storie, né i loro genitori. Li conosco solo per il fatto che a pranzo cucino per loro come per tutti gli altri». Agli atti, invece, risultava affidataria di una bambina: «Mi fu consegnato un foglio dove Federica diceva che mi dava in “affido sostegno” tale bambino». Secondo la signora, la Arginolfi, senza spiegarle il motivo, le avrebbe chiesto di diventare il tramite delle spese per la psicoterapia. Un modo, secondo gli inquirenti per creare false retribuzioni. 
Intanto pochi giorni fa è stato rinviato l’incontro tra uno dei minori coinvolti nell’inchiesta e allontanato sulla base di relazioni dei servizi sociali.

Rif: https://www.ilmessaggero.it/italia/bibbiano_giudice_minorile_allarme_magistrato_ultime_notizie_oggi-4645563.html

Bimbi sottratti, metodi sospetti. Per 20 anni lo stesso copione

La disperazione di una donna cui i servizi sociali hanno tolto la figlia (Fotogramma)

Modena, Reggio Emilia, Salerno, Biella… «stessi operatori, stessi drammi». E a “Chi l’ha visto” la prova dei lavaggi di cervello

«Mi sono occupato di ’Ndrangheta per anni, ma questa inchiesta è umanamente devastante». Così il procuratore capo di Reggio Emilia ha commentato ‘Angeli e Demoni’, l’inchiesta che avrebbe fatto emergere un giro di affidamenti illeciti di bambini nella provincia di Reggio Emilia. Corposo il materiale raccolto in mesi di indagini e intercettazioni su figli strappati ai genitori ‘per essere sottoposti a lavaggio del cervello’, convinti di ‘aver subìto abusi in realtà inesistenti’, indotti attraverso falsi ricordi ad accusare i genitori. Un sistema lucroso (centinaia di migliaia di euro secondo gli inquirenti) messo in opera da anni dalla rete dei servizi sociali della Val d’Enza reggiana. Le sedute psicoterapeutiche erano condotte dagli operatori dell’associazione Hansel&Gretel di Moncalieri ( Torino), con il loro metodo del ‘disvelamento progressivo’ o ’empatico’: agli arresti il fondatore Claudio Foti (‘alterava lo stato psicologico attraverso suggestioni’ e così ‘convinceva il minore dell’avvenuto abuso’), con la sua attuale compagna Nadia Bolognini. Chiaro il procuratore capo: «Abbiamo fatti, non critiche a metodologie». 

*** Aggiornamento del 18 luglio 2019: Il Tribunale del Riesame di Bologna ha revocato gli arresti domiciliari a Claudio Foti; la misura è stata sostituita con un obbligo di dimora nel Comune di Pinerolo. 

E allora ecco i fatti. 
Sono 277 le pagine dell’ordinanza con cui il gip di Reggio Emilia Luca Ramponi ha disposto 17 misure cautelari e indagato 27 persone: vi sono le pressioni subite dai bambini, la violenza psicologica con cui venivano indotti a dire e pian piano a credere ciò che ‘dovevano’ dire e credere, il tutto con l’ausilio di metodiche che, se non fossero state registrate e riprese dai Carabinieri, sembrerebbero incredibili. Qualche esempio. Una delle psicoterapeute vuole rimuovere la figura del padre dalla mente del piccolo: «Dobbiamo fare una cosa grossa – gli dice – sai qual è?, l’elaborazione del lutto… quel papà non esiste più come papà, è come fosse morto, dobbiamo fargli un funerale ». Chiaro perché i regali e le lettere portati dai genitori non venivano consegnati ai figli, sempre più certi di essere stati abbandonati. 

Il metodo di Hansel&Gretel e affini
I bambini – continuano gli inquirenti – ‘anche in tenera età, subivano ore di lavaggi del cervello intercettati, dopo esser stati allontanati dalle famiglie at- traverso le più ingannevoli attività’. Tra queste, ‘relazioni mendaci, disegni artefatti con l’aggiunta mirata di connotazioni sessuali’ e addirittura ‘terapeuti travestiti da personaggi cattivi delle fiabe in rappresentazione dei genitori intenti a fargli del male’. 

