Caso Palamara, il pm Fava trasferito su richiesta a Latina

Lascia la Procura di Roma per fare il giudice a Latina il pm Stefano Rocco Fava, indagato dalla procura di Perugia per favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta sull’ex presidente dell’Anm Luca Palamara. Quest’ultimo, anch’egli pm a Roma, è indagato per corruzione ed è attualmente sospeso dalle funzioni e dallo stipendio nell’ambito del […]

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I pm Ielo e Fava: la vera storia del duello alla Procura di Roma

I pm Ielo e Fava: la vera storia del duello alla Procura di Roma

Il caso – Fava consegnò a Palamara le carte (pubbliche) che potevano mettere in difficoltà il procuratore aggiunto che aveva innescato l’indagine di Perugia

C’è una conversazione intercettata nell’inchiesta di Perugia che illumina il conflitto tra due pm importanti della Capitale: Paolo Ielo e Stefano Fava. Il 16 maggio, mentre il trojan registra, Fava consegna al collega Luca Palamara le carte (pubbliche) sugli incarichi dell’avvocato Domenico Ielo, fratello del pm. Sono le consulenze ottenute dalla società in amministrazione straordinaria Condotte. Le carte di Condotte nella conversazione sono messe in relazione a quelle su una causa che vedeva contrapposto il pm Paolo Ielo con Brunella Bruno, sorella del commissario di Condotte, Giovanni Bruno, già imputata di Paolo Ielo, poi assolta. Fava consegna i fogli a Palamara che – secondo i pm di Perugia – vuole usarle contro il pm Ielo perché lo ritiene colpevole di aver trasmesso le carte della Finanza sui suoi rapporti con l’imprenditore Fabrizio Centofanti che poi porteranno all’inchiesta perugina per corruzione contro di lui.

Fava spiega così il loro contenuto: “Sul fratello di Ielo, la prima pagina che t’ho dato è il sito di Condotte. Tutti gli altri atti che ti ho dato ora (sono, ndr) tutti pubblici: sentenze, rinvio eh … tutto quanto”.

Due mesi prima di quel colloquio, il 12 marzo, Il Fatto aveva pubblicato la notizia che lo studio di Domenico Ielo aveva ottenuto, con altri avvocati, da Condotte, sottoposta a vigilanza del Mise, un incarico di consulenza legale del valore di 251 mila euro all’anno (“con progressive riduzioni del 15 per cento in caso di rinnovo”) per assistenza giudiziale e stragiudiziale per cause del valore di 484 milioni.

L’incarico risulta dal sito di Condotte, dove però non è precisato, nonostante l’articolo del Fatto lo abbia chiarito, che l’80 per cento del compenso va allo studio Ielo-Mangialardi. Gli altri avvocati si spartiscono solo il 20 per cento.

Fava consegna a Palamara le carte del sito di Condotte insieme a quelle del processo partito dal solito pm Henry John Woodcock e concluso a Roma con un’assoluzione già in primo grado per il magistrato amministrativo Brunella Bruno e solo in appello per il generale co-imputato Walter Cretella. Fava mette in relazione l’incarico del 2018-19 a Domenico Ielo con il processo del pm Ielo a Brunella del 2016. Perché Giovanni e Brunella sono fratelli e Giovanni è – tra i tre commissari di Condotte – quello che segue di più le cause legali.

Questa è la ricostruzione che fa Fava il 16 maggio del procedimento Bruno-Cretella: “È arrivato da Woodcock al solito impacchettato, Ielo lo ha preso, lo ha trattato come tratta quei processi e alla fine Cretella condannato a una pena bassissima e la Brunella Bruno,(…) e lui non ha impugnato e il fratello di Brunella Bruno al fratello di Ielo gli da quell’incarico pazzesco” (…) “nei confronti di Brunella Bruno (…) che tu trovi qua, poi conclude lui e chiede l’assoluzione per un reato di calunnia e per l’altro reato chiede una pena minima. Poi viene assolta e lui non fa impugnazione”. A prescindere dall’uso scorretto che ne voleva fare Palamara, la questione posta merita un approfondimento. Ielo ha chiesto la condanna per rivelazione di segreto e l’assoluzione nei confronti di Brunella Bruno per la presunta calunnia nel 2016. Poi non ha appellato l’assoluzione piena. Passano due anni e nel 2018 il fratello di Paolo Ielo, avvocato affermato, viene scelto da Condotte, guidata anche da Giovanni Bruno, fratello di Brunella. Certo sono passati due anni, ci sono altri due commissari, un comitato di sorveglianza più un giudice delegato e il ministero che vigila. Certo, Ielo è un pm che non appella quasi mai le assoluzioni. Però è sensato porre domande all’avvocato Ielo su rapporto con Bruno e Condotte. “Ho conosciuto prima il giudice amministrativo Brunella Bruno e poi – spiega con trasparenza l’avvocato Ielo – il fratello. Nel giugno del 2017 ho partecipato a un convegno al quale partecipava in una giornata diversa anche Brunella Bruno. Poi ne ho fatto uno nel 2018 in cui c’era la dottoressa e l’ultimo nel maggio scorso, stavolta come relatore-moderatore insieme a lei. Alla fine di agosto del 2018 mi ha contattato il fratello Giovanni – prosegue l’avvocato Ielo – telefonicamente. Mi ha detto che era uno dei tre commissari di Condotte e che conoscevo sua sorella. Poi mi ha chiesto se avevo conflitti di interessi rispetto a Condotte. Gli ho detto di no e a quel punto mi ha chiesto se il nostro studio poteva assistere Condotte in un contenzioso. Dopo un secondo piccolo incarico, l’avvocato Bruno mi ha richiamato a settembre per chiedermi se volevamo partecipare a una procedura di selezione per un incarico più importante. Così siamo stati selezionati”.

L’assoluzione di Brunella Bruno diventa definitiva per il mancato appello di Ielo il 23 settembre 2016. La nomina per sorteggio di Bruno a commissario Condotte è dell’agosto 2018. Il primo convegno tra l’ex imputata Brunella e il fratello dell’inquisitore risale a 9 mesi dopo la mancata impugnazione. Spiega Domenico Ielo. “Né Brunella né Giovanni Bruno mi hanno mai parlato di mio fratello. Non sapevo che era stato pm contro Brunella”. Imbarazzo per la coincidenza? “Nessuno. Difendo colossi come Eni, Mediaset, Iliad. Non ho visto nulla di strano nella proposta di Condotte”.

Domenico Ielo è stato socio del grande studio Erede-Pappalardo e da un paio di anni si è messo in proprio con Giovanni Mangialardi. Visto che il sito non riporta tutti gli incarichi, approfittiamo per fare un po’ di trasparenza: “Oltre a quello da 250 mila euro, ci sono tre incarichi extra. Il primo incarico – spiegano dallo Studio Ielo-Mangialardi – vale 12 mila euro, il secondo 3 mila, il terzo 18.200, più Iva”. I compensi non sono stati ancora pagati da Condotte. Più ridotta la quota del gruppo Eni sul fatturato milionario dello studio. Nel biennio 2018-2019 Eni Spa vale 10.075 euro, Agi ha pagato 26 mila euro, Syndial 18.795 e Eni servizi solo 5mila euro.

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Csm, le nuove intercettazioni: Palamara cercò di chiedere aiuto al procuratore della Cassazione

Csm, le nuove intercettazioni: Palamara cercò di chiedere aiuto al procuratore della Cassazione

Il giudice incontrò Riccardo Fuzio: che poi ha avviato l’azione disciplinare contro di lui e i 5 consiglieri del Csm che hanno partecipato alla riunione notturna in un albergo romano.

ROMA — Ci sono altre centinaia di intercettazioni trasmesse dalla Procura di Perugia al Consiglio superiore della magistratura. Danno conto dei colloqui tra il pubblico ministero Luca Palamara e altri interlocutori per la spartizione delle nomine ai vertici degli uffici giudiziari. Ma anche dei tentativi dello stesso Palamara di avere informazioni sull’inchiesta per corruzione avviata proprio da Perugia nei suoi confronti. 

In questi atti c’è anche la registrazione di un incontro con Riccardo Fuzio, il procuratore generale presso la Corte di Cassazione che la scorsa settimana ha avviato l’azione disciplinare contro di lui e contro i cinque consiglieri del Csm che hanno partecipato alla riunione notturna in un albergo romano. Un appuntamento con i parlamentari del Pd Luca Lotti e Cosimo Ferri per mettere a punto la strategia che avrebbe dovuto garantire la maggioranza al Csm in vista del voto sul nuovo procuratore di Roma. 

I politici

L’indagine contro Palamara viene avviata a Perugia nel dicembre scorso e riguarda soldi, viaggi, gioielli che gli sarebbero stati regalati dall’imprenditore Fabrizio Centofanti in cambio di favori su nomine e inchieste da «pilotare». Il magistrato viene tenuto sotto intercettazione telefonica per i primi mesi, poi a maggio gli investigatori della Guardia di finanza inseriscono il «trojan» nel suo cellulare e registrano ogni incontro. Le trascrizioni dei primi quindici giorni di ascolto sono state trasmesse un paio di settimane fa al Csm dando conto dei suoi colloqui con giudici e politici fino al 16 maggio. E consentendo di ricostruire la rete di relazioni che aveva tessuto e le trattative per la spartizione delle poltrone in alcuni uffici giudiziari. Fino a provocare le dimissioni di quattro consiglieri (Morlini, Cartoni, Spina e Lepre), l’autospsensione di uno (Criscuoli) e l’avvio dell’indagine disciplinare per tutti. Tre giorni fa gli inquirenti di Perugia hanno deciso di mettere a disposizione dell’organo di autogoverno le nuove registrazioni fino al 29 maggio, il giorno precedente la perquisizione a Palamara. Svelano il contenuto degli incontri con almeno altri due componenti del Csm, di altre riunioni e conversazioni di Palamara con Lotti e Ferri, di quanto accaduto nei giorni prima e dopo la votazione del 23 maggio che nella commissione Direttivi del Csm aveva fatto prevalere il loro candidato alla Procura di Roma, Marcello Viola, con quattro preferenze, mentre Francesco Lo Voi e Giuseppe Creazzo ne avevano ottenuta una ciascuno. 

