“Toghe sporche”. A processo tutti e 10 gli indagati per il caso Trani

Mandati a processo i tre magistrati Nardi, Scimè e Savasta, accusati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari e falso coinvolti nella maxi inchiesta sui processi nel palazzo di giustizia di Trani. Conclusasi questa prima parte dell’inchiesta, i magistrati della Procura di Lecce sono già al lavoro  per un secondo filone delle indagini, scaturito dalle alle deposizioni e denunce di altre presunte vittime della “cupola” dei magistrati di Trani,LECCE – Si è conclusa ieri, nel tribunale del capoluogo salentino, l’udienza preliminare nei confronti di dieci imputati, fra i quale tre magistrati accusati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari e falso coinvolti nella maxi inchiesta sui processi nel Palazzo di Giustizia di Trani, che venivano manipolati in cambio di importanti di somme di tangenti. I fatti contestati fanno riferimento al periodo tra il 2014 e il 2018.

Le indagini sono state coordinate dal procuratore di LecceLeonardoLeone De Castris, e condotte dai pm Roberta Licci e Giovanni Gallone. I magistrati coinvolti nell’inchiesta sono Michele Nardi, Luigi Scimè ed Antonio Savasta che successivamente ha lasciato la magistratura.Conclusasi questa prima parte dell’inchiesta, i magistrati della Procura di Lecce sono già al lavoro  per un secondo filone delle indagini, scaturito dalle dichiarazioni dell’imprenditore Flavio D’Introno ( in una prima fase coindagato ed adesso parte offesa) ma anche grazie alle deposizioni di altre presunte vittime della “cupola” dei magistrati di Trani, i quali dopo che, a gennaio, è scoppiato lo scandalo della “malagiustizia” nel Palazzo  di Giustizia di  Trani, si sono presentati a denunciare ulteriori fatti oggetto di reato.

il Tribunale di LecceIl processo inizierà il prossimo 30 ottobre, e successivamente verranno poi fissate le successive udienze.  Hanno scelto di sottoporsi  al rito abbreviato, che consente loro uno sconto di pena,  Antonio Savasta, ex magistrato che dopo essersi dimesso, è stato il primo a collaborare con la Procura leccese, ammettendo le proprie responsabilità, il giudice Luigi Scimé, gli avvocati Giacomo Ragno e Ruggiero Sfrecola, e l’immobiliarista Luigi D’Agostino.Sono stati rinviati a giudizio dinanzi al Tribunale in composizione collegiale l’ex gip del Tribunale di Trani  Michele Nardi (successivamente  assegnato come sostituto procuratore presso la Procura di Roma, incarico che è stato sospeso dal Csm), il quale aveva annunciato delle dichiarazioni spontanee, che poi ha deciso di non rendere più, il falso testimone Gianluigi Patruno, titolare di una palestra, e l’ ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro (che si trova ancora ristretto in carcere), e dell’ ex cognato di Savasta,  Savino Zagaria .

Michele Nardi ed Antonio SavastaRigettata l’istanza di rito abbreviato condizionato ad alcuni approfondimenti istruttori, presentata dall’avvocatessa Simona Cuomo, del Foro di Bari. L’ avvocatessa ex “pupilla” dello studio legale Sisto di Bari (estraneo alla vicenda) , si è sottoposta ad un lungo interrogatorio, nel  corso del quale ha negato sfacciatamente di avere mai incontrato MicheleNardi, affermando di averlo visto per la prima volta nel corso delle udienze a Lecce.La Procura di Lecce però l’ha smentita depositando un documento prodotto in un processo per calunnia che vedeva Nardi denunciato dall’ex collega Maria Grazia Caserta venendo condannato ad 1 anno e 6 mesi , in un processo tenutosi a Catanzaro alcuni anni fa, circostanza documentale che confuterebbe la Cuomo e dimostrerebbe invece una conoscenza fra i due risalente già a diversi anni or sono.Il processo per chi non ha optato per il rito abbreviato ultimi invece il prossimo 4 novembre. Parte civile si sono costituiti la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero della Giustizia, l’Ordine degli Avvocati di Trani e alcune parti private.Sotto la lente degli investigatori numerose tangenti in denaro, persino di milioni, finalizzate a modificare l’esito dei processi o a pilotare le inchieste. Ma non solo, infatti sono emersi anche importanti tangenti elargite dall’imprenditore di Corato Flavio D’Introno, il principale accusatore nonché corruttore,  a favore di Michele Nardi, anche sotto altra forma come un orologio Rolex Daytona in oro del valore di  34.500 euro, due diamanti del valore di 27mila euro, un viaggio a Dubai costato 10mila euro, e per finire la ristrutturazione costata 130mila euro della casa romana del magistrato,  e la costruzione della sua villa a Trani per 600mila euro.Importanti tangenti da 600mila euro sono state pagate sempre dall’imprenditore D’Introno a Savasta, oltre a cene, e regali di vario genere.  Savasta e Nardi al momento dell’arresto erano in servizio presso il Tribunale di Roma, il primo come giudice ed il secondo come pubblico ministero, trasferiti in via precauzionale dal Consiglio Superiore della Magistratura.I due magistrati dovranno rispondere anche delle accusea loro carico per aver persino promesso una ricompensa in denaro all’imprenditore D’Introno, consigliandogli di non rivelare il sistema di cui aveva fatto parte, arrivando a consigliargli di fuggire all’estero in Paesi dove non sono applicabili le rogatorie italiane.Durante il corso delle indagini la Procura di Lecce ha ritenuto necessario “blindare” alcune testimonianze nel corso di un lungo incidente probatorio, nel corso del quale sono stati uditi l’imprenditore Flavio D’Introno, per il quale in virtù della sua totale collaborazione prestata agli inquirenti non è stata mai disposta alcuna misura cautelare; successivamente è stata la volta del poliziotto Vincenzo Di Chiaro, e quindi all’ex-magistrato Antonio Savasta che ha ottenuto i domiciliari dopo aver collaborato, mentre Michele Nardi e Di Chiaro dallo scorso gennaio sono sottoposti a detenzione cautelare in carcere, dove potrebbero restare ancora per un anno, grazie alla velocità con cui si è svolta l’udienza preliminare ( prima udienza lo scorso 11 settembre) che ha consentito che non scadessero i termini della custodia cautelare.Gli avvocati della difesa dei vari indagati, ora imputati,  durante l’udienza preliminare hanno battagliato persino sull’ammissibilità di alcune costituzioni di parte civile, ma il Gup del Tribunale di Lecce, dr.ssa Cinzia Vergine, non ha avuto alcun dubbio nel rigettare tutte le eccezioni difensive. Ieri la decisione finale: processo per tutti, quale che sia la strada scelta.

