Giustizia corrotta a Trani, processi pilotati con tangenti: condannato a 10 anni l’ex magistrato Savasta

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Il giudice del Tribunale di Lecce, al termine dell’inchiesta sulla giustizia svenduta di Trani, ha condannato a 10 anni l’ex pubblico ministero Antonio Savasta, a 4 anni il magistrato Luigi Scimè e l’imprenditore Luigi D’Agostino, a 2 anni e 8 mesi l’avvocato Giacomo Ragno e a 4 anni e 4 mesi per l’avvocato Ruggero Sfrecola.

La sentenza è nei confronti dei cinque imputati che hanno scelto il processo abbreviato, nell’ambito dell’inchiesta dove ricche tangenti avrebbero pilotato l’esito di indagini e processi in favore di alcuni imprenditori.

Tra gli imprenditori anche il coratese Flavio D’Introno, che ha denunciato la malagiustizia tranese, raccontando ai giudici leccesi di avere allungato a magistrati e pubblici ministeri oltre due milioni di euro.

Rif: https://bari.ilquotidianoitaliano.com/in-puglia/2020/07/news/giustizia-corrotta-a-trani-processi-pilotati-con-tangenti-condannato-a-10-lex-magistrato-savasta-279650.html/

Magistrati arrestati: no servizi sociali a D’Introno, va arrestato ma è irreperibile

l Tribunale di Sorveglianza dice no all’affidamento ai servizi sociali del grande accusatore Flavio D’Introno, che deve scontare 4 anni e mezzo per usura

Flavio D’Introno non ha il diritto di ottenere la sospensione della condanna definitiva per usura, perché la documentazione medica che ne attesta l’alcolismo è troppo risalente per questo. Il grande accusatore dei giudici di Trani, dunque, dovrà andare in carcere per scontare un residuo di pena pari a quattro anni e mezzo. Fino a ieri sera, però, le ricerche dei Carabinieri sono state vane.

Il Tribunale di sorveglianza (relatore Simonetta Rubino) ha infatti dichiarato inammissibile la richiesta presentata da D’Introno (avvocato Vera Guelfi) per ottenere l’affidamento ai servizi sociali. Anche la Procura generale, con il pg Giannicola Sinisi, nell’udienza di lunedì scorso si era opposta alla richiesta sottolineandone l’infondatezza. A ottobre del 2018, come lui stesso aveva raccontato durante l’incidente probatorio di Lecce, D’Introno aveva ottenuto la sospensione dell’esecuzione della condanna a cinque anni e otto mesi per usura, resa definitiva dalla Cassazione, presentando una serie di certificati che ne attestavano l’avvio di un percorso di cura al Sert di Andria per un problema di alcolismo esploso dopo la sentenza di appello.

D’Introno era stato arrestato nel 2007 nell’ambito dell’operazione Fenerator. Il nodo principale dell’inchiesta di Lecce sulla corruzione dei giudici del Tribunale di Trani è proprio il tentativo di D’Introno di evitare la condanna per usura e il conseguente sequestro dei beni: per questo l’imprenditore coratino ha raccontato alla Procura di Lecce di aver pagato due milioni di euro all’ex gip Michele Nardi (tuttora in carcere) e agli ex pm Antonio Savasta (ai domiciliari) e Luigi Scimè, e di aver regalato gioielli e viaggi a suo dire destinati ai magistrati.

A febbraio 2013 il Tribunale di Trani ha condannato D’Introno a 7 anni di reclusione: l’accusa, sostenuta da Scimè (che aveva ereditato il fascicolo dalla collega Carla Spagnuolo nel frattempo trasferita) ne aveva chiesto la condanna a 3 anni per corruzione ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria e l’assoluzione per l’usura e l’associazione a delinquere. In appello la condanna è stata ridotta a 5 anni e 9 mesi (la Procura generale ne aveva chiesto l’assoluzione): anche questo processo, secondo l’accusa di Lecce, sarebbe finito nel mirino di Nardi che avrebbe chiesto a D’Introno di acquistare diamanti da regalare ai giudici (che sono stati ritenuti totalmente estranei e ora sono parti offese nel procedimento a carico dell’ex gip). La Cassazione ha poi ridotto la pena (dicembre 2018) a cinque anni e mezzo, a seguito della prescrizione di alcuni reati, rendendo dunque definitiva la condanna.

