Interrogazione Parlamentare Sulle Bugie del Procuratore Rossi Roberto

Atto Camera

Interpellanza 2-01284 presentato da PESCO Daniele testo di Mercoledì 24 febbraio 2016, seduta n. 576

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell’economia e delle finanze, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che: 
   il 12 gennaio 2014, le azioni di Banca Etruria (ISIN IT0004919327) hanno chiuso le contrattazioni a 0,3584, storicamente il valore minimo. Il 22 gennaio, 10 giorni dopo, il valore era quasi raddoppiato: 0,60 euro ad azione; il 25 gennaio il Governo emana il cosiddetto decreto banche popolari. L’11 febbraio, giorno in cui fu convocato il Consiglio di amministrazione della banca aretina con all’ordine del giorno l’aumento di capitale che avrebbe sistemato i propri indici patrimoniali, arriva anche il commissariamento di Banca d’Italia, approvato dal governo, che blocca tutto. Vengono avviate diverse indagini per insider trading: ad oggi non se ne conoscono gli esiti; 
   dall’articolo del 31 gennaio 2016 di Giorgio Meletti per «il Fatto Quotidiano» dal titolo «Etruria, il colpo di grazia gliel’ha dato Bankitalia – La relazione riservata sui veri conti rivela che la situazione economica dell’istituto di Arezzo è precipitata nei mesi di gestione dei commissari straordinari – Quelle tre diverse valutazioni sui crediti» si apprende e si legge: «Il dottor Antonio Pironti e il ragionier Riccardo Sora – ex dg di Ubi Banca ed ex commissario di Tercas, Carichieti e Cassa Rimini, per la quale è stato indagato e poi prosciolto grazie a una lettera di manleva di Visco – sono stati nominati l’11 febbraio 2015 … con queste motivazioni: vertici «non consapevoli della gravità della situazione»; «erosione delle esigue risorse patrimoniali»; «inevasa» la richiesta di integrazione con una banca più grande e sana; «la banca risulta esposta a un elevato rischio reputazionale e di liquidità» (in italiano «fuga dei depositi»). Tra le ragioni del commissariamento non ci sono i «gravi fenomeni di mala gestio» denunciati ieri a Torino da Visco, il quale scrive a Padoan che è «necessaria l’adozione di un provvedimento di rigore per assicurare il diretto presidio della situazione aziendale e gli interventi per pervenire alla soluzione della crisi». Continua il Fatto Quotidiano: «L’erosione delle risorse patrimoniali di cui scriveva Visco dipendeva dalle massicce rettifiche di valore dei crediti deteriorati imposti a Etruria dagli ispettori di Bankitalia. Nel 2014 le sofferenze (crediti inesigibili) sono salite da 1,55 a 1,98 miliardi, e le rettifiche di valore da 1.034 milioni a 1.590 milioni. I conseguenti 556 milioni di accantonamenti hanno pressoché azzerato il patrimonio, però i commissari hanno ereditato un sontuoso tasso di copertura delle sofferenze del 66 per cento, contro una media italiana del 57. Sora e Pironti sono però riusciti a fare peggio di Rosi e soci. Al 30 settembre 2015 le sofferenze lorde erano salite da 1,98 a 2,18 miliardi, e il tasso di copertura era sceso dal 66 al 63 per cento. Il patrimonio netto, per i nuovi accantonamenti, era sceso da 66 a 22 milioni. … D’altra parte la crescita delle sofferenze per Sora e Pironti era da attribuire alle tendenze «del sistema bancario», e la riduzione del grado di copertura era «leggera» e confermava «il trend di estremo rigore». … Con Sora e Pironti al timone il «rischio reputazionale e di liquidità» paventato da Visco si è concretizzato. La notizia del commissariamento ha provocato una fuga dei clienti che i commissari non hanno saputo, o voluto, contrastare. Nel 2015 la raccolta a vista (conti correnti), che nel 2014 era salita del 10 per cento, è scesa del 21 per cento, da 3,2 a 2,5 miliardi di euro. Quella diretta (clientela totale) è precipitata da 6,4 a 5,5 miliardi, –15 per cento. I crediti concessi ai clienti sono scesi del 14 per cento. I crediti buoni (chi paga le rate e non provoca «sofferenze»), giù del 21 per cento, da 3,8 a 3 miliardi. Le sofferenze nette, lasciate da Boschi & C. al 13 per cento dei crediti alla clientela, erano salite dopo nove mesi (il 18 per cento. Un record nazionale. Intanto crescevano anche i costi di gestione e personale, su cui per anni si sono appuntate le critiche della Banca d’Italia. Ma il mistero rimane ciò che accade domenica 22 novembre: a fine 2014 i crediti inesigibili di Etruria sono valutati dagli ispettori di Bankitalia al 33,9 per cento… Al 30 settembre 2015 le sofferenze sono rivalutate dai commissari di Visco al 37 per cento, con un beneficio patrimoniale vicino ai 70 milioni. Il 22 novembre il «salvataggio» le svaluta al 17,6 per cento, bruciando 400 milioni, cifra pari alle obbligazioni subordinate più un bel po’ di azioni. Tre valutazioni diverse, firmate Bankitalia, vecchia signora ondivaga»; 
   Il Corriere della Sera, il 4 febbraio 2016, a firma Fiorenza Sarzanini, pubblica un articolo dal titolo «Il dissesto di Etruria e quei 17 milioni di consulenze irregolari – Gli ispettori di Bankitalia: incarichi doppi e spesso inutili» che, tra le altre informazioni, scrive: in due anni hanno pagato consulenze per oltre 17 milioni di euro. Incarichi esterni ritenuti in molti casi inutili dagli ispettori di Bankitalia autorizzati con delibere risultate illegittime o addirittura illecite perché attestavano dati falsi. E ancora «lavori affidati a professionisti diversi, ma che avevano come oggetto la stessa materia». … Le ispezioni ordinate da Palazzo Koch e lo stesso dossier di Santoni evidenziano infatti numerose irregolarità compiute dai vertici che non sono mai state contestate. … Tra le anomalie contestate c’è anche la provenienza del denaro utilizzato per pagare i professionisti esterni. Le verifiche degli ispettori hanno infatti accertato che non sempre sono stati utilizzati i conti normalmente «dedicati» alle consulenze e questo fa sospettare che in alcuni casi il versamento possa aver preso strade diverse. … Nelle relazioni di Bankitalia che danno conto delle ispezioni terminate nel febbraio 2015 con la decisione di commissariare la Banca appare evidente come nel comportamento dei vertici ci siano gli estremi per procedere penalmente ipotizzando il falso in bilancio, ma soprattutto il reato di aggiotaggio informativo. Una strada che i magistrati guidati dal procuratore Roberto Rossi hanno invece scelto finora di non percorrere, nonostante le sollecitazioni contenute nei dossier»; 