«Ho avvisato Riccardo»

In quei giorni Palamara è concentrato su due fronti: far vincere Viola a Roma per garantire «discontinuità» con la gestione di Giuseppe Pignatone, ma anche sapere come procede l’inchiesta su di lui. Lo scopre la notte del 16 maggio, quando il consigliere suo amico Luigi Spina lo avvisa che Perugia lo ha iscritto nel registro degli indagati e gli racconta i dettagli dell’informativa della Guardia di finanza: «Ci stanno i viaggi…». Palamara sbotta, dice che è «una porcata», si informa in quali commissioni è stata mandata la relazione. 
Spina: «Il comitato di presidenza ha mandato in busta chiusa ai presidenti della Quinta e della Prima». 
Palamara: «Eh, ma perché alla Quinta?». 
Spina: «E che c… ne so. Anche dalla Quinta… secretata». 
Palamara: «Ah, allora…». 
Spina: «Non può passa…». 
Palamara: «Allora Riccardo ma che c… ha fatto». 
Spina: «Non c’è Riccardo… c…, Riccardo non c’è è questo il punto… Riccardo non ci sta, io l’ho avvisato… Riccardo non ci sta … sta all’estero». 
Palamara: «Ah, allora è grave… dai questo è grave». 

L’incontro con Fuzio

Secondo gli inquirenti il Riccardo citato è appunto Fuzio, membro di diritto del Csm in quanto pg della Cassazione, aderente a Unità per la Costituzione, la stessa corrente di Palamara e Spina e amico di entrambi. In quei giorni il pg si trovava effettivamente all’estero, ma dopo il suo rientro Palamara riesce comunque a incontrarlo. Il colloquio — ancora coperto dalla secretazione imposta dagli inquirenti — viene captato dal «trojan» il 27 maggio. 
Tre giorni dopo l’inchiesta viene svelata con la perquisizione e con l’avviso di garanzia a Spina per violazione del segreto e favoreggiamento, ma anche al pm romano Stefano Fava per aver rivelato a Palamara che l’indagine nei suoi confronti «è partita dall’analisi delle tue carte di credito», e di avergli consegnato in anticipo l’esposto contro Pignatone e il procuratore aggiunto Paolo Ielo. Altra mossa di quella strategia che Palamara aveva pianificato per «screditare gli avversari» e far prevalere i magistrati amici nei posti chiave. E invece lo ha travolto provocando uno scandalo nelle istituzioni di cui non si riesce ancora a immaginare le ulteriori conseguenze.

Rif:https://www.corriere.it/cronache/19_giugno_17/csm-nuove-intercettazioni-palamara-cerco-chiedere-aiuto-procuratore-cassazione-c3ed4444-9077-11e9-9eb3-08018d4e5f3d.shtml?refresh_ce-cp

Csm, le intercettazioni tirano in ballo anche il Pg di Cassazione: l’incontro con Palamara

Dalle intercettazioni emerse dall’indagine per corruzione a carico dell’ex presidente dell’Anm, Luca Palamara, emergono nuovi dettagli sul caso che ha fatto scoppiare lo scandalo Csm e che stavolta tirano in ballo alcuni magistrati di punta della giustizia italiana, arrivando fino a Riccardo Fuzio, procuratore generale della Corte di Cassazione, lo stesso che poi ha firmato gli atti di incolpazione proprio di Palamara e degli altri magistrati presenti con lui nell’ormai nota riunione notturna in hotel assieme a Luca Lotti e Cosimo Ferri.

A maggio Palamara non era solo impegnato a caldeggiare la candidatura di Marcello Viola alla procura di Roma, ma anche a scoprire a che punto fossero le indagini su di lui a Perugia. Come riporta il Corriere della sera, la notte del 16 maggio Palamara si mette in contatto con il consigliere Csm Luigi Spina, che l’avvisa della sua iscrizione nel registro degli indagati a Perugia: «Ci stanno i viaggi…». Palamara si sfoga: «È una porcata». 

Rif:https://www.open.online/2019/06/17/csm-le-intercettazioni-tirano-in-ballo-anche-il-pg-di-cassazione-l-incontro-con-palamara/

Csm, tutte le trame di Palamara, Lotti & Co.: «Se mi intercettano, diranno che sono la P5»

Le nuove rivelazioni choc dell’inchiesta. Il pm indagato per corruzione: «Ho parlato di Roma, di Lo Voi, di Creazzo: possono dire che sono quello che fa le nomine». Le mire dei congiurati: «Ridimensionare» la procura di Napoli e ricattare Pignatone. «È un matto vero, uno stronzo. Tu devi solo fargli capì che finisce male». Il pm Sirignano a Palamara: «Uccidere questa gente significa andare a mettere le pedine nei posti giusti».

L’informativa del Gico della Guardia di Finanza è un pozzo senza fondo. Letta dall’inzio alla fine, disegna un sistema mefitico di intrallazzi e operazioni oscure che hanno un solo obiettivo: la gestione assoluta del potere. In particolare, del potere giudiziario in Italia. Fuori ogni canone costituzionale. Fuori ogni logica democratica.

Protagonisti della storia, come sappiamo dalle cronache delle ultime due settimane, toghe di primo livello della magistratura italiana, e alcuni politici che tramano – insieme a loro – per piazzare uomini graditi in cima agli uffici giudiziari più delicati del Paese. Regista indiscusso del film horror sulle nomine, almeno a leggere le trascrizioni delle registrazioni effettuate dal trojan piazzato dal Gico della Guardia di Finanza nel suo cellulare, è Luca Palamara.

Il boss della corrente centrista di Unicost, indagato a Perugia in merito a una presunta corruzione per alcuni viaggi e utilità che avrebbe ricevuto dall’imprenditore Fabrizio Centofanti, è stato ascoltato per mesi.

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Magistratura dipendente, al servizio dei politici

Corruzione diffusa. Guerre di potere per sistemare amici e proteggere la propria cricca, a Roma ma non solo. Così le toghe sono finite nel fango 

E le sue conversazioni con i piddini Luca Lotti e Cosimo Ferri (magistrato in aspettativa e influente esponente di Magistratura indipendente), con alcuni membri del Consiglio superiore della magistratura e pm assortiti stanno terremotando l’intero sistema giudiziario nazionale.

Finito d’improvviso nel gorgo di una crisi morale ed etica che ha pochissimi precedenti nella storia repubblicana (cinque componenti del Csm si sono già dimessi, e ieri lo scandalo ha travolto il sindacato della categoria, l’Anm: ne ha fatto le spese il presidente Pasquale Grasso, di Mi, che ha lasciato l’incarico; al suo posto è stato eletto Luca Poniz, della corrente di sinistra Area).

Già sappiamo che i congiurati, in un incontro notturno avvenuto lo scorso 9 maggio in un hotel romano, discutevano – in un clima a metà tra mercato delle vacche e riunione carbonara – delle nomine delle più importanti procure italiane.

Sappiamo anche che per Roma il preferito del gruppetto era Marcello Viola, di cui Palamara voleva diventare braccio destro, in modo da provocare una «discontinuità» (scrive il Gico) rispetto alla gestione di Giuseppe Pignatone. Sappiamo soprattutto che Lotti (imputato nel caso Consip) ragionava di alcuni dossier da usare contro Paolo Ielo, cioè il pm che lo ha rinviato a giudizio per favoreggiamento. Sappiamo infine che molti astanti si informavano su altre carte che avrebbero potuto inguaiare la candidatura di Giuseppe Creazzo, il procuratore di Firenze che ha fatto arrestare qualche mese fa i genitori di Matteo Renzi.

«DIRANNO: IO SONO LA P5»
Ma il pozzo, come detto, è senza fondo. E se il pm Giuseppe Cascini ha invocato la P2, la loggia massonica guidata da Licio Gelli, le nuove intercettazioni pubblicate ora dall’Espresso descrivono comportamenti allarmanti da parte di pubblici ufficiali. Ricatti incrociati, minacce, veleni, dossieraggi contro i nemici. Fughe di notizie, e un uso strumentale dei giornali. Condotte che per qualcuno (a oggi il fascicolo sulle nomine non ha indagati, ma sono una dozzina i magistrati finiti nel fango etico dell’inchiesta di Perugia) potrebbero essere al limite dell’eversione.

Per bocca degli stessi protagonisti dell’affaire, infatti, le manovre appaiono delineare una sorta «di P5».
La definisce così proprio Palamara, quando – parlando con Stefano Fava, l’amico pm che ha depositato un esposto al Csm contro Ielo e Pignatone, in merito a presunti confitti d’interesse per alcuni contratti avuti da rispettivi fratelli, due avvocati professionisti) – inizia a temere di essere stato intercettato per lungo tempo.

Fava: «Penso che ti ha intercettato, sto pezzo…»
Palamara: «Io non lo escludo più»
Fava: «Io non ho mai visto un’indagine fatta da Perugia… su un magistrato romano… mai!»
Palamara: «Eh! Beh! L’informativa è del Gico… è di coso…»
Fava: «Del Gico… Ovviamente è sicuro questo… perché ovviamente il Gico indagava nel nostro procedimento»
Palamara: «Liguori mi ha detto… che ero archiviato… però a questo punto secondo me non è vero».