La macchinetta della ‘verità’
E poi i ‘falsi ricordi di abusi sessuali ingenerati con gli elettrodi di quella spacciata ai bambini per macchinetta dei ricordi’. Nessun elettrochoc, come sbrigativamente titolato dai giornali, ma un ‘Neurotek’, macchinario Usa il cui utilizzo non è certo previsto dal sistema sanitario italiano: il bambino riceve sulle dita impulsi elettromagnetici mentre ‘confessa’. Non un elettrochoc, certo, ma se veniva applicato un effetto lo aveva. Facile immaginare la paura di quei piccoli, soprattutto leggendo quali domande suggestive fossero loro rivolte durante gli impulsi. Questo nell’Italia del 2019, dove se un maestro bacchettasse le dita di un alunno sarebbe radiato. 

Satana, da copione
E così, quasi da copione (visti i pregressi di Finale Emilia vent’anni fa, di cui parleremo poi), ecco arrivare le ‘confessioni’ anche sul satanismo. Il meccanismo è perverso, sempre lo stesso: la bimba nel 2011 è stata allontana dal nucleo familiare solo per problemi economici. Ma solo dal 2017, quando inizia la terapia a ‘La Cura’ di Bibbiano con la Bolognini – attuale compagna di Foti, anche lei ai domiciliari – ’emersero racconti di abusi sessuali seriali, subiti da lei, dal fratello e dalla sorella da parte dei genitori’. Di peggio: ‘Subito dopo la seduta con la citata terapeuta nel 2018 avrebbe iniziato a manifestare sintomi di una sorta di possessione demoniaca, giungendo a raccontare omicidi plurimi commessi dal padre quando lei aveva tra 2 e 4 anni… La notte di Halloween uomini mascherati portavano 5/6 persone per volta, immobi-lizzate con iniezioni presso la sua abitazione, ove il padre le uccideva e ove i bambini venivano poi stuprati’. Infine ‘il padre truccava il volto dei bambini col sangue dei cadaveri e li dava alla madre’. Gli inquirenti precisano che la Bolognini ha atteggiamenti fortemente induttivi per far emergere nella ragazzina ‘l’essere cattivo che dimorava dentro di lei’. 

I danni nel tempo
Torture psicologiche indelebili. Lo dice il gip: diventati adolescenti, quei bambini ora ‘manifestano profondi segni di disagio’, caduti nella droga e nell’autolesionismo. Questi dunque i risultati ottenuti da ‘esperti’? Niente di nuovo, per chi conosce già le vicende analoghe avvenute venti anni fa nel Modenese, seguite fin dagli esordi da ‘Avvenire’ e oggi approdate nelle otto imperdibili puntate di ‘Veleno’ di Pablo Trincia. Anche lì si verificò uno strano ‘picco’ di presunti abusi sui bambini, tant’è che una ventina furono prelevati la notte nelle case o al mattino a scuola e mai più fecero ritorno. Dopo le sedute con gli operatori della Hansel&Gretel (allora non c’era la Bolognini ma la prima moglie di Foti, Cristina Roccia) cominciarono uno a uno a raccontare di messe nere, sangue di cadaveri bevuto scoperchiando lapidi e bare in pieno giorno, decine di bimbi accoltellati sulle croci e decapitati da loro stessi. Orrori mai avvenuti (non mancava un solo bambino nei paesi), ma gli ‘esperti’ ci credettero e fioccarono allontanamenti definitivi, arresti, condanne. Anche gli assolti non rividero più i figli. 

Il vero dramma a ‘Chi l’ha visto’
Mercoledì ‘Chi l’ha visto’ ha ripercorso i punti di contatto tra la Bassa Modenese e l’attuale caso di Reggio Emilia (in entrambi opera la psicologa Valeria Donati). Grande il turbamento quando hanno parlato di spalle due delle ex bambine, all’epoca torchiate da psicologhe e assistenti sociali con i soliti metodi. Oggi, donne di 27/28 anni, sono ancora convinte di aver squartato decine di bambini. E per questo piangono, tremano: «Certo che l’ho fatto, lo ricordo benissimo»… La Cassazione ha stabilito da anni che nulla di ciò era avvenuto, ma ormai sono marchiate a vita, si credono ancora assassine, prostrate dal pentimento di ciò che non hanno fatto. In studio c’era una delle madri (assolta), mater dolorosa impietrita a veder sua figlia ridotta così, mai più vista da 21 anni fa. 

