Palermo, ex giudice Silvana Saguto condannata per corruzione

L’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, che nel corso del processo è stata radiata dalla magistratura, avrebbe gestito illecitamente le nomine degli amministratori giudiziari dei beni sequestrati e confiscati alla mafia scegliendo solo professionisti a lei fedelissimi

Silvana Saguto, ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, è stata condannata dalla Corte d’Appello di Caltanissetta a 8 anni e 10 mesi. L’ex magistrata è accusata di corruzione, concussione e abuso d’ufficio. L’ex giudice, che nel corso del processo è stata radiata dalla magistratura, avrebbe gestito illecitamente le nomine degli amministratori giudiziari dei beni sequestrati e confiscati alla mafia scegliendo solo professionisti a lei fedelissimi. In cambio avrebbe ricevuto da loro favori e regali.

Le altre condanne

La sentenza conferma sostanzialmente, con lievi modifiche, quella di primo grado. Nel processo erano imputati a vario titolo anche personaggi ritenuti appartenenti al “cerchio magico” dell’ex presidente. Tra loro l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, considerato il “re” degli amministratori giudiziari, che è stato condannato a 7 anni e 7 mesi, il marito dell’ex giudice, l’ingegnere Lorenzo Caramma, condannato, come in primo grado, a 6 anni e due mesi, il figlio di Silvana Saguto, Emanuele Caramma, condannato a 4 mesi. Confermata la pena di 3 anni per l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo e per il professore della Kore di Enna ed ex amministratore giudiziario Carmelo Provenzano, che in primo grado aveva avuto 6 anni e 10 mesi. Condannati anche a un anno e 4 mesi Walter Virga, figlio del giudice Tommaso Virga, processato separatamente e assolto col rito abbreviato, messo alla guida, questa la tesi dei pm, dell’impero sequestrato agli imprenditori Rappa, senza avere alcuna esperienza. A 4 anni e 2 mesi è stato condannato l’amministratore giudiziario Roberto Santangelo, a 2 e 8 mesi il tenente colonnello della Guardia di finanza Rosolino Nasca, a un anno e dieci mesi il preside della facoltà di Giurisprudenza di Enna Roberto Di Maria. Condanne a 2 anni e 8 mesi per Maria Ingrao, la moglie di Provenzano e Calogera Manta, la cognata.

Rif: https://tg24.sky.it/palermo/2022/07/20/silvana-saguto-sentenza





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Quando il corrotto è il magistrato

«Il magistrato che si fa corrompere dovrebbe essere giudicato per tradimento, perché il danno per l’istituzione giudiziaria è inestimabile».

Nella Giornata Internazionale contro la corruzione che ricorre oggi puntiamo i riflettori sui casi di corruzione all’interno della magistratura, sempre più all’ordine del giorno e prima causa della sfiducia dei cittadini nei confronti dell’intera categoria.

Ad eccezione del Palazzo di Giustizia di Foggia, in tutta la Puglia non vi è un foro che non sia stato colpito da un’ indagine.

Tribunale Bari. ANM: individuare unica sede per uffici penali |  Associazione Nazionale Magistrati

Imputati informati sui procedimenti penali, ritardi nei depositi, processi falsati, scarcerazioni improvvise in cambio di mazzette, regali, prestazioni sessuali. L’ultimo scandalo è emerso a giugno 2021 e ha visto la condanna dell’ex gip Antonio Savasta e il pm Emilio Arnesano. Colpiti da misure cautelari anche l’ex Procuratore di Taranto Carlo Maria Capristo, il giudice civile Gianmarco Galliano e l’Ex gip di Bari Giuseppe De Benedictis“Ricavare il più rilevante profitto possibile” era il motto dell’ex pm di Trani Michele Nardi, condannato a più di sedici anni per associazione a delinquere.

La legge è uguale per tutti ed anche i magistrati che commettono reati devono affrontare i tre gradi di giudizio, oltre alla pronuncia dello stesso Consiglio Superiore della Magistratura che decide, prima della sentenza definitiva, se lasciare il soggetto in carica, trasferirlo, sospenderlo o radiarlo definitivamente.

Discredito dell’amministrazione giudiziaria

Le bufere giudiziarie con protagonisti magistrati coinvolgono sempre più fori e sezioni interne, nessuna esclusa.