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Palamara sa che la notizia dall’indagine su di lui è arrivata al Csm.

Palamara: «Ma io, se mi chiama qualcuno in Prima Commissione (del Csm, ndr) devo dire: “Signori, voi mi chiamate qui… io purtroppo conosco questa storia… ve la dico oggi… la so da un anno e mezzo…»
Fava: «Eh»
Palamara: «Vediamo, come dici tu… per il fascicolo loro mi fanno vedere le intercettazioni? Ci dovrebbero… mi dovrebbero dare pure quelle… e che teoricamente sono irrilevanti ai fini dell’ipotesi principale no? Perché se io parlo… se a Roma viene Lo Voi, o Creazzo…»
Fava: «Vabbè certo… certo»
Palamara: «Eh… però loro ti possono dire che io sono la P5… che sono quello che fa le nomine!»
Fava: «Certo! Certo!»
Palamara: «E quindi in teoria mi possono… è pazzesco… capisci che ti voglio dire?»

UN LIBRO CONTRO PIGNATONE
Palamara è arrabbiato. Sa che l’inchiesta per presunta corruzione dei pm di Perugia rischia di farlo finire nella polvere, e di far saltare tutta l’operazione. Che sembra essere composta da due fasi diverse: da un lato, spingere il suo candidato per Roma (Marcello Viola) nella commissione del Csm che deve scremare con un voto i 13 candidati (la speranza è che lui stesso poi diventi il suo braccio destro) e lavorare per trovare un buon successore del procuratore De Ficchy a Perugia.

In secondo ordine distruggere – attraverso dossier e veleni sparsi a piene mani – quelli che considera i suoi avversari: a partire da Creazzo, che con Lo Voi e Viola è il più accreditato successore di Pignatone, fino ai suoi nemici mortali. Cioè lo stesso Pignatone e Paolo Ielo, i due che hanno osato inviare a Perugia, che ha competenza a indagare sui reati dei magistrati capitolini, la storia dei presunti viaggi pagati da Centofanti.

Sul tentato dossieraggio a Ielo l’Espresso ha già scritto negli scorsi giorni. Il report del Gico, però, mostra anche l’odio feroce che Palamara sembra nutrire verso Pignatone. I rapporti un tempo tra i due, ricorda Luca a Spina che non si capacita, erano un tempo più che buoni. Ora, secondo il pm, il suo capo (oggi in pensione) è diventato il perno di un oscuro complotto contro di lui. Per questo, dunque, bisogna punirlo:

Palamara: «… E soprattutto quel matto di Pignatone. Perché il matto vero è Pignatone…»
Spina: «E che c’ha da capì»
Palamara: «Perché tu… dopo tutte ste cose che sappiamo…»
Spina: «Luca… ma come che c’è da capire… ancora non hai capito. Il potere! Luca…»
Palamara: «Esatto. Ma qualcuno ha ricattato Pignatone… Pignatone…»
Spina: «Eh ma…è ricattabile Pignatone…»
Palamara: «Lo Voi (il procuratore capo di Palermo, ndr) lo fa Pignatone…. il ricorso di Guido Lo Forte (ex procuratore che nel 2015 fece ricorso al Tar e al Consiglio di Stato contro la designazione di Lo Voi, vincendo in primo grado e perdendo al secondo)… c’è pure Pignatone in mezzo… vabbè è meglio che non ti racconto… loro sono dei matti perché Peppe, Peppe…»
Spina: «È soltanto potere»
Palamara: «Scherza col fuoco… tu devi solo fargli capì… secondo me, se gli fate rode il culo finisce male»

Leggendo la trascrizione del Gico, dunque, Palamara suggerisce a Spina di andare a fare pressioni su “Peppe” (cioè Pignatone). Se non lo lasciano stare, se non mollano la presa, questa sembra essere l’antifona, lui potrebbe vendicarsi. Non si sa con quali mezzi. Né è chiaro che cosa c’entri la vecchia nomina di Lo Voi a Palermo.
Quella nomina decisa dal Csm, infatti, fu contestata sia da Lo Forte sia dal collega Sergio Lari. In primo grado il Tar diede ragione a questi ultimi, ma il Consiglio di Stato ribaltò poi la decisione, confermando Lo Voi al suo posto.
La sentenza a Palazzo Spada fu firmata dal presidente Riccardo Virgilio e da Nicola Russo, come ha scritto il Fatto Quotidiano qualche giorno fa. Il primo è stato indagato e il secondo è finito in carcere proprio a seguito di un’inchiesta della procura di Roma (e di Messina) su una sospetta compravendita di sentenze, ordita dall’imprenditore Piero Amara.

Csm, le trame tra Lotti e Palamara su Ielo: «Il dossier va spinto». «Sì, così li ammazzo» 

L’Espresso ha letto le nuove intercettazioni. Stavolta l’ex ministro e il pm indagato per corruzione sono soli a cena. Il renziano contro Ielo: «Su di lui a noi la decisione. Che si fa? Si spinge? Una volta fatti anche i procuratori aggiunti». Il magistrato: «Fava è un matto. Siccome non mi frega un cazzo di nessuno, ora vado fino in fondo»

Torniamo a Palamara. Parlando con Spina, è ancora un fiume in piena.

Palamara: «A Stefano (Fava probabilmente, ndr) gli raccontavo i fatti, e lui diceva, allora c’è qualcosa che non va…”guarda che ti vogliono inculare, occhio che lo utilizzano (Centofanti, ndr) come arma di ricatto”, mi faceva “dimmi la verità, hai fatto qualche processo e l’hai aiutato”. “Stefano, mai: perché non stavo in ruolo, nel 2011 ero nel pieno dell’Anm”…e allora (Stefano) ha iniziato a dire, viene fuori il fratello di Pignatone, di Ielo… mi ha detto “fottitene,vai in fondo, qualsiasi cosa ti fanno, li vendi”»

“Li vendi”. Palamara, che si autodefinisce «la P5», dice proprio così. Minaccia e sbraita, ipotizza apertura di fascicoli e intimidazioni assortite e poi, con una capriola logica, definisce in un’altro colloquio con Fava i suoi nemici «dei banditi…ricattatori di professione». L’idea finale dei due amici è quella di scrivere un libro contro di loro. Contro Pignatone, in particolare.

Palamara: «Cioè qui la cosa… è capire se pure Sebastiano (presumibilmente Ardita, pm e consigliere attuale del Csm della corrente di Davigo, ndr) capisce che cazzo c’è dietro. Sebastiano è forse l’unico che può capì sti ricatti»
Fava: «ma ora, ieri, ha chiamato a Erminio…»
Palamara: «Però dopo lo sai che facciamo, facciamo un libro, io faccio un libro, no non sto scherzando»
Fava: …(ride)…
Palamara: «… Na specie de ricatto…tu mi dai le co..eh..e tutto… è diciamo quello che cazzo è successo»
Fava: «Il titolo è “Ricatto alla Palermitana”…”Ricatto” punto “alla Palermitana»
Palamara: «alla Palermitana…»

DAVIGO E ARDITA, «I NOSTRI ALLEATI»
Le intercettazioni sul trojan mostrano manovre e operazioni di ogni tipo. In qualche caso i protagonisti parlano di strategie che mettono a punto in prima persona. Altre volte, invece, si discute di soggetti apicali della magistratura e delle istituzioni italiane, si ipotizzano alleanze con assenti e si millantano entrature nei Palazzi (come quella che Lotti vanta con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha smentito categoricamente di aver mai parlato con il renziano, o con chicchessia, di nomine di giudici.

Dunque, le parole degli intercettati su persone terze vanno prese con le pinze.

Come quelle su Davigo (membro del Csm e capo della corrente di Autonomia e Indipendenza) fatte da Ferri («cioè il nostro alleato è Davigo, più Davigo di Ermini», dice il deputato Pd; Davigo, è un fatto, ha votato a favore di Viola, ma può certamente averlo fatto per convinzione personale).

E come i tanti apprezzamenti che il gruppo, nel famoso incontro del 9 maggio, fa nei confronti di Ardita, neo membro del Csm in Prima Commissione (dove è finito l’esposto di Fava contro Ielo) e davighiano di ferro.

Spina: «Cè coso che vuole spingere… Sebastiano… digli di stare calmo..»
Ferri: «Ti volevo dire… scusami… ma voleva convocare Ielo?»
Spina: «No, voleva convocare Fava…per farsi…»
Corrado: «Calma, calma, calma…»
Spina: «Calma… più sta quella pratica meglio è»
Ferri: «Però Ardita lo inizio a rivalutare»
Palamara: «Sì»
Ferri: «È tosto… e nostro alleato è diventato… sai cosa, io l’ho capito Ardita… lui vuole rientrare e prendere in mano Magistratura indipendente politicamente… come segreteria, perché lui il cuore ce lo ha lì, dai»
Spina: «È più a destra di tutti Ardita, ragazzi…»
Ferri: «E poi lui gli piace la politica, perché è uno che ragiona… cioè lui non è un coglione».

Anche Palamara lo stima molto. Tanto che, qualche giorno dopo, discettando con Fava dei suoi problemi giudiziari (anche questi finiti davanti alla Prima Commissione del Csm), dice: «Questo ormai è un rica… è una storia pazzesca… poi a chi va a finire in prima commissione, per fortuna che c’è Sebastiano Ardita…».

