“Pressioni per diventare procuratore”, Capo Procuratore Mescolini rischia di dover lasciare Reggio

REGGIO EMILIA – Il procuratore di Reggio Emilia, Marco Mescolini, rischia di dover lasciare il suo ufficio per “incompatibilità ambientale”. Il procedimento disciplinare avviato dalla Prima commissione del Consiglio superiore della magistratura è uno strascico del “caso Palamara”, ex consigliere del Csm, ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, e uomo forte di Unicost, accusato di corruzione per aver pilotato le nomine degli incarchi di vertice della magistratura.


La Commissione del Csm ha aperto la procedura di trasferimento d’ufficio per incompatibilità. A far finire nei guai il magistrato il pressing per essere nominato procuratore di Reggio emerso dalle chat contenute nel cellulare di Luca Palamara. Agli atti della Commissione ci sono le chat tra Mescolini e Palamara allora capogruppo di Unicost al Csm. Al procuratore di Reggio Emilia, noto per aver rappresentato l’accusa nel processo Aemilia quando era pm a Bologna, verrebbe anche contestata la gestione della procura, messa in discussione dall’esposto di alcuni sostituti – già ascoltati dalla Prima Commissione – per la scarsa circolazione interna delle notizie sull’attività dell’ufficio. Il magistrato sarà sentito nei prossimi giorni. Interpellato sul punto, ha preferito non fare commenti.

Rif: https://bologna.repubblica.it/cronaca/2020/12/09/news/mescolini-277685403/

Viterbo – Caso Palamara, azione disciplinare a carico del procuratore Paolo Auriemma – Gerardo Sabeone

L’atto di accusa della procura generale: “Avrebbe brigato per favorire la carriera di suo cugino Gerardo Sabeone per evitare altre figuracce in ambito familiare”

ROMA – Dopo l’espulsione del pm Luca Palamara dalla magistratura, e dopo l’apertura di un processo disciplinare a carico di alcuni (ex) consiglieri togati del Csm, la procura generale della Cassazione accelera le valutazioni su tutti quei magistrati che hanno avuto contatti ‘sensibili’ con Palamara. Tra i 27 nomi iscritti nella relazione finale della disciplinare è inserito anche quello di Paolo Auriemma (nella foto con Luca Palamara e Marco Mancinetti) capo della Procura di Viterbo.

Il trojan inoculato nel cellulare di Palamara nell’ambito di un’inchiesta per corruzione sull’allora
magistrato inquirente ha consentito di catturare numerose conversazioni, avvenute via chat, sui
delicati temi delle nomine o su altri aspetti della vita della magistratura, come le promozioni
all’interno degli UCI giudiziari. Dialoghi ritenuti dalla procura generale della Cassazione
inopportuni e contrari al codice etico che regola le azioni di giudici e pm. In particolare sono 27 le
posizioni ‘isolate’ dalla procura generale e nei confronti delle quali è stata avviata l’azione
disciplinare.

La circostanza è stata resa nota dal pg della Cassazione Giovanni Salvi parlando al plenum del Csm nella giornata di martedì 17 novembre.

Alcuni dei 27 magistrati cui Salvi ha fatto riferimento sono già noti e in diverse circostanze il
processo disciplinare è già incardinato.

Secondo la procura generale della Cassazione il CSM diventava un vero e proprio laboratorio di macchinazioni.

Paolo Auriemma, procuratore a Viterbo, sarebbe arrivato a “Interloquire con Palamara e a esprimere il proprio assenso o dissenso sulle pratiche del CSM in grado di avere ripercussioni sulla sua campagna elettorale” per il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa.

Insomma, Palazzo dei Marescialli sarebbe servito per vincere altre partite.

Ma non solo: in un messaggio del 1 luglio 2018 Auriemma “segnalava a Palamara che suo cugino Gerardo Sabeone venisse proposto”, addirittura all’unanimità, “presidente di sezione della corte di Cassazione (nomina poi avvenuta) onde evitare altre figuracce con i familiari”.

Piegando perfino i vertici della magistratura a vanità personali.