   da Il Giornale, del 10 febbraio 2016, si apprende che il giorno prima del commissariamento Anna Maria Nocentini (in Lapini), già presidente Confcommercio di Arezzo e membro della locale camera di commercio, lascia il «CdA di Etruria per essere eletta, l’11 febbraio stesso, presidente regionale di Confcommercio Toscana e poi, in maggio, piazzata da Carlo Sangalli nella giunta esecutiva di Confcommercio a Roma». … Nell’altro (pur disastroso) Cda, quello dell’ex deputato democristiano e sottosegretario all’Industria con Andreotti, Giuseppe Fornasari (indagato anche lui), sedeva invece Laura Del Tongo come vicepresidente … A differenza di quasi tutti i suoi colleghi … non è stata mai sanzionata da Banca d’Italia. Un grande mistero. Amministratore della Del Tongo Industrie Spa a Tegoleto (Arezzo) … è finita in concordato preventivo a spese di fornitori e banche, tra le quali la stessa Etruria che amministrava (male) … Tra gli incagli figurano anche ben 30 milioni della Del Tongo Industrie». Secondo Il Giornale, in totale, fra 13 ex amministratori e 5 ex sindaci, si accumulano 198 posizioni di fido per un totale di 185 milioni: 90 milioni sui 140 erogati, finiscono in incagli e sofferenze. Proseguendo, nell’articolo: «Degno di menzione è poi Carlo Donati, che bazzica in Banca Etruria sin dal 2005, nominato membro del collegio dei probiviri nell’aprile 2013, proprietario della Carlo Donati Fashion Group, una sartoria ad Arezzo. Guarda caso, suo figlio Marco … nel febbraio 2013 diventa deputato del Partito democratico. … si nota sempre più spesso accanto all’ex sindaco Giuseppe Fanfani (oggi al Csm in quota renziana, già legale di Pierluigi Boschi) e al procuratore capo di Arezzo, Roberto Rossi (titolare dell’inchiesta su Etruria). «Infine … c’è anche Natalino Giorgio Guerrini, vicepresidente dal 2008 al 2013 quando si dimise per candidarsi alle Politiche nelle liste dell’Udc (insieme a Scelta Civica) mancando però l’atterraggio in Parlamento. Contestualmente era anche presidente di Confartigianato Imprese (2004-2012). Oggi è coordinatore nazionale di Italia Unica di Corrado Passera. Da una società di Guerrini e Carlo Schiatti (fratello di Paolo, per cinque anni vicedirettore generale di Banca Etruria), la Hi Facing specializzata in pannelli fotovoltaici, spunta una sofferenza per la banca di 3,1 milioni»; 
   sempre a firma Meletti, Il Fatto Quotidiano il 5 febbraio 2016 scrive, in un articolo dal titolo «BANCA ETRURIA Bankitalia non segnalò «reati» ai pm (tranne uno) – BANCAROTTA ? Visco non la vide e nemmeno Padoan – Gli ispettori di Visco indicarono solo i conflitti di interesse di Rosi e Nataloni e decisero pure di non sanzionarli. … Gli uomini della Vigilanza, guidati da Carmelo Barba gallo, non hanno segnalato alla magistratura alcuna «grave irregolarità». L’incongruenza più appariscente emerge da un articolo pubblicato ieri dal Corriere della Sera, secondo il quale lunedì mattina il liquidatore di Etruria Giuseppe Santoni, nel chiedere al tribunale la dichiarazione d’insolvenza, evidenzierà «come la situazione patrimoniale sia stata causata da operazioni di dissipazione che configurano una bancarotta fraudolenta». … Santoni ci informa che il commissariamento è stato deciso «su proposta della Banca d’Italia, con decreto del Ministro del tesoro del 9 febbraio 2015, per gravi perdite patrimoniali». Il dettaglio è decisivo. Visco propone, e il ministro Pier Carlo Padoan dispone … La legge dice che il commissariamento di una banca può decidersi quando (lettera a) «risultino gravi irregolarità amministrative» e/o (lettera b) quando «siano previste gravi perdite del patrimonio». Visco ha scelto la lettera b, quindi non ha segnalato «gravi irregolarità». … Delle strategie investigative di Rossi si sta occupando in queste settimane il Consiglio superiore della magistratura. Nessuno invece si sta occupando di Bankitalia e delle sue «sollecitazioni». … Al termine dell’ispezione del 2015, sfociata nel commissariamento, la Vigilanza ha sottoposto al procuratore Rossi una sola irregolarità, la violazione degli articoli 2629-bis e 2391 del codice civile da parte del presidente Lorenzo Rosi e del consigliere Luciano Nataloni. Rossi ha aperto il fascicolo il 27 giugno 2015, e il 27 dicembre scorso, alla scadenza dei primi sei mesi, ha chiesto e ottenuto la proroga di sei mesi dei termini per le indagini. L’8 gennaio, mentre infuriava la polemica sui suoi rapporti con il governo e con la famiglia Boschi, Rossi ha ordinato la spettacolare perquisizione di 14 società finanziate da Etruria e in relazione con Rosi e Nataloni». 
   in risposta all’interrogazione a risposta immediata n. 5-07367, in merito a quanto affermato da Il Corriere della Sera il 19 dicembre 2015 («Bankitalia: i 20 mila «clienti fantasma» di Banca Etruria» – «Ci sono conti correnti con titolari incerti o inesistenti, o senza adeguate verifiche», «a dicembre 2014 permangono ancora circa 25 mila rapporti da regolarizzare … sui quali sono state effettuate nel secondo semestre 2014, circa 1.200 forzature con 360 operazioni di importo superiore a mille euro») e il ruolo dell’unità d’informazione ,finanziaria (UIF), il sottosegretario di Stato Zanetti ha di fatto confermato le anomalie richiamate e, tra l’altro, affermato: 
    «nel quinquennio 2010-2015 il Ministero dell’economia e delle finanze ha emesso a carico dei quattro istituiti di credito 10 decreti sanzionatori per un totale di 3.708.872 euro, per inosservanza dell’obbligo di segnalazione di operazione sospetta…»; 
    «… la Banca d’Italia ha fatto presente che, in base all’articolo 7 del Testo Unico Bancario, tutte le notizie, i dati e le informazioni in suo possesso in ragione della sua attività di vigilanza (ivi compresi i rapporti ispettivi) sono coperte dal segreto d’ufficio. Fanno eccezione i casi in cui le informazioni richieste siano necessarie per le indagini o i procedimenti relativi a violazioni sanzionate penalmente»; 
    «… in relazione al riferimento contenuto nell’interrogazione secondo cui nel 2013 la UIF ha attribuito ad oltre il 50 per cento delle segnalazioni ricevute dall’intero sistema un rating medio-elevato si rileva che alle segnalazioni prodotte in quell’anno dalle quattro banche sono stati attribuiti rating medio-alti con frequenza superiore a quella media dei sistema (in particolare alle segnalazioni della Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio è stato attribuito il 60 per cento circa di rating medi o elevati)»; 
    «… il Ministero dell’economia e delle finanze ha emanato la circolare n. 57889 del 30 luglio 2013 nella quale si ribadisce e specifica in concreto l’obbligo, per i destinatari delle disposizioni dettate dal decreto legislativo 231 del 2007 di effettuare l’adeguata verifica del cliente e di astenersi dall’instaurare il rapporto continuativo o eseguire l’operazione richiesta dal cliente nel caso di definitiva impossibilità ad effettuare o completare l’adeguata verifica, giungendosi, in tal caso, al blocco assoluto della movimentabilità del conto. … Per quanto riguarda le segnalazioni di operazioni sospette, nell’ultimo triennio (2013-2015) le quattro banche hanno complessivamente effettuato circa 4.000 segnalazioni di operazioni sospette»; 
    «per quanto attiene alle operazioni in oro, la UIF ha comunicato di ricevere dai soggetti obbligati le dichiarazioni delle operazioni di importo pari o superiore a 12.500, relative a transazioni in oro da investimento e in materiale d’oro ad uso prevalentemente industriale (articolo 1, legge n. 7 del 2000). I dati oggetto delle dichiarazioni sono utilizzati a fini antiriciclaggio e per corrispondere a eventuali richieste degli Organi investigativi»; 
   altresì si apprende da L’espresso, in merito a Fonspa: «Fanno parte di questo club esclusivo, tra gli altri, il commercialista bolognese Piero Gnudi, a lungo presidente dell’Enel e ora commissario straordinario dell’Ilva, Lorenzo Bini Smaghi, fino al 2011 nel comitato esecutivo della BCE, e Jean Baptiste de Franssu, presidente dello IOR, la banca del Vaticano. La quota di controllo di Fonspa, presieduto da Gnudi, fa capo a Panfilo Tarantelli, già manager di punta in Europa del colosso finanziario americano Citigroup, ma tra i soci del gruppo, che comprende la holding Tages, troviamo anche investitori come Alessandro Benetton, la famiglia De Agostini e Umberto Quadrino, una lunga carriera in Fiat, da ultimo alla presidenza del gruppo energetico Edison»; ciò si apprende dall’articolo «Vip d’Etruria» de L’Espresso, a firma Vittorio Malagutti (di gennaio 2016, in merito alla cessione di 300 milioni di euro nominali di crediti in sofferenza di Banca Etruria, conclusasi il 17 novembre 2015, a un valore di poco superiore al 34 per cento, ovvero poco più di 100 milioni di euro. «Una scelta di tempo eccezionale, non c’è che dire. Un caso ? Sì, fino a prova contraria. Fatto sta che la vendita è andata in porto appena prima del fischio finale. Con grandi vantaggi per Fonspa, che tra tutti i crediti in sofferenza messi in vendita dall’istituto di Arezzo … con ogni probabilità è riuscito ad aggiudicarsi quelli meno difficili da incassare»; 