IL CASO NAPOLI
I magistrati Palamara e Spina parlano di nomine e magheggi anche in auto. Non sanno che il Gico li sta intercettando. Ricordano di quando dovevano «inculà (Francesco, ndr) Cananzi». Palamara letteralmente spiega che «a Napoli abbiamo dato una marea di inculate… Cananzi ha iniziato a dare le botte contro il muro… ad urlà come un pazzo… perché il patto tra me, Massimo e Alberto… era il ridimensionamento di Napoli… quella era la mia politica precostituita».

Poi i due parlano di Cesare Sirignano, importante pm antimafia, anche lui – vedremo – intercettato dal trojan di Palamara.

Palamara: «Ognuno di Napoli si scredita con l’altro. Cioè, la Sica dice che Sirignano non conta un ca… Sirignano dice che la Sica non conta un ca… Sirignano su Napoli è l’unica carta che ci possiamo giocare…in questo momento mi fido di più di Sirignano».

In effetti, il pm indagato per corruzione e Sirignano (magistrato che contribuì ad arrestare il sanguinario boss Giuseppe Setola e che interrogò per primo Antonio Iovine, capo dei Casalesi) in un dialogo captato il 7 maggio sembrano davvero in ottimi rapporti.
Anche loro discutono di nomine e di pedine da muovere sul tavolo della scacchiera del potere giudiziario (in particolare Palamara voleva mettere a Perugia Giuseppe Borrelli, magistrato napoletano che – secondo l’indagato e Sirignano – avrebbe potuto gestire la denuncia contro Ielo di Fava; Borrelli ha però smentito duramente le parole intercettate di Sirignano, inviando una relazione di servizio al suo procuratore capo Giovanni Melillo).
Ma, soprattutto, parlano di possibili vendette.

Palamara: «Eh no tu hai detto Borrelli… Borrelli non ce l’hai?
Sirignano: «Borrelli è come hai detto tu… viene dopo di Maresca…. perché Maresca (presumibilmente Catello, ndr) è Unicost sicuramente, Borrelli mezzo e mezzo…»
Palamara: «E quindi che facciamo su Perugia? Tu mi hai chiesto che volevi… che bisognava dargli quello»
Sirignano: «Si perché tu non hai alternative… perché non puoi fare andare Antonio D’Amato come si prospettava»
Palamara: «Non si può Viola a Roma e D’Amato, no»

E quando Palamara chiede se Borrelli è in grado, una volta diventato capo a Perugia, di aprire un’inchiesta penale contro Ielo, Sirignano sembra capire al volo di che sta parlando il sodale:

Sirignano: «Ma quella cosa lì di quale, di Fava? … E quindi che cosa significa quella cosa lì deve andare avanti contro questi qua?
Palamara: «Eh… deve aprire un procedimento penale su Ielo… cioè stiamo a parlà di questo… non lo farà mai!»
Sirignano: «Io non lo so se Ielo è amico di Melillo… Se sono della stessa parte… tieni conto che Melillo e lui stanno in contrasto però»
Palamara: «Melillo e Borrelli?»
Sirignano: «Se voi non li uccidete questi qua…»
Palamara: «…non lo faremo mai…»
Sirignano: «…è chiaro che questa cosa non si fa»
Palamara: «Esatto»
Sirignano: «Uccidere questa gente significa andare a mettere le pedine nei posti giusti…significa dare visibilità alle vostre scelte».

Qualche giorno fa Sirignano, dopo la pubblicazione di poche frasi del dialogo rispetto a quelle che leggete ora, ha spiegato di non essere indagato, di essere estraneo a manovre di ogni sorta e ad accordi opachi di ogni genere. Chissà se poteva immaginare mai che l’amico Palamara, intercettato, era quello che si autodefiniva quello della «P5».

Rif:http://espresso.repubblica.it/palazzo/2019/06/17/news/csm-intercettazioni-luca-palamara-luca-lotti-p5-1.336056

Csm, tutte le trame di Palamara, Lotti & Co.: «Se mi intercettano, diranno che sono la P5»

Csm, tutte le trame di Palamara, Lotti & Co.: «Se mi intercettano, diranno che sono la P5»

Le nuove rivelazioni choc dell’inchiesta. Il pm indagato per corruzione: «Ho parlato di Roma, di Lo Voi, di Creazzo: possono dire che sono quello che fa le nomine». Le mire dei congiurati: «Ridimensionare» la procura di Napoli e ricattare Pignatone. «È un matto vero, uno stronzo. Tu devi solo fargli capì che finisce male». Il pm Sirignano a Palamara: «Uccidere questa gente significa andare a mettere le pedine nei posti giusti»

L’informativa del Gico della Guardia di Finanza è un pozzo senza fondo. Letta dall’inzio alla fine, disegna un sistema mefitico di intrallazzi e operazioni oscure che hanno un solo obiettivo: la gestione assoluta del potere. In particolare, del potere giudiziario in Italia. Fuori ogni canone costituzionale. Fuori ogni logica democratica.

Protagonisti della storia, come sappiamo dalle cronache delle ultime due settimane, toghe di primo livello della magistratura italiana, e alcuni politici che tramano – insieme a loro – per piazzare uomini graditi in cima agli uffici giudiziari più delicati del Paese. Regista indiscusso del film horror sulle nomine, almeno a leggere le trascrizioni delle registrazioni effettuate dal trojan piazzato dal Gico della Guardia di Finanza nel suo cellulare, è Luca Palamara.

Il boss della corrente centrista di Unicost, indagato a Perugia in merito a una presunta corruzione per alcuni viaggi e utilità che avrebbe ricevuto dall’imprenditore Fabrizio Centofanti, è stato ascoltato per mesi.

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Magistratura dipendente, al servizio dei politici

Corruzione diffusa. Guerre di potere per sistemare amici e proteggere la propria cricca, a Roma ma non solo. Così le toghe sono finite nel fango 

E le sue conversazioni con i piddini Luca Lotti e Cosimo Ferri (magistrato in aspettativa e influente esponente di Magistratura indipendente), con alcuni membri del Consiglio superiore della magistratura e pm assortiti stanno terremotando l’intero sistema giudiziario nazionale.

Finito d’improvviso nel gorgo di una crisi morale ed etica che ha pochissimi precedenti nella storia repubblicana (cinque componenti del Csm si sono già dimessi, e ieri lo scandalo ha travolto il sindacato della categoria, l’Anm: ne ha fatto le spese il presidente Pasquale Grasso, di Mi, che ha lasciato l’incarico; al suo posto è stato eletto Luca Poniz, della corrente di sinistra Area).

Già sappiamo che i congiurati, in un incontro notturno avvenuto lo scorso 9 maggio in un hotel romano, discutevano – in un clima a metà tra mercato delle vacche e riunione carbonara – delle nomine delle più importanti procure italiane.

Sappiamo anche che per Roma il preferito del gruppetto era Marcello Viola, di cui Palamara voleva diventare braccio destro, in modo da provocare una «discontinuità» (scrive il Gico) rispetto alla gestione di Giuseppe Pignatone. Sappiamo soprattutto che Lotti (imputato nel caso Consip) ragionava di alcuni dossier da usare contro Paolo Ielo, cioè il pm che lo ha rinviato a giudizio per favoreggiamento. Sappiamo infine che molti astanti si informavano su altre carte che avrebbero potuto inguaiare la candidatura di Giuseppe Creazzo, il procuratore di Firenze che ha fatto arrestare qualche mese fa i genitori di Matteo Renzi.

«DIRANNO: IO SONO LA P5»
Ma il pozzo, come detto, è senza fondo. E se il pm Giuseppe Cascini ha invocato la P2, la loggia massonica guidata da Licio Gelli, le nuove intercettazioni pubblicate ora dall’Espresso descrivono comportamenti allarmanti da parte di pubblici ufficiali. Ricatti incrociati, minacce, veleni, dossieraggi contro i nemici. Fughe di notizie, e un uso strumentale dei giornali. Condotte che per qualcuno (a oggi il fascicolo sulle nomine non ha indagati, ma sono una dozzina i magistrati finiti nel fango etico dell’inchiesta di Perugia) potrebbero essere al limite dell’eversione.

Per bocca degli stessi protagonisti dell’affaire, infatti, le manovre appaiono delineare una sorta «di P5».
La definisce così proprio Palamara, quando – parlando con Stefano Fava, l’amico pm che ha depositato un esposto al Csm contro Ielo e Pignatone, in merito a presunti confitti d’interesse per alcuni contratti avuti da rispettivi fratelli, due avvocati professionisti) – inizia a temere di essere stato intercettato per lungo tempo.

Fava: «Penso che ti ha intercettato, sto pezzo…»
Palamara: «Io non lo escludo più»
Fava: «Io non ho mai visto un’indagine fatta da Perugia… su un magistrato romano… mai!»
Palamara: «Eh! Beh! L’informativa è del Gico… è di coso…»
Fava: «Del Gico… Ovviamente è sicuro questo… perché ovviamente il Gico indagava nel nostro procedimento»
Palamara: «Liguori mi ha detto… che ero archiviato… però a questo punto secondo me non è vero».

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Gherardo Colombo

«Anche la P2 voleva controllare le procure. La magistratura sa fare pulizia al proprio interno» 

Lo scandalo delle nomine inquinate ha travolto il Csm. Ma alcune delle soluzioi proposte sembrano solo metodi per minare l’indipendenza delle toghe. Parla Gherardo Colombo, ex magistrato di Milano che ha scoperto la loggia massonica

Palamara sa che la notizia dall’indagine su di lui è arrivata al Csm.