La difesa di D’Introno aveva tentato di spostare la competenza sull’esecuzione lontano da Bari, ritenendo che «i componenti il Tribunale di Sorveglianza possono essere psicologicamente coartati e comunque non sereni» perché nelle sue confessioni a Lecce l’imprenditore ha parlato anche di un commercialista, fratello di un magistrato all’epoca in servizio alla Sorveglianza. Ma la Cassazione ha rigettato la richiesta di rimessione del giudizio, ritenendola inammissibile in quanto prevista dal codice soltanto per i procedimenti di merito.

La Procura generale ha affidato la notifica del provvedimento, con la contestuale esecuzione dell’arresto, ai Carabinieri. Fino a ieri sera, però, D’Introno non è stato rintracciato: non era a casa, a Corato, e potrebbe aver deciso di sottrarsi alla cattura recandosi all’estero. Nei giorni scorsi l’imprenditore aveva definito «molto ingiusta» la prospettiva di un rigetto del ricorso alla Sorveglianza che avrebbe comportato il suo ingresso in carcere, paventando anche l’ipotesi di costituirsi in un istituto penitenziario del Centro-nord così da evitare la detenzione in Puglia. Il processo per la giustizia truccata comincerà il 4 novembre a Lecce: D’Introno ha parlato a lungo durante l’incidente probatorio e resta il più importante testimone dell’accusa.

Rif.https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/home/1178438/magistrati-arrestati-negato-affidamento-imprenditore-gola-profonda.html

Magistrati arrestati, D’Introno: «Nardi aveva conti in Vaticano, gli ho dato 1,5 mln»

L’imprenditore di Corato conferma anche le mazzette a Savasta, oltre a Rolex e gioielli. Soldi prelevati anche in Svizzera

Un milione e mezzo di euro dati a Michele Nardi, l’ex gip tuttora in carcere che avrebbe ricevuto anche regali in natura tra cui un Rolex, diamanti, viaggi e lavori di ristrutturazione, poi altri 500mila euro all’ex pm Antonio Savasta. Il tutto per provare a sistemare i suoi problemi giudiziari. L’incidente probatorio nell’inchiesta sulla giustizia truccata a Trani si è aperto con la confessione di Flavio D’Introno, l’imprenditore di Corato che con il suo racconto è già stato determinante per gli arresti disposti a gennaio dalla Procura di Lecce. E che ieri – confermando il racconto delle mazzette pagate ai giudici – ha depositato un memoriale di 60 pagine con cui ha aperto pure nuovi capitoli: «Nardi – ha detto rispondendo alle domande del procuratore Leonardo Leone de Castris e della pm Roberta Licci – mi disse di avere anche un conto allo Ior, e di temere che i soldi depositati nella banca del Vaticano potessero sparire».

rif: https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/bat/1140973/magistrati-arrestati-d-introno-nardi-aveva-conti-in-vaticano-gli-ho-dato-1-5-mln.html

“Toghe sporche”. A processo tutti e 10 gli indagati per il caso Trani

Mandati a processo i tre magistrati Nardi, Scimè e Savasta, accusati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari e falso coinvolti nella maxi inchiesta sui processi nel palazzo di giustizia di Trani. Conclusasi questa prima parte dell’inchiesta, i magistrati della Procura di Lecce sono già al lavoro  per un secondo filone delle indagini, scaturito dalle alle deposizioni e denunce di altre presunte vittime della “cupola” dei magistrati di Trani,LECCE – Si è conclusa ieri, nel tribunale del capoluogo salentino, l’udienza preliminare nei confronti di dieci imputati, fra i quale tre magistrati accusati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari e falso coinvolti nella maxi inchiesta sui processi nel Palazzo di Giustizia di Trani, che venivano manipolati in cambio di importanti di somme di tangenti. I fatti contestati fanno riferimento al periodo tra il 2014 e il 2018.

Le indagini sono state coordinate dal procuratore di LecceLeonardoLeone De Castris, e condotte dai pm Roberta Licci e Giovanni Gallone. I magistrati coinvolti nell’inchiesta sono Michele Nardi, Luigi Scimè ed Antonio Savasta che successivamente ha lasciato la magistratura.Conclusasi questa prima parte dell’inchiesta, i magistrati della Procura di Lecce sono già al lavoro  per un secondo filone delle indagini, scaturito dalle dichiarazioni dell’imprenditore Flavio D’Introno ( in una prima fase coindagato ed adesso parte offesa) ma anche grazie alle deposizioni di altre presunte vittime della “cupola” dei magistrati di Trani, i quali dopo che, a gennaio, è scoppiato lo scandalo della “malagiustizia” nel Palazzo  di Giustizia di  Trani, si sono presentati a denunciare ulteriori fatti oggetto di reato.

