Sentenze pilotate, condannati il deputato Pippo Gennuso e due magistrati

SENTENZA DEL GUP DEL TRIBUNALE DI ROMA

Il Gup del Tribunale di Roma ha condannato a un anno e due mesi il deputato regionale Pippo Gennuso coinvolto nell’inchiesta della Procura di Roma sulle presunte sentenze manovrate. Il politico ha patteggiato la pena assieme a due giudici amministrativi dopo gli arresti del febbraio scorso.

Come riporta il Giornale di Sicilia, il giudice ha inflitto una condanna a due anni e mezzo all’ex presidente del Consiglio di giustizia amministrativa siciliana Raffaele Maria De Lipsis e all’ex magistrato della Corte dei Conti, Luigi Pietro Maria Caruso. I due magistrati erano accusati di corruzione in atti giudiziari. Per Giarrusso il capo di imputazione è stato cambiato in traffico di influenze illecite. Il quarto magistrato implicato nella vicenda ha chiesto di essere giudicato con il rito ordinario, si tratta del giudice del Consiglio di Stato sospeso Nicola Russo.

Intanto Gennuso, che è stato sospeso dall’Ars, annuncia ricorso in Cassazione. Davanti alla Suprema Corte il politico siciliano cercherà di provare che non esiste nemmeno l’accusa di traffico di influenze. “Non ho mai conosciuto questi giudici – fa sapere -. È caduta l’accusa di corruzione e questo mi permetterà di tornare a sedere tra i banchi dell’Assemblea regionale siciliana”.

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Sentenze pilotate, due giudici del Consiglio di Stato vogliono patteggiare. Dall’indagine è nato l’esposto del pm Fava contro Ielo che ha dato il via alla guerra tra le toghe romane

Vincere un ricorso davanti al Consiglio di Stato non era affatto difficile. Bastava sapere a chi rivolgersi, sganciare una mazzetta e attendere la sentenza tanto desiderata. Uno scandalo per il quale ieri hanno chiesto di patteggiare l’ex presidente del Consiglio di Giustizia amministrativa (Cga) della Sicilia Raffaele Maria De Lipsis, l’ex magistrato della Corte dei Conti Luigi Pietro Maria Caruso e, in ultimo, il deputato dell’assemblea regionale siciliana Giuseppe Gennuso.

I tre sono accusati dalla Procura di Roma di aver messo in piedi una cricca specializzata nella compravendita di verdetti amministrativi capace, tra il 2014 e il 2015, di incassare ben 150mila euro. Una richiesta di patteggiamento su cui, il 26 giugno, dovrà esprimersi il gup di Roma, Costantino De Robbio. La quarta persona coinvolta in questa inchiesta, il giudice in pensione del Consiglio di Stato Nicola Russo, ha scelto di essere giudicato con il rito ordinario che inizierà il prossimo 15 luglio.

Questa vicenda, di per sé molto importante, si intreccia con i recenti problemi interni al Csm. Si tratta del procedimento su cui lavoravano il procuratore aggiunto Paolo Ielo (nella foto) e il pm Stefano Fava, quest’ultimo poi spogliato dell’inchiesta, e in cui figuravano gli avvocati Pietro Amara e Giuseppe Calafiore. Un’indagine che convinse Fava a scrivere il famoso esposto contro Ielo e Giuseppe Pignatone da cui, di fatto, ha preso il via la cosiddetta guerra delle toghe.

Rif:http://www.lanotiziagiornale.it/sentenze-pilotate-due-giudici-del-consiglio-di-stato-vogliono-patteggiare-da-indagine-e-nato-esposto-pm-fava/

Corruzione, sentenze pilotate al Consiglio di Stato: giudizio immediato per tre giudici e un deputato dell’Ars

Il 18 giugno prossimo è stato fissato il processo per il giudice (sospeso) Nicola Russo, per l’ex presidente del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Sicilia Raffaele Maria De Lipsis, per l’ex giudice della Corte dei Conti, Luigi Pietro Maria Caruso e per il deputato dell’assemblea regionale siciliana Giuseppe Gennuso

La Procura di Roma ha chiesto ed ottenuto il giudizio immediato per quattro indagati nell’inchiesta sulle ipotizzate sentenze pilotate al Consiglio di Stato. Il 18 giugno prossimo è stato fissato il processo per il giudice (sospeso) Nicola Russo, per l’ex presidente del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Sicilia Raffaele Maria De Lipsis, per l’ex giudice della Corte dei Conti, Luigi Pietro Maria Caruso e per il deputato dell’assemblea regionale siciliana Giuseppe Gennuso. Sono accusati di corruzione in atti giudiziari. I quattro erano stati arrestati il 7 febbraio scorso. L’ipotesi della procura, accolta dal gip che aveva disposto i domiciliati, è l’esistenza di un sistema corruttivo in cui giudici amministrativi si sarebbero erano messi al servizio di privati in cambio di mazzette: circa 150mila euro.

Soldi dati e promessi per “comprare” sentenze e ottenere, in alcuni casi, cifre a sei zeri o elezioni ad un consiglio regionale. In totale sono cinque gli episodi contestati dai magistrati di piazzale Clodio, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Ielo. L’indagine si basa sulle dichiarazioni fatte negli ultimi mesi dagli avvocati Pietro Amara e Giuseppe Calafiore, arrestati nel febbraio del 2018 scorso nell’ambito di uno dei filoni dell’inchiesta. Dichiarazioni riscontrate dai magistrati e inquirenti attraverso intercettazioni e analisi dei flussi finanziari. Nella loro funzione di giudici – scriveva il gip nell’ordinanza di custodia cautelare – “hanno posto a disposizione dei privati la loro funzione, contravvenendo ai doveri di imparzialità e terzietà e ricevendo in cambio un’utilità economica e ciò, indipendentemente dall’esito favorevole o sfavorevole delle decisioni assunte”.

Corruzione, sentenze pilotate al Consiglio di Stato: giudizio immediato per tre giudici e un deputato dell’Ars

Tre episodi sono contestati al giudice del Consiglio di Stato Russo e due all’ex presidente del Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia, De Lipsis. In base a quanto raccontato da Amara, Russo avrebbe ottenuto da lui circa 80mila euro (e altri 60mila promessi), per aggiustare sentenze di tre procedimenti. Per quanto riguarda De Lipsis avrebbe incassato tangenti per 80mila euro per intervenire su alcune sentenze. Tra queste anche quella relativa ad un contenzioso che la società Open Land, rappresentata da Amara, aveva con il comune di Siracusa.

Il giudice, attraverso la nomina di consulenti graditi ad Amara e Calafiore, avrebbe fatto ottenere alla società un risarcimento dal comune siciliano di 24 milioni euro. Di questi ne verranno elargiti due prima dell’esplosione del caso giudiziario. Per questa
operazione De Lipsis avrebbe ottenuto 50mila euro di tangenti. Infine l’ex presidente del Cga sarebbe intervenuto, in qualità di presidente del collegio, nella vicenda relativa al ricorso presentato da Giuseppe Gennuso dopo la sua mancata elezioni alle amministrative del 2012. Il tribunale amministrativo annullò quel risultato elettorale di Siracusa favorendo Gennuso che venne rieletto alla nuova tornata. In cambio il giudice ottenne 30 mila euro. Denaro che Gennuso avrebbe consegnato, secondo gli inquirenti, attraverso l’ex giudice della Corte di Conti, Caruso.

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