Lavori gratis alla barca, la Procura di Napoli indaga il pm D’Onofrio

Quando ha ricevuto l’avviso di garanzia, si è limitato a chiudere i rapporti con alcuni colleghi via chat, ai quali avrebbe confidato poche parole: «Scusatemi, sono indagato dalla Procura di Roma, non voglio mettere nessuno di voi in difficoltà…», mostrandosi comunque determinato a difendersi fino in fondo. È il giorno più lungo per Vincenzo D’Onofrio, attuale procuratore aggiunto ad Avellino, candidato nei prossimi mesi a svolgere il ruolo di reggente nella Procura irpina, quando il capo Rosario Cantelmo lascerà la conduzione dell’ufficio per raggiunti limiti di età. 
È stato raggiunto da un avviso di garanzia nell’ambito di un’inchiesta della Procura romana, sulla scorta di un’informativa trasmessa nella Capitale dai colleghi della Dda di Napoli. Tutto ruota attorno ad alcune intercettazioni a carico dell’armatore Salvatore Di Leva, titolare – tra l’altro – di un cantiere navale a Marina di Stabia, in una vicenda che si è via via arricchita dalle dichiarazioni rese dallo stesso Di Leva, al termine di un interrogatorio fiume condotto a Napoli dal procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo.

In sintesi, D’Onofrio è accusato di concussione, per aver esercitato pressioni nei confronti dello stesso Di Leva, perché riparasse un’imbarcazione che usava per le gite nel golfo. Una barca diventata oggetto del contendere, secondo quanto emerso da alcune intercettazioni e secondo quanto confermato dallo stesso Di Leva. In realtà, la barca appartiene ad un altro soggetto, che entra in questa storia come potenziale testimone: si tratta di Pasquale D’Aniello, attualmente vicesindaco di Piano di Sorrento e grande amico dello stesso magistrato D’Onofrio. D’Aniello è stato ascoltato come teste dai pm romani. Stando a quanto emerso finora, la barca venne condotta nel cantiere di D’Aniello per un’opera di manutenzione per la quale D’Onofrio avrebbe insistito più di una volta.

Un personaggio chiave, Salvatore Di Leva, in questa ed altre vicende collegate. È indagato per corruzione assieme al magistrato napoletano Andrea Nocera, costretto la scorsa settimana a rassegnare le dimissioni dal ruolo di capo dell’ufficio ispettorato del Ministero; e assieme all’ex senatore (armatore e socio in affari) Salvatore Lauro. Ma è anche potenzialmente parte offesa nella vicenda che vede ora indagato D’Onofrio. Difeso dai penalisti Immacolata Marra e Vitale Stefanelli, Di Leva si è limitato ad ammettere quanto emerso dai primi atti di indagine. Fa capire che le richieste di D’Onofrio erano al limite dell’assillo, al punto tale da essere avvertite con un certo timore da parte dell’armatore. Chiaro il ragionamento: veniva assieme alla scorta – è il ragionamento dell’armatore – so che ha lavorato nel pool anticamorra e che è un magistrato in carriera. Fatto sta che delle presunte pressioni esercitate dal magistrato, Di Leva si sarebbe lamentato anche con D’Aniello, che gli avrebbe però risposto di non curarsi più di tanto delle richieste di D’Onofrio. Natali a Pomigliano D’Arco, una carriera spesa in forza alla Dda (prima in Calabria, poi a Napoli), Vincenzo D’Onofrio ha legato il suo nome alle più importanti indagini condotte sulla camorra vesuviana. È grazie al suo lavoro che sono stati arrestati centinaia di camorristi, poi condannati in via definitiva, con un’aggressione sistematica ai capitali mafiosi. Carattere schietto ed esuberante, ha avuto il merito di smantellare la dinasty dei Sarno alla fine del decennio scorso (quando era il clan più potente di Napoli, ndr), ottenendo risultati brillanti anche contro le cosche di Acerra e di altri comuni vesuviani, tanto da finire più volte nel mirino dei clan su cui indagava. In almeno due occasioni, è addirittura emerso il tentativo della camorra vesuviana di realizzare nei suoi confronti un attentato esplosivo, tanto che i movimenti di D’Onofrio sono stati studiati per mesi da boss finiti al centro delle sue indagini.

E non è tutto. Sue anche le indagini sul malaffare, come quella di undici anni fa sui grandi appalti per la videosorveglianza, che provocarono un vero e proprio terremoto sotto il profilo politico amministrativo. È il penalista Mario Terracciano, difensore di D’Onofrio, a chiarire: «Si tratta di ipotesi infondate, chiariremo ogni punto». Ma D’Onofrio e Nocera non sono gli unici personaggi eccellenti finiti al centro di verifiche investigative. Sotto accusa anche l’ufficiale della Guardia di Finanza Gabriele Cesarano (distaccato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri), interrogato venerdì pomeriggio dai pm Giuseppe Cimmarotta e Henry John Woodcock, che stanno indagando – da Napoli – su presunte trame sospette all’ombra del cantiere di Marina di Somma. Difeso dall’avvocato Terracciano, Cesarano ha respinto le accuse di aver agevolato Di Leva e Lauro in un incontro finito sotto intercettazione. Stessa determinazione da parte del magistrato Nocera (difeso dall’avvocato Alfonso Furgiuele), che respinge l’accusa di aver ricevuto ticket per Capri in cambio di notizie riservate.

oghe campane, indagato anche l’ex pm Vincenzo D’Onofrio

Il primo è Andrea Nocera, in passato pm a Torre Annunziata e poi capo (dimissionario) degli ispettori del ministero della Giustizia. Il secondo è Vincenzo D’Onofrio, per anni icona della lotta alla camorra e oggi procuratore aggiunto ad Avellino. In comune hanno la toga, certo, ma anche la passione per le gite in barca che adesso rischia di costare cara a entrambi: per Nocera i pm di Napoli ipotizzano il reato di corruzione, mentre D’Onofrio è stato messo sotto inchiesta per concussione dai colleghi di Roma.