   gli interpellanti, trovano praticamente impossibile l’intervento della «sorte» in operazioni come queste, con l’incredibile numero di persone coinvolte e informate. Un finanziamento ponte di ben 3,6 miliardi di euro per fare fronte ai 4 provvedimenti di risoluzione non è possibile da realizzare senza settimane di preparazione: scegliere e contattare (tutto discrezionalmente, in «segreto» a discapito a dire degli interpellanti ogni principio di libera e leale concorrenza) gli istituti di credito a cui rivolgersi, contrattare clausole, modalità operative e remunerazioni, redigere i contratti con relative garanzie, consulenze, «due diligence». Persino fissare una data in cui far convergere in uno studio notarile tutti i legali rappresentanti delle società e istituzioni coinvolte, le più importanti del Paese, richiede giorni, se non settimane, di preavviso. La cessione dei crediti a Fonspa, di conseguenza, si è conclusa mentre quantomeno erano già in corso le manovre relative alla risoluzione dei 4 istituti credito oggetto del cosiddetto «salva banche», fino a prova contraria (che gli interpellanti sarebbero ben lieti di vedere esibita, insieme alle valutazioni provvisorie utilizzate per l’emanazione dei decreti di risoluzione, di fatto non note. Va altresì rammentato che ognuno dei 4 nuovi istituti che hanno ereditato gli attivi ripuliti dall’operazione, «verrà ceduto separatamente con una procedura gestita da Bankitalia affiancata da due advisor: la società di consulenza statunitense Oliver Wyman e il gruppo finanziario francese Société Générale. … sulla poltrona di presidente di Société Générale siede da circa un anno e mezzo Lorenzo Bini Smaghi, il banchiere che è anche consigliere di amministrazione di Tages, la holding di controllo di Fonspa. Peraltro il fiorentino Bini Smaghi, che ha iniziato la carriera all’ufficio studi di Bankitalia, e da sempre in buoni rapporti anche con Matteo Renzi, di cui è stato sponsor e finanziatore fin dalle primarie 2012»; 
   Fonspa fu ceduta da Morgan Stanley nel 2013: da allora si interessò alle commissariate CariFerrara e Banca Marche. Per quest’ultima «ha fatto da intermediario per un prestito da 2 miliardi … erano soldi della BCE, che non può finanziare direttamente istituti in amministrazione straordinaria. Alla fine profitti per tutti, perché nella primavera dell’anno scorso, grazie al rialzo delle quotazioni, è diventato conveniente vendere i titoli obbligazionari a garanzia del prestito. Con il ricavato, Banca Marche ha restituito il fido realizzando un’importante plusvalenza, Fonspa invece ha incassato gli interessi sul prestito e una commissione milionaria per l’organizzazione di quell’affare». Sarebbe davvero interessante sapere per «chi» fu conveniente vendere, alla luce del drammatico epilogo per ignari azionisti e obbligazionisti penalizzati dal decreto abrogato (n. 183 del 2015). 
   «Maria Elena Boschi non è però l’unica colta da dimenticanze, in questa storia. Anche il PM Rossi, ascoltato il 28 dicembre dalla prima commissione del Consiglio superiore della magistratura, non ha riferito di essersi occupato dell’ex vicepresidente di Banca Etruria: «non conosco nessuno della famiglia Boschi» ha dichiarato. «Non sapevo neanche come fosse formata». Una dimenticanza che, lette le anticipazioni dell’inchiesta di Panorama, costringe il magistrato a una tardiva ammissione. Il 20 gennaio 2016 invia una lettera al Csm. E conferma di essersi occupato in passato di procedimenti riguardanti Boschi, ma di non conoscerlo di persona. «Abbiamo preso tutti atto con rammarico che le dichiarazioni rese non corrispondono ai fatti» commenta Pierantonio Zanettin, membro dell’organo che governa la magistratura. Così, la prima commissione riapre l’istruttoria sul procuratore». È quanto scrive Antonio Rossitto per Panorama nell’articolo «Tutte le bugie del caso Boschi !», che riporta inoltre che «l’ultimo tassello del puzzle è la nomina del suo avvocato Giuseppe Fanfani, sindaco di Arezzo e «nipotissimo» del leader della Dc Amintore, viene eletto il 9 settembre 2014 dal Parlamento», al CSM «su indicazione del Pd di Matteo Renzi. La Nazione, quotidiano di riferimento della Toscana, scrive: La candidatura, spinta dal ministro Maria Elena Boschi, cui il sindaco è unito da aretinità e fedeltà renziana, potrebbe fare breccia anche col premier in persona». Breccia che diventa un varco. Poco dopo, il 18 dicembre 2014, il governo Renzi affida una nuova consulenza (la precedente era scaduta cinque mesi prima, il 21 luglio 2014) a Rossi, ancora come esperto degli affari giuridici. L’incarico dura meno di due settimane, ma il 24 febbraio 2015 viene rinnovato fino al 31 dicembre 2015. Queste due nomine avevano spinto la prima commissione del Csm a verificare eventuali incompatibilità tra il ruolo di Rossi, coordinatore delle indagini su Banca Etruria, e quello di consulente dell’esecutivo. L’audizione del magistrato, il 28 dicembre 2015, lascia molte perplessità. Anche la frase così definitiva sulla conoscenza dei Boschi sembra inveritiera: «Non conosco neppure la composizione del nucleo familiare». La sua versione viene riportata da tutti i giornali italiani. Mentre Fanfani, controparte di Rossi nei procedimenti penali che coinvolgevano Boschi, continua a tacere; 
   l’Espresso del 4 febbraio 2016 (Nel Triangolo dell’Etruria – Vittorio Malagutti), tra le altre vicende, riporta: 
    «Uomo simbolo della vecchia nomenclatura è l’ex sindaco Giuseppe Fanfani… poco prima di lasciare (dopo 8 anni) la poltrona di primo cittadino … guidò una vera e propria crociata contro la fusione di Banca Etruria con Popolare Vicenza, che alla fine saltò. Il suo studio legale, ceduto al figlio Luca dopo la discesa in politica, aveva come grande cliente l’istituto fallito due mesi fa. E adesso Fanfani junior difende anche Pier Luigi Boschi»; 
    lo stesso Fanfani che, nonostante sia stata riaperta l’istruttoria del Csm sul caso «Rossi», ancora gode di stima e fiducia da parte dei colleghi togati e laici del Csm (I consiglieri laici e togati del Consiglio superiore della magistratura ieri sera praticamente al gran completo, alla presenza del vicepresidente Giovanni Legnini, sono stati a «scuola serale» di Dante al Teatro Arciliuto di Roma. È stato il consigliere Giuseppe Fanfani ad interpretare e recitare alcuni passi della Divina Commedia – Arezzo Notizie – Enrica Cherici – 30 gennaio 2016), mentre i cittadini truffati dal cosiddetto «salva banche» attendono trasparenza, verità e giustizia; 
   l’11 febbraio 2016, il tribunale fallimentare di Arezzo ha dichiarato insolvente la «old bank» dell’Etruria nata dal citato abrogato decreto legislativo n. 183 del 2015. Il collegio presieduto da Clelia Galantino ha sciolto la riserva, accogliendo il ricorso del commissario liquidatore Giuseppe Santoni e respingendo il ricorso di incostituzionalità presentato da Rosi, discusso l’8 febbraio precedente. Principali attori dell’udienza: 