Rif:https://www.ilcorrieredelgiorno.it/toghe-sporche-a-processo-tutti-e-10-gli-indagati-per-il-caso-trani/

Toghe sporche: Nardi pronto a parlare sul “Sistema Trani”

Toghe sporche: Nardi pronto a parlare sul “Sistema Trani”

Sono state presentate 14 richieste di costituzioni di parte civile, tra le quali compare anche  la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Il Ministero della Giustizia, l’Ordine degli avvocati di Trani, gli imprenditori coratini Paolo Tarantini e Flavio D’Introno colui che ha dato il via con le sue dichiarazioni all’inchiesta giudiziaria condotta dalla procura di Lecce

LECCE –   Anche l’ex gip Michele Nardi , attuale pm presso la Procura di Roma (e sospeso dal Csm) ha deciso di raccontare per la prima volta la sua verità sull’inchiesta della Procura di Lecce, condotta dai pm Roberta Licci e Giovanni Gallone sul cosiddetto “sistema Trani” per il quale è sottoposto a detenzione cautelare in carcere dal gennaio scorso con l’accusa di concorso in associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari oltre che, a vario titolo, di minacce, millantato credito, estorsione e truffa aggravata insieme all’ex pm di Trani Antonio Savasta, il quale oltre ad essersi dimesso dalla magistratura ha confessato la propria corruzione ai pm della procura salentina.

Michele Nardi

É stato lo stesso Nardi ad annunciarlo dopo mesi di silenzio, nel corso dell’udienza preliminare a carico di 10 indagati davanti al Gup del Tribunale di Lecce dr.ssa Cinzia Vergine . Insieme a Nardi e Savasta è imputato anche il giudice Luigi Scimè, accusato di corruzione in atti giudiziari. Le dichiarazioni di Nardi dovrebbe avvenire nell’udienza che si terrà domani 13 settembre. Nardi e Savastafurono arrestati nel gennaio scorso insieme con l’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro.L’accusa è di avere pilotato sentenze e inchieste in cambio di mazzette quando erano in servizio a Trani.

Hanno chiesto di essere ammessi al rito abbreviato l’ex pm Antonio Savasta, (a lato nella foto) che ha ammesso le proprie responsabilità, il giudice Luigi Scimé,  gli avvocati Ruggiero Sfrecola e Giacomo Ragno, e l’immobiliarista Luigi D’Agostino. L’avvocatessa barese Simona Cuomo (attualmente sospesa dalla professione), “pupilla dello studio dell’ Avv. Francesco Paolo Sisto di Bari (estraneo alla vicenda) , ha invece preferito attendere di essere esaminata domani in udienza preliminare,  per poter quindi poi decidere se ricorrere al rito abbreviato. Fra gli imputati compare anche Gianluigi Patruno, titolare di una palestra, l’ ispettore di polizia di Corato Vincenzo Di Chiaro (anch’egli ancora detenuto cautelarmente in carcere) e l’ ex cognato di Savasta, Savino Zagaria .