Rif: https://etrurianews.it/2020/11/19/viterbo-caso-palamara-azione-disciplinare-a-carico-del-procuratore-paolo-auriemma/

Il giudice corrotto del Tribunale di Catanzaro condannato a 4 anni e 4 mesi e a pagare 300mila euro. E’ già libero

Il Gup di Salerno, Vincenzo Pellegrino, ha condannato il giudice, attualmente sospeso, della Corte d’Appello di Catanzaro, Marco Petrini, a 4 anni e 4 mesi di reclusione. Condannati a 3 anni e 2 mesi Emilio Santoro, detto Mario, ex dirigente dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza; e a un anno e 8 mesi di reclusione l’avvocato Francesco Saraco. I tre imputati erano accusati di varie ipotesi di corruzione in atti giudiziari. Petrini è stato anche interdetto dai pubblici uffici per la durata di 3 anni e 6 mesi, Emilio Santoro per 3 anni e Saraco per un anno e 6 mesi.

Petrini – ex presidente della seconda sezione della Corte d’appello di Catanzaro e della Commissione tributaria – era accusato di avere accettato offerte di denaro, doni e sesso in cambio dell’interessamento su processi penali e tributari. Dopo l’arresto, nel gennaio 2020, Petrini ammise di avere ricevuto denaro in cambio di favori nelle sentenze e fece i nomi di vari complici nel sistema di corruzione: tra cui avvocati e commercialisti.

Le ‘mazzette’ variavano dai 500 ai 2mila euro, ma in un caso si arrivò a 30mila euro: è la somma che Petrini avrebbe intascato “per la causa di Antonio Saraco”, figura di primo piano del cartello ’ndranghetista Gallace-Gallelli-Saraco, con l’obiettivo di “ammorbidire il procedimento penale” già in appello. Erano i primi mesi del 2019.

L’allora presidente della Corte d’Appello di Catanzaro, per quella somma doveva influenzare la sentenza che erano prossimi a pronunciare i tre colleghi che componevano la Corte d’Appello al processo “Itaca Free Boat”: imputati erano Antonio Saraco e Vincenzo Gallelli, che in primo grado erano stati condannati rispettivamente a 10 e 16 anni. Petrini doveva riuscire a fare ottenere l’assoluzione a Saraco e la riduzione a 6 anni a Gallelli. Fallì: i due ebbero confermata la sentenza.

Oggi la condanna per i tre imputati, per due dei quali, Petrini e Santoro, il Gup, ritenuto che le esigenze cautelari siano venute meno, ha revocato le misure cautelari ordinando l’immediata rimessione in libertà dei due imputati.

Petrini è stato inoltre condannato a risarcire al ministero della Giustizia la somma di 311.500 euro. Stessa cifra dovrà pagare Emilio Santoro. Saraco, che ha avuto la pena sospesa, deve pagare 260mila euro.

Il Tribunale ha ordinato la confisca per equivalente delle somme ritrovate in contanti ai tre imputati. Petrini è condannato a risarcire la Presidenza del Consiglio dei ministri e del ministero della Giustizia, da liquidarsi in sede civile.

Rif: https://www.lecodelsud.it/il-giudice-corrotto-del-tribunale-di-catanzaro-condannato-a-4-anni-e-4-mesi-e-a-pagare-300mila-euro-e-gia-libero