il Tribunale di LecceIl processo inizierà il prossimo 30 ottobre, e successivamente verranno poi fissate le successive udienze.  Hanno scelto di sottoporsi  al rito abbreviato, che consente loro uno sconto di pena,  Antonio Savasta, ex magistrato che dopo essersi dimesso, è stato il primo a collaborare con la Procura leccese, ammettendo le proprie responsabilità, il giudice Luigi Scimé, gli avvocati Giacomo Ragno e Ruggiero Sfrecola, e l’immobiliarista Luigi D’Agostino.Sono stati rinviati a giudizio dinanzi al Tribunale in composizione collegiale l’ex gip del Tribunale di Trani  Michele Nardi (successivamente  assegnato come sostituto procuratore presso la Procura di Roma, incarico che è stato sospeso dal Csm), il quale aveva annunciato delle dichiarazioni spontanee, che poi ha deciso di non rendere più, il falso testimone Gianluigi Patruno, titolare di una palestra, e l’ ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro (che si trova ancora ristretto in carcere), e dell’ ex cognato di Savasta,  Savino Zagaria .

Michele Nardi ed Antonio SavastaRigettata l’istanza di rito abbreviato condizionato ad alcuni approfondimenti istruttori, presentata dall’avvocatessa Simona Cuomo, del Foro di Bari. L’ avvocatessa ex “pupilla” dello studio legale Sisto di Bari (estraneo alla vicenda) , si è sottoposta ad un lungo interrogatorio, nel  corso del quale ha negato sfacciatamente di avere mai incontrato MicheleNardi, affermando di averlo visto per la prima volta nel corso delle udienze a Lecce.La Procura di Lecce però l’ha smentita depositando un documento prodotto in un processo per calunnia che vedeva Nardi denunciato dall’ex collega Maria Grazia Caserta venendo condannato ad 1 anno e 6 mesi , in un processo tenutosi a Catanzaro alcuni anni fa, circostanza documentale che confuterebbe la Cuomo e dimostrerebbe invece una conoscenza fra i due risalente già a diversi anni or sono.Il processo per chi non ha optato per il rito abbreviato ultimi invece il prossimo 4 novembre. Parte civile si sono costituiti la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero della Giustizia, l’Ordine degli Avvocati di Trani e alcune parti private.Sotto la lente degli investigatori numerose tangenti in denaro, persino di milioni, finalizzate a modificare l’esito dei processi o a pilotare le inchieste. Ma non solo, infatti sono emersi anche importanti tangenti elargite dall’imprenditore di Corato Flavio D’Introno, il principale accusatore nonché corruttore,  a favore di Michele Nardi, anche sotto altra forma come un orologio Rolex Daytona in oro del valore di  34.500 euro, due diamanti del valore di 27mila euro, un viaggio a Dubai costato 10mila euro, e per finire la ristrutturazione costata 130mila euro della casa romana del magistrato,  e la costruzione della sua villa a Trani per 600mila euro.Importanti tangenti da 600mila euro sono state pagate sempre dall’imprenditore D’Introno a Savasta, oltre a cene, e regali di vario genere.  Savasta e Nardi al momento dell’arresto erano in servizio presso il Tribunale di Roma, il primo come giudice ed il secondo come pubblico ministero, trasferiti in via precauzionale dal Consiglio Superiore della Magistratura.I due magistrati dovranno rispondere anche delle accusea loro carico per aver persino promesso una ricompensa in denaro all’imprenditore D’Introno, consigliandogli di non rivelare il sistema di cui aveva fatto parte, arrivando a consigliargli di fuggire all’estero in Paesi dove non sono applicabili le rogatorie italiane.Durante il corso delle indagini la Procura di Lecce ha ritenuto necessario “blindare” alcune testimonianze nel corso di un lungo incidente probatorio, nel corso del quale sono stati uditi l’imprenditore Flavio D’Introno, per il quale in virtù della sua totale collaborazione prestata agli inquirenti non è stata mai disposta alcuna misura cautelare; successivamente è stata la volta del poliziotto Vincenzo Di Chiaro, e quindi all’ex-magistrato Antonio Savasta che ha ottenuto i domiciliari dopo aver collaborato, mentre Michele Nardi e Di Chiaro dallo scorso gennaio sono sottoposti a detenzione cautelare in carcere, dove potrebbero restare ancora per un anno, grazie alla velocità con cui si è svolta l’udienza preliminare ( prima udienza lo scorso 11 settembre) che ha consentito che non scadessero i termini della custodia cautelare.Gli avvocati della difesa dei vari indagati, ora imputati,  durante l’udienza preliminare hanno battagliato persino sull’ammissibilità di alcune costituzioni di parte civile, ma il Gup del Tribunale di Lecce, dr.ssa Cinzia Vergine, non ha avuto alcun dubbio nel rigettare tutte le eccezioni difensive. Ieri la decisione finale: processo per tutti, quale che sia la strada scelta.