Sono state presentate 14 richieste di costituzioni di parte civile, tra le quali compare anche  la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Il Ministero della Giustizia, l’Ordine degli avvocati di Trani, gli imprenditori coratini Paolo Tarantini e Flavio D’Introno (esclusivamente per le posizioni di Michele Nardi e Gianluigi Patruno).

L’imprenditore D’Introno è colui che ha dato il via con le sue dichiarazioni all’inchiesta giudiziaria, rimane indagato, ma la sua posizione é stata stralciata in altro procedimento dalla Procura di Lecce, così come quella del carabiniere Martino Marangia.

rif:https://www.ilcorrieredelgiorno.it/toghe-sporche-nardi-pronto-a-parlare-sul-sistema-trani/

Le “toghe sporche” si lavano in streaming. Va in scena il processo alle correnti

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All’Anm si presentano i 16 pm candidati a prendere il posto di Spina e Lepre al Csm: qualche nome noto, molti volti nuovi. Duro affondo di Di Matteo sulla “mafia” nel sistema

“La mia non è una candidatura calata dall’alto”, “io non ho mai ricoperto incarichi associativi”, “io sono indipendente, non appartengo a nessuna corrente”. A sentir parlare molti dei 16 candidati alle elezioni suppletive del Csmsembra che vogliano difendersi, per certi versi in via preventiva, dall’accusa di appartenere a un’associazione di magistrati. Somiglia a un processo, con tanto di accusa e difesa, con le correnti sul banco degli imputati il dibattito tra i pubblici ministeri che aspirano a prendere il posto di Luigi Spina e Antonio Lepre, due dei quanto magistrati che hanno lasciato l’organo di autogoverno delle toghe sulla scia del caso Palamara.

I 16 pm, provenienti da tutta Italia, si sono presentati ai colleghi, che hanno potuto ascoltarli in streaming, nella sede dell’Anm, al sesto piano della corte di Cassazione, a Roma. Quindici minuti a testa per parlare di programmi, dare la propria opinione sulla riforma della giustizia, raccontarsi ai colleghi. Ma più che sui programmi, tutti più o meno simili, senza differenze di rilievo, ciascuno di loro nel suo intervento si è soffermato sul ruolo del magistrato e sulle sue responsabilità, e sul peso delle correnti. Proprio su quest’ultimo tema sono emerse le divergenze tra chi le additava come il male assoluto e chi, invece, difendeva le associazioni tra toghe come luogo di confronto e di scambio di idee.

Più duro di tutti Nino Di Matteo. Il pm siciliano, oggi alla Direzione nazionale antimafia, ha lanciato accuse pesanti: “L’appartenenza a una corrente o a una cordata di magistrati è l’unico mezzo per fare carriera, ottenere incarichi, o avere tutela quando si è attaccati o isolati, e questo è un criterio molto vicino alla mentalità e al metodo mafioso”. Nessun altro è arrivato a fare questo paragone, ma la denuncia della logica spartitoria tra correnti è giunta da più parti: “Io sono procuratore aggiunto a Milano – ha detto la pm Tiziana Siciliano, che nel capoluogo lombardo si è occupata, tra l’altro,della morte di dj Fabo e del Ruby ter – ho presentato la domanda sei volte per avere questo incarico. Ogni volta mi veniva detto che sarebbe stato molto difficile ottenerlo se non fossi andata a parlare con le persone giuste, nei corridoi giusti. Non l’ho mai fatto”. Parafrasando Francesco Saverio Borrelli, ex procuratore capo di Milano morto il 21 luglio, ha concluso il suo intervento con un’esortazione ai colleghi: “Trasparenza, trasparenza, trasparenza”.

A chi, come Grazia Errede, sostituto procuratore a Bari, invitava a non demonizzare le correnti e a ricordare che la responsabilità, penale e non, è personale, ha risposto Anna Chiara Fasano, giovane pm che lavora al tribunale di Nocera Inferiore, in provincia di Salerno: “Io invece demonizzo – dice – non mi sono mai avvicinata alle correnti e credo che la responsabilità sia di tutta l’associazione intera, non solo del singolo”. Una linea simile è stata espressa da Francesco De Tommasi, sostituto procuratore a Milano: “Le correnti hanno occupato tutto, dal Csm al ministero della giustizia. Si spartiscono incarichi in maniera clientelare”, ha sostenuto.