Corruzione a Massa Carrara, agli arresti un sindaco e un giudice

Strutture destinate ai minorenni disagiati formalmente in regola ma di fatto in sovrannumero. Le case di accoglienza, che si trovano nella provincia di Massa Carrara, venivano gestite da una serie di cooperative collegate a tre imprenditori, che sono finiti agli arresti domiciliari assieme a chi aveva l’obbligo di controllare. È un vero e proprio terremoto giudiziario quello che sta scuotendo la vita politica e sociale di queste zone. I carabinieri del Nucleo investigativo, coordinati dalla magistratura di Massa, hanno infatti messo ai domiciliari una decina di persone. Le accuse sono a vario titolo corruzione e traffico di influenze. In cambio di alcuni benefici – secondo gli inquirenti – gli imprenditori potevano continuare a gestire strutture considerate non a norma: politici e controllori istituzionali avrebbero ricevuto posti di lavoro per amici e parenti nella case di accoglienze gestite dai vertici delle cooperative. L’inchiesta è nata in base ad esposti di ex dipendenti delle strutture stesse. I carabinieri stanno perquisendo le strutture ma anche gli uffici di alcuni comuni della provincia di Massa Carrara. 
Il gip parla di collaudato sistema che oltre a creare una commistione tra controllore e controllato permette ai dirigenti della cooperativa Serimper di ottenere innumerevoli vantaggi. Agli ospiti delle case di accoglienza, per gli inquirenti, sarebbe stato somministrato cibo di scarsa qualità e in alcuni casi i minori avrebbero dormito in giacigli di fortuna. Chi tra di loro non si piegava alle condizioni veniva «contenuto». La cooperativa Serinper, un vero e proprio colosso che lavora con oltre 40 Comuni, nel 2011 ha dichiarato ricavi per 200 mila euro che nel 2017 sono saliti a quasi 2,8 milioni di euro. Ai domiciliari sono finiti Paola Giusti, responsabile centro affidi minori del Comune di Massa, Rosanna Vallelonga, responsabile della commissione multidisciplinare Asl e direttrice della società della Salute della Lunigiana, che in cambio di assunzioni di suoi amici non avrebbe programmato i controlli ispettivi nelle case di accoglienza di Aulla e Villafranca. Domiciliari anche per il sindaco Filippo Bellesi che avrebbe concesso un’autorizzazione in deroga per una struttura con «gravi carenze strutturali» in cambio di assunzioni. Anche Mauro Marcelli, responsabile dell’ufficio Suap dei Comuni della Lunigiana all’epoca dei fatti, avrebbe autorizzato tra l’altro l’attività di una casa di accoglienza ad Aulla. Rosa Russo è invece è il giudice onorario del tribunale dei minori di Firenze: è accusata di aver «violato in modo sistematico e continuativo i doveri del proprio ufficio riferendo ai dirigenti della cooperativa l’esistenza di attività investigative nei loro confronti» e non avrebbe comunicato ipotetiche notizie di reato nei loro confronti apprese nell’ambito del suo lavoro. Alessio Zoppi, Tamara Pucciarelli e Enrico Benassi sono i dirigenti della cooperativa accusati di corruzione e di traffico di influenze. Stefano Benedetti, presidente del consiglio comunale di Massa, indagato, avrebbe assicurato un appoggio politico alla Serinper facendo pressioni su una dirigente del Comune di Montignoso che invece aveva notato delle criticità in una struttura e, su richiesta di Enrico Benassi, si sarebbe attivato per organizzare un incontro tra i vertici della cooperativa e il sindaco di Massa, che risulta estraneo alle indagini. Anche il consigliere comunale di Montignoso Marino Petracci, ex segretario del Pd di Massa, è indagato: gli inquirenti lo indicano come l’uomo che, in cambio dell’assunzione di una parente, avrebbe aiutato la cooperativa per alcune contestazioni mosse dalla Regione Toscana. Agli atti anche un episodio che vede protagonista il sindaco di Montignoso Gianni Lorenzetti che ha ritardato i controlli di un abuso edilizio commesso secondo l’accusa dai dirigenti della cooperativa: è indagato per omessa denuncia e favoreggiamento.

Rif: https://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/cronaca/20_dicembre_07/corruzione-massa-carrara-arresti-sindaco-giudice-bb2c0034-3869-11eb-ac83-ca6d7dd8ded9.shtml

Corruzione, maxi operazione in provincia di Massa Carrara. Coinvolto anche Giudice

Sito Ufficiale della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Massa

Terremoto nelle istituzioni locali: le accuse alle otto persone arrestate

Massa Carrara, 7 dicembre 2020 – E’ scattata all’alba una maxi operazione dei carabinieri in provincia di Massa Carrara. L’operazione è coordinata dalla procura di Massa. Corruzione è una delle principali accuse per gestori di cooperative e alcuni rappresentanti pubblici. Risultano ai domiciliari il sindaco di Villafranca in Lunigiana Filippo Bellesi e Rosa Russo, giudice onorario presso il Tribunale dei Minori di Firenze.