Rif:https://www.ilcorrieredelgiorno.it/toghe-sporche-a-processo-tutti-e-10-gli-indagati-per-il-caso-trani/

Toghe sporche: Nardi pronto a parlare sul “Sistema Trani”

Toghe sporche: Nardi pronto a parlare sul “Sistema Trani”

Sono state presentate 14 richieste di costituzioni di parte civile, tra le quali compare anche  la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Il Ministero della Giustizia, l’Ordine degli avvocati di Trani, gli imprenditori coratini Paolo Tarantini e Flavio D’Introno colui che ha dato il via con le sue dichiarazioni all’inchiesta giudiziaria condotta dalla procura di Lecce

LECCE –   Anche l’ex gip Michele Nardi , attuale pm presso la Procura di Roma (e sospeso dal Csm) ha deciso di raccontare per la prima volta la sua verità sull’inchiesta della Procura di Lecce, condotta dai pm Roberta Licci e Giovanni Gallone sul cosiddetto “sistema Trani” per il quale è sottoposto a detenzione cautelare in carcere dal gennaio scorso con l’accusa di concorso in associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari oltre che, a vario titolo, di minacce, millantato credito, estorsione e truffa aggravata insieme all’ex pm di Trani Antonio Savasta, il quale oltre ad essersi dimesso dalla magistratura ha confessato la propria corruzione ai pm della procura salentina.

Michele Nardi

É stato lo stesso Nardi ad annunciarlo dopo mesi di silenzio, nel corso dell’udienza preliminare a carico di 10 indagati davanti al Gup del Tribunale di Lecce dr.ssa Cinzia Vergine . Insieme a Nardi e Savasta è imputato anche il giudice Luigi Scimè, accusato di corruzione in atti giudiziari. Le dichiarazioni di Nardi dovrebbe avvenire nell’udienza che si terrà domani 13 settembre. Nardi e Savastafurono arrestati nel gennaio scorso insieme con l’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro.L’accusa è di avere pilotato sentenze e inchieste in cambio di mazzette quando erano in servizio a Trani.

Hanno chiesto di essere ammessi al rito abbreviato l’ex pm Antonio Savasta, (a lato nella foto) che ha ammesso le proprie responsabilità, il giudice Luigi Scimé,  gli avvocati Ruggiero Sfrecola e Giacomo Ragno, e l’immobiliarista Luigi D’Agostino. L’avvocatessa barese Simona Cuomo (attualmente sospesa dalla professione), “pupilla dello studio dell’ Avv. Francesco Paolo Sisto di Bari (estraneo alla vicenda) , ha invece preferito attendere di essere esaminata domani in udienza preliminare,  per poter quindi poi decidere se ricorrere al rito abbreviato. Fra gli imputati compare anche Gianluigi Patruno, titolare di una palestra, l’ ispettore di polizia di Corato Vincenzo Di Chiaro (anch’egli ancora detenuto cautelarmente in carcere) e l’ ex cognato di Savasta, Savino Zagaria .

Sono state presentate 14 richieste di costituzioni di parte civile, tra le quali compare anche  la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Il Ministero della Giustizia, l’Ordine degli avvocati di Trani, gli imprenditori coratini Paolo Tarantini e Flavio D’Introno (esclusivamente per le posizioni di Michele Nardi e Gianluigi Patruno).