Avvengono ovunque, anche nel tribunale dove i giudici Falcone e Borsellino hanno sancito il cambiamento della storia d’Italia, pagato con la propria vita.

A due passi dall’aula bunker, l’ex giudice e presidente della sezione misure di prevenzione Silavana Saguto, per anni simbolo dell’antimafia palermitana, e non solo, si gestiva i beni confiscati alle cosche compiendo affari illeciti.

Truffa e falso, chiesti 5 anni per l'ex giudice Saguto - Live Sicilia

Radiata e condannata, secondo le carte della sentenza, la Saguto avrebbe messo in atto una “grave distorsione – per tempi, modalità e protrazione delle condotte – delle funzioni giudiziarie da avere arrecato, oltre che danni patrimoniali ingentissimi all’erario e alle amministrazioni giudiziarie, anche un discredito gravissimo all’amministrazione della giustizia”. Intanto, la sua storia è stata raccontata anche da una docuserie Netflix e nonostante le sentenze, l’ex giudice continua a proclamarsi innocente.

Risposte tardive

Dati alla mano, nello scorso anno sono state avviate 81 azioni disciplinari nei confronti di 79 magistrati, di cui il 43% pm e il 57% giudici, ma il problema che emerge da questo fenomeno è che non sempre il CSM, il Ministero della Giustizia e il Procuratore Generale offrono una risposta adeguata e in tempi brevi.

Questo porta a una costante perdita di credibilità della magistratura creando un danno irreparabile per tutti i professionisti del settore che lavorano bene. Una risposta tardiva da parte delle istituzioni è una mancanza anche nei confronti di tutti coloro che sono morti in nome della giustizia.

Rif: https://www.blmagazine.it/quando-il-corrotto-e-il-magistrato/

Corruzione, condannata a otto anni e sei mesi l’ex giudice Saguto

PALERMO – L‘ex presidente della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo, Silvana Saguto, è stata condannata a otto anni e sei mesi di carcere al processo di Caltanissetta sulla gestione dei beni confiscati alla mafia. L’ex magistrato, secondo l’accusa, sarebbe stata al centro di un sistema corrotto che avrebbe gestito in maniera illecita i beni sequestrati a Cosa nostra. Il dispositivo della sentenza è stato appena pronunciato nell’aula bunker di Caltanissetta. Per Saguto i pubblici ministeri Maurizio Bonaccorso e Claudia Pasciuti avevano chiesto 15 anni e quattro mesiCondannato anche l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, amministratore giudiziario, a sette anni e mezzo.

rif:https://www.dire.it/28-10-2020/521973-corruzione-condannata-a-otto-anni-e-sei-mesi-lex-giudice-saguto/

Terremoto al processo Saguto: “Procederemo per falsa testimonianza contro altri magistrati”

inita questa requisitoria trasmetteremo gli atti perché si proceda per falsa testimonianza nei confronti di una serie di magistrati, avvocati, amministratori giudiziari, coadiutori e alcuni di coloro che hanno fatto da testimoni in questo processo. Lo ha detto il Pm Maurizio Bonaccorso, nel corso della requisitoria del processo al cosiddetto “Sistema Saguto”, l’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermoaccusato di una gestione disinvolta nella nomina degli amministratori dei beni confiscati.

L’accusa, sostenuta in aula anche dal Pm Claudia Pasciutti, ha preannunciato la richiesta alla fine della requisitoria di pene molto severe – ha detto Bonaccorso -, non esemplari perché le pene esemplari non fanno parte della nostra cultura giuridica, ma adeguate alla gravità dei reati contestati”.

Tremano dunque gli amici del cosiddetto “cerchio magico” della Saguto, radiata definitivamente dalla magistratura.

Durissimo l’affondo del pm Bonaccorso: “Questo è stato definito erroneamente il processo all’antimafia ma è solo il processo a carico di alcuni pubblici ufficiali che hanno tradito la loro funzione pubblica per interessi privati”. Comincia così la requisitoria all’aula Bunker di Caltanissetta. “Dobbiamo riconoscere che gli imputati hanno svolto un ruolo di contrasto nella lotta alla mafia – ha aggiunto Bonaccorso – ma aver fatto l’antimafia non dava una sorta di ‘licenza di uccidere’, una ‘licenza a delinquere’. Non si può consentire di mortificare la funzione di magistrato con attività predatorie”. E ancora: “Non credano gli indiziati di mafia che hanno avuto i beni confiscati, di rifarsi una verginità con questo processo, non ci sarà alcuna riabilitazione per loro”.