L’odio lgbt per i maschi
Federica Anghinolfi, dirigente dei servizi sociali della Val d’Enza (ora ai domiciliari) è attivista lesbica. In qualche caso (forse tre) ha sottratto i minori e li ha affidati a coppie lesbiche. Una volta addirittura alla sua ex compagna Fadia Bassmaji, ai domiciliari. Non solo: le due affidatarie lesbiche, dice l’ordinanza, imponevano alla piccola ‘un orientamento sessuale vietandole tassativamente i capelli sciolti’, ritenuti ‘appetibili per i maschi’. Atteggiamento che il gip definisce ‘ideologicamente e ossessivamente orientato’. Dalle intercettazioni emerge che le due instillavano nella piccola l’idea che il padre l’avesse abusata, e la ingiuriavano con cattiveria gratuita. 

Non solo Emilia Romagna
Alessandra Pagliuca, psicologa di Hansel& Gretel, contribuì a sottrarre i 16 bambini nella Bassa Modenese vent’anni fa. Ma la giornalista napoletana Rosaria Capacchione denuncia su fanpage.it: alla Pagliuca si deve pure l’inchiesta sulle sètte sataniche a Salerno nel 2007. Tre fratellini raccontarono di adulti incappucciati, diavoli, pozioni di sangue, sperma e droga. Stessa follia di Finale Emilia, guarda caso. «Inchieste poi fondate sul nulla, ma i bambini non sono più tornati», dice. ‘Il fatto quotidiano’ invece ricordava ieri il famoso suicidio a Biella di quattro adulti accusati di pratiche indicibili sui figli. Lasciarono un biglietto, ‘siamo innocenti’. «A far parlare i bambini erano Claudio Foti e, di nuovo, Cristina Roccia». 

Traumatizzati all’infanzia?
Tutti gli indagati ‘hanno avuto esperienze traumatiche nell’infanzia’ simili a quelle attribuite ai minori, scrive il gip: uno stupro di gruppo da piccola, una dipendenza da alcol, maltrattamenti dal padre alcolizzato… Esperienze pregresse per le quali ‘non potevano porsi in rapporto di indifferenza verificando gli eventi’. Storie oscure di affidi illeciti: le gravi accuse nell’ordinanza, i fatti sconcertanti emersi dalle intercettazioni Il procuratore capo: «Mi sono occupato di ’ndrangheta, ma questa inchiesta è umanamente devastante. Sono fatti» Modena, Reggio Emilia, Salerno, Biella… «stessi operatori, stessi drammi». E a ‘Chi l’ha visto’ la prova dei lavaggi di cervello

Rif: https://www.avvenire.it/attualita/pagine/bimbi-sottratti-metodi-sospetti-per-venti-anni-lo-stesso-copione

Affidi, l’ex giudice: “Cacciato perché mi opposi”

Protesta davanti al carcere minorile del Pratello

«Nel periodo 2009-2013 due giudici togati e il sottoscritto, allora giudice onorario, si adoperarono strenuamente per contrastare e denunciare le storture giudiziarie del Tribunale per i Minorenni di Bologna. Allontanamenti ingiustificati di minori in primis ma anche altri procedimenti o interventi ablativi della potestà genitoriale. Non solo subimmo procedimenti disciplinari ingiustificati poi cassati, ma veri e propri atti lesivi delle proprie funzioni. Fatti come quelli di Bibbiano non sono che un anello di procedimenti delittuosi e perversi». Una lunga lettera scritta dal ferrarese Mauro Imparato, psicologo, neuropsicologo ed ex giudice onorario del tribunale dei minori, solleva il velo su una guerra fratricida tra le mura del tribunale minorile di Bologna che, seppur antecedente e non collegata all’inchiesta Angeli e Demoni, le fa in un certo qual modo da ‘sfondo’.

L’oggetto del contendere è proprio quello degli affidi. Il tribunale dei minori, in quegli anni, era diviso in due. Da una parte i giudici togati Francesco Morcavallo e Guido Stanzani e l’onorario Imparato. Dall’altra, tutti i restanti colleghi, guidati dall’allora presidente del tribunale Maurizio Millo. I tre erano fautori di una linea ‘morbida’ e non appiattita sui servizi sociali. Sostenevano insomma che bisognasse agire più rapidamente nella restituzione dei figli alla famiglia oppure non allontanarli affatto. Al contrario, la maggioranza dei magistrati, spiega Millo contattato dal Carlino, era «più prudente nell’accertare la situazione delle famiglie e la loro capacità di recupero».