L’imprenditore D’Introno è colui che ha dato il via con le sue dichiarazioni all’inchiesta giudiziaria, rimane indagato, ma la sua posizione é stata stralciata in altro procedimento dalla Procura di Lecce, così come quella del carabiniere Martino Marangia.

rif:https://www.ilcorrieredelgiorno.it/toghe-sporche-nardi-pronto-a-parlare-sul-sistema-trani/

Magistrati arrestati: «A Trani altri casi di indagini truccate», interrogato D’Introno

L’ipotesi è che altre persone siano finite nelle grinfie della cricca delle indagini truccate nel Tribunale di Trani. E che, di conseguenza, ci siano altri casi di sentenze svendute. L’inchiesta della Procura di Lecce, che lunedì ha già portato a processo dieci persone, va avanti con ulteriori approfondimenti. Giovedì l’imprenditore Flavio D’Introno, l’uomo che con i suoi racconti ha fatto scattare a gennaio l’arresto dell’ex gip Michele Nardi e dell’ex pm Antonio Savasta, è tornato a parlare: un interrogatorio fiume davanti alla pm Roberta Licci per rispondere su ulteriori circostanze. 

Rif: https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/bat/1174037/magistrati-arrestati-a-trani-altri-casi-di-indagini-truccate-interrogato-d-introno.html

Processo magistrati arrestati, l’Ordine degli avvocati di Trani si costituisce parte civile

Il tribunale di Lecce

Il Consiglio dell’Ordine ha già dato mandato ad un legale di propria fiducia di costituirsi parte civile nel processo che vede coinvolte complessivamente 10 persone. Tra queste anche due avvocati iscritti nell’albo tranese

’Ordine degli Avvocati di Trani si costituisce parte civile nel processo “Giustizia Svenduta” che inizierà domani a Lecce.

«È una scelta sicuramente delicata, ma il nostro agire deve sempre contemperare attenzione e rispetto per tre componenti: la classe forense tranese; i magistrati e, infine ma non da ultima, l’opinione pubblica» rende noto il presidente dell’Ordine degli avvocati di Trani, Tullio Bertolino, al termine di una riunione del Consiglio dell’Ordine convocata ad hoc.

«Per rispetto di tutte le parti in causa, la decisione del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Trani non poteva che essere quella di costituirsi parte civile nel processo che si aprirà nelle prossime ore a Lecce sull’inchiesta ribattezzata “Giustizia Svenduta”, che ha portato alla luce una presunta “giustizia truccata” ad opera di magistrati, avvocati e rappresentanti delle forze dell’ordine.

Il nostro è un atto dovuto prosegue il presidente – perché il comportamento asseritamente deviato di uno sparuto gruppo di rappresentanti delle istituzioni non può e non deve inficiare il lavoro quotidiano di migliaia di persone tra avvocati, magistrati e rappresentanti delle forze di polizia, improntato sempre al rispetto della legge ed alla sua libera ed incondizionata applicazione. Umanamente auspichiamo che in sede processuale tutte le persone coinvolte riescano a dimostrare l’estraneità ai fatti contestati. Ma con altrettanta fermezza non possiamo esimerci dal pretendere giustizia per il danno di immagine riportato dall’intera categoria nei confronti di chi invece dovesse essere condannato per comportamenti che hanno gettato ombre nerissime sul Tribunale di Trani che da oltre 800 anni gode di fama indiscussa in tutto il mondo».

Il Consiglio dell’Ordine di Trani ha già dato mandato ad un legale di propria fiducia di costituirsi parte civile nel processo che vede coinvolte complessivamente 10 persone. Tra queste anche due avvocati iscritti nell’albo tranese. 

«Due avvocati su oltre 2.000 iscritti – conclude il Presidente Bertolino – sono un numero talmente esiguo che dovrebbe indurre tutti, sistema dell’informazione compreso, ad una maggiore prudenza. Ci sono migliaia di persone che svolgono onestamente e correttamente il proprio lavoro e che non meritano di essere etichettati come parte di un sistema corrotto».

rif:https://www.coratolive.it/news/cronaca/871350/processo-magistrati-arrestati-lordine-degli-avvocati-di-trani-si-costituisce-parte-civile

Magistrati arrestati: scoperto il «tesoro» di Savasta: 22 case e 12 terreni. Ex pm interrogato a Lecce per 8 ore