Palamara: «Ma io, se mi chiama qualcuno in Prima Commissione (del Csm, ndr) devo dire: “Signori, voi mi chiamate qui… io purtroppo conosco questa storia… ve la dico oggi… la so da un anno e mezzo…»
Fava: «Eh»
Palamara: «Vediamo, come dici tu… per il fascicolo loro mi fanno vedere le intercettazioni? Ci dovrebbero… mi dovrebbero dare pure quelle… e che teoricamente sono irrilevanti ai fini dell’ipotesi principale no? Perché se io parlo… se a Roma viene Lo Voi, o Creazzo…»
Fava: «Vabbè certo… certo»
Palamara: «Eh… però loro ti possono dire che io sono la P5… che sono quello che fa le nomine!»
Fava: «Certo! Certo!»
Palamara: «E quindi in teoria mi possono… è pazzesco… capisci che ti voglio dire?»

UN LIBRO CONTRO PIGNATONE
Palamara è arrabbiato. Sa che l’inchiesta per presunta corruzione dei pm di Perugia rischia di farlo finire nella polvere, e di far saltare tutta l’operazione. Che sembra essere composta da due fasi diverse: da un lato, spingere il suo candidato per Roma (Marcello Viola) nella commissione del Csm che deve scremare con un voto i 13 candidati (la speranza è che lui stesso poi diventi il suo braccio destro) e lavorare per trovare un buon successore del procuratore De Ficchy a Perugia.

In secondo ordine distruggere – attraverso dossier e veleni sparsi a piene mani – quelli che considera i suoi avversari: a partire da Creazzo, che con Lo Voi e Viola è il più accreditato successore di Pignatone, fino ai suoi nemici mortali. Cioè lo stesso Pignatone e Paolo Ielo, i due che hanno osato inviare a Perugia, che ha competenza a indagare sui reati dei magistrati capitolini, la storia dei presunti viaggi pagati da Centofanti.

Sul tentato dossieraggio a Ielo l’Espresso ha già scritto negli scorsi giorni. Il report del Gico, però, mostra anche l’odio feroce che Palamara sembra nutrire verso Pignatone. I rapporti un tempo tra i due, ricorda Luca a Spina che non si capacita, erano un tempo più che buoni. Ora, secondo il pm, il suo capo (oggi in pensione) è diventato il perno di un oscuro complotto contro di lui. Per questo, dunque, bisogna punirlo:

Palamara: «… E soprattutto quel matto di Pignatone. Perché il matto vero è Pignatone…»
Spina: «E che c’ha da capì»
Palamara: «Perché tu… dopo tutte ste cose che sappiamo…»
Spina: «Luca… ma come che c’è da capire… ancora non hai capito. Il potere! Luca…»
Palamara: «Esatto. Ma qualcuno ha ricattato Pignatone… Pignatone…»
Spina: «Eh ma…è ricattabile Pignatone…»
Palamara: «Lo Voi (il procuratore capo di Palermo, ndr) lo fa Pignatone…. il ricorso di Guido Lo Forte (ex procuratore che nel 2015 fece ricorso al Tar e al Consiglio di Stato contro la designazione di Lo Voi, vincendo in primo grado e perdendo al secondo)… c’è pure Pignatone in mezzo… vabbè è meglio che non ti racconto… loro sono dei matti perché Peppe, Peppe…»
Spina: «È soltanto potere»
Palamara: «Scherza col fuoco… tu devi solo fargli capì… secondo me, se gli fate rode il culo finisce male»

Leggendo la trascrizione del Gico, dunque, Palamara suggerisce a Spina di andare a fare pressioni su “Peppe” (cioè Pignatone). Se non lo lasciano stare, se non mollano la presa, questa sembra essere l’antifona, lui potrebbe vendicarsi. Non si sa con quali mezzi. Né è chiaro che cosa c’entri la vecchia nomina di Lo Voi a Palermo.
Quella nomina decisa dal Csm, infatti, fu contestata sia da Lo Forte sia dal collega Sergio Lari. In primo grado il Tar diede ragione a questi ultimi, ma il Consiglio di Stato ribaltò poi la decisione, confermando Lo Voi al suo posto.
La sentenza a Palazzo Spada fu firmata dal presidente Riccardo Virgilio e da Nicola Russo, come ha scritto il Fatto Quotidiano qualche giorno fa. Il primo è stato indagato e il secondo è finito in carcere proprio a seguito di un’inchiesta della procura di Roma (e di Messina) su una sospetta compravendita di sentenze, ordita dall’imprenditore Piero Amara.

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Csm, le trame tra Lotti e Palamara su Ielo: «Il dossier va spinto». «Sì, così li ammazzo» 

L’Espresso ha letto le nuove intercettazioni. Stavolta l’ex ministro e il pm indagato per corruzione sono soli a cena. Il renziano contro Ielo: «Su di lui a noi la decisione. Che si fa? Si spinge? Una volta fatti anche i procuratori aggiunti». Il magistrato: «Fava è un matto. Siccome non mi frega un cazzo di nessuno, ora vado fino in fondo»

Torniamo a Palamara. Parlando con Spina, è ancora un fiume in piena.

Palamara: «A Stefano (Fava probabilmente, ndr) gli raccontavo i fatti, e lui diceva, allora c’è qualcosa che non va…”guarda che ti vogliono inculare, occhio che lo utilizzano (Centofanti, ndr) come arma di ricatto”, mi faceva “dimmi la verità, hai fatto qualche processo e l’hai aiutato”. “Stefano, mai: perché non stavo in ruolo, nel 2011 ero nel pieno dell’Anm”…e allora (Stefano) ha iniziato a dire, viene fuori il fratello di Pignatone, di Ielo… mi ha detto “fottitene,vai in fondo, qualsiasi cosa ti fanno, li vendi”»

“Li vendi”. Palamara, che si autodefinisce «la P5», dice proprio così. Minaccia e sbraita, ipotizza apertura di fascicoli e intimidazioni assortite e poi, con una capriola logica, definisce in un’altro colloquio con Fava i suoi nemici «dei banditi…ricattatori di professione». L’idea finale dei due amici è quella di scrivere un libro contro di loro. Contro Pignatone, in particolare.

Palamara: «Cioè qui la cosa… è capire se pure Sebastiano (presumibilmente Ardita, pm e consigliere attuale del Csm della corrente di Davigo, ndr) capisce che cazzo c’è dietro. Sebastiano è forse l’unico che può capì sti ricatti»
Fava: «ma ora, ieri, ha chiamato a Erminio…»
Palamara: «Però dopo lo sai che facciamo, facciamo un libro, io faccio un libro, no non sto scherzando»
Fava: …(ride)…
Palamara: «… Na specie de ricatto…tu mi dai le co..eh..e tutto… è diciamo quello che cazzo è successo»
Fava: «Il titolo è “Ricatto alla Palermitana”…”Ricatto” punto “alla Palermitana»
Palamara: «alla Palermitana…»

DAVIGO E ARDITA, «I NOSTRI ALLEATI»
Le intercettazioni sul trojan mostrano manovre e operazioni di ogni tipo. In qualche caso i protagonisti parlano di strategie che mettono a punto in prima persona. Altre volte, invece, si discute di soggetti apicali della magistratura e delle istituzioni italiane, si ipotizzano alleanze con assenti e si millantano entrature nei Palazzi (come quella che Lotti vanta con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha smentito categoricamente di aver mai parlato con il renziano, o con chicchessia, di nomine di giudici.

Dunque, le parole degli intercettati su persone terze vanno prese con le pinze.

Come quelle su Davigo (membro del Csm e capo della corrente di Autonomia e Indipendenza) fatte da Ferri («cioè il nostro alleato è Davigo, più Davigo di Ermini», dice il deputato Pd; Davigo, è un fatto, ha votato a favore di Viola, ma può certamente averlo fatto per convinzione personale).

E come i tanti apprezzamenti che il gruppo, nel famoso incontro del 9 maggio, fa nei confronti di Ardita, neo membro del Csm in Prima Commissione (dove è finito l’esposto di Fava contro Ielo) e davighiano di ferro.

Spina: «Cè coso che vuole spingere… Sebastiano… digli di stare calmo..»
Ferri: «Ti volevo dire… scusami… ma voleva convocare Ielo?»
Spina: «No, voleva convocare Fava…per farsi…»
Corrado: «Calma, calma, calma…»
Spina: «Calma… più sta quella pratica meglio è»
Ferri: «Però Ardita lo inizio a rivalutare»
Palamara: «Sì»
Ferri: «È tosto… e nostro alleato è diventato… sai cosa, io l’ho capito Ardita… lui vuole rientrare e prendere in mano Magistratura indipendente politicamente… come segreteria, perché lui il cuore ce lo ha lì, dai»
Spina: «È più a destra di tutti Ardita, ragazzi…»
Ferri: «E poi lui gli piace la politica, perché è uno che ragiona… cioè lui non è un coglione».

Anche Palamara lo stima molto. Tanto che, qualche giorno dopo, discettando con Fava dei suoi problemi giudiziari (anche questi finiti davanti alla Prima Commissione del Csm), dice: «Questo ormai è un rica… è una storia pazzesca… poi a chi va a finire in prima commissione, per fortuna che c’è Sebastiano Ardita…».

IL CASO NAPOLI
I magistrati Palamara e Spina parlano di nomine e magheggi anche in auto. Non sanno che il Gico li sta intercettando. Ricordano di quando dovevano «inculà (Francesco, ndr) Cananzi». Palamara letteralmente spiega che «a Napoli abbiamo dato una marea di inculate… Cananzi ha iniziato a dare le botte contro il muro… ad urlà come un pazzo… perché il patto tra me, Massimo e Alberto… era il ridimensionamento di Napoli… quella era la mia politica precostituita».

Poi i due parlano di Cesare Sirignano, importante pm antimafia, anche lui – vedremo – intercettato dal trojan di Palamara.