Di sottrarre toghe e Csm al “gioco/giogo correntizio” ha parlato il candidato in quota Unicost, Francesco De Falco, sostituto procuratore di Napoli che si è occupato tra l’altro dell’inchiesta sulla paranza dei bambini. Alessandro Milita, procuratore aggiunto a Santa Maria Capua Vetere che ha lavorato, tra le altre cose, al contrasto al clan dei Casalesi e della morte di Tiziana Cantone, ha lanciato una provocazione: “Sembra che Unicost e Magistratura Indipendente (rispettivamente la corrente centrista alla quale apparteneva, prima di essere espulso, Luca Palamara, e Magistratura Indipendente, la corrente di moderati di cui facevano parte alcuni dei consiglieri che hanno lasciato il Csm, ndr) siano sparite”, ha ironizzato. E ai candidati che appartengono o sono vicini a queste due compagini ha detto: “Ditelo che siete di una corrente, altrimenti le opzioni sono due. O le correnti si sono ritirate o hanno deciso le candidature al chiuso di una riunione”. Non ha nascosto la sua appartenenza Antonio D’Amato, procuratore aggiunto di Santa Maria Capua Vetere che, però, ha precisato: “La mia candidatura non è calata dall’alto”. Alcuni candidati hanno sottolineato di non aver mai fatto attività associativa, ma di essere iscritti o di aderire ideologicamente ad Area: tra questi Paola Cameran, pm in corte d’Appello a Venezia, e Simona Maisto, sostituto a Roma. 

Candidati a uno dei posti vacanti nell’organo di autogoverno della magistratura sono anche anche Andrea Laurino, sostituto procuratore ad Ancona, Alessandro Crini, in funzione a Pisa che ha indagato sulla morte di Emanuele Scieri e Lorenzo Lerario, della corte d’Appello di Bari.

Non solo prese di distanze nei confronti dell’associazionismo: c’è chi ha rivendicato di aver fatto associazionismo, di provenire da una corrente. Tra loro ci sono Anna Canepa, storico volto di Magistratura democratica, sostituto procuratore alla Direzione nazionale antimafia, Gabriele Mazzotta, procuratore aggiunto a Firenze, anche lui tra i magistrati progressisti, e Fabrizio Vanorio, della Dda di Napoli, da anni membro di Area, il soggetto che riunisce Md e Movimento per la giustizia. “Fare associazione significa occuparsi degli altri, uscire dalla propria stanza”. Una rivendicazione, questa, che esorta a salvare il buono delle correnti. Ora o mai più. Perché, come più di un candidato ha avvertito, alla luce dello scandalo Palamara, alla magistratura dopo le elezioni suppletive del Csm non sarà data una seconda chance per risollevare la sua credibilità.

rif:https://www.huffingtonpost.it/entry/le-toghe-sporche-si-lavano-in-streaming_it_5d7e5042e4b077dcbd5fface

Toghe sporche, L’Espresso: “Lotti ha ammesso ai pm di aver chiesto all’Eni carte da usare contro pm Ielo”. Ma l’ex ministro: “Non è vero”

Toghe sporche, L’Espresso: “Lotti ha ammesso ai pm di aver chiesto all’Eni carte da usare contro pm Ielo”. Ma l’ex ministro: “Non è vero”

L’ex ministro Pd Luca Lotti è stato interrogato dai magistrati milanesi all’inizio dell’estate e, secondo quanto rivelato da l’Espresso in un articolo che uscirà domenica in edicola, avrebbe ammesso l’esistenza di un tentativo di “complotto” contro il procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo. Che però l’ex ministro nega con forza annunciando azioni legali.

L’Espresso: “Chiesti documenti da usare contro Ielo” – “L’ex renziano è stato sentito a inizio estate dai magistrati della Procura di Milano in veste di testimone – scrive l’Espresso – E ha ammesso di aver chiesto all’Eni documenti riservati da usare contro la toga romana“. Secondo il settimanale “il deputato Pd tira in ballo Palamara e il collega Ferri, ma discolpa il manager Descalzi e l’azienda: alla fine da loro non ho ottenuto nulla”. Luca Palamara, è il pm di Roma, già presidente dell’Anm ed esponente di Unicost, indagato a Perugia per corruzione che aspirava a diventare aggiunto a Roma, mentre Cosimo Ferri, anche lui indagato nella città umbra per rivelazione di segreto, è deputato del Pd e in passato esponente di un’altra corrente ovvero. Magistratura indipendente. 

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Lotti convocato come teste dai pm di Milano – I pm Laura Pedio e Paolo Storari, coordinati dall’aggiunto Fabio De Pasquale, hanno convocato Lotti come teste per “chiarimenti su alcune frasi ritenute rilevanti dai colleghi di Perugia”. La notizia che stesse indagando anche a Milano è stata diffusa il 20 giugno scorso. La procura umbra ha trasmesso alcune intercettazioni dell’inchiesta in cui è coinvolto Luca Palamara, ovvero dialoghi tra Lotti e lo stesso ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati che è indagato per corruzione. Nelle conversazioni l’ex ministro dice di aver avuto dall’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi alcune carte sul fratello del procuratore aggiunto di Roma, Paolo Ielo. Proprio Ielo è il magistrato che ha chiesto il rinvio a giudizio del braccio destro di Matteo Renzi per favoreggiamento, nell’ambito dell’inchiesta sulla Consip. Il 14 giugno, Lotti si è autosospeso dal Partito democratico in seguito allo scandalo sollevato dall’inchiesta nomine. 