È durato otto ore l’interrogatorio in carcere a Lecce dell’ex pm di Trani Antonio Savasta arrestato per corruzione il 14 gennaio scorso dalla magistratura salentina assieme al collega ex gip tranese Michele Nardi. Assistito dal proprio legale avvocato Massimo Manfreda, Savasta è stato ascoltato dal pm di Lecce Roberta Licci, titolare dell’inchiesta insieme al procuratore capo Leonardo Leone De Castris. All’uscita del carcere l’avvocato Manfreda si è detto soddisfatto dell’esito dell’interrogatorio. «Una lunghezza necessaria – ha detto Manfreda ai giornalisti che lo attendevano all’uscita del carcere – necessaria per fornire i dovuti chiarimenti. La durata dell’interrogatorio è sintomatica dell’atteggiamento processuale che non è di chiusura. Ci sono delle cose sulle quali abbiamo lealmente fornito la nostra versione, ci sono altri aspetti su cui ci siamo confrontanti altrettanto lealmente e chiaramente». «È stato il terzo interrogatorio – ha detto ancora – e probabilmente almeno in questa fase, l’ultimo. In settimana depositeremo istanza di sostituzione della misura cautelare con la concessione degli arresti domiciliari». «Nel corso dell’interrogatorio la difesa ha anche prodotto un piccolo memoriale difensivo – ha concluso – Sette pagine inerenti questioni oggetto di imputazione e contestazioni provvisoria e sui risultati delle indagini».

BARI – Il tesoro di Antonio Savasta, l’ormai ex pm arrestato il 14 gennaio per corruzione in atti giudiziari, potrebbe essere nascosto nel mattone. La vecchia regola dei tempi di Giovanni Falcone («segui i soldi») potrebbe risultare decisiva anche nell’inchiesta della Procura di Lecce sulla giustizia svenduta nel Tribunale di Trani, inchiesta che ha finora fatto finire in carcere anche l’ex gip Michele Nardi e che nelle ultime settimane si sta allargando con l’esame di numerosi altri fascicoli. L’ipotesi è sempre la stessa: sentenze e indagini potrebbero essere state truccate in cambio di soldi.

E Savasta, che nell’ultimo mese ha assunto un atteggiamento di collaborazione (dopo aver parlato a lungo ha presentato le dimissioni dall’ordine giudiziario, preludio a una richiesta di scarcerazione) potrebbe aver utilizzato i soldi per accumulare un enorme patrimonio: risulta infatti proprietario (da solo o insieme ai familiari) di 22 unità immobiliari e di 12 terreni nella provincia di Bari, cui si aggiungono altre 8 unità immobiliari (più un terreno) intestati alla moglie dell’ex pm (che non risulta indagata).

A scattare la fotografia del patrimonio di Savasta è stata la Finanza di Firenze, nell’ambito di una inchiesta (quella sui presunti favori all’imprenditore barlettano Luigi D’Agostino) poi trasferita per competenza a Lecce quando sono emersi gli elementi a carico del magistrato in servizio a Trani.

Dal 2015 al 2017, gli anni in cui si sono svolti i fatti contestati nella prima parte dell’inchiesta, Savasta ha dichiarato redditi oscillanti tra i 130 e i 140mila euro, più alti rispetto al solo stipendio di magistrato (in quegli anni circa 110mila euro lordi). La differenza è fatta, appunto, dai redditi di locazione. Ma nel mirino dei militari sono finiti i numerosi bonifici e versamenti sui conti del magistrato, che – solo per fare un esempio – da gennaio a marzo 2018 ha versato assegni per 81mila euro ed ha ricevuto bonifici per oltre 21mila euro. Il quadro complessivo, molto complesso, mostra un elevato numero di operazioni finanziarie (spesso con i parenti), ma anche di operazioni immobiliari effettuate direttamente da lui o dalla moglie. Savasta risulta ad esempio aver effettuato un investimento in un immobile turistico nella zona di Polignano a Mare.

L’analisi delle risultanze patrimoniali potrà essere un valido elemento di riscontro delle accuse oggi al vaglio della Procura di Lecce. Oltre a quelle di Flavio D’Introno, l’imprenditore di Corato che con le sue «confessioni» è stato determinante per l’arresto dei due magistrati (cui ha detto di aver corrisposto negli anni 3 milioni di euro), ci sono numerosi altri casi: ad esempio l’altro imprenditore Paolo Tarantini, di Corato, la cui posizione è all’esame in questi giorni. Ma c’è anche il «re del grano», Francesco Casillo, arrestato nel 2006 su richiesta di Savasta (accolta dal gip Nardi) per lo scandalo del grano all’ocratossina: una inchiesta che nacque dalla denuncia di un esponente della Coldiretti di Spinazzola e si concluse il 4 luglio 2012 con l’assoluzione «perché il fatto non sussiste».

