Procutore Rossi Roberto: La toga che indaga sulle banche lavora pure per Palazzo Chigi Il procuratore capo di Arezzo sarebbe un consulente del governo di Renzi. Lavora per il Dipartimento degli affari giuridici

Il caso di Banca Etruria si allarga ed emerge un nuovo conflitto di interessi. Quello della Boschi è noto, ma adesso entra in campo pure la procura di Arezzo.

A svelare il retroscena è il Fatto Quotidiano, il procuratore capo di Arezzo, quello della Procura che indaga sul presunto conflitto d’interessi degli ex vertici dell’istituto, sarebbe un consulente del governo a Palazzo Chigi. Poi, come spiega Il Fatto Quotidiano, alla voce si sono aggiunge le evidenze: nel numero 81 dell’elenco di consulenti e collaboratori della presidenza del Consiglio ecco materializzarsi il nome di Roberto Rossi, con tanto di curriculum. E nel cv si legge, tra le altre, che l’uomo è “attualmente Procuratore della Repubblica facente funzioni presso la Procura della Repubblica di Arezzo”.

L’uomo è stato nominato nel febbraio di quest’anno tra i consulenti di lavoro del governo Renzi. Di fatto Rossi è a capo della Procura che sta indagando sul caso che lambisce Pier Luigi Boschi, padre del ministro delle Riforme ed ex vicepresidente di Banca Etruria. Nel dettaglio, Rossi è consulente del Dagl (Dipartimento degli affari giuridici e legislativi), a cui capo c’è Antonella Manzione. L’incarico della toga scade il 31 dicembre 2015, e prevede una retribuzione di 5mila euro lordi. Il suo compito a Palazzo Chigi viene così descritto: “Attività di consulenza, instruendo e rendendo pareri in materie riguardanti il diritto penale, la procedura penale, sanzioni amministrative, nonché su problemi concernenti”.

l “Paese delle Meraviglie di Maria Etruria Boschi e Pm Rossi”

Scrive Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano di oggi 19 dicembre 2015: “Dobbiamo tante scuse a Maria Etruria Boschi. Vittime della cultura del sospetto, avevamo ipotizzato un suo conflitto d’interessi nella storiaccia della Banca del Buco. Poi l’abbiamo sentita alla Camera e ogni dubbio è svanito. Ci ha convinti. Se lo dice lei, osservatrice super partes, se lo conferma il suo amico premier e se lo ribadiscono i deputati della maggioranza che devono guadagnarsi la ricandidatura, allora è vero: nessun conflitto d’interessi. Alla luce della sua impeccabile ricostruzione e di testimonianze di prima mano, la storia di Banca Etruria e dei tre decreti salva-banche va riscritta così.”

“4.5.2013. L’assemblea dei soci di Etruria, sull’orlo del crac, nomina vicepresidente Pier Luigi Boschi, membro del Cda dal 2011 e incidentalmente padre di Maria Elena, casualmente promossa due mesi prima ministra delle Riforme e dei Rapporti col Parlamento. Lei, azionista della banca come tutta la famiglia, è pazza di gioia: “Bravo papà, era ora che si accorgessero di quanto sei bravo. Temevo che la mia nomina a ministro ti stroncasse la carriera, invece la tua bravura ha vinto su tutto. Malgrado io sia ministra, ti han promosso lo stesso: sei un fuoriclasse”. Infatti il nuovo vertice, in un anno, riesce a depauperare il patrimonio sociale per 5 miliardi.”

“1.11.2014. Anche Bankitalia si accorge di quant’è bravo Pier Luigi e appioppa una multa di 2,5 milioni a tutto il vertice di Etruria (144 mila euro a lui) per “violazione delle disposizioni sulla governance”, “carenze nell’organizzazione e nei controlli interni”, “carenze nella gestione e nel controllo del credito”, “carenze nei controlli”, “violazioni in materia di trasparenza”, “omesse e inesatte segnalazioni agli organi di vigilanza” – continua Marco Travaglio nel suo l’editoriale dal titolo “Morto un Gelli se ne fa un altro” -. Ma è tutta invidia, infatti lui resta al suo posto finché Bankitalia impone al governo di commissariare Etruria. Il procuratore di Arezzo, Roberto Rossi, indaga per falso in bilancio e altri reati sugli ultimi Cda, dove sedeva papà Boschi, che però è uno dei pochi a non venire indagato.”