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Documenti chiesti ma non ottenuti da Eni – L’ex ministro dello Sport non avrebbe potuto negare le parole intercettate grazie al trojan nel cellulare di Palamara e ha messo a verbale di aver ricevuto dall’ex presidente dell’Anm, e da Ferri il suggerimento di cercare attraverso il gruppo petrolifero documenti che potessero mettere in difficoltà l’avvocato Domenico Ielo per poterli utilizzare contro il fratello Paolo. Lotti, però, ha contemporaneamente dichiarato di aver cercato i contratti del fratello di Ielo, ma invano. Escludendo di fatto l’Eni da questa partita di veleni deflagrata con il caso delle nomine del Csm. A chi indaga risulta un contatto da Lotti e top manager, Claudio Grana (estraneo all’inchiesta). Ma da quel fronte nulla è arrivato.

Vale la pena ricordare che Paolo Ielo, procuratore aggiunto a Roma ha prima indagato e poi chiesto, a fine 2018, il rinvio a giudizio di Lotti per favoreggiamento in merito alla fuga di notizie sul Caso Consip, e che aveva dato il via all’inchiesta contro Palamara e l’imprenditore Fabrizio Centofanti, finita poi a Perugia per competenza. 

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Lotti: “Falso, fuga di notizia. Tutelerò la mia reputazione” – Lotti nega di aver parlato del complotto: “Sono stato sentito dai magistrati come persona informata sui fatti. Al di là del fatto che quell’interrogatorio è stato sottoposto a segreto istruttorio, leggo alcune anticipazioni giornalistiche che, per quanto reso pubblico finora, non corrispondono alla verità. È falso che io abbia confermato l’esistenza di un complotto contro il Procuratore aggiunto dottor Paolo Ielo e non corrisponde al vero che io abbia chiesto all’Eni documenti riservati. Al di là del pieno rispetto del diritto di cronaca – continua Lotti – ho dato mandato ai miei legali affinché vengano chiariti i dettagli di questa ennesima fuga di notizie e perché dopo la pubblicazione di notizie false, venga tutela la mia reputazione”.

Rif:https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/09/27/toghe-sporche-lespresso-lotti-ha-ammesso-ai-pm-di-aver-chiesto-alleni-documenti-riservati-da-usare-contro-il-pm-ielo/5482922/

Magistrati arrestati: «A Trani altri casi di indagini truccate», interrogato D’Introno

L’ipotesi è che altre persone siano finite nelle grinfie della cricca delle indagini truccate nel Tribunale di Trani. E che, di conseguenza, ci siano altri casi di sentenze svendute. L’inchiesta della Procura di Lecce, che lunedì ha già portato a processo dieci persone, va avanti con ulteriori approfondimenti. Giovedì l’imprenditore Flavio D’Introno, l’uomo che con i suoi racconti ha fatto scattare a gennaio l’arresto dell’ex gip Michele Nardi e dell’ex pm Antonio Savasta, è tornato a parlare: un interrogatorio fiume davanti alla pm Roberta Licci per rispondere su ulteriori circostanze. 

Rif: https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/bat/1174037/magistrati-arrestati-a-trani-altri-casi-di-indagini-truccate-interrogato-d-introno.html

Caos procure, Criscuoli si dimette da consigliere del Csm.

Criscuoli, togato di MI, era tornato il 9 settembre al lavoro a Palazzo dei Marescialli, dopo un periodo di autosospensione nell’ambito dell’inchiesta della procura di Perugia sul tentativo di condizionamento delle nomine dei vertici di alcuni degli uffici giudiziari

Il Vice Presidente del Csm David Ermini ha ricevuto stasera la lettera del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con la quale sono state trasmesse le dimissioni del consigliere Paolo Criscuoli da componente del Consiglio superiore. Il Capo dello Stato ha ravvisato nella lettera di dimissioni presentata da Criscuoli senso di responsabilità e rispetto delle istituzioni. Criscuoli, togato di MI, era tornato pochi giorni fa, il 9 settembre, al lavoro a Palazzo dei Marescialli, dopo un periodo di autosospensione. Si era autosospeso dall’incarico il 4 giugno scorso, dopo essere stato tirato in ballo nell’inchiesta della Procura di Perugia sul tentativo di condizionamento delle nomine dei vertici di alcuni degli uffici giudiziari più importanti d’Italia, in cui tra gli altri, è indagato per corruzione l’ex consigliere del Csm, Luca Palamara. Oggi le dimissioni. – See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Caos-procure-Criscuoli-si-dimette-da-consigliere-del-Csm-Mattarella-dice-atto-di-responsabilita-3fa69652-1c29-4606-9a26-05ef61eb6e12.html

Caos Csm, salgono a 5 i membri che lasciano. Si dimette Criscuoli

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Il vicepresidente del Csm, David Ermini, ha ricevuto ieri sera la lettera del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con la quale sono state trasmesse le dimissioni del consigliere Paolo Criscuoli da componente del Consiglio superiore della Magistratura. Il capo dello Stato – si legge in una nota – ha ravvisato nella lettera di dimissioni presentata […]

Rif:https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/09/19/caos-csm-salgono-a-5-i-membri-che-lasciano-si-dimette-criscuoli/5462424/

Caos procure, Criscuoli si dimette dal Csm

Caos procure, Criscuoli si dimette dal Csm

Il Vice Presidente del Csm David Ermini ha ricevuto stasera la lettera del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con la quale sono state trasmesse le dimissioni del consigliere Paolo Criscuoli da componente del Consiglio superiore. Il Capo dello Stato ha ravvisato nella lettera di dimissioni presentata da Criscuoli senso di responsabilità e rispetto delle istituzioni.