Casillo è stato ascoltato alcune settimane fa dalla pm Roberta Licci. Le sue parole, e la sua stessa posizione, sono adesso in corso di esame. Ieri l’imprenditore ha fornito la sua versione della storia a «Repubblica», raccontando di aver pagato «550mila euro per uscire dal carcere» tramite un intermediario. Oltre a lui, Savasta fece arrestare anche i fratelli Beniamino, Pasquale e Cardenia nell’ambito dell’inchiesta «Apocalisse» sul presunto spietramento della Murgia. L’intermediario avrebbe chiesto ad un amico di famiglia «un milione di euro per risolvere la questione. Promettendo di farlo immediatamente» e alla richiesta di «una prova che, effettivamente, se avessimo pagato saremmo usciti di galera», Francesco Casillo ha raccontato che «mia sorella, incredibilmente, dopo poche ore dal suo arresto fu scarcerata».

La storia, come detto, è ora al vaglio. Ma agli atti dell’inchiesta di Lecce c’è una strana intercettazione ambientale del 1° luglio 2016 in cui Nardi parla in macchina da solo. I carabinieri l’anno considerata «un importante spunto investigativo poiché dalle sue parole traspare, in maniera incontrovertibile, la legittimazione dell’operato del pm Antonio Savasta, nonostante al vicenda Casillo si è conclusa con l’assoluzione del re del grano coratino»: «Casillo è meglio che sta zitto perché il vero scandalo è quando Casillo è stato assolto, e no che è stato messo in galera ed è stato assolto da un collegio» in cui, secondo Nardi, uno dei giudici (non indagato e non coinvolto in alcun modo») aveva la moglie che lavorava per Casillo. «Le tangenti saranno state pagate sì – è la conclusione del monologo di Nardi – ma per essere assolto, non certo per essere messo in galera».
A novembre 2015 Savasta concluse la requisitoria a carico di Francesco Casillo chiedendo 4 anni di carcere, dopo che a novembre 2008 aveva dato il suo assenso a un patteggiamento che avrebbe comportato solo una multa: l’istanza fu però rigettata dal Tribunale perché ritenuta incongrua.

Rif: https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/home/1122471/magistrati-arrestati-scoperto-il-tesoro-di-savasta-22-case-e-12-terreni.html

Corruzione, la Procura di Lecce chiede il processo per tre magistrati

La Procura di Lecce ha chiesto il rinvio a giudizio di tre magistrati, all’epoca dei fatti in servizio Trani, accusati associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari. Sono l’ex gup Michele Nardi e gli ex Pm Antonio Savasta e Luigi Scimè.

Come riporta la Gazzetta del Mezzogiorno, insieme ad altri sette imputati, compreso l’ispettore Vincenzo Di Chiaro, dovranno comparire il prossimo 11 settembre davanti al Gip Cinzia Vergine. Stralciata la posizione dell’imprenditore Flavio D’Introno, principale accusatore degli imputati, che ha parlato di avere ricevuto una richiesta di 2milioni di euro per bloccare un processo in cui era imputato per usura e aprire fascicoli contro chi lo accusa. 

Tentativi non riusciti. Stralciata anche quella del carabiniere Martino Marancia, la cui posizione potrebbe essere archiviata. Il rinvio a giudizio è stato chiesto con la formula dell’urgenza per evitare la scadenza dei termini di custodia, prevista per il prossimo 13 ottobre.

Rif: https://www.borderline24.com/2019/08/24/corruzione-la-procura-lecce-chiede-processo-tre-magistrati/

Magistrati arrestati a Trani, indagata anche la sorella di Savasta

I soldi presi, tramite l’ex marito, dall’imprenditore Flavio D’Introno. La ristrutturazione di una palestra. Il ruolo nella stangata all’imprenditore coratino Paolo Tarantini. Anche la sorella dell’ex pm Antonio Savasta, Emilia, 46 anni, è indagata nel fascicolo di Lecce sulla giustizia truccata nel Tribunale di Trani. Il pm Roberta Licci ipotizza il concorso in corruzione, insieme all’ex marito Savino Zagaria, oltre che concussione e concorso in falso ideologico e materiale insieme all’ex gip Michele Nardi e al fratello per il caso Tarantini. Un antipasto di quello che potrebbe essere il secondo filone dell’indagine.