`Lo scontro è deflagrato con la morte per ipotermia di un neonato in piazza Maggiore a Bologna e la guerra tra toghe è finita davanti al Csm, tirato in ballo a suon di esposti. L’organo di autogoverno dei giudici, valutata la situazione, ha allontanato Morcavallo e Stanzani. Il primo con un provvedimento cautelare il secondo con un trasferimento volontario. Morcavallo, però, ha fatto ricorso in Cassazione e la suprema corte non solo ha annullato il trasferimento ma ha anche ‘bacchettato’ il Csm per non aver tenuto conto delle sue argomentazioni. Morcavallo aveva infatti denunciato gravi abusi quali «affidamenti di bambini scarsamente motivati, provvedimenti provvisori prorogati all’infinito e l’appiattimento del tribunale sulle relazioni dei servizi sociali». Accuse che scivolano addosso a Millo, sicuro della correttezza del proprio operato. «Il Csm e l’Ispettorato – ha chiarito – non hanno trovato alcun elemento per dire che non svolgevamo il nostro compito in maniera corretta».

Rif: https://www.ilrestodelcarlino.it/reggio-emilia/cronaca/affidi-1.4713699

Lo scandalo dei giudici minorili onorari

“Finalmente liberi” calcola che 211 magistrati su 1.083 hanno interessi nelle case-famiglia dove finiscono i bimbi sottratti alle famiglie

L’amministrazione della giustizia italiana convive (serenamente) con uno scandalo che è insieme sommerso e vergognoso: lo scandalo dei giudici minorili onorari. È sommerso, lo scandalo: perché, malgrado ogni giorno venga violata una serie di norme, è tollerato dagli stessi Tribunali dove avviene; e lo stesso Consiglio superiore della magistratura, che pure ha consapevolmente emanato una serie di circolari per evitarlo, fa finta di non vedere e, soprattutto, non fa nulla per reprimerlo. Ed è anche vergognoso, lo scandalo: perché coinvolge la vita di bambini indifesi e si verifica in un settore con un giro d’affari miliardario.

Lo scandalo nasce infatti nei 29 Tribunali per i minorenni e nelle Corti d’appello minorili. Dove operano 1.082 magistrati onorari, che affiancano i magistrati di carriera. La legge (una norma del 1934 riformata nel ‘56) prevede possano diventare giudici minorili onorari solo “cittadini benemeriti” appartenenti ad alcune categorie professionali, per esempio esperti di psichiatria, psicologia, pedagogia… A nominarli è il ministero della Giustizia, su indicazione dei Tribunali. Il loro lavoro viene retribuito dallo Stato in base all’attività che svolgono: prevalentemente camere di consiglio e udienze camerali. 

Al contrario di quando dichiara l’aggettivo “onorario”, però, ognuno di questi mille giudici ha esattamente lo stesso peso di quello dei magistrati di carriera. Ed è un peso elevato, che incide profondamente sulle decisioni dei Tribunali per i minorenni, perché i collegi giudicanti sono composti da due giudici togati e due onorari, mentre i collegi delle Corti d’appello sono formati da tre togati e due onorari.

Sui giudici onorari ha lungamente indagato “Finalmente liberi onlus”, un’organizzazione che si batte per la tutela dei minori, troppo spesso sottratti alle famiglie d’origine con eccessiva facilità. Facendo una scoperta preoccupante: “Abbiamo individuato 156 giudici onorari nei Tribunali, più 55 nelle Corti d’appello, che operano in totale e palese conflitto d’interessi” dice Cristina Franceschini, avvocato e presidente di Finalmente liberi.

Il conflitto d’interessi è grave e censurabile. Perché questi 211 giudici, che ogni giorno decidono sull’affidamento di bambini a una casa-famiglia o a un centro per la protezione dei minori, hanno contatti professionali con quelle stesse strutture: prestano loro una qualche consulenza, in alcuni casi hanno contribuito a fondarle, oppure ne sono addirittura soci, fanno parte dei consigli d’amministrazione. Sono insomma giudici “di casa”, nel senso che inevitabilmente contribuiscono con le loro sentenze e ordinanze a fornire la triste “materia prima” infantile che serve a far funzionare i centri d’affido che hanno creato, o per i quali lavorano. 

Ed è proprio qui che lo scandalo diventa anche vergogna. Perché, se sono corretti i calcoli di “Finalmente liberi”, il 20 per cento dei magistrati minorili italiani ha un qualche interesse, anche economico, a che i bambini finiscano in un centro d’affido: un centro che per quei bambini, dagli enti locali, incassa una retta giornaliera a volte elevata.