Saguto e Cannizzo

Quindici gli imputati nel processo. Sotto accusa, oltre a Silvana Saguto, ci sono il padre, Vittorio Saguto, il marito Lorenzo Caramma e il figlio Emanuele, gli amministratori giudiziari Gaetano Cappellano Seminara, Walter Virga, Aulo Gigante e Nicola Santangelo, il colonnello della Dia Rosolino Nasca, i docenti universitari Roberto Di Maria e Carmelo Provenzano, la moglie e la collaboratrice di Provenzano, Maria Ingrao e Calogera Manta, l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo, l’ex giudice della sezione misure di prevenzione Lorenzo Chiaramonte. Gli imputati sono accusati di aver gestito in maniera disinvolta i beni confiscati alla mafia.

L’AUTODIFESA DELLA SAGUTO: “Mai contatti con Virga”

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“Vorrei partire dalle modifiche dei capi di imputazione. Non c’è una conversazione, una frase, o un rapporto con il dottore Tommaso Virga. L’ho incontrato rare volte andando a messa e neanche mi ricordavo il nome tanto che lo chiamavo Antonio. Quindi quale potrebbe essere l’interesse di nominare il figlio?”. Lo ha detto questa mattina Silvana Saguto, nel corso dell’udienza all’aula bunker di Caltanissetta.

Ho portato la famosa agendina – ha continuato Saguto – di cui tanto si è parlato. Non l’ho prodotta soltanto per evitare ulteriori gossip. Sono tutte le persone che mi annotavo come persone di fiducia, brave, che già si erano occupate di attività simili. Ma Tommaso Virga non mi ha manifestato questa intenzione. L’unica cosa che mi ha manifestato è stato che ci ha pregato di toglierlo. L’unica volta in cui ho parlato con Tommaso Virga di suo figlio è quando mi ha detto per favore fatelo dimettere. Io lo definisco un ragazzino da niente perché non ha retto l’impatto mediatico che tutti gli altri avevamo retto”. Il processo ha avuto inizio il 22 gennaio del 2018, le udienze previste per le discussioni proseguiranno fino ad aprile.

“CON RAPPA NON C’ENTRO NULLA”

“Io di Rappa ho saputo soltanto da Fabio Licata che aveva avuto una lettera di encomio da parte della concessionaria che avevano aumentato le vendite. E basta. Io con Rappa non c’entro nulla. Ha aggiunto Silvana Saguto, rendendo dichiarazioni spontanee. Vincenzo Corrado Rappa, nipote dello storico costruttore palermitano a cui è stato sequestrato e poi parzialmente restituito un patrimonio milionario, nel processo si è costituito parte civile contro Walter Virga. “Più volte – ha continuato Saguto – ho avuto contestato di essere stata l’artefice di provvedimenti. I provvedimenti giudiziari si fanno in tre. Non avevo degli sprovveduti accanto. Tutte le persone che portavano un curriculum avevo interesse a nominarli considerato che li vagliavamo in tre? Io motivavo i decreti, erano corposi”.

“DA PARTE MIA MASSIMA DILIGENZA”

Silvana Saguto-Le Iene

“Io ho dato tutto quello che ho potuto e ho gestito con il massimo della diligenza possibile. Gli errori sono sempre possibili”. Silvana Saguto, ex presidente della sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo, protagonista principale del processo sul cosiddetto Sistema Saguto, ha concluso con queste parole le sue dichiarazioni spontanee rese stamane nel corso dell’udienza all’aula bunker di Caltanissetta.
“Mi è capitato una volta di nominare un perito nuovo: un ragazzo – ha ricordato -, che stando a quanto mi era stato detto quella perizia non la sapeva fare. E quindi informalmente ho incaricato un’altra persona. Quello che noi guardavamo era il buon andamento generale e comunque nel massimo della trasparenza. I miei provvedimenti sono tutti motivati. Quella che non motivava mai era la dottoressa Claudia Rosini. Quelli sì erano quasi monocratici. Anche se la Rosini si erge e dice di mostrarsi dispiaciuta del lavoro che svolgevamo, il marito aveva tre incarichi. E’ rimasto fino a quando io me ne sono andata”.