    Riccardo Sora: come riporta Il Giornale il 15 dicembre 2015 a firma Claudio Cartaldo, venne indagato relativamente al commissariamento Carim, poi salvato da una lettera di manleva di Bankitalia («Nel caso della Carim, i pm cominciano ad indagare su alcune operazioni realizzate dai vertici della banca, accusati di ricomprare le azioni dell’istituto dai clienti ad un prezzo gonfiato. Alcune di queste operazioni sono state realizzate proprio da Sora e Carollo. Per questo i pm li hanno inseriti nel registro degli indagati per “indebita restituzione di conferimenti”, poi ridotto ad “abuso d’ufficio”. Ma in aiuto di Sora scende niente di meno che la stessa Banca d’Italia. La quale non solo nomina Sora commissario in Banca Etruria (l’indagine era ancora in corso), ma lo difende a spada tratta. … il 25 maggio 2015, palazzo Koch invia una lettera di salvacondotto alla procura di Rimini per togliere le castagne dal fuoco al suo tecnico. La tesi di Bankitalia è che, nonostante l’illecito commesso, Sora non potesse fare altrimenti… E così il pm ha archiviato il caso, motivando il tutto affermando che “l’operato dei due funzionari è stato avallato dalla stessa Banca d’Italia” e che non ci sarebbe stato “dolo”»), elevandosi di fatto al di sopra della magistratura; 
    Antonio Pironti: dall’articolo citato de Il Fatto Quotidiano, si apprende che «Pironti il 14 dicembre scorso è stato nominato presidente del comitato di sorveglianza di Etruria, cioè il supervisore del liquidatore che ha dato al tribunale le pagelle sui nove mesi di gestione Rosi, Berni e Boschi e sui nove dei commissari»; 
    Michele Desario: avvocato dell’ex presidente Rosi. Figlio di Vincenzo Desario, ex direttore generale della Banca d’Italia dal 1998 al 2006 e di conseguenza ex capo dell’attuale governatore Ignazio Visco, nella memoria depositata in occasione dell’udienza per la dichiarazione di stato d’insolvenza promossa dal liquidatore Santoni, nominato da Bankitalia con il sostanziale avallo del Governo Renzi, ha puntato a sollevare eccezioni di incostituzionalità di fronte alla Corte Costituzionale per violazione degli articoli 47 e 3, anziché muovere accuse nei confronti della gestione del commissariamento e della risoluzione, da parte di Banca d’Italia, i suoi commissari e il suo governatore. Emblematico il rifiuto all’ammissione della memoria di Vincenzo Lacroce, presentata presso la cancelleria fallimentare del tribunale di Arezzo (oggetto dell’atto ispettivo n. 5/07662, richiamato in toto), come presidente dell’associazione Amici di Banca Etruria e per 30 anni nell’ufficio tecnico di Banca d’Italia, ora in pensione, e la risposta del procuratore Rossi sui dubbi «costituzionali» («Il decreto si conforma a una direttiva Ue – sostiene il procuratore – quindi a una fonte giuridica equiparabile alla Carta» (Fabio Tonacci – La Repubblica 9 febbraio 2016 – «La procura vuole l’insolvenza»). 
    Roberto Rossi, procuratore della Repubblica, è consulente della presidenza del Consiglio dei ministri, di Renzi, fino a dicembre 2015. Dal 1998 (dal curriculum vitae sul sito del governo, risulterebbe dal 1988) ad oggi ad Arezzo. «Sono in tutto dieci i procedimenti a carico di Pierluigi Boschi, ex vicepresidente di Banca Etruria e padre della ministra Maria Elena, aperti dalla procura di Arezzo, quasi tutti archiviati. È il quadro che emerge dalle carte che la procura generale di Firenze ha inviato al Csm, che deve decidere se c’è stata incompatibilità tra il ruolo di procuratore di Roberto Rossi (titolare di 4 dei 10 procedimenti) e un incarico di consulenza per il governo svolto dal magistrato sino a dicembre dello scorso anno. Ne resta aperto uno solo su cui c’è una richiesta di archiviazione e che risale al dicembre 2014» è quanto riporta Sara Monaci, su Il Sole 24 Ore del 4 febbraio 2016; 
   da quanto fin qui ricostruito, ad avviso degli interpellanti risultano evidenti le gravissime anomalie che gravitano intorno alla vicenda del cosiddetto decreto salva banche, in particolar modo a riguardo di Banca Etruria: mancate segnalazioni di Bankitalia alla magistratura di condotte che oggi vengono usate però per il processo per bancarotta fraudolenta; commissari di vigilanza autorizzati da Bankitalia (anche a proseguire attività di quantomeno dubbia legittimità) che effettuano tre valutazioni diverse dei crediti in sofferenza (per arrivare all’ultima, imposta per un valore pari all’83 per cento del nominale, mai vista prima in Italia, per poter avviare il provvedimento di risoluzione), il tutto mentre decidono sia a chi (e cosa) cedere in parte, sia come redigere la «valutazione provvisoria» necessaria al provvedimento di risoluzione; un Governo che, secondo gli interpellanti mentre da un lato commina sanzioni milionarie per violazioni della normativa antiriciclaggio che prevede anche sanzioni penali, dall’altro emana circolari che offrono una «via di fuga» a chi non ottempera, mentre risulta che la banca aretina continuasse a vendere oro con l’obbligo di segnalazione a 12.500 euro, permettendo sostanzialmente di aggirare le limitazioni alla circolazione del contante; Rossi, a capo della procura alla quale spettano per competenza le inchieste sulle vicende della ex banca aretina, consulente del Primo Ministro Renzi fino a dicembre 2015, il quale negò di conoscere la famiglia Boschi, quando era titolare di indagini (archiviate tutte tranne una) che la riguardavano; va poi considerata, secondo gli interpellanti, la situazione di un CSM che dovrebbe valutare un eventuale conflitto di interessi del giudice Rossi, ma del quale fa parte (con l’appoggio del Ministro Boschi) Fanfani, il difensore della famiglia Boschi nei procedimenti aperti dal procuratore Rossi, i quali si conoscevano; un sistema di vigilanza bancario che sostanzialmente fa da accusatore, difensore e giudice delle proprie istanze, relegando la politica a darne forza di legge –: 
   se i Ministri, ognuno per quanto di competenza, non intendano intervenire promuovendo iniziative normative, e con ogni strumento giuridico eventualmente già in loro possesso, al fine di eliminare ogni legittimo dubbio su ogni passaggio del ricorso ai provvedimenti di risoluzione, permettendo così alla magistratura di poter valutare anche l’operato degli ispettori di Banca d’Italia; 
   se il Governo abbia intenzione di costituirsi parte civile nei confronti degli amministratori e di ogni eventuale parte coinvolta, inclusi gli organi di vigilanza, che a diverso titolo hanno dato luogo ad una gestione irregolare, o al protrarsi della stessa, creando crediti di imposta, ad avviso degli interpellanti sostanzialmente fraudolenti, a svantaggio dell’erario; 
   se il Governo non ritenga opportuno assumere immediatamente, le iniziative di competenza al fine di rimuovere in termini normativi le cause che hanno permesso e tuttora permettono il verificarsi di casi come quello del dottor Pironti, del dottor Sora, del procuratore Rossi, evidentemente coinvolti nelle vicende espresse, e rimasti comunque a svolgere i loro ruoli professionali. 
(2-01284) «Pesco, Alberti, Villarosa, Tripiedi, Cominardi, Castelli, Della Valle, Brugnerotto, Caso, Nesci, Dell’Orco, Crippa, Cecconi, Ferraresi, Cozzolino, Manlio Di Stefano, Battelli, Gallinella, L’Abbate, Lupo, Gagnarli, Da Villa, Carinelli, Fantinati, Vallascas, D’Incà, Cariello, Cancelleri, Colonnese, Di Vita, D’Ambrosio, Baroni, Mantero, Silvia Giordano, Lorefice, Ciprini, De Rosa, Daga, Terzoni, Spessotto, De Lorenzis, Businarolo, Sberna, Colletti, Sibilia, Agostinelli».