Magistrati arrestati a Trani, dalle agende di Nardi nuove accuse ai giudici

Antonio Savasta ha tentato in tutti i modi di salvare la sorella, sostenendo che fosse «ignara delle reali ragioni delle dazioni da parte di D’Introno» e accreditando la tesi di una sua relazione sentimentale con l’imprenditore. Circostanza, quella del rapporto sentimentale, che D’Introno ha recisamente smentito nel corso dell’incidente probatorio e che la Procura di Lecce tende a ritenere non veritiera.
I carabinieri hanno ascoltato Emilia Savasta come persona informata a marzo, quando risultava già indagata da un mese: le sue dichiarazioni, pur messe a disposizione delle difese degli indagati, non saranno perciò utilizzabili. «Nel corso del rapporto con D’Introno – ha detto la donna -, dallo stesso ho ricevuto diversi regali come normalmente può accadere tra amanti in particolare ho ricevuto somme di denaro che possiamo quantificare in circa 50mila euro che sono serviti per far fronte alla separazione dal mio ex marito.

Tra l’altro il denaro è stato versato direttamente nelle mani del Zagaria che in seguito me li ha consegnati. Devo precisare che il denaro è stato utilizzato sia da me che da mio marito per far fronte alle spese di chiusura di una palestra che avevo in via Ofanto ed un lido balneare a Margherita di Savoia. Altre utilità ricevute dal D’Introno consistono nella ristrutturazione della nuova palestra denominata Its Yoga che io aprii nel 2012-2013 in via degli Ulivi a Barletta per la quale vennero impegnati non oltre 30mila euro tutti corrisposti dal D’Introno. Ricordo perfettamente un viaggio a Firenze regalatomi dal D’Introno al quale ha partecipato anche mio fratello Antonio con tutta la famiglia. Ricordo anche un viaggio in Turchia al quale ha partecipato anche Antonio con la sua famiglia».

I carabinieri hanno ascoltato anche un quarantenne di Barletta che ha raccontato di aver avuto una relazione «dal 2013 al mese di giugno-luglio 2015» con la signora Savasta, e ha messo a verbale quelle che a suo dire sarebbero state le minacce ricevute da un suo ex datore di lavoro, fatte in nome e per conto dell’ex pm, affinché lasciasse l’Italia. Fatto sta che l’uomo è effettivamente andato all’estero e il 30 dicembre 2018 «ad un anno di distanza dal mio rientro in Italia, sono stato contattato sulla mia utenza mobile dal dottor Antonio Savasta che insisteva per vedermi». L’incontro sarebbe avvenuto in un bar dove l’ex magistrato «si diceva dispiaciuto di quanto successo con sua sorella, rimarcando la sua totale estraneità alle vicende della mia rottura sentimentale con la sorella e (…) mi proponeva, se io ero interessato, di poter intercedere con l’avv. Michele Cianci di Barletta, amministratore unico della società Barsa che gestisce i rifiuti in Barletta, per una assunzione presso la citata ditta. (…) Ritengo che l’anomala proposta, che mi ha letteralmente sorpresa, fosse finalizzata ad accattivarsi la mia simpatia». L’uomo ha raccontato ai carabinieri alcune circostanze, in particolare in relazione all’ex marito della signora Savasta. «Poiché la sua presenza (di Zagaria, ndr) mi dava noia, l’ho incalzata varie volte sul punto e questa mi confessava che Zagaria Savino manteneva rapporto con l’imprenditore D’Introno per ritirare del denaro destinato ad Antonio Savasta il quale, sempre a dire della Emilia, avrebbe dovuto aggiustare dei procedimenti penali pendenti tra lo stesso D’Introno e la sua ex moglie, anche di natura fiscale».

L’uomo ha detto di non aver mai visto materialmente un passaggio di soldi, «ma posso affermare con certezza che Antonio Savasta aiutava economicamente, con il denaro “illecito” che percepiva, la mia ex Emilia Savasta».
Per quanto riguarda Zagaria, D’Introno aveva raccontato che «si è prestato a fare da corriere per la consegna del denaro a Savasta, anche in relazione ai soldi da me versati per il procedimento delle cartelle esattoriali», facendo una cresta di almeno 40.000 euro. «Il Savasta – aveva detto D’Introno – mi ha chiesto soldi per tutta la sua famiglia a partire dai lavori di ristrutturazione alla palestra compresi tutti gli attrezzi scelti da Emilia Savasta e Zagaria Savino». D’Introno ha poi raccontato di aver allestito una palestra a Corato, in alcuni locali di sua proprietà, gestita in società da Zagaria e dalla compagna avrebbe poi ottenuto l’allestimento della palestra gestita a Corato (in alcuni locali di Nardi) dalla compagna di Gianluigi Patruno, l’uomo che minacciava Antonio Savasta di rivelare le false testimonianze rese per favorire D’Introno.

rif: https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/home/1163723/magistrati-arrestati-a-trani-indagata-anche-la-sorella-di-savasta.html