L’organizzazione ha individuato casi dove la tariffa supera i 400 euro al giorno. Si tratta di un colossale business, perché in Italia i minori allontanati delle famiglie sono tanti e purtroppo gestiti senza particolare trasparenza. Nel 2010 il ministero del Lavoro e delle politiche sociali condusse il primo e unico studio approfondito sulla questione, rivelando che al 31 dicembre di quell’anno i bambini e i ragazzi sottratti alle famiglie e affidati erano 39.698. Ma la statistica è probabilmente approssimata per difetto: “Finalmente liberi” stima siano almeno il doppio e che alimentino un mercato da 1-2 miliardi di euro l’anno. Ora la onlus denuncia che questo colossale giro d’affari è governato, per una quota rilevante, da giudici non propriamente disinteressati.

È evidente che non tutte le strutture dell’affido minorile hanno caratteristiche speculative. Nella grande maggioranza svolgono anzi un ruolo positivo, di reale protezione dei minori finiti in situazioni difficili: criminalizzare la categoria sarebbe quindi sbagliato e profondamente ingiusto. Resta il fatto che tra i giudici onorari i casi di conflitto d’interessi sono davvero troppi. E gettano ombre sull’intero settore.

Del resto, l’esistenza di un rischio incompatibilità è ben dimostrata dallo stesso Consiglio superiore della magistratura, che per scongiurarlo ha emanato più di una circolare. Il Csm ha stabilito non possa diventare giudice onorario minorile il titolare di ogni tipo di carica elettiva (e se si è giudici non ci si può candidare, nemmeno alle elezioni amministrative). Ma il divieto riguarda soprattutto chi amministra o lavora a qualunque titolo nei centri d’affido o in strutture dove l’autorità giudiziaria inserisce i minori, e per i funzionari dei servizi sociali comunali, a meno che non “ne sia assicurata la posizione di terzietà”.

Le regole del Csm, insomma, sono chiare. Però restano inapplicate. Gli stessi Tribunali dei minori, che dovrebbero controllare il curriculum degli aspiranti giudici onorari, troppo spesso non lo fanno. E il ministero della Giustizia sembra indifferente al problema
Ora Finalmente liberi denuncia casi concreti, fa nomi e cognomi.

Nel Tribunale minorile di Roma, per esempio, l’organizzazione ha individuato 15 giudici onorari in qualche modo collegati a centri di affido della provincia. Panorama ha posto il problema a Melita Cavallo, presidente di quel Tribunale: “A me non risulta” ha risposto il magistrato, dicendosi però disponibile a verificare i casi segnalati.

A Milano i giudici onorari “incompatibili” sarebbero 16. Ai quali, sostiene Finalmente liberi, si aggiungerebbe perfino un magistrato di carriera, il quale siede anche nel comitato scientifico di una cooperativa milanese che fa assistenza ai minori.

Adesso l’organizzazione farà in modo di segnalare ufficialmente i 211 casi che ha individuato a tutti i Tribunali interessati. Aspetterà le risposte, poi trasmetterà il suo dossier al Csm. A quel punto si vedrà se il Consiglio vorrà intervenire. E se il ministero della Giustizia porrà fine allo scandalo.

Rif:https://www.panorama.it/news/in-giustizia/lo-scandalo-dei-giudici-minorili-onorari/ 

Sulla pelle dei più deboli: il vergognoso business di cooperative e case famiglia

Emozionati, sorpresi, increduli. Ciò a cui assistiamo oggi è la conferma di decenni di lavoro. Un lavoro fatto di ricerca, ascolto, raccolta di informazioni. E di denunce, richieste di aiuto. Di infinito lavoro nelle aule dei Tribunali, nelle sedi dei Servizi, negli angusti spazi di CTU “terre di nessuno”, arroganti e colluse.

Sembrava, fino a poco fa, ancora e sempre la protesta di gente inascoltata. Per quanto, a protestare, fossimo: professionisti, ricercatori, accademici, giornalisti, famiglie, bambini. Eppure, erano una protesta e una voce che cadevano costantemente nel vuoto, di fronte al gelo e all’indifferenza delle Istituzioni.

Improvvisamente, oggi, tutto questo non c’è più.
Improvvisamente, tutto appare vero. Tutto appare credibile.
Tutto è credibile.