rif: https://parlamento17.openpolis.it/atto/documento/id/197057

Repubblica: Banca Etruria, Boschi indagato. Il pm Rossi di Arezzo a Casini: “Non ho nascosto nulla”

l procuratore che sta indagando sulla vicenda accusato di omissione sulle indagini a carico del padre della sottosegretaria. La replica in una lettera a Casini: “Ho risposto a tutte le domande senza alcuna omissione”, e allega il verbale. E il presidente della Commissione gli dà ragione: “Ha chiarito tutto”.

ll pm Rossi nel corso dell'audizione davanti alla Commissione Banche di giovedì scorso

ROMA – Procura di Arezzo nella tempesta dopo che è emerso che Pierluigi Boschi, padre del sottosegretario Maria Elena, è iscritto nel registro degli indagati per la vendita delle obbligazioni subordinate alla clientela retail di Banca Etruria. Il procuratore Roberto Rossi, che viene accusato da diversi componenti della Commissione d’inchiesta sulle banche di aver omesso parte della verità, ha scritto in queste ore una lettera al presidente della Commissione Pier Ferdinando Casini per smentire di aver nascosto informazioni rilevanti.

rif:https://www.repubblica.it/economia/2017/12/04/news/banca_etruria_pierluigi_rossi_e_indagato_il_pm_di_arezzo_e_il_pd_nella_tempesta-182986583/

Il Giornale: Ecco il verbale segreto del procuratore Rossi su Banca Etruria

Le carte del verbale dell’audizione segreta del procuratore Rossi in commissione. E Boschi si difende su Banca Etruria: fecero tutto i manager.

Prima Renzi e il Pd cavalcano gli affondi del pm sulla gestione di Bankitalia, poi sono costretti a ricevere il colpo della notizia sulla nuova indagine a carico del papà di Maria Elena Boschi, l’ex vicepresidente di Banca Etruria Pierluigi Boschi.

Il procuratore Rossi è stato accusato di non aver comunicato ai membri della commissione parlamentare l’iscrizione nel registro degli indagati di Boschi. Il pm ha risposto per le rime, sostenendo di non aver “nascosto nulla rispetto alla posizione dell’ ex vicepresidente Pier Luigi Boschi” e di aver risposto a tutte le domande rivolte dai parlamentari.

La partita si gioca sulla parte dell’incontro in cui Rossi chiede di poter passare all’audizione segreta. Oggi Florenza Sarzanini sul Corriere svela cosa si sono detti i deputati e il pm in quel momento e in che modo il procuratore abbia escluso la responsabilità degli esponenti del Cda sulla falsificazione dei prospetti.

Il verbale segreto

In un primo momento, come emergerebbe dai verbali, alle domande del grillino Carlo Sibilia, Rossi avrebbe detto che né Boschi né gli altri consiglieri erano indagati o che vi fossero rilievi su di essi da parte di Consob. Per la precisione, il magistrato afferma che “Boschi non è tra i rinviati a giudizio per bancarotta” e che le responsabilità sono da additare ai manager. Non ai consiglieri. “Non so perché si dimentica sempre che Boschi entra come amministratore senza deleghe”, sostiene il procuratore.

Il deputati del M5S però non si arrendono e chiedono conto della denuncia presentata da Consob riguardo le accuse di falso in prospetto riguardo l’emissione delle obbligazioni del 2013, proprio quell’ipotesi di reato per cui ora Boschi risulta indagato dalla procura di Arezzo. Ed è qui che Rossi chiede di secretare i verbali. “Il cda – spiega nel segreto della commissione il procuratore – emette una delibera e incarica il direttore generale di elaborare il prospetto informativo per l’ emissione delle obbligazioni subordinate che poi invia alla Consob”. Un prospetto che, secondo quanto riporta il Corriere, sarebbe stato approvato proprio dalla Consob nell’aprile del 2013.

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Quello che interessa i parlamentari è però altro. Ovvero se il papà di Maria Elena Boschi, e tutto il Cda, abbia votato o meno quel prospetto. “Il prospetto non viene approvato dal cda. Questo è un dato accertato”, sostiene il pm. Che tiene a aggiungere, a precisa risposta diAlessio Villarosa (M5S) che il Cda “non lo vede (il prospetto, ndr) in sede istituzionale, non lo vede in seduta cda, poi se qualcuno lo abbia avuto non lo so dire”. Insomma: Boschi non avrebbe preso quella decisione.