“20.1.2015. Il governo Renzi, a Borse chiuse per evitare speculazioni, annuncia un decreto per trasformare le banche popolari in Spa. Tra queste c’è Etruria, che Bankitalia ha già dato per morta. Ma ora pare risorta e i risparmiatori, anziché fuggire a gambe levate, tornano a fidarsi. Nei giorni precedenti però qualcuno se l’è cantata, infatti c’è la corsa ad acquistare titoli di popolari, specie di Etruria.” (…)

Articolo intero su Il Fatto Quotidiano in edicola oggi

(Articolo intero su dagospia.com) – Dobbiamo tante scuse a Maria Etruria Boschi. Vittime della cultura del sospetto, avevamo ipotizzato un suo conflitto d’ interessi nella storiaccia della Banca del Buco. Poi l’ abbiamo sentita alla Camera e ogni dubbio è svanito. Ci ha convinti. Se lo dice lei, osservatrice super partes, se lo conferma il suo amico premier e se lo ribadiscono i deputati della maggioranza che devono guadagnarsi la ricandidatura, allora è vero: nessun conflitto d’ interessi.

Alla luce della sua impeccabile ricostruzione e di testimonianze di prima mano, la storia di Banca Etruria e dei tre decreti salva-banche va riscritta così.

4.5.2014. L’ assemblea dei soci di Etruria, sull’ orlo del crac, nomina vicepresidente Pier Luigi Boschi, membro del Cda dal 2011 e incidentalmente padre di Maria Elena, casualmente promossa due mesi prima ministra delle Riforme e dei Rapporti col Parlamento. Lei, azionista della banca come tutta la famiglia, è pazza di gioia: “Bravo papà, era ora che si accorgessero di quanto sei bravo. Temevo che la mia nomina a ministro ti stroncasse la carriera, invece la tua bravura ha vinto su tutto. Malgrado io sia ministra, ti han promosso lo stesso: sei un fuoriclasse”. Infatti il nuovo vertice, in un anno, riesce a depauperare il patrimonio sociale per 5 miliardi.

1.11.2014. Anche Bankitalia si accorge di quant’ è bravo Pier Luigi e appioppa una multa di 2,5 milioni a tutto il vertice di Etruria (144 mila euro a lui) per “violazione delle disposizioni sulla governance”, “carenze nell’ organizzazione e nei controlli interni”, “carenze nella gestione e nel controllo del credito”, “carenze nei controlli”, “violazioni in materia di trasparenza”, “omesse e inesatte segnalazioni agli organi di vigilanza”.

Ma è tutta invidia, infatti lui resta al suo posto finché Bankitalia impone al governo di commissariare Etruria. Il procuratore di Arezzo, Roberto Rossi, indaga per falso in bilancio e altri reati sugli ultimi Cda, dove sedeva papà Boschi, che però è uno dei pochi a non venire indagato.

20.1.2015. Il governo Renzi, a Borse chiuse per evitare speculazioni, annuncia un decreto per trasformare le banche popolari in Spa. Tra queste c’ è Etruria, che Bankitalia ha già dato per morta. Ma ora pare risorta e i risparmiatori, anziché fuggire a gambe levate, tornano a fidarsi. Nei giorni precedenti però qualcuno se l’ è cantata, infatti c’ è la corsa ad acquistare titoli di popolari, specie di Etruria.

La Boschi, sospettata di aver preso parte al Cdm in conflitto d’ interessi, dice che il verbale è un segreto di Stato, poi però lo viola e giura che non c’ era: sarebbe stato conflitto d’ interessi e poi era in Senato. Lì nessuno l’ ha vista, ma si sa come sono le sante: ubique e, volendo, invisibili.

10.9.2015. Il Cdm approva lo schema del decreto che recepisce la direttiva europea sulle risoluzioni bancarie (bail-in). Riguarda anche Etruria. La Boschi è angosciata: “Mi si nota di più se vado o se non vado? Ma dai, ce lo chiede l’ Europa, che problema c’ è”. E va, come ad altre due riunioni preparatorie (tanto il verbale è segreto, no?). Non sa, la Vispa Teresa, che il diavolo è in agguato: mentre lei invia un sms con le emoticon, una mano furtiva aggiunge all’ art. 35 sei paroline (“nonché dell’ azione del creditore sociale”) che modificano il testo unico bancario sugli istituti commissariati e impediscono ai creditori sociali di chiedere i danni agli ex manager. Incluso papà. Lei non s’ accorge di nulla, glielo fanno sotto il naso: sennò sai come si metterebbe a strillare, allergica com’ è ai conflitti d’ interessi.