Palamara: «Ognuno di Napoli si scredita con l’altro. Cioè, la Sica dice che Sirignano non conta un ca… Sirignano dice che la Sica non conta un ca… Sirignano su Napoli è l’unica carta che ci possiamo giocare…in questo momento mi fido di più di Sirignano».

In effetti, il pm indagato per corruzione e Sirignano (magistrato che contribuì ad arrestare il sanguinario boss Giuseppe Setola e che interrogò per primo Antonio Iovine, capo dei Casalesi) in un dialogo captato il 7 maggio sembrano davvero in ottimi rapporti.
Anche loro discutono di nomine e di pedine da muovere sul tavolo della scacchiera del potere giudiziario (in particolare Palamara voleva mettere a Perugia Giuseppe Borrelli, magistrato napoletano che – secondo l’indagato e Sirignano – avrebbe potuto gestire la denuncia contro Ielo di Fava; Borrelli ha però smentito duramente le parole intercettate di Sirignano, inviando una relazione di servizio al suo procuratore capo Giovanni Melillo).
Ma, soprattutto, parlano di possibili vendette.

Palamara: «Eh no tu hai detto Borrelli… Borrelli non ce l’hai?
Sirignano: «Borrelli è come hai detto tu… viene dopo di Maresca…. perché Maresca (presumibilmente Catello, ndr) è Unicost sicuramente, Borrelli mezzo e mezzo…»
Palamara: «E quindi che facciamo su Perugia? Tu mi hai chiesto che volevi… che bisognava dargli quello»
Sirignano: «Si perché tu non hai alternative… perché non puoi fare andare Antonio D’Amato come si prospettava»
Palamara: «Non si può Viola a Roma e D’Amato, no»

E quando Palamara chiede se Borrelli è in grado, una volta diventato capo a Perugia, di aprire un’inchiesta penale contro Ielo, Sirignano sembra capire al volo di che sta parlando il sodale:

Sirignano: «Ma quella cosa lì di quale, di Fava? … E quindi che cosa significa quella cosa lì deve andare avanti contro questi qua?
Palamara: «Eh… deve aprire un procedimento penale su Ielo… cioè stiamo a parlà di questo… non lo farà mai!»
Sirignano: «Io non lo so se Ielo è amico di Melillo… Se sono della stessa parte… tieni conto che Melillo e lui stanno in contrasto però»
Palamara: «Melillo e Borrelli?»
Sirignano: «Se voi non li uccidete questi qua…»
Palamara: «…non lo faremo mai…»
Sirignano: «…è chiaro che questa cosa non si fa»
Palamara: «Esatto»
Sirignano: «Uccidere questa gente significa andare a mettere le pedine nei posti giusti…significa dare visibilità alle vostre scelte».

Qualche giorno fa Sirignano, dopo la pubblicazione di poche frasi del dialogo rispetto a quelle che leggete ora, ha spiegato di non essere indagato, di essere estraneo a manovre di ogni sorta e ad accordi opachi di ogni genere. Chissà se poteva immaginare mai che l’amico Palamara, intercettato, era quello che si autodefiniva quello della «P5».

Rif:http://espresso.repubblica.it/palazzo/2019/06/17/news/csm-intercettazioni-luca-palamara-luca-lotti-p5-1.336056

Magistrati indagati, nelle carte nuovi nomi di consiglieri del Csm. E Lotti vantava legami col Quirinale

La novità – riportata da Repubblica e Corriere della Sera – emerge dalle trascrizioni integrali delle intercettazioni operate con il trojan installato sul cellulare di Palamara, consegnate alla procura di Perugia dal Gico della Guardia di Finanza. L’ex ministro sosteneva di essere andato da Sergio Mattarella la propria vicenda giudiziaria, dipingendosi come una vittima della procura romana che vuole processarlo per favoreggiamento nell’ambito dell’inchiesta Consip

Ci sono almeno altri due consiglieri del Csm che incontravanoLuca LottiLuca Palamara e Cosimo Ferri per discutere dei giochi di corrente che avrebbero portato alla conquista della procura di Roma. La novità – riportata da Repubblica e Corriere della Sera – emerge dalle trascrizioni integrali delle intercettazioni operate con il trojan installato sul cellulare di Palamara, consegnate alla procura di Perugia dal Gico della Guardia di Finanza. Alle riunioni notturne per discutere del futuro della procura capitolina, dunque, non partecipavano solo i consiglieri Corrado Cartoni, Antonio Lepre, Paolo Criscuoli, Gianluigi Morlini (non indagati, si autosospesi) e Luigi Spina, accusato di favoreggiamento e violazione di segreto: si è dimesso alcuni giorni fa. Ma c’erano anche altri due membri di Palazzo dei marescialli.

Lo scandalo nato con l’inchiesta della procura di Perugia su Palamara, dunque, sembra destinato ad allargarsi. E a terremotare ulteriormente il mondo della magistratura. Anche perché nei dialoghi registrati, Lotti anche detto a Palamara di essere andato addirittura al Quirinale. Il motivo? Raccontare a Sergio Mattarella la propria vicenda giudiziaria, dipingendosi come una vittima della procura romana che vuole processarlo per favoreggiamento nell’ambito dell’inchiesta Consip. Il braccio destro di Matteo Renzi sosteneva di essersi lamentato col presidente della Repubblica del procuratore Giuseppe Pignatone e dell’aggiunto Paolo Ielo. Lotti avrebbe anche sostenuto di essere in grado di tornare al Colle per provare a trovare una sponda nel risiko che avrebbe dovuto portare alla nomina del nuovo capo dell’ufficio inquirente capitolino. Affermazioni al momento senza alcun riscontro che potrebbero anche essere solo delle millanterie.  

Magistrati indagati, i quattro consiglieri autosospesi vogliono leggere gli atti: Csm chiede parere alla procura di Perugia

I veleni sul Quirinale si allungano anche nell’interrogatorio reso da Palamara, accusato di corruzione, con la procura di Perugia. L’ex presidente dell’Anm ha raccontato che, pochi giorni prima delle perquisizioni ai suoi danni, una persona a lui vicina (già identificata dai pm umbri) gli aveva raccontato di aver saputo da una misteriosa talpa del Colle che sul suo telefonino era installato un trojan. Non si sa chi è quella persona autrice di quella fuga di notizia e se esista davvero. È un fatto però che a Palamara quella notizia è arrivata. Ma è anche vero che il pm nei giorni successivi ha continuato a usare il suo cellulare come se niente fosse.  

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E infatti il suo smartphone ha continuato a registrare ogni dialogi. Come quelli con Cesare Sirignano, pm della procura nazionale Antimafia iscritto a Unicost, la stessa corrente di cui Palamara eè leader. Il magistrato sotto inchiesta ha interesse affinché a Perugia fosse nominato un magistrato a lui vicino in modo da affossare l’inchiesta ai suoi danni. Sirignano fa il nome del procuratore aggiunto di Napoli, Giuseppe Borrelli. Palamara non  convinto ma Sirignano insiste dipingengo Borrelli come un magistrato avvicinabile. Borrelli, però, ha denunciato Sirignano a Perugia “producendo una documentazione che comprova la più totale estraneità ai fatti”, come recita una nota fatta avere a Repubblica.

Rif:https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/12/magistrati-indagati-nelle-carte-nuovi-nomi-di-consiglieri-del-csm-e-lotti-vantava-legami-col-quirinale/5249494/

Csm, le manovre per scegliere i procuratori: le intercettazioni dell’incontro dei consiglieri con Lotti, Ferri e Palamara

Csm, le manovre per scegliere i procuratori: le intercettazioni dell’incontro dei consiglieri con Lotti, Ferri e Palamara

A inguaiare cinque consiglieri di Palazzo dei Marescialli – quattro si sono già dimessi – è la registrazione dell’incontro con l’ex ministro del Pd imputato nell’inchiesta Consip. La Guardia di Finanza ha depositato al Consiglio superiore le trascrizioni delle intercettazioni operate grazie al trojan installato sul cellulare del pm sotto inchiesta. Quelle intercettazioni sono alla base del provvedimento disciplinare del pg della Cassazione Fulzio

Luca Lotti arriva quando la mezzanotte è passata da una quarto d’ora circa. La saletta è quella di un hotel romano dove alloggia il collega – come lui deputato del Pd – Cosimo Ferri, l’uomo cerniera tra politica e magistratura. Trova l’ex sottosegretario dei governi Letta, Renzi e Gentiloni con cinque consiglieri del Consiglio superiore della magistratura. Stanno discutendo di nomine, di voti, contano le preferenze per il futuro capo della procura di Roma. Tre consiglieri – Corrado Cartoni, Antonio Lepre e Paolo Criscuoli  – sono iscritti a Magistratura indipendente, la corrente di destra in passato guidata dallo stesso Ferri. Due –  Luigi Spina e Gianluigi Morlini – sono di Unicost, la componente di centro. Tutti insieme valgono dieci voti a Palazzo dei Marescialli: quasi la maggioranza. Con loro anche il leader de facto di Unicost, il pm romano Luca Palamara, ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati e già componente dello stesso Csm. Da qualche mese è indagato dalla procura di Perugia per corruzione e per questo motivo ha il cellulare infettato da un trojan, un virus che trasforma il suo telefono in una microspia ambientale.  