Eppure la Consob nell’informativa inviata alla Procura aveva sottolineato come “le persone fisiche deputate ai più alti livelli della sua amministrazione” non fossero “state in grado di evitare che l’emittente diffondesse tra il pubblico informazioni incomplete”. E sempre il Corriere rivela anche la difesa presentata dal papà dell’ex ministro: oltre ad aver dichiarato di non aver partecipato alle riunioni “incriminate” del Cda, spiega che “Nelle relazioni presentate annualmente al cda dalle funzioni Risk Management, Internal Audit e Compliance, peraltro rilasciate anche dalle strutture che si sarebbero dovute attivare per una revisione della classificazione, mai sono stati minimamente evidenziati dubbi sulla corretta profilatura dei titoli”.

Di Battista su Banca Etruria: “Procuratore di Arezzo fu consulente di Renzi, credibilità zero”

ROMA – Alessandro Di Battistaall’attacco su Facebook sul caso di Banca Etruria: “Il procuratore di Arezzo ha la stessa credibilità della Boschi: zero! Un manipolo di renziani ha colpito i risparmiatori. La Boschi in Parlamento disse di non essersi mai occupata di banche. Ha mentito e deve andare a casa immediatamente!”. Così il deputato M5ssulla propria bacheca.

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Interpellato da Alberto Sofia per il Fatto Quotidiano, Di Battista ha poi commentato: “Il Pm di Arezzo Roberto Rossi? È stato un consulente di Renzi e ormai ha credibilità zero, come Boschi”. Il pm di Arezzo si era difeso dalle accuse di aver fatto omissioni nel corso dell’audizione sul crac di Banca Etruria davanti alla commissione parlamentare di inchiesta sulle banche, spiegando che nulla sarebbe stato nascosto “circa la posizione del consigliere Boschi in relazione alle domande che mi venivano poste”.

Di Battista ha aggiunto: “Vogliamo sentire Ghizzoni, lo chiediamo da tempo. Ma Casini è un fiancheggiatore del renzismo”, ha rivendicato. E ancora: “Cercano di buttare la palla in tribuna, ma non ce la fanno”.

Sulla questione Banca Etruria è intervenuto pure Luigi Di Maio, candidato premier del Movimento 5 Stelle: “Quella gente là non ha più credibilità: rinuncino a voler governare questo Paese, la loro parola a livello nazionale e internazionale non vale più nulla. Hanno utilizzato lo stato per gli affari loro: non c’è nessuna novità ma ora è il momento di governare i cittadini”. Di Maio ha poi promesso: “Noi, spero, saremo la prima forza politica del Paese la sera delle elezioni: chiederemo l’incarico di governo e cominceremo a restituire i soldi ai risparmiatori”.

Quanto al procuratore a Rossi, “il Csm valuterà, ma qui il caso è politico: stiamo parlando di una legge che come dicevamo noi da due anni, era stata fatta per salvare la banche della Boschi e mandare sul lastrico i risparmiatori. Quindi noi andremo al governo e finalmente restituiremo i soldi ai risparmiatori e impediremo alle banche di continuare a fare quello che hanno fatto fino ad ora” aggiunge Di Maio.

Roberto Rossi, il procuratore dalle mille sorprese

CHI È IL PROCURATORE DI AREZZO? UNA DOMANDA CHE POTREBBE NON ATTRARRE TROPPA ATTENZIONE, MA CHE INVECE RISULTA ESSERE FONDAMENTALE AL FINE DI CHIARIRE LA SITUAZIONE DI BANCA ETRURIA, SU CUI APPUNTO QUEST’UOMO DOVREBBE INDAGARE. IL SUO NOME È ROBERTO ROSSI, E LA SUA STORIA SI LEGA FIN TROPPE VOLTE CON QUELLA DEL PADRE DEL MINISTRO DELLE RIFORME, PIER LUIGI BOSCHI.

ormatosi nelle procure di Mantova e di Perugia, Roberto Rossi si sposta presto nell’aretino.

Nel 2007 Pier Lugi Boschi in veste di presidente del C.d.A. della “Valdarno superiore società cooperativa agricola” acquista un immobile per un prezzo di 7,5 milioni di euro. Niente di strano, sembrerebbe. Se non che questo immobile verrà posseduto da una seconda società formatasi solo in seguito all’acquisto del bene, la “Fattoria di Dorna società agricola” di cui Boschi senior è azionista al 90%. Il resto delle azioni appartiene a Francesco Saporito, un imprenditore crotonese in odor di mafia secondo i rapporti della DDA di Firenze. Il bene in questione era precedentemente proprietà dell’università di Firenze: messo all’asta nel 2005 (con una base di partenza di 9 milioni di euro) venne dunque acquistato da Boschi senior a un prezzo inferiore a quello richiesto dall’università e, a quanto sostiene la Guardia di Finanza, a un prezzo molto inferiore rispetto a numerose offerte presentate all’istituto di istruzione fiorentino. Questo fatto fece accendere i riflettori delle “fiamme gialle” su Boschi senior e sul socio, di cui la GdF evidenziò l’esiguo reddito a fronte di spese faraoniche.

Il 2013, l’anno delle archiviazioni e dell’ascesa politica di Maria Elena Boschi e di Roberto Rossi

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Pier Luigi Boschi, la figlia Maria Elena e il premier Renzi, Roberto Rossi

Il 4 febbraio del 2013, il procuratore Roberto Rossi chiede l’archiviazione del caso di turbativa d’asta a carico di Boschi, Saporito e altri indagati. Lo stesso giorno Boschi viene iscritto al registro degli indagati dal magistrato per estorsione, poiché secondo la parte offesa di questo processo Boschi avrebbe chiesto un pagamento di 250mila euro in nero per la vendita di un podere della “Fattoria di Dorna”. Nello stesso mese si svolgono le elezioni politiche che vedono, seppur stentatamente, primeggiare la coalizione del PD: da qui comincia l’ascesa politica nazionale di Maria Elena Boschi, che nel giro di un anno diventerà ministro. Nel luglio del 2013 Roberto Rossi diventa consulente di governo, ruolo che ricoprirà sia con il governo Letta che con quello Renzi. Il 7 novembre, in seguito ad un convegno organizzato dalla procura di Arezzo cui partecipano tutti i protagonisti della nostra storia eccezion fatta per Saporito, il procuratore Roberto Rossi chiede l’archiviazione del caso di estorsione a carico di Boschi senior. Richiesta accolta, ma tutto ciò lascia qualche dubbio in sospeso. Se quel pagamento non è stato un’estorsione, perché il Boschi non è stato indagato per evasione? Se il pagamento in nero non fosse esistito, perché non si è agito contro quel testimone che ha dichiarato di aver consegnato la tangente nelle mani di Boschi? Perché non l’ha fatto Boschi stesso, che sarebbe diventato parte lesa di questa enigmatica storia?

Banca Etruria: di nuovo Rossi e Pier Luigi Boschi

Anche sul caso di Banca Etruria sembrava essere destinato ad indagare Rossi, fin quando la I Commissione del CSM non ha avviato un processo amministrativo nei confronti proprio del procuratore, per via di un conflitto di interessi (ricordiamo: Rossi era consulente del governo fino a fine dicembre 2015, doveva indagare circa una questione su cui è stato fatto un attacco politico allo stesso governo di cui egli era consulente). La questione stava per essere archiviata fino a quando Rossi non ha inviato, in seguito ad un’inchiesta del settimanale Panorama, una lettera in cui smentiva quanto detto nella precedente fase istruttoria, in cui aveva sostenuto di “non conoscere nessuno della famiglia Boschi”. Ora il Csm ha riaperto la fase istruttoria, viste le omissioni del procuratore. Staremo a vedere il proseguimento di questa vicenda, dal sapore prettamente gattopardiano.