5.10.2015. La Boschi invia al presidente del Senato il decreto con dentro il salva-papà infilato a sua insaputa.

31.10.2015. La nota giureconsulta (sta riformando la Costituzione) partecipa ad Arezzo al convegno “Legalità e sviluppo”. Sul palco c’ è un pm, tal Roberto Rossi, e lei si arrovella: “Mi pare di averlo già visto da qualche parte, ma dove? Ah, la memoria!”.

16.11.2015. Nuovo Cdm sul salva-banche. La Boschi non c’ è, né del resto potrebbe accorgersi del codicillo salva-papà. Mica può cogliere certe sottigliezze: è solo laureata in Legge.

22.11.2015. Il Cdm vara il decreto. La Boschi fa sapere che non c’ è (qui il segreto sul verbale non vale). All’ uscita alcuni colleghi l’ avvicinano per spiegarle tutto. Ma lei si tappa le orecchie: “Non voglio sapere né sentire, sarebbe conflitto d’ interessi!”.

Poi uno, sempre a tradimento, butta lì che i conti in banca e le case di papà sono salvi: i creditori sociali non possono più aggredirli, a meno che non lo faccia il commissario scelto da Bankitalia e nominato dal suo governo. Lei spalanca gli occhioni colmi di lacrime: “Davvero avete fatto questo per me? Grazie, ragazzi, che pensiero gentile, non dovevate! Anche a nome di papà. Però per Natale non voglio più nulla, eh? Meno male che mi sono astenuta, se no era conflitto d’ interessi.L’ ho scampata bella!”.

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16.12.2015. Il Fatto rivela che il pm Rossi è consulente della Presidenza del Consiglio dai tempi di Letta, confermato dal governo Renzi, e ogni tanto gironzola per Palazzo Chigi dove ha l’ ufficio anche la Boschi. Figurarsi lo stupore della ministra: “Ecco chi era il pm del convegno! Lo dicevo che quella faccia non mi era nuova! Brrr che paura, è quello che indaga sulla banca di papà! A saperlo prima, mi sarei astenuta pure dal convegno! Fortuna che non sono fisionomista, sennò era conflitto d’ interessi! Matteo, quel Rossi è troppo bravo: lo confermiamo anche per l’ anno prossimo?”

Toghe sporche ci ricorda che abbiamo un grosso problema nella magistratura

Il CSM è diventato, anziché organo di autogoverno e garante dell’autonomia della magistratura, una struttura da cui il magistrato si deve guardare… (con) le correnti trasformate in cinghia di trasmissione della lotta politica” (Giovanni Falcone, 20 maggio 1990)

Il decreto della perquisizione disposta dalla procura di Perugia nei confronti dell’attuale sostituto procuratore a piazzale Clodio racconta una vicenda meritevole di attenzione. Il pm della procura di Roma, Luca Palamara, quando rivestiva il ruolo di componente del Csm avrebbe ricevuto 40 mila euro dagli avvocati Giuseppe Calafiore e Piero Amara per favorire la nomina di Giancarlo Longo a procuratore di Gela, non andata in porto.

Noi restiamo garantisti con tutti, per davvero, ma è interessante sottolineare la difesa di Palamara: “Sulla mia persona si stanno abbattendo i veleni della Procura di Roma, ma ho la tempra forte e non mi faccio intimidire. Sto chiarendo punto per punto tutti i fatti che  mi vengono contestati perchè ribadisco che non ho ricevuto pagamenti, né regali, né  anelli e non ho fatto favori a nessuno”.