Sono indagati il presidente del consiglio comunale di Massa Stefano Benedetti e il sindaco di Montignoso Gianni Lorenzetti. Secondo le accuse della procura avrebbero favorito una cooperativa che opera nel campo dell’accoglienza di minori e famiglie disagiate, la Serinper. Avrebbero dato dei vantaggi indebiti alla comunità. In cambio i vertici della comunità avrebbero in vario modo favorito le istituzioni, in particolare con l’assunzione in cooperativa di persone “segnalate”. 

La Serinper gestisce in provincia di Massa Carrara diverse strutture. Sulla Serinper gli amministratori pubblici, secondo le ipotesi di reato, avrebbero chiuso un occhio. E così la cooperativa avrebbe inserito nelle strutture più minori di quanti poteva contenerne. Le condizioni dei ragazzi, dicono i carabinieri, erano al limite tra pasti scadenti, letti ricavati in giacigli di fortuna e punizioni anche corporali

rif: https://www.lanazione.it/massa-carrara/cronaca/corruzione-maxi-operazione-in-provincia-di-massa-carrara-coinvolti-anche-sindaci-1.5790312

Concluse le indagini sul giudice Rana

Undici indagati, ma il primo, e il più roboante dell’elenco è Umberto Rana, giudice, già presidente della sezione fallimentare del tribunale di Perugia. Le indagini su di lui, effettuate dai pm della procura di Firenze, si sono concluse. Corruzione in atti giudiziari, in concorso, e abuso d’ufficio, le ipotesi di reato contestate a Rana, il magistrato, accompagnato con un altro magistrato, Manuela Comodi, che “salvò” una collega aggredita da una persona destinataria di un’esecuziona immobiliare. Ma quella storia non c’entra. C’entra invece un altro scandalo che ha investito il tribunale perugino: quello dell’ex procuratore aggiunto Antonella Duchini, pure lei finita sotto la lente d’ingrandimento dei colleghi di Firenze per la gestione delle sue inchieste. Si parte da una richiesta di fallimento, quello della “Gold“ di Franco e Giuseppe Colaiacovo. Di cosa è accusato Rana? Nove gli episodi, tra il 2018 e il 2019, in cui, secondo l’accusa, avrebbe ricevuto utilità in cambio di consulenze agli amici. Si va da buoni acquisto da spendere nelle boutique Donati e De Sanctis, a favori personali e professionali; la denuncia dei redditi gratis o l’utilizzo di una macchina. I principali ’sponsor’ del giudice Rana, sempre secondo le accuse, sarebbero stati i professionisti Francesco Mitridate, Patrizio Caponeri e Corrado Maggesi, che in virtù del rapporto col presidente della sezione fallimentare, si sarebbero garantiti il lavoro. 22 nomine in collegi fallimentari per Maggesi, 31 per per Caponeri, 23 per Mitridate. Incarichi anche per Andrea Ceccarelli, amico della coppia Rana-Comodi, ritenuto dai pm fiorentini, Luca Turco e Leopoldo De Gregorio, “incompatibile” a far il commissario giudiziale nel fascicolo “Falcinelli costruzioni”. Caso fotocopia quello di un altro amico di Rana, Roberto De Bernardis, curatore della procedura fallimentare della “Mobili Palazzo srl”, Andrea Pedatta, commissario del concordato preventivo della “Azzurra srl” e della “Alessandretti Legnami”. Infine, per il caso Colaiacovo, con Rana sono indagati per abuso d’ufficio Pier Francesco Valdina e Patrizio Caponeri, inizialmente professionisti incaricati da Giuseppe Colaiacovo di presentare il ricorso per l’ammissione al concordato, e Andrea Nasini: il giudice li avrebbe “suggeriti” all’imprenditore per il buon esito del suo procedimento. Infine, Fabio Dominici e Alessio Mancini, commissari giudiziali del fallimento Colaiacovo, sono accusati di aver compiuto atti contrari al loro incarico, per procurarsi ulteriori compensi. L’inchiesta nacque dalla denuncia di un commercialista: il giudice confessandogli di trovarsi in difficoltà economiche, gli avrebbe proposto incarichi in cambio di soldi.