Rif:http://www.telejato.it/home/politica/roberto-rossi-il-procuratore-dalle-mille-sorprese/

Panorama: Si riapre l’istruttoria sul pm Roberto Rossi, dopo l’inchiesta di Panorama

Il Csm vuole chiarire la posizione del magistrato che, come riportato dal nostro giornale, archiviò le accuse nei confronti del padre del ministro.

Giornata nera per il procuratore di Arezzo Roberto Rossi, titolare delle inchieste su Banca Etruria. Il comportamento del pm è finito al vaglio del Procuratore generale della Cassazione Pasquale Ciccolo, titolare dell’azione disciplinare nei confronti dei magistrati. E la Prima Commissione del Csm ha riaperto l’istruttoria sul suo conto.

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A mettere nei guai il procuratore, le indagini svolte negli anni passati su Pierluigi Boschi, padre del ministro per le Riforme Maria Elena ed ex vice presidente di Banca Etruria. Procedimenti conclusi con due richieste di archiviazione ma di cui il pm non aveva fatto cenno nelle sue audizioni davanti ai consiglieri del Csm, ai quali aveva invece assicurato di non conoscere “nessuno della famiglia Boschi”. 

Rif: https://www.panorama.it/pier-luigi-boschi-riapre-istruttoria-sul-pm-roberto-rossi-dopo-linchiesta-di-panorama/

AHIO, LO SCANNATOIO! – IL PROCURATORE CAPO DI AREZZO, ROBERTO ROSSI, RISCHIA UN PROCEDIMENTO DISCIPLINARE

Una tenaglia. Da una parte la possibile apertura di un procedimento davanti alla prima commissione del Csm, quella che decide gli eventuali trasferimenti per incompatibilità ambientale. Dall’ altra un processo vero e proprio di natura disciplinare, sempre nell’ austera cornice di Palazzo dei Marescialli.

roberto rossi

ROBERTO ROSSI

Solo ipotesi, al momento, certezze non ce ne sono, si lavora ancora sottotraccia sul caso Rossi. Il procuratore della repubblica di Arezzo, come documentato dal Giornale, è al centro di una vicenda spinosa: fra il 2010 e il 2011 ebbe la disponibilità di un appartamento nei dintorni di Arezzo che frequentava con le sue amiche. Non solo.

Roberto Rossi, 57 anni, il magistrato più in vista della città toscana, oggi titolare della delicatissima inchiesta su Etruria, non avrebbe mai pagato un euro: né affitto, né spese condominiali e bollette. Niente di niente, finché, anche su pressione dei condomini stufi di quell’ andirivieni di ragazze, quei locali furono sfilati al magistrato e messi sul mercato da Italcasa Costruzioni, la società proprietaria dell’ immobile.

Una situazione che invece non dovrebbe avere conseguenze sul piano penale: l’ indagine infinita della procura di Genova, al lavoro da oltre quattro anni, si avvia lentamente verso l’ epilogo. Ma Genova si è concentrata su un altro episodio e su un’ altra persona: la concussione da 50mila euro che l’ ex poliziotto Antonio Incitti, per un certo periodo braccio destro di Rossi, avrebbe compiuto ai danni di un imprenditore, Stefano Fabbriciani.

roberto rossi marco donati del pd

ROBERTO ROSSI MARCO DONATI DEL PD

Per Genova la storia dell’ appartamento è vera ma marginale, anzi irrilevante col metro del codice. Per spremere denaro Incitti avrebbe invece millantato fantomatiche coperture e inesistenti scambi di favore con i vertici della procura, distorcendo la realtà e sporcando il nome del capo dell’ ufficio. La procura di Genova, a dispetto del tempo passato, non ha ancora ascoltato alcuni dei protagonisti di quella storia, ma il quadro non cambia: per Rossi si intravede all’ orizzonte l’ archiviazione e la storia della garçonnière resta sullo sfondo.

Al Csm però la vicenda non è affatto chiusa. E ci si sta muovendo in due direzioni, parallele almeno in questa fase. La prima commissione, letti gli articoli del Giornale, potrebbe aprire una pratica per valutare l’ ipotesi del trasferimento: Rossi non potrebbe più rimanere in una città troppo piccola per i troppi spifferi.

In contemporanea si cerca di capire se negli interminabili rimpalli di una storia che si trascina da troppo tempo fra Arezzo, Genova e Roma, sia stata creata una cartellina e iniziato un procedimento disciplinare sull’ abitazione di Poggio Fabbrelli. Sfumature tecniche. Distinzioni forse noiose per chi non conosce l’ ambiente ovattato di Palazzo dei Marescialli.

Consiglio Superiore della Magistratura

CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA

Ma queste considerazioni sono un termometro che misura l’ interesse dell’ organo di autogoverno della magistratura per le rivelazioni del Giornale.

E il desiderio, pur con tutta la prudenza necessaria, di chiarire una volta per tutte quel che molti in città raccontavano con un filo di voce.

Rif: https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/ahio-scannatoio-procuratore-capo-arezzo-roberto-rossi-rischia-136415.htm

UNA TOGA PER AMICO – IL CSM “PROCESSERÀ” LUNEDÌ IL PROCURATORE CAPO DI AREZZO, ROBERTO ROSSI,

Esiste o non esiste un caso Rossi? A brutto muso glielo chiederanno lunedì: lei doveva lasciare la consulenza quando ha cominciato a indagare su Banca Etruria? Gli amici del procuratore già rispondono: «Ma di che parliamo? L’indagine era sulla banca, non certo su palazzo Chigi»…

Ma esiste davvero un caso Rossi? Al Csm se lo stanno chiedendo in molti. Perché i pareri forniti a palazzo Chigi dal procuratore di Arezzo che indaga su Banca Etruria erano sul ddl che riscrive il processo penale. Non sulle banche quindi.

E i compensi che avrebbe percepito? Nessuno, perché il governo aveva stanziato con un decreto fotocopia per Rossi, come per altri due consulenti, 7.500 euro, «previa presentazione di relazione finale». Ma Rossi non ha mai presentato questa relazione, e quindi non ha incassato una lira. È politica o tecnica la sua nomina come consulente?

ROBERTO ROSSI

ROBERTO ROSSI

È tecnica, perché durante il governo Letta, era luglio del 2013, fu l’allora capo dell’ufficio legislativo di palazzo Chigi Carlo Deodato, a proporgli la consulenza. Per invogliarlo gli disse: «Tieni conto che puoi metterlo anche nel tuo curriculum e sarà un punto in più tra i tuoi titoli». In quei giorni, 5-6 luglio, dall’ufficio legislativo partì una prima richiesta sbagliata, proposero per Rossi un incarico extra giudiziario, ma furono costretti a una precipitosa marcia indietro rettificando che volevano il pm solo come consulente. Rossi avanzò la richiesta?

Consiglio Superiore della Magistratura

CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA

Certo che lo fece, una prima e unica volta, precisando il 29 luglio che ipotizzava di dover andare a Roma tre volte al mese e garantendo che «non ci sono procedimenti penali in corso» tali da poter ingenerare un conflitto. Non lo ha più scritto perché non ha inviato altre missive. A Roma Rossi c’è venuto una mezza dozzina di volte. Nel frattempo, «cosa mai accaduta ad Arezzo» come ha confessato ad alcuni amici che siedono al Csm, la Banca Etruria e il suo vertice sono finiti sotto inchiesta, gli uffici perquisiti. «Quell’indagine l’ho costruita io, porta il mio nome, nessuno deve sporcare né me, né lei» avrebbe detto sempre Rossi ai suoi amici.