Al netto, delle vicende personali da chiarire nelle sedi opportune emergono 3 questioni interessanti:

  1. Nelle procure c’è una guerra per bande, che mette il cittadino alla mercé di procuratori e PM sostanzialmente motivati da ragioni completamente avulse dalla applicazione dei codici. Queste dinamiche si riflettono evidentemente sulle garanzie del cittadino.
  2. Il CSM che dovrebbe vigilare su queste faccende è a sua volta preda di correntismi. Se da un lato è ovunque riconosciuta e richiamata l’assoluta necessità dell’indipendenza dei giudici e dei PM da ogni interferenza esterna, non si nota la stessa attenzione nei confronti della cosiddetta “autonomia interna” del magistrato, quella cioè rispetto al proprio organismo associativo.
  3. C’è da chiedersi se gli strumenti previsti per sanzionare condotte di magistrati corrotti o che comunque abusano del loro siano adeguati, a partire dall’impianto del CSM.

Quali soluzioni?

A) Da queste parti denunciamo da tempo la necessità di una profonda riforma della giustizia (quindi necessariamente costituzionale). Più che di riforma del CSM dovremmo parlare di riforma dei CSM, perché la separazione delle carriere è un bene necessario.

B) A presiedere i due CSM dovrebbe essere, non solo virtualmente, il Capo dello Stato, la cui posizione super partes di raccordo tra i poteri dello Stato garantisca il necessario collegamento della magistratura con le istanze esterne. Il primo presidente della Corte di cassazione è membro di diritto del CSM giudicante, mentre il procuratore generale della Corte di cassazione è membro di diritto del CSM requirente. I componenti di entrambi i nuovi Consigli sono nominati per metà dal Parlamento in seduta comune, e per metà, rispettivamente, dagli appartenenti all’ordine dei giudici e dai pubblici ministeri. La presenza dei due membri di diritto (primo presidente della Corte di cassazione e procuratore generale) garantisce la prevalenza numerica della componente togata. Inoltre, la componente togata di ciascun Consiglio dovrebbe essere nominata, rispettivamente, dai giudici e dai magistrati del pubblico ministero previo sorteggio degli eleggibili. Questo meccanismo è il più idoneo a contrastare il fenomeno della “correntocrazia” e a rafforzare quindi l’autonomia interna dei magistrati. Percorribile l’ipotesi secondo la quale possano essere sorteggiati fra gli eleggibili solo soggetti di garantita esperienza: si pensi a un albo comprensivo dei magistrati già valutati tre volte.

C) La cognizione delle questioni disciplinari è devoluta a un’apposita sezione disciplinare, composta da cinque membri effettivi; il vicepresidente del Consiglio è il presidente della sezione, che è altresì formata da un componente eletto tra quelli designati dal parlamento e da quattro componenti eletti tra quelli togati. Il nostro disegno di legge costituzionale prevederebbe la creazione (dopo i due nuovi CSM) di una terza istituzione: la Corte di disciplina. Separando la funzione disciplinare da quella amministrativa, si escluderebbero rischiose interferenze, evitando che chi è chiamato a valutare, a vario titolo, le carriere dei magistrati (professionalità, conferimento di incarichi dirigenziali, incompatibilità non derivanti da illeciti disciplinari) ne possa giudicare anche i profili disciplinari. Superando, finalmente, anche quella “giustizia domestica” testimoniata a più riprese, logicamente ed eticamente inaccettabile.

Rif:https://www.immoderati.it/2019/05/31/toghe-sporche-ci-ricorda-che-abbiamo-un-problema-nella-magistratura/

“Toghe sporche”: il ministro Bonafede invia gli ispettori nelle procure (Luca Palamara)

Iniziativa nel pieno rispetto dell’autonomia della magistratura che ha aperto un’inchiesta nei primi giorni di maggio, attivando l’Ispettorato di via Arenula per svolgere “accertamenti, valutazioni e proposte”.

ROMA – La vicende che stanno investendo i pm Luca Palamara e Stefano Fava sono all’attenzione del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede che, già nei primi giorni di maggio, ha investito l’Ispettorato di via Arenula del compito di svolgere “accertamenti, valutazioni e proposte“.

Il Guardasigilli come viene riferito, e’ molto preoccupato data la delicatezza della vicenda che coinvolgerebbe anche le nomine del Csm, tiene il massimo riserbo e si riserva di assumere ogni opportuna iniziativa quando il quadro sara’ piu’ chiaro, nel pieno rispetto dell’autonomia della magistratura che ha aperto un’inchiesta.