“Con profondo rammarico comunico che ho rassegnato direttamente nelle mani del presidente della Repubblica le mie dimissioni quale componente del Consiglio Superiore della Magistratura, chiedendo contestualmente il collocamento in ruolo” scrive il togato Paolo Criscuoli, che stasera ha comunicato le sue dimissioni dal Consiglio Superiore della Magistratura, in una lettera aperta agli iscritti dell’Anm.

Rif: https://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/2019/09/18/caos-procure-criscuoli-dimette-dal-csm_yS4DHsnLzhglo64n6irBPO.html

I dinosauri del Sinedrio della magistratura non si arrendono

Domenica mattina, presso la sede dell’Associazione nazionale magistrati, in vista delle elezioni suppletive dei due nuovi togati che dovranno essere eletti al Consiglio superiore della magistratura dopo le dimissioni di Luigi Spina (Unicost) e Antonio Lepre (Mi) susseguite agli scandali emersi nell’inchiesta di Perugia sull’ex presidente dell’Anm Luca Palamara (accusato di corruzione), si sono tenute le audizioni dei sedici magistrati candidati consiglieri. Ognuno di loro ha presentato la propria “visione” su quelli che dovrebbero essere i compiti dell’organo superiore della magistratura, ma anche evidenziando ciò che fin qui non è stato fatto. Tra questi vi era anche il sostituto procuratore nazionale antimafia, Nino Di MatteoNel suo discorso di quindici minuti vi sono idee di rinnovamento, pensieri, spunti ma anche analisi critiche su un sistema che, purtroppo, ha presentato evidenti degenerazioni rispetto al ruolo sancito dalla Costituzione. 
E proprio quelle critiche, per aspetti diversi, sono andate di traverso ad alcuni magistrati, politici ed ex membri del Csm stesso. 
Ieri abbiamo letto dalle agenzie di stampa assurde lamentele, ipocrite giustificazioni e considerazioni sbilenche negli interventi del deputato di Forza Italia Pierantonio Zanettin (ex membro laico del Csm), di Mariarosaria Guglielmi, Segretaria generale di Magistratura democratica e dell’ex magistrato ed ex senatore, Antonio Di Pietro
Ma quale è stata la “pietra dello scandalo?
La denuncia, da parte di Di Matteo, sulla degenerazione del correntismo “laddove l’appartenenza a correnti o cordate è diventata l’unica possibilità di sviluppo di carriera e di tutela in momenti di difficoltà e di pericolo. E questo è un criterio molto vicino alla mentalità e al metodo mafioso“. Una denuncia che era inserita all’interno di un discorso più ampio dove si evidenziavano anche altre criticità come la “burocratizzazione legata ad una logica perversa delle carte a posto dei numeri e delle statistiche; la gerarchizzazione degli uffici; il collateralismo politico che si manifesta nel privilegiare scelte di opportunità piuttosto che di doverosità“. 
Di Pietro, invitato a commentare su Radio Cusano Campus la considerazione sulla correnti della magistratura, ha affermato: “Non facciamo di tutta l’erba un fascio. In tutte le categorie degli esseri umani possono esserci delle mele marce, ma buttare via tutto il cesto mi pare una semplificazione troppo azzardata. Non vorrei che per combattere questo tipo di lobby si faccia un’altra lobby uguale e contraria. Vanno modificate le modalità di composizione del CSM, io sono per il sorteggio“.
In primo luogo ci chiediamo se l’ex magistrato ha sentito o letto l’intero intervento di Di Matteo, perché a ben vedere neanche lo stesso pm di punta del processo trattativa Stato-mafia ha fatto di tutta l’erba un fascio. 
Poi invitiamo a riflettere sulla reale necessità del sorteggio come soluzione ai mali che si sono manifestati. Sappiamo perfettamente che non è l’unico a ritenere valida una tale soluzione, seppur con qualche accorgimento, anche tra i membri della stessa corrente che sostiene Di Matteo nella corsa al Csm.
Da semplici cronisti che si occupano ormai da diversi anni di cronaca giudiziaria riteniamo abbastanza illogico, se non addirittura assurdo, relegare il destino, o il futuro di un magistrato alla “dea bendata”. 
Di fronte ad una Costituzione che legittima il magistrato nel prendere una decisione sul futuro di tanti cittadini, che può condannare all’ergastolo o a svariati anni di carcere, che può decidere su confische e sequestri di beni (e di errori in questo campo non sono mancati, ndr), se togliere la potestà ai genitori su un figlio sancendone l’affidamento, è ridicolo che non si abbia il discernimento per eleggere i propri membri senza accettare raccomandazioni, giochi di carriera, o episodi di corruzione, ma semplicemente scegliendo valutando nel merito i vari candidati. 
Le carriere di ogni magistrato testimoniano il reale valore e la reale capacità. Anche perché chi entra al Csm avrà poi il compito di valutare a sua volta, con il medesimo criterio, le candidature per dirigere i vari Uffici di Procura, valutando anche ogni singola richiesta di avanzamento di carriera. 
Oggi in una nota anche AreaDG è intervenuta sulle parole di Di Matteo (“C’è chi è arrivato ad equiparare il consenso elettorale a quello mafioso. Ne siamo colpiti. Da magistrati sappiamo che evocare a sproposito la criminalità organizzata significa minimizzarne la gravità“). Ma chi ha ascoltato interamente l’intervento del sostituto procuratore nazionale può rendersi conto che non c’è stata alcuna minimizzazione della criminalità organizzata, né l’evocazione è stata spropositata. 