Rif:https://www.lanazione.it/umbria/cronaca/concluse-le-indagini-sul-giudice-rana-1.5706553

Perugia, corruzione e fallimenti: indagato giudice e altri dieci

Terrore in tribunale. Umberto Rana, il giudice-eroe. "Ha strappato alla  morte la collega" - Cronaca

La procura di Firenze chiude le indagini: a Rana contestato anche falso ideologico e abuso d’ufficio

Corruzione, falso ideologico e abuso d’ufficio. Queste le contestazioni formulate a carico del giudice Umberto Rana dalla procura di Firenze che ha notificato al magistrato e ad altri dieci l’avviso di conclusioni indagini per fatti risalenti al 2018 e 2019. La notizia è stata riportata da alcuni giornali.

Corruzione e presunte utilità In particolare al centro del fascicolo, titolari il procuratore aggiunto Luca Turco e il sostituto Leopoldo De Gregorio, ci sono presunte utilità che Rana avrebbe ricevuto da parte di alcuni professionisti, si tratta degli indagati Corrado Maggesi, Patrizio Caponeri e Francesco Mitridate, con cui secondo gli inquirenti «aveva un rapporto professionale continuativo nello svolgimento del proprio ruolo di presidente del collegio fallimentare» del tribunale di Perugia, oltreché «una assidua frequentazione». Nel mirino sono quindi finiti buoni acquisto da alcune centinaia di euro da spendere in negozi di abbigliamento; prestazioni professionali tra cui quella per lavori eseguiti nella propria abitazione; e anche promesse per «l’interessamento circa il buon esito della procedura di copertura del posto di procuratore aggiunto a Perugia di Manuela Comodi» (non indagata).

Falso ideologico In base all’avviso di conclusione indagini, poi, sono cinque le nomine per altrettanti curatori fallimentari e commissari concordatari contestate dagli inquirenti di Firenze che addebitano a Rana, conosciuto alle cronache come il giudice eroe per essere intervenuto nel tentato omicidio di una collega nel settembre 2017 all’interno del tribunale di Perugia, il falso ideologico in concorso con i professionisti incaricati. Secondo la procura di Firenze i professionisti avrebbero «attestato falsamente l’insussistenza di cause di incompatibilità dichiarando in particolare di non avere rapporti di assidua frequentazione con magistrati addetti all’ufficio giudiziario», mentre il giudice «partecipava alla nomina degli stessi pur essendo – sostengono i magistrati – pienamente consapevole dell’incompatibilità».

Abuso d’ufficio A carico di Rana viene ipotizzato anche l’abuso d’ufficio in concorso per la vicenda del concordato della Franco Colaiacovo Gold, indicata come parte offesa insieme a Giuseppe Colaiacovo: il magistrato è accusato di «aver anticipato di fatto la decisione dell’organo giudicante, avendo comunicato i nomi dei commissari giudiziali» ai professionisti Pier Francesco Valdina e Caponeri incaricati da Colaiacovo di procedere al ricorso per l’ammissione al concordato preventivo. Secondo la ricostruzione della procura di Firenze in questo modo Rana avrebbe procurato «un ingiusto vantaggio patrimoniale permettendo a Valdina e Caponeri di prospettare all’imprenditore l’accoglimento del ricorso solo nel caso egli avesse incaricato alcuni professionisti».

Gli undici indagati Oltre a Rana, Caponeri, Maggesi, Mitridate, Maggesi, sono indagati a vario titolo anche Andrea Ceccarelli, Roberto De Bernardis, Andrea Pedetta, Fabio Dominici, Alessio Mancini e Andrea Nasini, che è il presidente dell’Ordine dei commercialisti di Perugia. Tutti con i propri avvocati respingono le accuse e sono pronti a dimostrare la correttezza del proprio operato.

Rif: https://www.umbria24.it/cronaca/perugia-corruzione-e-fallimenti-indagato-giudice-e-altri-dieci