Oggi intanto Palamara verrà nuovamente ascoltato dai magistrati, il pm ex consigliere del Csm assistito dagli avvocati Benedetto e Mariano Marzocchi e Michele Di Lembo,  viene accusato di aver accettato gioielli e viaggi per pilotare le nomine dei magistrati a capo delle procure. In particolare avrebbe ricevuto 40 mila euro dagli avvocati Giuseppe Calafiore e Piero Amara per favorire la nomina di Giancarlo Longo a procuratore di Gela, non andata in porto.

Mai ricevuto pagamenti. Si stanno abbattendo su di me i veleni della Procura di Roma, – si difende Palamara – ma ho la tempra forte e non mi faccio intimidire. Sto chiarendo punto per tutto tutti i fatti che mi vengono contestati perchè ribadisco che non ho ricevuto pagamenti, nè regali, ne anelli,e non ho fatto favori a nessuno“.

Restano però le intercettazioni della Guardia di Finanza effettuante mediante un captatore (trojan) installato nel telefono di Palamara, che hanno consentito persino di ascoltare le conversazioni di Palamara con due parlamentari (ascoltati quindi casualmente) ed una registrazione con l’ex sottosegretario Luca Lotti (Pd). I parlamentari sono estranei all’indagine.

il procuratore aggiunto Paolo Ielo

Un altro dei soggetti chiave associati alle indagini sui rapporti tra Palamara e Spina è poi il pm romano Stefano Rocco Fava, a sua volta indagato per “favoreggiamento” e “rivelazione del segreto di ufficio in concorso”. Il pm calabrese, firmatario dell’esposto al Csm contro il procuratore Giuseppe Pignatone e l’aggiunto Paolo Ielo, è accusato di aver rivelato a Palamara notizie sulle indagini a suo carico e di averlo aiutato ad eluderle fornendo atti e documenti.

C’avrai la tua rivincita perché si vedrà che chi ti sta fottendo (…) forse sarà lui a doversi difendere a Perugia, per altre cose perché noi a Fava lo chiamiamo”, diceva al telefono Spinaall’amico Palamara, che gli rispondeva: “No adesso lo devi chiamare altrimenti mi metto a fare il matto“. Nei colloqui intercettati anche la necessità di far arrivare a capo della procura di Perugia un magistrato amico in grado di alleggerire la sua posizione e magari aprire un fascicolo contro l’aggiunto Paolo Ielo, che aveva trasmesso gli atti arrivati da Messina a Perugia per competenza.

Dal fascicolo d’ indagine della Procura di Perugia sul pm Palamara, affidato alla pm Gemma Milano e al Gico della Guardia di Finanza di Roma si evince che Palamara avrebbe acquisito informazioni anche attraverso il commercialista Andrea De Giorgio, consulente nominato anche all’interno della Procura della Repubblica di Roma. Secondo i pm, “la consegna di queste carte ‘contro’ i suoi colleghi da parte di Fava e parimenti le informazioni assunte dal De Giorgio” hanno “per Palamara, nella sua ottica, un valore al contempo difensivo e forse di ‘ritorsione“.  Adesso al vaglio degli inquirenti ci sono i file contenuti in uno dei computer dell’ex consigliere del Csm sequestrato a piazzale Clodio.

Rif:https://www.ilcorrieredelgiorno.it/toghe-sporche-il-ministro-bonafede-invia-gli-ispettori-nelle-procure-per-accertare-il-caos-in-corso/

Toghe sporche, la Procura: “A Palamara 40mila euro per favorire una nomina”

E’ quanto scritto nel decreto della perquisizione disposta dalla Procura di Perugia nei confronti dell’attuale sostituto procuratore a piazzale Clodio, che avrebbe ricevuto il denaro per favorire la nomina di Giancarlo Longo a procuratore di Gela. La replica del pm: “Veleni della procura su di me, mai preso soldi o regali e mai fatto favori”

Toghe sporche, la Procura: "A Palamara 40mila euro per favorire una nomina"

ROMA. Il pm della procura di Roma, Luca Palamara, quando rivestiva il ruolo di componente del Csm avrebbe ricevuto 40 mila euro dagli avvocati Giuseppe Calafiore e Piero Amara per favorire la nomina di Giancarlo Longo a procuratore di Gela, non andata in porto. E’ quanto emerge dal decreto della perquisizione disposta dalla Procura di Perugia nei confronti dell’attuale sostituto procuratore a piazzale Clodio.