“SONO INNOCENTE, LA PROVA È LA MIA AGENDA”

“L’accusa sostiene che con questa agenda blu io voglio sostenere che sono tutti colpevoli, io invece l’ho esibita per provare che sono innocente”. Così ha proseguito la Saguto in aula, riferendosi all’agenda nella quale l’ex giudice, radiato dalla magistratura, ha conservato i bigliettini da visita di colleghi che le avevano segnalato i nomi di persone da nominare come amministratori giudiziari.

L’imputata non ha ritenuto di dovere consegnare l’agenda, come invece ha sollecitato il Pm Maurizio Bonaccorso, protagonista di un acceso diverbio con il difensore della Saguto.

Rif: https://www.ilsicilia.it/terremoto-al-processo-saguto-procederemo-per-falsa-testimonianza-contro-altri-magistrati/

Processo Saguto, indagati due avvocati: “Avrebbero istigato testimoni a mentire”

Mafia: Cassazione conferma, giudice Saguto via da magistratura

La Procura di Caltanissetta ha notificato l’avviso di conclusione indagini nei confronti di cinque persone – tra cui due avvocati – nell’ambito del processo a Silvana Saguto. Si tratta degli avvocati Liborio Paolo Pastorello e Antonio Maria Falzone, dei testimoni Roberto Pagano e Alessandro Bonanno e dell’amministratore giudiziario Carmelo Provenzano. Secondo la ricostruzione dell’accusa – sopportata da alcune intercettazioni – i due avvocati avrebbero istigato i testimoni a dichiarare il falso.

Rif:https://www.grandangoloagrigento.it/giudiziaria/processo-saguto-indagati-due-avvocati-avrebbero-istigato-testimoni-a-mentire

Accusato di mafia assolto dopo 12 anni, “Ci hanno preso tutto”

Accusato di mafia assolto dopo 12 anni, “Ci hanno preso tutto”
Giudice Saguto a processo per corruzione

Pubblichiamo, in collaborazione con Nessuno tocchi Caino, la sesta di un ciclo di storie sulle vittime delle misure interdittive e di prevenzione antimafia.

Luglio 2008, ho 15 anni. Apprendo da un quotidiano acquistato all’edicola che mio padre è un mafioso, vedo la sua faccia stampata su quella pagina di giornale. Mi faccio prendere dal panico e gli telefono: lui mi rassicura, mi dice che è tutto falso e di stare tranquillo perché si tratta soltanto di un errore. In quegli stessi giorni, i giornali in Umbria titolavano: «Arrestato Paolo Faraone, Ministro della mafia in Umbria. Sequestrati beni per 2.500.000 euro». Anche qualche telegiornale diede la notizia.

Secondo l’accusa, il boss di Palermo Lo Piccolo aveva fornito le referenze di mio padre alla famiglia mafiosa dei Madonia per riciclare capitali illeciti nel sito umbro. In realtà mio padre a Terni aveva rilevato un ristorante con il ricavato della vendita di alcune proprietà e con i prestiti bancari. Insomma, tutto tracciabile, nulla a che vedere con ipotesi di intestazioni fittizie. Tant’è che lo stesso Tribunale di Terni ritenne che le indagini erano a tal punto sommarie da non poter formulare alcun capo d’accusa. Ai tempi ci sembrò che fosse tutto finito, ma ci sbagliammo.

I magistrati di Palermo, per gli stessi fatti, avviarono un altro processo penale e sequestrarono tutti i beni della mia famiglia. Il sequestro fu poi revocato dal Tribunale del Riesame che lo ritenne di origine lecita. Anche questa volta, ci illudemmo che tutto fosse finito, ma ci sbagliammo nuovamente. Lo stesso patrimonio appena dissequestrato venne risequestrato dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, allora presieduta da Silvana Saguto, la stessa che qualche anno dopo sarebbe stata radiata dalla Magistratura perché accusata di reati gravissimi che vanno dall’associazione a delinquere alla truffa, passando per il peculato e l’abuso d’ufficio.