Ben più gravi le parole della segretaria generale di Magistratura democratica, Mariarosaria Guglielmi. A suo dire “le dichiarazioni, ampiamente riportate dalla stampa, del dottor Di Matteo su correnti in magistratura e ‘metodi mafiosi’ rischiano di proporre di fatto all’opinione pubblica una inaccettabile equiparazione fra la scelta di appartenenza dei singoli magistrati ai gruppi associativi dell’Anm e l’affiliazione ad organizzazioni criminali mafiose“. E poi ancora: “Dichiarazioni generiche ‘ad effetto’, che nulla hanno a che vedere con la critica argomentata e con l’adoperarsi in concreto per combattere le degenerazioni correntizie sono destinate solo a produrre gravissimo sconcerto fra i cittadini e la pubblica opinione, lasciando aperti inquietanti interrogativi sul livello etico di una magistratura che si muoverebbe al suo interno con logiche mafiose“. 
La Gugliemi ha detto che Md è “sempre stata consapevole della necessità di vigilanza critica ed autocritica sui rischi di degenerazione verso logiche di mera appartenenza” ma dimentica la storia. Ci sono fatti che non possono essere dimenticati a prescindere dal dato che vi sono stati, e vi sono ancora oggi, magistrati validi e fortemente impegnati nella lotta contro mafia e corruzione, che aderiscono a questa corrente. 
Altri membri, purtroppo, non hanno mai chiesto scusa per quanto avvenne nel 1988. Quando Caponnetto lasciò l’incarico del Pool antimafia per ragioni di salute e per raggiunti limiti di età, alla sua sostituzione vennero candidati Falcone e Antonino Meli. Il 19 gennaio, dopo una discussa votazione, il Consiglio Superiore della Magistratura nominò Meli. E proprio Magistratura Democratica, con l’eccezione di Gian Carlo Caselli che votò a favore di Falcone, votò a favore di Meli.
E tempo dopo, quando Falcone accettò l’incarico al ministro di Grazia e Giustizia che fu proposto da Martelli, sempre altri membri di Magistratura dissero che Falcone si era “venduto al potere politico“. Noi non dimentichiamo. 
Così come non possiamo scordare le parole di Paolo Borsellino dette presso la Biblioteca Comunale, dopo la strage di Capaci. “Nel gennaio del 1988 – disse quella sera di giugno – quando Falcone, solo per continuare il suo lavoro, il Consiglio superiore della magistratura con motivazioni risibili gli preferì il consigliere Antonino Meli. (…) Si aprì la corsa alla successione all’ufficio istruzione al tribunale di Palermo. Falcone concorse, qualche Giuda si impegnò subito a prenderlo in giro, e il giorno del mio compleanno il Consiglio superiore della magistratura ci fece questo regalo: preferì Antonino Meli”. 
Il Csm di allora, complice anche Md, ostacolò e umiliò all’inverosimile la carriera di Giovanni Falcone, così come fece ogni qualvolta bocciò la sua candidatura ad incarichi superiori. 
Le correnti, dunque, hanno sempre condotto scambi e trattative, partecipando a giochi di potere ed intessendo stretti legami con la stessa politica. 
Evidentemente è da questi fatti storici, a cui si aggiunge quanto emerge dall’inchiesta di Perugia, che Di Matteo ha tratto spunto per le sue considerazioni. 
Considerazioni che non sono affatto estreme. La Gugliemi dovrebbe prendere atto che già da tempo i cittadini hanno perso fiducia nella magistratura, non certo per le dure parole espresse dal dottor Di Matteo
I cittadini sono delusi dalle invidie, dalle gelosie, dall’assenza di verità e giustizia, e dalle logiche di opportunismo che la magistratura (fortunatamente non tutta) spesso conduce e manifesta.
Ben vengano candidati, da qualsiasi parte, che, con la forza delle idee, mostrano la volontà di riformare un organo che negli ultimi anni ha vestito i panni di un Sinedrio e che in passato, isolando e delegittimando magistrati come Falcone e Borsellino, ha di fatto condannato a morte i propri martiri della giustizia. 
Siano considerati quegli allarmi e quegli appelli per una riforma profonda del Csm da parte di tanti magistrati e consiglieri togati come Piercamillo Davigo e Sebastiano Ardita.
Infine abbiamo letto le dichiarazioni del deputato di Forza Italia, Zanettin. Addirittura ha presentato un’interrogazione al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, per “valutare la sussistenza dei presupposti per l’esercizio di iniziative di carattere disciplinare nei confronti del dott. Di Matteo“. Nell’interrogazione “svela” anche il “diktat” politico nel momento in cui afferma di reputare “la mafia un fenomeno del nostro paese troppo serio e troppo tragico, che non dovrebbe essere evocato a sproposito, soprattutto a fini elettorali“. Forse è per questo che il tema mafia scompare sempre ad ogni campagna elettorale?
Probabilmente non ci si poteva aspettare altro da un politico che evidentemente non prova vergogna ad essere membro di quel partito che è stato fondato da un condannato a sette anni in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa (Marcello Dell’Utri) e che ha come leader un soggetto come Silvio Berlusconi che, lo dicono le sentenze, versava nelle casse di Cosa nostra ingenti somme di denaro. Questione di gusti.
Ma forse Zanettin interviene anche da ex membro laico del Csm. Più volte in questo giornale abbiamo ricordato gli errori e gli orrori del Consiglio superiore della magistratura. E in diverse occasioni abbiamo espresso la nostra idea di riforma del Csm, fin qui nefasto ed obsoleto.
Una riforma costituzionale che preveda l’abolizione dei membri laici provenienti dal parlamento e designi i togati con una valutazione meritocratica, anziché seguendo le logiche delle correnti. Correnti che a loro volta andrebbero abolite in quanto rinsaldano il legame tra politica e magistrato. Se non si avrà il coraggio di effettuare un cambiamento simile ad essere a rischio non sarà solo l’autonomia e l’indipendenza ma anche la libertà dei cittadini. Nella consapevolezza che solo una magistratura sganciata dalla politica potrà essere veramente vigile e terza rispetto ad un potere che mira solo ai propri interessi e che non vuole verità e giustizia.