Negli atti si afferma che Palamara “quale componente del Csm riceveva da Calafiore e Amara la somma pari ad euro 40 mila per compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio, ovvero agevolare e favorire il medesimo Longo (arrestato nel febbraio del 2018 nell’ambito dell’inchiesta su corruzione in atti giudiziari dalla Procura di Messina – ndr) nell’ambito della procedura di nomina a procuratore di Gela alla quale aveva preso parte Longo, ciò in violazione dei criteri di nomina e selezione”.
Rif: https://www.repubblica.it/cronaca/2019/05/30/news/toghe_sporche_a_palamara_40mila_euro_per_favorire_una_nomina-227584340/

Scandalo Banca Etruria, il vizietto del procuratore smemorato (Roberto Rossi)

Il titolare della procura di Arezzo ha omesso di dire in Commissione che Boschi sr è indagato per “falso in prospetto”. Lo aveva già fatto davanti al Csm un anno e mezzo fa.

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E’ uno stile preciso del procuratore. Un vizietto, sarebbe il caso di dire. Rossi finì davanti al Csm nel dicembre 2015 per valutare se ci fossero conflitti di interesse tra l’indagine avviata sul dissesto di Banca Etruria. Era emerso infatti che il procuratore aveva nel novembre 2013 (governo Letta) una consulenza  a palazzo Chigi proseguita per pochi mesi anche mentre Maria Elena Boschi era ministro. In quell’occasione gli fu chiesto se avesse rapporti di conoscenza con la famiglia Boschi. Il procuratore disse di no. E solo dopo venne fuori che invece Rossi, prima sostituto e poi procuratore ad Arezzo dal 2014, aveva indagato altre due volte su Pier Luigi Boschi: per la compravendita della Fattoria La Dornafinita con un’archiviazione; e poi per “dichiarazione infedele”, filone anche questo che si chiuse nell’aprile 2014 quando l’Agenzia delle Entrate fece pagare a Boschi “i maggiori imponibili in capo alla Fattoria di Dorna”, 38.576 euro di Irpef e 814 euro di addizionale regionale.Dove si dimostra che le commissioni d’inchiesta parlamentari, quando ci sono indagini in corso, sono ad alto rischio strumentalizzazione”. A palazzo dei Marescialli, sede del Csm, dove ancora è aperto un fascicolo per una casa di campagna avuta senza pagare l’affitto, non sono ancora arrivate richieste di verificare eventuali profili del procuratore di Arezzo Roberto Rossi. “Se dovessero arrivare, valuteremo il dà farsi” si spiega. Ma la sensazione è che si sia davanti ad una tempesta in un bicchier d’acqua. Se in Commissione, giovedì scorso, la domanda specifica su Pier Luigi Boschi e il suo eventuale coinvolgimento nel filone d’inchiesta che riguarda il cosiddetto “prospetto informativo 2013 sui profili di rischio per i risparmiatori delle obbligazioni subordinate” non è stata fatta, il procuratore non era tenuto a rivelare che Boschi è indagato. Avrebbe potuto farlo, chiedendo di secretare l’audizione, ma non era obbligato a farlo.

Dove si dimostra che le commissioni d’inchiesta parlamentari, quando ci sono indagini in corso, sono ad alto rischio strumentalizzazione”. A palazzo dei Marescialli, sede del Csm, dove ancora è aperto un fascicolo per una casa di campagna avuta senza pagare l’affitto, non sono ancora arrivate richieste di verificare eventuali profili del procuratore di Arezzo Roberto Rossi. “Se dovessero arrivare, valuteremo il dà farsi” si spiega. Ma la sensazione è che si sia davanti ad una tempesta in un bicchier d’acqua. Se in Commissione, giovedì scorso, la domanda specifica su Pier Luigi Boschi e il suo eventuale coinvolgimento nel filone d’inchiesta che riguarda il cosiddetto “prospetto informativo 2013 sui profili di rischio per i risparmiatori delle obbligazioni subordinate” non è stata fatta, il procuratore non era tenuto a rivelare che Boschi è indagato. Avrebbe potuto farlo, chiedendo di secretare l’audizione, ma non era obbligato a farlo.