Dalle “motivazioni” di quel provvedimento emergeva che mio padre, da ministro della mafia in Umbria, era stato “declassato” a prestanome di un certo Lo Cricchio. A questo punto mio padre viene stretto nella morsa micidiale di due processi: il processo penale e quello delle misure di prevenzione. Il primo si è concluso con un nulla di fatto perché i giudici, dopo anni e anni, si sono accorti che i fatti erano avvenuti in un distretto diverso da quello di Palermo. Il secondo si è definito con l’applicazione della confisca di tutto il patrimonio e della sorveglianza speciale per due anni. Il tutto da innocente. Da quando è cominciata questa maledetta vicenda, la vita della mia famiglia è cambiata bruscamente e irrimediabilmente. Il sequestro ha reso impossibile a mio padre anche pagare per un buon avvocato. Si è ritrovato senza reddito, senza lavoro, senza casa. Un padre che, nonostante la distanza geografica che lo separava dai suoi due primi figli, me e mia sorella Flavia, riusciva a tornare giù a Palermo ogni fine settimana o quasi; un padre che garantiva economicamente per i suoi tre figli, ora non più in grado di poter garantire nemmeno sé stesso. Mia sorella è stata costretta ad abbandonare la sua passione, la danza; abbiamo perso la casa; le volte in cui io e mia sorella riuscivamo a spendere del tempo con nostro padre e nostro fratello più piccolo Gabriele si ridusse prepotentemente.

La sensazione di essere vittima dello Stato – o meglio, di chi dice di rappresentarlo – è difficile da descrivere. Ci si sente traditi, perché ci si vede attaccati da chi dovrebbe difendere te, i tuoi diritti; ci si sente schiacciati, perché non è possibile difendersi dal sospetto. A lungo mi sono chiesto se la valanga che ci ha travolto fosse stata innescata da un errore giudiziario, uno di quelli che in una democrazia, seppur atrocemente, possono capitare perché l’uomo non è infallibile. La cattiva sorte che ci è capitata è la stessa di quella che ha colpito tanti imprenditori per bene le cui aziende sono state abbattute sotto i colpi di un sistema criminale para-legale che ha distrutto il tessuto economico siciliano. Persino tra i miei amici, ce ne sono alcuni che sono stati costretti a emigrare negliUsa per lavorare e vivere. Ma si può davvero spiegare un esproprio su così vasta scala col cattivo operato di qualche giudice che avrebbe creato un’associazione a delinquere per arricchirsi sulle spalle della gente?

Le reali cause vanno ricercate più a monte, esattamente in una legge radicalmente incostituzionale che permette di distruggere la vita di intere famiglie sulla base di semplici sospetti. Mi è stato spiegato che nella maggioranza dei casi a subire le misure di prevenzione sono persone che non hanno commesso alcun reato. Anche se un cittadino riesce a smentire le accuse più infamanti subirà comunque la confisca.
Devo ammettere che all’inizio non riuscivo a credere che nella “civilissima” Italia potessero esistere leggi tipiche dell’inquisizione ma alla fine la forza dei fatti mi ha costretto a ricredermi. Siamo di fronte alla negazione stessa dello Stato di Diritto! Il paradosso è che, all’ombra dell’antimafia, si è radicata una sorta di “dirigismo giudiziario dell’economia” che contende a ciò che resta della mafia vera il monopolio dell’oppressione del popolo siciliano. Una macchina infernale che garantisce vere e proprie posizioni di rendita a tutti coloro che gravitano attorno al mondo delle amministrazioni giudiziarie. Non occorre essere giuristi per capire che alla base delle diverse opinioni riguardo alle misure di prevenzione vi è una scelta di campo di tipo culturale.

Da un lato c’è chi ritiene che una persona che non ha mai subito una condanna sia un innocente; dall’altro c’è chi l’accusa di essere un colpevole sfuggito alle maglie troppo larghe della giustizia penale. La seconda opzione, purtroppo, raccoglie molto consenso nella popolazione, in alcuni settori della Magistraturae sui media. È per questo che le misure di prevenzione sono considerate uno strumento “efficiente” e “indispensabile” nella lotta alla mafia: un congegno raffinato per rimediare ai processi penali troppo garantisti e agli errori dei giudici che non hanno condannato.