rif:http://www.antimafiaduemila.com/rubriche/giorgio-bongiovanni/75777-i-dinosauri-del-sinedrio-della-magistratura-non-si-arrendono.html

«Sistema Trani», magistrati arrestati: l’ex pm Nardi rinviato a giudizio

Insieme a Nardi sono stati rinviati a giudizio l’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro, Gianluigi Patruno, titolare di una palestra, e Savino Zagaria, ex cognato dell’ex pm Antonio Savasta

Il gup di Lecce Cinzia Vergine ha disposto il rinvio a giudizio per Michele Nardi, l’ex gip di Trani accusato di essere a capo, promotore e organizzatore di un’associazione per delinquere con altri magistrati che truccava i processi al Tribunale di Trani.

Contrariamente a quanto era stato annunciato, Nardi non ha rilasciato alcuna dichiarazione spontanea ritenendo sufficiente quanto dichiarato nella scorsa udienza dall’avvocatessa barese Simona Cuomo che ha detto di non aver mai avuto rapporti diretti con lui ma solo con Savasta e di essere diventata avvocato quando Nardi nel febbraio 2006 aveva già lasciato il palazzo di giustizia di Trani, trasferito a Roma.

Insieme a Nardi sono stati rinviati a giudizio l’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro, Gianluigi Patruno, titolare di una palestra, e Savino Zagaria, ex cognato dell’ex pm Antonio Savasta.

Nardi, Savasta (che si è dimesso dalla magistratura e ha collaborato con gli inquirenti) e l’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro sono accusati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari e falso commessi tra il 2014 e il 2018 per aver pilotato, in cambio di mazzette, indagini istruite dalla Procura di Trani. 

Il processo si aprirà il prossimo 4 novembre davanti ai giudici della II sezione penale del Tribunale di Lecce.

In virtù del rinvio a giudizio la custodia cautelare per Nardi, prossima alla scadenza, è stata ulteriormente prorogata di altri sei mesi. 

L’ex pm Antonio Savasta, il giudice Luigi Scimè, l’immobiliarista Luigi D’Agostino, gli avvocati Giacomo Ragno e Ruggero Sfrecola, saranno giudicati con rito abbreviato. Per loro la prima udienza davanti al gup Cinzia Vergine è stata fissata per il prossimo 30 ottobre.

Rif:https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/home/1172964/sistema-trani-magistrati-arrestati-ex-pm-nardi-rinviato-a-giudizio.html