RENZI BOSCHI

RENZI BOSCHI

Ma Rossi finisce “imputato” e “processato”. Lunedì 28, alle 12, il suo “interrogatorio”, alias la sua audizione, relatore un magistrato puntiglioso come Piergiorgio Morosini, ex segretario di Md ed ex gip del processo trattativa Stato-mafia. Che già affilando le domande. Sulla scrivania cresce il dossier Rossi, alimentato dall’archivio del Csm. Tutto il carteggio con palazzo Chigi, dal quale risulta evidente che la procedura seguita per Rossi non è “ad personam”, ma è quella standard. Un incarico, due proroghe, l’ultima fino al 31 dicembre firmata dalla segretaria generale Paola Piraccini il 14 maggio.

renzi boschi banca etruria

RENZI BOSCHI BANCA ETRURIA

Bisogna partire da qui, dal 31 dicembre, per mettere in fila i pareri discordi che sfilano al Csm. Dove c’è un’altra anima in pena, il laico del Pd Giuseppe Fanfani, ex sindaco di Arezzo per 9 anni, per giunta renziano: «Per ora posso solo dire che sono stato avvocato penalista per 42 anni. E quindi certo che conosco bene Rossi. Ma dov’è il problema?».

Già, tutti si fanno questa domanda. Esiste o non esiste un caso Rossi? A brutto muso glielo chiederanno lunedì: lei doveva lasciare la consulenza quando ha cominciato a indagare su Banca Etruria? Gli amici del procuratore già rispondono: «Ma di che parliamo? L’indagine era sulla banca, non certo su palazzo Chigi».

In commissione c’è gente affilata. Il presidente Renato Balduzzi, l’ex pm anticamorra Antonello Ardituro, l’avvocato forzista Pierantonio Zanettin, che ha chiesto l’apertura della pratica, Maria Rosaria San Giorgio, di Unicost come Rossi, il ferriano Lorenzo Pontecorvo. Il costituzionalista ed ex ministro Balduzzi è già netto: «Lo scriva pure, dopo questo caso deve valere la regola che i pm non devono più avere consulenze con palazzo Chigi e i ministeri. Il nostro compito è complesso, dovremo verificare e incrociare le date delle consulenze, l’oggetto delle stesse, i viaggi a Roma, i tempi».

intervento di giovanni legnini

INTERVENTO DI GIOVANNI LEGNINI

Il vice presidente del Csm Giovanni Legnini sta ai fatti. Ribadisce quello che ha anticipato a Repubblica: «L’incarico era legittimo, solo di recente Rossi poteva porsi il problema della compatibilità ». L’affido scade il 31. C’è già chi ipotizza che scada anche l’ipotetico trasferimento d’ufficio per lasciare il posto a un’eventuale azione disciplinare.

Ma chi parla chiaro replica così: «Il Csm deve decidere subito su Rossi. Altrimenti ci accuseranno di non voler andare fino in fondo. La verità è che Rossi ci ha messo in un bel guaio, perché il suo incarico, allo stato, non sembra comportare un trasferimento, ma se il Csm lo assolve verremo attaccati per aver seguito una linea morbida».

Rif:https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/toga-amico-csm-processer-luned-procuratore-capo-115536.htm

Il papà della Boschi è indagato ma il procuratore di Arezzo Roberto Rossi, non lo dice alla Commissione sulle banche

Sentito dalla Commissione di inchiesta sulle banche il procuratore di Arezzo non ha detto nulla sulle nuove indagini sul padre della Boschi, per “falso in prospetto” sull’emissione delle obbligazioni subordinate. Ora rischia deferimento al Csm.


La commissione parlamentare che indaga sugli scandali bancari sta svolgendo diverse audizioni. In una di queste è stato chiamato il procuratore di Arezzo, Roberto Rossi.


Che ha omesso di riferire una cosa importante: Pier Luigi Boschi, padre del sottosegretario alla presidenza del Consiglio ed ex vicepresidente di Banca Etruria, è coinvolto in un nuovo filone di indagine e per questo è stato iscritto nel registro degli indagati “per falso in prospetto”. Di cosa si sta parlando? Le indagini della procura cercano di fare luce sul prospetto redatto dalla banca per l’emissione delle obbligazioni subordinate, dalla cui vendita è derivato lo scandalo. L’operazione era stata decisa dai manager della banca per provare ad aggiustare i conti della banca, dopo che i soci avevano scelto di non sottoscrivere l’aumento di capitale. Nel prospetto informativo non sarebbero stati indicati i rischi per gli investitori, come previsto dalla legge. A segnalarlo alla procura è stata la Consob, che poi ha notificato multe per oltre due milioni di euro agli amministratori dell’istituto di credito. A papà Boschi sono stati chiesti 30mila euro. Come ha scritto La Verità i magistrati hanno chiesto una proroga per andare avanti con le indagini. Ma il procuratore non ha detto nulla in Commissione. Ora rischia il deferimento alCsm. Lui ha inviato una lettera, indirizzata al presidente della commissione di inchiesta sulle banche, Pierferdinando Casini, in cui fornisce dei chiarimenti sulla parte della sua audizione in cui si faceva riferimento al coinvolgimento del padre di Maria Elena Boschi nella vicenda Banca Etruria. Casini ha fatto pervenire la missiva ai membri della bicamerale. Il magistrato aretino sostiene di aver risposto “a tutte le domande” che gli “sono state formulate senza alcuna reticenza né omissione”. E spiega: “Ho chiarito che l’esclusione di Boschi riguardava il processo per bancarotta attualmente in corso, mentre per gli altri procedimenti ho precisato che non essere imputati non significava non essere indagati. Null’altro mi è stato chiesto in merito”.

Rif:http://www.ilgiornale.it/news/politica/banca-etruria-pap-boschi-indagato-procuratore-arezzo-non-1470549.html

Caso Palamara: siamo al “marasma senile”

l Fatto ha dato un grande spazio allo scandalo che per comodità chiameremo “Palamara” ma che in realtà coinvolge l’intero sistema giudiziario. Ed è comprensibile per l’importanza che hanno in uno Stato di diritto l’indipendenza e la credibilità della Magistratura che la nostra Costituzione, dopo l’esperienza fascista, volle indipendente da ogni altro potere. Per non farne però un organo lontano dalla società i nostri Padri costituenti vollero che il Csm, da cui dipendono “le assunzioni, le assegnazioni e i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati”, fosse composto per due terzi da giudici ‘togati’, cioè da magistrati, e per un terzo dai cosiddetti ‘laici’ scelti dal Parlamento fra “professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio”. Furono ingenui i nostri Padri costituenti perché non potevano immaginare la presa che i partiti avrebbero assunto nella società per cui questi stessi partiti immisero nel Csm ‘laici’ non per la loro esperienza in campo giudiziario ma per la loro dipendenza dall’una o dall’altra formazione politica. E questo è stato il primo tarlo che ha cominciato a corrodere la Magistratura italiana nell’era repubblicana.

Rif: https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/06/07/caso-palamara-siamo-al-marasma-senile/5237786/