E’ uno stile preciso del procuratore. Un vizietto, sarebbe il caso di dire. Rossi finì davanti al Csm nel dicembre 2015 per valutare se ci fossero conflitti di interesse tra l’indagine avviata sul dissesto di Banca Etruria. Era emerso infatti che il procuratore aveva nel novembre 2013 (governo Letta) una consulenza  a palazzo Chigi proseguita per pochi mesi anche mentre Maria Elena Boschi era ministro. In quell’occasione gli fu chiesto se avesse rapporti di conoscenza con la famiglia Boschi. Il procuratore disse di no. E solo dopo venne fuori che invece Rossi, prima sostituto e poi procuratore ad Arezzo dal 2014, aveva indagato altre due volte su Pier Luigi Boschi: per la compravendita della Fattoria La Dornafinita con un’archiviazione; e poi per “dichiarazione infedele”, filone anche questo che si chiuse nell’aprile 2014 quando l’Agenzia delle Entrate fece pagare a Boschi “i maggiori imponibili in capo alla Fattoria di Dorna”, 38.576 euro di Irpef e 814 euro di addizionale regionale.

Dunque, anche allora Rossi omise dettagli importanti ma non rilevanti (le inchieste erano state archiviate e indagare una persona non vuol dire conoscerla o averci rapporti) davanti al Csm e certo non mentì. Il fascicolo su Banca Etruria rimase infatti saldamente sulla scrivania del procuratore che, generoso o meno di dettagli, dimostrava di non fare sconti alla famiglia Boschi. 

La storia si ripete oggi. Ed è nuovamente bufera, politica più che giudiziaria. Nel corto circuito mediatico che sempre investe il caso Banca Etruria (l’istituto di credito toscano è fallito nel novembre 2015 mangiandosi circa 300 milioni di 35 mila correntisti in parte risarciti dal governo), per raccontare cosa è successo convieneaggrapparsi ai fatti, così come sono avvenuti.

L’audizione

Giovedì scorso il procuratore Rossi Roberto viene sentito in Commissione parlamentare che indaga sul crac di sette banche. Di quelle quattro ore di audizione restano tre questioni: 1) Bankitalianon ha vigilato come avrebbe dovuto e anzi aveva caldeggiato la fusione tra il 2014 e il 2015 con Popolare Vicenza (un’altra banca fallita) il cui dissesto era però in condizioni assai peggiori di Etruria; 2)Pier Luigi Boschi non era indagato per bancarotta perché non aveva firmato prestiti che sono stati alla base della bancarotta; 3) Boschi senior è entrato nel cda della banca nel 2011 senza deleghe, è diventato vicepresidente nel marzo 2014 ma i finanziamenti allegri, quelli che hanno minato la solidità della banca sono avvenuti tra il 2008 e il 2010. 

Da ora in poi, nel racconto, occorre stare alle parole usate dal procuratore e che sono state registrate. L’audizione è stata più volte secretata. Quando a Rossi è stato chiesto perché Boschi sr“non è stato rinviato a giudizio per bancarotta”, il procuratore ha risposto che non fu lui, che neppure era nel cda, a firmare le operazioni avventate. Ma disse anche che “non essere imputati non significa non essere indagati in altri procedimenti”. Fissate bene questa frase.

Boschi indagato 

Il quotidiano La Verità domenica scrive invece che Boschi sr è indagato per “falso in prospetto”. L’indagine è proprio di Rossi che ha aperto un fascicolo sulle obbligazioni di Banca Etruria ritenute rischiose e che sarebbero state vendute ai clienti non adeguatamente informati, attraverso i prospetti, dei rischi di quell’investimento. La Consob infatti ha già multato Boschi per circa 40 mila euro. 

La lettera del procuratore

Arriva a metà pomeriggio al presidente Casini che la gira, in via riservata ai membri della Commssione. Il testo è, ovviamente, pubblico dopo pochi minuti. “Non ho nascosto nulla circa la posizione del consigliere Pierluigi Boschi in relazione alle domande che mi venivano poste – scrive il procuratore – Ho anzi chiarito e ribadito che la sua esclusione riguardava il processo per bancarotta attualmente in corso mentre per gli altri procedimenti, a domanda, ho precisato che non essere imputati non significava non essere indagati. Null’altro mi è stato chiesto in merito”. Il procuratore definisce “gravemente offensive” le accuse ricevute visto che “ho risposto a tutte le domande che mi sono state formulate senza alcuna reticenza o omissione”. Il procuratore ha allegato il file con il verbale dell’audizione e le risposte fornite sul punto al deputato M5S Alessio Villarosa. 