Csm, si dimette anche il consigliere Cartoni: è il quarto. È tra i togati che videro Lotti: “Ma io dormivo sul divano”

La notte delle toghe rotte 
È la notte tra l’8 e il 9 maggio 2019, quando gli uomini del Gico della Guardia di finanza attivano il trojan sul telefono di Palamara. Una riunione che ha spaccato il mondo della magistratura, facendo finire nei guai i cinque componenti del Csm: quattro si sono già dimessi dopo essere finiti sotto procedimento disciplinare. “Si è determinato l’oggettivo risultato che la volontà di un imputato abbia contribuito alla scelta del futuro dirigente dell’ufficio di procura deputato a sostenere l’accusa nei suoi confronti”, scrive nell’atto di incolpazione il pg Fuzio. Si riferisce chiaramente a Lotti, per il quale la procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per favoreggiamento. Smentendo ogni difesa dei consiglieri coinvolti, il pg sottolinea che in quella riunione non c’era alcuna  “casualità”, anzi: appare di “cristallina evidenza” “la preventiva e sicura consapevolezza” da parte di “tutti i consiglieri presenti, della presenza di Luca Lotti, oltre che del dottor Palamara e del dott. Ferri che ne erano i promotori”. Ciascuno dei componenti – continua il procuratore generale –  “sapeva esattamente e preventivamente chi sarebbe intervenuto e di cosa si sarebbe discusso”. Parole motivate dalle intercettazioni degli investigatori, riportate dai principali quotidiano compreso Il Fatto Quotidiano in edicola. Ma anche dallo scambio telefonico preliminare tra Ferri e Palamara, pubblicato da RepubblicaLotti si autosospende dal Pd e se la prende con il partito: “Moralisti senza morale. Zanda? Coinvolto in pagine buie”

L’appuntamento
Telefonata tra Palamara e Ferri le 19.13 dell’ 8 maggio.
Ferri: “Corrado (Cartoni) viene?”
Palamara: “Si, viene e cena con me. Recupero anche Criscuoli”
Ferri: “E Gigio (Gianluigi Morlini, ndr ) può?” .
Palamara: “Sì, sì, può” .
Palamara: “È importante che Lepre venga, perché segue su tutto”.
Ferri: “No, Lepre mi ha delegato. Mi ha detto non c’ è problema. Ma se la facciamo in albergo da me, provo a dire a Lepre se scende dalla camera”.
Palamara: “E Lotti?”.
Ferri: “Garantito. Arriva dopo le 23.30”.

La riunione 

Roma, notte tra l’8 e il 9 maggio 2019. Quando Lotti arriva gli altri stanno facendo la conta dei voti che avrebbe potuto raccogliere eleggere il procuratore di Roma. Il loro candidato è l’attuale pg di Firenze, Marcello Viola. A contendergli il posto sono il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, e quello di Firenze, Giuseppe Creazzo. Poco prima dell’arrivo del deputato Pd, il consigliere Morlini, che in quel momento presiedeva la commissione incarichi direttivi, sta usando il pallottoliere. 

Morlini: “Ci sono in commissione quattro intenzioni di voto a favore di Viola, una a favore di Lo Voifatta da Suriano (il togato di Area, la corrente di sinistra ndr ), una a favore di Creazzo fatta da me”.

Nella riunione della commissione incarichi direttivi del 23 maggio (due settimane dopo) i voti saranno esattamente quelli. Il problema sarebbe al plenum. 

Morlini:  “Riflettiamoci un attimo perché sarebbe opportuno non avere un frazionamento a tre, quattro giorni per arrivare al lunedì successivo. Noi contattiamo Creazzo e gli diciamo: ‘Peppe guarda che qui noi ti possiamo votare, ci sono cinque voti nostri e magari un laico, ma tu qua perdi, che si fa?”.
Morlini dice “citando il nome di un componente del Csm, Alessio Lanzi (consigliere laico di Forza Italia), che il risultato di questa conta portava a un ipotizzabile consenso di 13 membri”.
Ferri: “Ma Lanzi tiene?”.
Palamara: “Ma Lanzi non lo vedo manco se… Lanzi vota Viola”.
Lotti: “Si vira su Viola, sì ragazzi”.

Sarebbe utile, dunque, anche migliorare il profilo di presentazione della candidatura di Viola.

Morlini: “Se avessi un rapporto di fiducia con (omissis) io potrei dire: fai in modo che il profilo di Viola sia bello”.
Palamara: “Sì, chiamala”.

I tredici voti contati da Morlini fanno ipotizzare un testa a testa: il Csm, infatti, ha 26 consiglieri. Fondamentale potrebbe essere il voto del vicepresidente David Ermini, renziano ed ex deputato del Pd. Ma i consiglieri non si fidano.
Cartoni: “Anche al disciplinare ho problemi con Ermini”.
Lotti: “Eh, ragazzi, vanno affrontate queste cose”.
Cartoni: “Io ci ho litigato con Ermini… Luca… digli qualcosa, si deve sveglià (…)”.
Lotti: “Corrà, te non c’ eri all’inzio ma Ermini non è che… però qualche messaggio gli va dato forte”.

Poi Cartoni riferisce un episodio avvenuto quello stesso giorno. 
Cartoni: “Sentito che è successo oggi?”
Ferri: “Sì, diglielo dai”

L’episodio viene omissato. Ma l’ex ministro commenta subito.
Lotti: “Questo non va bene, però”.
Palamara : “Non va bene no”.
Lotti: “Mica me l’ avevate detto questo”.

Per questo motivo il pg Fuzio scriverà nell’atto d’incolpazione di “un’attività propalativa” di uno dei consiglieri “ai soggetti estranei, in partivolare a Luca Lotti, di fatti e circostamse inerenti i suoi rapporti con il vicepresidente del Csm, nonché la sua specifica funzione di componente della sezione disciplinare. E ciò non senza esimersi dal rilevare come tali propalazioni abbiano lambito addirittura il segreto della Camera di Consiglio”.

Il problema Creazzo
Mezzanotte e mezza, i presenti iniziano a ragionare su un’ipotesi: e se Creazzo non avesse ritirato la sua candidatura per Roma, come si sarebbe potuto allontanare da Firenze, dove aveva chiesto l’arresto dei genitori di Matteo Renzi?

Lotti: “Però a Torino chi ci va? Scusate se faccio questa domanda”
Palamara: “Torino secondo me ormai è aperta”.
Lotti: “Non so però per me è un pizzico legata alla difesa d’ufficio che devono fare loro due di una situazione fiorentina che sinceramente ve lo dico con franchezza… è imbarazzante”
Spina: “Cioè l’unico che se ne va (incomprensibile) e noi te lo dobbiamo togliere dai coglioni il prima possibile omissis)”.

Terzo interlocutore (non individuato): “Ma non ha fatto domanda per Torino Creazzo?”
Lotti:“No, no”.
Palamara: “Non perché lui… se lo mandi a Reggio, liberi Firenze”.
Lotti : “Se quello di Reggio va a Torino è evidente che quel posto è libero e quando lui capisce che non c’è posto per Roma fa domanda non lo sposta nessuno ammesso che non ci sia come voi mi insegnate…”.
Terzo interlocutore: “Un altro motivo”
Lotti: “A norma di regolamento un altro motivo”.

L’altro motivo sembra essere l’esposto contro Creazzo finito alla procura di Genova. Ne parla Palamara poco dopo mezzanotte e mezza facendo il nome del collega pm autore dell’esposto.

Palamara: “Ha raccolto tutte queste cose in un dossier, tutte le cose che non andavano su questa inchiesta e su Creazzo… e ha fatto l’ esposto quindi non è proprio… non è una cazzata, questo voglio dire.”.
Lotti: “Per me è importante capì che succede perché se è seria ovviamente lo… cioè non si parla di Roma… si parla che se è serio va via da Firenze, se non è serio non va via da Firenze, a me guarda… nessuno cerca… nulla… però bisogna fa’ almeno guerra..”.

Ma non c’è l’esposto contro Creazzo. C’è anche quello contro il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone e l’aggiunto Paolo Ielo, accusati di un presunto conflitto d’interesse (negato dalla procura di Perugia) per l’attività professionale dei rispettivi fratelli. Lo ha stilato un collega di Palamara, Stefano Fava. 

Palamara : “Senti Fava…l’ obiettivo è… gli fai sentì… loro devono sentì”.
Lotti : “Dopo che si è fatto gli aggiunti”.
Palamara : “Andiamo da Fava… (…) dopodiché fa usci tutto quello che dico… è finita… là è finita”.
Lotti : “E fai uscire anche un po’ i fratelli… Sentilo Fava che dice… i fratelli, le cose… non sarà così pazzo”.
Palamara : “Non te preoccupà, se te dico fidate, fidate…Lui vuole fà la denuncia penale, tu forse non hai capito, li vuole denunciare a Perugia…lascia perde che so’ cose però tu intanto gli rompi il ca…, punto. Io mi acquieterò quando, come ti ho detto una volta, Pignatone mi chiamerà e mi dirà cosa è successo…perché lì la vicenda Consip la so io… e gli ho protetto il culo su tutto… alla fine cioè cosa è stato? Eh no ma adesso mi fai, mi tieni sotto ricatto, me lo devi dì…”.

Lo schema
Non c’è solo Viola. L’obiettivo è anche programmare anche la nomina del procuratore capo di Perugia. E poi degli aggiunti di Roma: incarico che interessa personalmente a Palamara.

Ferri:” Se va lo schema Viola noi poi dobbiamo avere il nome per Perugia e dobbiamo vedere quando inizia la storia degli aggiunti”
Lotti: “Però  entro l’estate gli aggiunti li chiudete?”.
Spina: “No, prima”.
Palamara: “La fine di maggio, una volta che fai il procuratore”.
Un altro dei presenti sintetizza: “Poi è tutto a scendere, fatto quello è tutto a scendere”

Alla fine di maggio, gli uomini della Finanza andranno a perquisire Palamara. E la notte delle toghe rotte sarà svelata. 