Mio padre non è mai stato condannato per mafia, in compenso è stato punito e distrutto da una misura di prevenzione antimafia. Prevenire è stato peggio che reprimere. Oggi, dopo dodici lunghi anni, la mia famiglia è ancora sommersa nella palude delle conseguenze dell’infame attacco giudiziario che abbiamo subito. Nonostante i danni economici, esistenziali e sociali, non ci siamo arresi e stiamo cercando di ottenere giustizia. A fianco di Nessuno tocchi Caino ci battiamo affinché la lotta alla mafia non sia un pretesto per sopraffare gli inermi cittadini.
Colpire degli innocenti, semplicemente, non è lotta alla mafia e una legge che lo consente non è una buona legge. Bisogna reagire a questa deriva autoritaria chiamata impropriamente “prevenzione antimafia” per difendere la dignità inviolabile dell’uomo, il diritto al lavoro e la libertà di impresa.

rif: https://www.ilriformista.it/accusato-di-mafia-assolto-dopo-12-anni-ci-hanno-preso-tutto-152185/

Corruzione. Caso Saguto, chiesti 15 anni e 10 mesi per ex giudice

“Nell’arco temporale in cui è stata presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, non c’è stato un giorno in cui non ha compito almeno un illecito disciplinare”, aveva sottolineato il pg di Cassazione Mario Fresa. Chieste condanne anche per il marito e il figlio