Lo scenario che sconvolge la magistratura campana è quello di presunti scambi di favori tra i magistrati inquisiti e gli armatori Salvatore Di Leva, oggi consigliere comunale di Sorrento, e Salvatore Lauro, in passato senatore di Forza Italia, entrambi sotto inchiesta per corruzione. In che cosa sarebbero consistiti questi vantaggi? Partiamo da D’Onofrio, l’ultimo in ordine di tempo a finire nel mirino dei pm. Il magistrato avrebbe preteso da Di Leva, titolare anche di un cantiere navale a Marina di Stabia, la riparazione della barca che utilizzava per le sue giornate di relax nel golfo di Napoli. Il natante, però, non risulta di sua proprietà, ma appartiene a Pasquale D’Aniello, vicesindaco di Piano di Sorrento e amico di vecchia data di D’Onofrio. Di qui l’ipotesi di concussione che ora sembra frenare la folgorante ascesa del magistrato originario di Pomigliano d’Arco, in passato capace di sgominare il clan Sarno di Ponticelli e attualmente in pole position per sostituire Rosario Cantelmo alla guida della Procura di Avellino.

Come hanno fatto i magistrati a risalire a D’Onofrio? Attraverso il trojan installato nel cellulare di Di Leva. E anche questo accomuna il procuratore aggiunto di Avellino al collega che fino a pochi giorni fa ha guidato gli ispettori del ministro Alfonso Bonafede. Stando a quanto emerso proprio da intercettazioni telefoniche e ambientali, Nocera avrebbe ottenuto biglietti gratuiti per viaggiare in aliscafo da Napoli a Capri, oltre il rimessaggio di un gommone di sua proprietà, in cambio di notizie su un procedimento penale che riguarderebbe l’ex senatore Lauro. Su questi fatti Di Leva ha già fornito chiarimenti ai pm, precisando come tra lui e Nocera ci sia un’amicizia ventennale e come il presunto interessamento del magistrato abbia riguardato una vicenda giudiziaria relativa a Lauro. Ulteriori sviluppi sono attesi nei prossimi giorni, quando indagati e persone informate sui fatti potrebbero essere nuovamente ascoltati dagli inquirenti.

Indagato il giudice anticamorra D’Onofrio: “Pressioni per riparazioni gratis alla barca”

Indagato per concussione il giudice anticamorra Vincenzo D’Onofrio: il procuratore aggiunto di Avellino è coinvolto nella medesima indagine che riguarda l’ex capo degli ispettori del Ministero della Giustizia Andrea Nocera, al quale viene contestata anche la corruzione in concorso. Per la medesima accusa, sono coinvolti anche l’ex senatore di Forza Italia Salvatore Lauro (ischitano ed armatore noto per essere il figlio di Agostino Lauro, fondatore dell’Alilauro e che proprio al padre subentrò nel 1989), nonché Salvatore Di Leva, anch’egli armatore. Proprio sul cellulare di quest’ultimo gli inquirenti, durante l’indagine principale, hanno infiltrato un virus “trojan” (i cosiddetti virus “cavallo di troia”, ovvero file apparentemente innocui ma che una volta aperti “iniettano” il virus vero e proprio) che ha permesso loro di intercettare una conversazione ritenuta fondamentale per il proseguo delle indagini.

Per competenza, gli accertamenti su Vincenzo D’Onofrio sono stati passati a Roma: le indagini hanno riguardato una presunta pressione esercitata sull’armatore di Leva da parte di D’Onofrio affinché riparasse una barca usata per le gite nel Golfo di Napoli e di proprietà di Pasquale D’Aniello, vicesindaco di Piano di Sorrento. Nella stessa indagine risulta coinvolto anche un ufficiale della Guardia di Finanza, Gabriele Cesarano. Vincenzo D’Onofrio, tra l’altro candidato nei prossimi mesi per il ruolo di reggente nella Procura di Avellino, ovvero quando l’attuale capo Rosario Cantelmo lascerà la conduzione dell’ufficio per raggiunti limiti di età (nel 2020 Cantelmo compirà infatti 70 anni), è persona molto stimata nell’ambiente giudiziario, e volto noto delle inchieste anticamorra, tanto da essere stato tra i principali artefici delle indagini che portarono, tra l’altro, allo smantellamento del clan Sarno, ad inizio anni Novanta uno dei clan più potenti di Napoli.

rif:https://napoli.fanpage.it/indagato-il-giudice-anticamorra-donofrio-pressioni-per-riparazioni-gratis-alla-barca/