Rif:https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/14/csm-le-manovre-per-scegliere-i-procuratori-tutte-le-intercettazioni-dellincontro-dei-consiglieri-con-lotti-ferri-e-palamara/5255629/

Csm, consigliere Morlini si dimette dopo azione disciplinare per lui e i togati che incontrarono Lotti

Csm, consigliere Morlini si dimette dopo azione disciplinare per lui e i togati che incontrarono Lotti

Nel frattempo, rischia di ricominciare da zero l’iter per la nomina del nuovo procuratore di Roma, dopo la bufera che ha investito il Consiglio superiore della magistratura sull’onda dell’inchiesta di Perugia. Cioè da una nuova deliberazione della Commissione per gli incarichi Direttivi.

Il consigliere del Csm Gianluigi Morlini, che nei giorni scorsi ha lasciato Unicost, che ha presentato le dimissioni anche dal Csm. Il procuratore generale della CassazioneRiccardo Fuzio, ha promosso l’azione disciplinare nei suoi confronti e nei confronti degli altri tre consiglieri togati del Csm, che si sono autosospesi, per la vicenda degli incontri con l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara e i deputati del Pd Cosimo Ferri e Luca Lotti, sulla nomina del nuovo procuratore di Roma. In questo quadro rischiano il trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale e funzionale lo stesso Palamara e Stefano Rocco Fava, pm romani indagati dalla procura di Perugia. La prima commissione del Csm potrebbe prendere una decisione già nei prossimi giorni, anche domani, secondo le agenzie di stampa. Al vaglio della Commissione presieduta dal laico di Forza Italia Alessio Lanzi c’è anche la posizione dell’ex consigliere del Csm Luigi Spina, che si è dimesso dopo il caos di queste settimane e che invece è indagato a Perugia per rivelazione di segreto e favoreggiamento.

Azione disciplinare per i 4 consiglieri – Rimane dunque in bilico il futuro dei togati di Magistratura Indipendente Corrado Cartoni, Antonio Lepre, Paolo Criscuoli. I tre e Morlini si erano impegnati a decidere, entro la fine della settimana, se tornare al Csm, come vorrebbero e come gli chiede di fare la corrente di Magistratura Indipendente, o se dimettersi, come sollecita l’Anm. Morlini si era già dimessi dalla Sezione Disciplinare come aveva fatto Criscuoli. Domani è convocato un plenum straordinario del Csm per provvedere alla elezione di chi dovrà sostituirli. L’avvio dell’azione disciplinare  non comporta automaticamente la sospensione dal Csm che in questi casi è facoltativa. Si tratta però di una nuova tegola che può rendere più difficile la resistenza dei consiglieri alle pressioni per dimettersi.

Morlini (Unicost): “Unico modo per tutelare Istituzione”
“Le dimissioni sono l’unico modo per tutelare l’Istituzione, anche se, in questo momento davvero terribile, ritengo umiliante essere accomunato a chi ha fatto anche solo alcune delle cose che si leggono – scrive nella lettera di dimissioni inviata al vicepresidente del Csm David Ermini – Siamo tutti consapevoli del terribile momento che sta vivendo l’Istituzione consiliare, e ciascuno di noi è quindi chiamato a fare quanto può per preservarla – aggiunge -. Ciò posto, ribadisco innanzitutto di essere del tutto estraneo alle diverse questioni delle quali si è parlato sui media(vicenda Siracusa, Amara e Calafiore, rapporti con Centofanti, esposto del dottor Fava, reati di rivelazione del segreto d’ufficio e favoreggiamento personale, biglietti per partite della Lazio ed incontri con Lotito, incontri a casa della sorella di un exconsigliere). So però di avere compiuto un errore dovuto a leggerezza: casualmente ed in modo non programmato, in quanto invitato solo pochi minuti prima da un collega del quale mi fidavo, ho raggiunto ad un dopo cena alcuni magistrati consiglieri ed ex consiglieri del Csm; all’incontro è successivamente e per me inaspettatamente intervenuto l’onorevole Lotti (poi da me mai più visto né incontrato), senza che io lo sapessi o lo potessi prevedere; pur essendomi congedato prima che la serata terminasse, non mi sono immediatamente allontanato, nonostante tutti noi parlassimo di questioni consiliari. Per tale motivo, essendo stato proposto nei miei confronti un procedimento disciplinare, per senso di responsabilità istituzionale e per potere difendermi al meglio nelle sedi opportune, ritengo necessario presentare le mie dimissioni da Consigliere“.

Procura Roma, verso azzeramento iter – Nel frattempo, rischia di ricominciare da zero l’iter per la nomina del nuovo procuratore di Roma, dopo la bufera che ha investito il Csm sull’onda dell’inchiesta di Perugia. Cioè da una nuova deliberazione della Commissione per gli incarichi Direttivi, commissione che intanto è stata rinnovata nella sua composizione con la sostituzione di due dei consiglieri togati che avrebbero partecipato fuori dal Csm a incontri sul futuro assetto della procura capitolina con l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara – ora indagato a Perugia – Cosimo Ferri e Luca Lotti. Ma ci vorrà tempo, prima che la pratica sia ripresa in mano. Sembra dunque destinata a languire la proposta approvata il 23 maggio scorso dalla vecchia Commissione a favore del Pg di Firenze Marcello Viola, che ha ottenuto 4 voti, contro un voto ciascuno ricevuto dal procuratori di Palermo e Firenze, Francesco Lo Voi e Giuseppe Creazzo. Proposta che per approdare in plenum avrebbe bisogno di motivazioni, che non sono state scritte. L’intenzione è far decantare il caso prima di riprendere in mano la pratica. Tanto più dopo che ieri la Commissione ha stabilito di procedere alle nomine dei dirigenti degli uffici giudiziari a partire da quelle caselle scoperte da più tempo. E Roma non è ai primi posti in questa classifica.

“Amico di Amara ma trattò processo”. Csm rimuove pm –Intanto, sempre la sezione disciplinare del Csm ha rimosso dalla magistratura Maurizio Musco. Ex pm di Siracusa, poi trasferito a Sassari, Musco è accusato di aver violato “consapevolmente e reiteratamente” l’obbligo di astenersi dalla trattazione di un procedimento penale. Il procedimento riguardava familiari e clienti dell’avvocato Pietro Amara, al quale Musco – secondo l’accusa – era legato da un rapporto di amicizia e anche da relazioni economiche. A febbraio Amara ha patteggiato una condanna a 3 anni di carcere nell’ambito dell’inchiesta su sentenze “pilotate” al Consiglio di Stato: è l’uomo al centro dell’inchiesta su Palamara che si è poi estesa fino al Csm. Già nel 2012 il ministero della giustizia aveva mandato gli ispettori alla procura di Siracusa per indagare su Musco, che poi sarà condannato in via definitiva nel 2017 per abuso d’ufficio.

Rif:https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/12/csm-consigliere-morlini-si-dimette-dopo-azione-disciplinare-per-lui-e-i-togati-che-incontrarono-lotti/5250215/

Caos procure, si dimette dal Csm il consigliere Morlini

Azione disciplinare per i togati autosospesi promossa dal procuratore generale della Cassazione. Palamara e Fava rischiano trasferimento.

Caos procure, si dimette dal Csm il consigliere Morlini

ROMA. Al Csm si spacca il fronte dei quattro consiglieri coinvolti nell’indagine di Perugia. A sorpresa si dimette dal Consiglio Gianluigi Morlini, ex presidente della quinta commissione che nomina i capi degli uffici, e che in una cena con l’ex pm di Roma Luca Palamara, ha incontrato anche il deputato Pd Luca Lotti, uno degli indiziati dell’inchiesta Consip dalla stessa procura di Roma.

Morlini, esponente di Unicost, che ieri aveva già dato le dimissioni dal suo gruppo, spacca il fronte dei quattro consiglieri coinvolti, perché i tre di Magistratura indipendente – Corrado Cartoni, Antonio Lepre e Paolo Criscuoli – restano invece al loro posto. Tutti e quattro hanno ricevuto oggi dalla procura generale della Cassazione la notifica dell’inizio di un’indagine disciplinare nei loro confronti. Che ovviamente li rende incompatibili con la permanenza nello stesso Csm.

Il procuratore generale della Cassazione, Riccardo Fuzio, ha promosso l’azione disciplinare nei confronti dei quattro consiglieri togati del Csm che si sono autosospesi, (Corrado Cartoni, Antonio Lepre e Paolo Criscuoli, di Magistratura Indipendente), e Gianluigi Morlini, che nei giorni scorsi ha lasciato Unicost, per la vicenda degli incontri con l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara e i deputati del Pd Cosimo Ferri e Luca Lotti, sulla nomina del nuovo procuratore di Roma. I quattro consiglieri togati si erano impegnati a decidere, entro la fine della settimana, se tornare al Csm, come vorrebbero e come gli chiede di fare la corrente di Magistratura Indipendente, o se dimettersi, come invece sollecita  l’Anm. L’avvio dell’azione disciplinare non comporta automaticamente la sospensione dal Csm, che in questi casi è facoltativa.

Per quanto riguarda invece Luca Palamara e Stefano Rocco Fava, i due pm di Roma rischiano il trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale e funzionale. La Prima Commissione del Csm già domani potrebbe avviare la procedura nei confronti dei due magistrati coinvolti nell’inchiesta di Perugia. Al vaglio della commissione  presieduta dal laico di Fi Alessio Lanzi anche la posizione dell’ex consigliere del Csm Luigi Spina.

Rif:https://www.repubblica.it/cronaca/2019/06/12/news/csm_azione_disciplinare_togati_autosospesi-228599562/