Una condanna a 15 anni e dieci mesi. Questa la richiesta di pena avanzata dalla Procura di Caltanissetta nei confronti dell’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, Silvana Saguto, accusata di essere al centro di un sistema corrotto che avrebbe gestito in maniera illecita i beni sequestrati alla mafia. Per il marito di Saguto, Lorenzo Caramma, i magistrati nisseni hanno chiesto nove anni e dieci mesi, mentre per il figlio, Lorenzo Caramma, sei mesi. Una richiesta di pena a 12 anni e tre mesi è stata formulata per l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, amministratore giudiziario. Per gli altri amministratori giudiziari, Walter Virga e Nicola Santangelo, richiesti rispettivamente due e dieci anni e undici mesi di reclusione, mentre per il docente universitario Carmelo Provenzano l’accusa ha chiesto undici anni e dieci mesi. Per un altro docente universitario, Roberto Di Maria, l’accusa ha chiesto quattro anni e quattro mesi, mentre per Maria Ingrao cinque anni. Tra gli imputati anche Calogera Manta, per cui i pm hanno chiesto quattro anni e sei mesi, e il colonnello della Dia Rosolino Nasca: per quest’ultimo la Procura di Caltanissetta ha formulato una richiesta di pena pari a otto anni e un mese. Nell’elenco degli imputati anche l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo: per lei sono stati chiesti sei anni. La richiesta di pena per l’ex giudice della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, Lorenzo Chiaramonte, è stata di due anni e mezzo. I pm, infine, hanno chiesto l’assoluzione per Vittorio Saguto, padre di Silvana, e per Aulo Gigante. Il ‘sistema Saguto’, i tentacoli sui beni sequestrati “Un sistema perverso e tentacolare creato dalla dottoressa Saguto che ha sfruttato e mortificato il suo ruolo di magistrato”. Parole durissime pronunciate in avvio di requisitoria, lo scorso gennaio, dalla procura di Caltanissetta che oggi ha chiesto una pesante condanna – 15 anni e 10 mesi – per l’ex presidente della Sezione misure di prevenzione dei tribunale di Palermo, Silvana Saguto. Dure le richieste anche per i coimputati. “Do ut des”, fuori dalla magistratura Il 29 marzo del 2018 era stata radiata dalla magistratura su decisione della sezione disciplinare del Csm, che aveva inflitto la massima sanzione, quella della rimozione dall’ordine giudiziario. “Sono di “un’immensa gravità” le “condotte quotidiane” di Silvana Saguto: “Nell’arco temporale in cui è stata presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, non c’è stato un giorno in cui non ha compito almeno un illecito disciplinare”, aveva sottolineato il pg di Cassazione Mario Fresa, “ha violato i doveri di correttezza, diligenza, riserbo ed equilibrio: la giustizia è stata soffocata da interessi personali che sono stati l’unica spinta motrice, in una perversa logica di ‘do ut des'”. La sezione misure di prevenzione “era – ha detto Fresa – un ufficio di collocamento per incarichi d’oro”. Modello familistico e clientelare  Magistrati, amministratori giudiziari, professionisti. Tutti tasselli di un vasto e consolidato “sistema”, che ha dato corpo a un “modello criminoso, familistico e clientelare di gestione”, come l’aveva definito la Procura di Caltanissetta quando il 20 ottobre 2016 dispose il sequestro di beni per circa 900 mila euro a carico di Silvana Saguto e di alcuni amministratori giudiziari. Allora si chiuse in modo clamoroso e quasi paradossale il primo cerchio di questa complessa indagine: un sequestro di beni a chi gestiva la macchina delle confische. Saguto, il marito Lorenzo Caramma, l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, ex re degli amministratori giudiziari, furono i primi tre nomi inseriti nell’avviso di conclusione delle indagini per reati che vanno dall’associazione per delinquere, alla corruzione all’abuso d’ufficio, passando per il falso, la truffa e il peculato. Settantanove i capi di imputazione. Colletti neri Il gruppo di magistrati, avvocati, amministratori giudiziari e investigatori avrebbe gestito in maniera privatistica e con una serie di favoritismi i beni sequestrati e confiscati a  Palermo, citta’ in cui si registra il numero massimo in Italia di questo tipo di provvedimenti. Sono stati redatti, avevano spiegato i magistrati, oltre centotrenta verbali di assunzioni di informazioni da persone informate sui fatti; compiute decine di mirate acquisizioni documentali, presso diversi uffici giudiziari siciliani, presso le università di Palermo e di Enna, presso la prefettura di Palermo e il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia. La “margherita” del giudice Analizzati gli atti di oltre cinquanta procedure di prevenzione, spesso con i relativi provvedimenti di liquidazione, secondo, hanno spiegato i magistrati, “un andamento a spirale e un metodo di riscontri progressivi tra esiti delle attività di intercettazione, analisi della documentazione acquisita ed esame delle persone informate sui fatti che ha consentito di tessere strettamente insieme gli elementi raccolti, di farli dialogare con ordine, di dare corpo al ‘sistema'”. Come descritto da un amministratore giudiziario – persona lesa del delitto di concussione, Silvana Saguto “intratteneva rapporti esclusivi con le persone che le interessavano”, secondo un modulo “a margherita, ossia senza vi fosse alcuna interferenza tra i rapporti che facevano capo a lei”, rapporti che la vedevano al centro, e da cui si dipartivano “petali” e “raggi”, non comunicanti tra loro, rappresentati da professionisti, amministratori giudiziari, colleghi, cancellieri, ufficiali di polizia giudiziaria, rappresentanti del mondo universitario e giornalisti, “dai quali traeva vantaggi e utilità di varia natura”. Gli indagati “erano riusciti a strutturare l’attività della Sezione Misure di prevenzione e la gestione dei patrimoni in sequestro secondo modelli organizzativi criminosi, e a creare un sistema di arricchimento illecito improntato a criteri familistici e clientelari”.

Rif: https://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/corruzione-caso-saguto-chiesti-15-anni-e-10-mesi-per-ex-giudice-ad41098f-2ed4-4415-8e75-0178e5cf1e71.html

Saguto, si aggrava la posizione dell’ex magistrato. Arriva l’accusa di concussione

Il pm di Caltanisetta Maurizio Bonaccorso chiederà l’assoluzione di Aulo Gigante, amministratore giudiziario delle imprese Niceta, tra gli imputati del processo sul “Sistema Saguto” . Lo ha annunciato oggi in aula lo stesso magistrati. Al contrario si aggrava la posizione di Silvana Saguto, ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, protagonista principale del caso giudiziario. Per il capo di imputazione che riguardava Gigante, accusato di corruzione in concorso, la contestazione, per l’ex presidente, passa da corruzione a concussione. Il giudice avrebbe costretto il legale a fare un incarico.