Lo abbiamo raccontato attraverso le pubblicazioni, i best seller di questi anni: “Mai più un bambino”, “I Malamente”, “Papà, portami via da qui – dedicato ad Anna Giulia, sette anni, cittadina italiana”.

E oggi è doveroso dire grazie a coloro che hanno creduto e condiviso.

Siamo qui perché non ci siamo fermati mai, neanche per un solo momento.
Ma è proprio qui e ora che non possiamo che dire “NON SOLO REGGIO EMILIA”. Non possiamo che fare l’elenco, infinito, delle città, dei paesi, delle mamme e dei papà, dei bambini che forse aspettano ancora di ritrovare il ricordo e l’immagine della propria famiglia.

Non è solo Reggio Emilia, non è solo lo scandalo di un Paese, non è solo quell’orrore infinito.

Finalmente ha iniziato a emergere ciò che andiamo denunciando dal 2000: dalla Sardegna al Trentino, dalla Lombardia alla Sicilia.
Ci sono 40.000 minori, in Italia, in queste stesse condizioni.
Questi bambini fantasma devono ritornare in vita: è il momento di costruire il dossier Italia e di sbrogliare la matassa, caso per caso.

Con tutto il lavoro fatto, siamo detentori di storie e documenti che raccontano una infinità di tragedie simili.
Ora che l’attenzione delle Amministrazioni e del Potere politico non potrà voltarsi dall’altra parte, è il momento di spingerci a denunciare fino in fondo.

Ho sempre sostenuto che non si tratti solo del business delle case famiglia; ma che, da anni, il cuore del problema si annidi nelle pieghe del potere politico; perché le cooperative private che ottengono gli appalti, di fatto, garantiscono pacchetti di voti.

È così: è una questione di voto di scambio. A partire dalla Legge 328 del 2000 che, riformando il Sistema Assistenziale, delegò – di fatto e di norma – la Tutela dei Minori (quella che dovrebbe essere l’area più attenzionata di tutto il nostro Paese) a cooperative di privati, al servizio di più Comuni e interconnesse fra di loro.

Tale norma, infatti, prevede che i Comuni sotto i 5000 abitanti, in consorzio o associati tra di loro, si possano convenzionare con cooperative private per offrire servizi.
Ed ecco che ritroviamo – su territori molto estesi – la cooperativa dei Servizi Sociali, quella degli Educatori Domiciliari, quella dei Centri per la Famiglia (in genere Centri di Neuropsichiatria) e infine quella delle Case Famiglia che, in alcuni territori, è presente anche nella forma di case gestite da ordini religiosi.

In Italia ci sono oltre 6000 Comuni con meno di 5000 abitanti. Immaginiamo quante cooperative e quanti servizi parcellizzati, che si autoalimentano e sostengono fra di loro.

Dal punto di vista amministrativo, non sono strutture dipendenti dal Comune né delle ASL. Sono privati che hanno vinto un appalto; un bando pubblico spesso pagato profumatamente. A volte sono parenti tra di loro. Non rispondono all’autorità del Sindaco, a meno che non sia stato lo stesso Sindaco a pilotare la gara di appalto, per garantirsi così favori e nuovi voti.

In alcuni territori, sono i grandi poteri politici che si muovono. Tali cooperative, per continuare a vincere appalti, devono garantire voti e fare promesse.

Per sopravvivere, questo sistema ha bisogno di segnalazioni da parte dei Servizi, di valutazioni della capacità genitoriali che si risolvono (quasi) sempre con il “verdetto” di inadeguatezza, presso i Centri per la Famiglia e simili.

Mentre la valutazione della capacità dura da 6 mesi ad un anno – e dà lavoro ai membri di una cooperativa – il bambino a rischio sottrazione riceve l’Educativa Domiciliare (nota come ADM) da parte di membri di un’altra cooperativa o viene direttamente collocato in casa famiglia, per la sua “messa in sicurezza”.

Tutti privati, vincitori di appalti.

L’ADM è un’altra criticità all’interno di questo sistema. Nonostante la riforma che ha interessato gli Educatori e che dovrebbe dare dignità a tali figure professionali, questo delicato servizio spesso è svolto da lavoratori sottopagati (anche a pochi euro di paga). Sostituiti in più casi da sedicenti mediatori culturali, utilizzati impropriamente nel ruolo di educatori, badanti, OSS, semplici adulti che devono occuparsi di bambini di 3 anni. Mi è capitato di incontrarne alcuni con l’aspetto più da secondini che da teneri educanti; a volte anche con una scarsa conoscenza della lingua italiana.