L’episodio nasce da un’intercettazione ambientale effettuata nell’ufficio del magistrato. Dalla conversazione si evinceva che l’imputata aveva invitato l’avvocato Gigante, che si occupava dell’amministrazione del gruppo imprenditoriale Niceta, a  sostituire un collaboratore con un altro da lei suggerito. La sostituzione, però, non fu mai fatta.

Gigante, difeso dagli avvocati Giacomo Butera e Enrico Tignini, è stato rinviato a giudizio per corruzione.  Dal processo, però, è emerso che l’ex amministratore si limitò a raccogliere l’indicazione del magistrato senza darvi seguito. Per questo il pm ha annunciato che chiederà l’assoluzione di Gigante, mentre la Saguto si trova ora a rispondere, per questo episodio, di concussione anziché di corruzione. Il processo proseguirà il 9 gennaio. A metà gennaio comincerà la requisitoria del pm.

rif:https://palermo.repubblica.it/cronaca/2019/12/11/news/saguto_si_aggrava_la_posizione_dell_ex_magistrato_arriva_l_accusa_di_concussione-243203222/

Silvana Saguto si aggrava posizione ex magistrato, spunta ipotesi concussione

Il Pm di Caltanisetta Maurizio Bonaccorso chiederà l’assoluzione di Aulo Gigante, amministratore giudiziario delle imprese Niceta, tra gli imputati del processo sul cosiddetto “Sistema Saguto” .

Lo ha annunciato oggi in aula lo stesso pubblico ministero. Al contrario si aggrava la posizione di Silvana Saguto, ex presidente della sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo, protagonista principale del caso giudiziario.

Per il capo di imputazione che riguardava Gigante, accusato di corruzione in concorso, la contestazione, per l’ex presidente, passa da corruzione a concussione.

Il processo ruota attorno alla gestione delle nomine di amministratori giudiziari di beni sequestrati e confiscati alla mafia: Saguto, ora radiata dalla magistratura, secondo gli inquirenti, avrebbe dato gli incarichi solo a suoi fedelissimi.

In cambio avrebbe ricevuto favori e regali. L’episodio che riguarda la Saguto e l’ex amministratore giudiziario Gigante nasce da una intercettazione ambientale effettuata nell’ufficio del magistrato.

Dalla conversazione si evinceva che l’imputata aveva invitato l’avvocato Gigante, che si occupava dell’amministrazione del gruppo imprenditoriale Niceta, a sostituire un collaboratore con un altro da lei suggerito.

La sostituzione, però, non fu mai fatta. Gigante, difeso dagli avvocati Giacomo Butera e Enrico Tignini, è stato rinviato a giudizio per corruzione.

Dal processo, però, è emerso che l’ex amministratore si limitò a raccogliere l’ indicazione del magistrato senza darvi seguito.

Per questo il pm ha annunciato che chiederà l’assoluzione di Gigante, mentre la Saguto si trova ora a rispondere, per questo episodio, di concussione anziché di corruzione. Il processo proseguirà il 9 gennaio. A metà gennaio comincerà la requisitoria del pm.

rif:https://www.blogsicilia.it/palermo/silvana-saguto-si-aggrava-posizione-ex-magistrato-spunta-ipotesi-concussione/509155/

Cassazione respinge il ricorso: Silvana Saguto radiata dalla magistratura

Silvana Saguto è definitivamente fuori dalla magistratura. La Corte di Cassazione ha confermato la sanzione disciplinare della rimozione per l’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, a processo a Caltanissetta con l’accusa di aver gestito illecitamente le procedure di designazione degli amministratori giudiziari dei beni sequestrati e confiscati alla mafia.

Con la sentenza depositata oggi, la Suprema Corte ha ritenuto in parte “inammissibile” e in parte “infondato” il ricorso presentato dal giudice e accolto in parte quello del ministero della Giustizia, che ha presentato un reclamo, da parte della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, contro l’assoluzione da una serie di contestazioni disciplinari. Il caso dovrà quindi tornare nuovamente alla sezione disciplinare del Csm.“

rif:http://www.palermotoday.it/cronaca/silvana-saguto-radiazione-magistratura-sentenza-cassazione.html