Da sottolineare che costoro devono poi stilare improbabili “relazioni copia/incolla”, in cui spesso si travalica il buon senso. Fino ad esprimere valutazioni diagnostiche che finiscono sul tavolo dell’ignaro giudice; il quale, a fronte di tale relazione, può anche ordinare una messa in sicurezza urgente del minore.

Il tutto mentre genitori e nonni vengono travolti da valutazioni, test, colloqui clinici, osservazioni; ingerenze sulla pulizia della casa o sull’ordine degli armadi, sulla tenuta o meno della cameretta o circa il lettone in cui dormiva il bambino.

Relazioni e richieste del genere: “cambia casa, metti la dentiera, allontana i nonni dai tuoi figli, vai a vivere da sola, prendi la patente”. O comunicazioni attraverso WhatsApp che recitano: “tornando a casa non troverai i tuoi figli perché siamo già andati a prelevarli”. Magari parlando di “rapporto simbiotico” e prescrivendo un allontanamento perché “di troppo amore si può morire”.

Questo sistema di gare ed appalti vede bandi milionari, in cui le Case Famiglia rappresentano solo un aspetto del gigantesco giro di soldi che viene mosso.

Le cifre degli appalti, essendo pubblici, sono visionabili su tutti i portali delle amministrazioni comunali. Ogni cittadino può sapere quanto guadagnano le varie cooperative sul territorio e scoprire il sistema clientelare, il politico territoriale che li governa, li sponsorizza e da cui ricava bustarelle e bacini di voti.

Se un bambino costa da 70 a 400 euro al giorno quando è collocato in casa famiglia, pensiamo a quanto frutti l’appalto vinto dal “Centro per la Famiglia” (nome convenzionale) per le valutazioni, quanto quello gestito dai Servizi Sociali, quanto costi la Cabina di Regia Territoriale.

Ed ecco che comprendiamo il senso dell’allora Legge Turco, n. 328/2000 – Legge Quadro di Riforma dei Servizi Socio Assistenziali – che tradì le prime opportunità per l’infanzia e l’adolescenza previste dalla Legge 285/97, che tanto invece era stata apprezzata.

Si è andati, così, a privatizzare e trasformare un fiore all’occhiello dell’Italia in un sistema mafioso.

Oggi è un sistema che si autoalimenta e si tutela attraverso l’omertà tra i vari pezzi del puzzle.
Il nutrimento sono i bambini, il target-bersaglio sono le famiglie fragili; solitamente quelle economicamente più bisognose, che spesso si aggirano nei corridoi dei Comuni a chiedere un sussidio o qualche buon consiglio dal Sindaco, dall’assessore che hanno votato in precedenza e da cui si aspettano, nelle more della legalità, un buono pasto per la scuola, qualcuno che aiuti i bimbi a fare i compiti, la casa con una stanza in più. O che si sentono al sicuro lì, nella “casa del popolo”. Ma che, invece, finiscono nella trappola della filiera psichiatrica

La convocazione degli Stati Generali sulla Sottrazione dei Minori, prevista per la fine di settembre a Roma – e di cui ci facciamo immediatamente promotori – ha lo scopo di mettere sul tavolo degli imputati la Legge 328/2000, il Sistema delle CTU e delle perizie che pilotano le sentenze e alimentano questo sistema, le Linee Guida nazionali per l’applicazione del sistema diagnostico.

Un sistema che è una rete di interconnessione in cui vogliamo vedere cadere squali e non bambini, bambini bersaglio.

Vogliamo completare il dossier Italia sulla sottrazione dei Minori perché tutto questo non accada più.

Grazie alla sinergia tra Associazioni, Enti, Istituzioni, Liberi Cittadini, Famiglie colpite da questo orrore italiano, vittime che vogliono diventare artefici di un nuovo percorso, Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, Consorzi per i Diritti Umani, Pedagogisti Familiari, Avvocati, Operatori, Giornalisti, Educatori, Amministratori e tutta la Cittadinanza Attiva.

Ora è il momento del fare, lasciando il dolore “un po’ più in là”. Il momento è ORA.

Vincenza Palmieri

rif:https://www.adhocnews.it/sulla-pelle-dei-piu-deboli-il-business-scanadaloso-di-cooperative-e-case-famiglia/