Domattina l’ufficio di presidenza della Commissione si occuperà del caso. Brunetta sembra sulle barricate. Il Presidente Casini ha detto che, “per quello che mi riguarda ho già avuto le risposte che mi servivano”. E comunque decideranno domani il dà farsi. 

Opposizioni all’attacco

Così come il Pd esultò giovedì scorso chiedendo le scuse da chi in questi anni li ha attaccati su Etruria quasi fosse l’unico male del paese, oggi vanno a nozze 5 Stelle e opposizioni varie. Il senatore Augello di centrodestra (Idea) è stato tra i più attenti a mettere a nudo il pasticcio e oggi tra i più duri: “Rossi ha chiesto che la lettera rimanesse riservata perché ha ancora il senso del ridicolo”. Il Pd mette in campo i membri in commissione, da Mirabelli a Vazio, da Esposito al tesoriere Stefano Bonifazi. Si difende il procuratore (“nessuno di noi, meno che mai i 5 Stelle hanno fatto una domanda specifica su questo filone di indagine”) e si attacca chi “continua ad attaccare Banca Etruria per colpire la famiglia Boschi senza ragionare su quanto è successo nel sistema di credito italiano in questi anni”. 

Il post di Maria Elena 

In serata il sottosegretario Boschi affida a Facebook la sua amarezza, “da due anni questa vicenda viene usata per attaccare me e il Pd”. “Nessuno – si legge sul post – può negare che il Pd ha commissariato l’istituto e che abbiamo lottato contro il sistema sbagliato delle vecchie Banche popolari. Si utilizza la vicenda Banca Etruria per mettere in secondo piano le vere vicende, complicate, del sistema bancario italiano. Chi ha sbagliato ad Arezzo ha pagato e pagherà.. Io penso che sarebbe più giusto farechiarezza sugli errori fatti da tanti per non sbagliare più”. Ma Banca Etruria è un ventilatore troppo prezioso e utile per essere messo a tacere durante la campagna elettorale. La Commissione in chiusura di legislatura, difficilmente avrà l’autorevolezza di essere arbitro. E con questo il Pd deve fare i conti. 

Rif: https://notizie.tiscali.it/politica/articoli/scandalo-etruria-pm-vizietto/

Adnkronos: Banca Etruria, cosa c’è da sapere sul PM Roberto Rossi

Non si placa lo scontro sul nuovo filone d’inchiesta che riguarda il dissesto di Banca Etruria, affrontato in questi giorni nella Commissione d’inchiesta sulle banche presieduta da Pier Ferdinando Casini. A finire sotto i riflettori è il procuratore di Arezzo Roberto Rossi, accusato da alcuni componenti di aver omesso parte della verità rispetto al “presunto status di indagato di Pier Luigi Boschi”, ex vicepresidente dell’istituto bancario e padre della sottosegretaria Maria Elena Boschi. Ma chi è Rossi? Cosa ha detto in commissione? E perché la sottosegretaria ha annunciato azione civile nei confronti dell’ex direttore del ‘Corriere della Sera’, Ferruccio de Bortoli?

CHI E’ ROBERTO ROSSI – Roberto Rossi è il procuratore di Arezzo che giovedì scorso ha deposto davanti alla Commissione d’inchiesta sulle banche in merito alle indagini della Procura di Arezzo sul dissesto di Banca Etruria.

L’AUDIZIONE IN COMMISSIONE – Nella sua deposizione, Rossi ha ricordato che è stata la Banca d’Italia “in seguito a una serie di ispezioni” e dopo aver avanzato soluzioni “per risolvere una situazione deteriorata” a proporre il commissariamento per Banca Etruria, nel febbraio del 2015, avvenuto attraverso un decreto del Tesoro. Quanto al capitolo Boschi, il padre della sottosegretaria Maria Elena Boschi ed ex vicepresidente dell’istituto, Rossi ha sottolineato che il non rinvio a giudizio per Boschi senior “non è un caso singolo”. Dopo la deposizione, alcuni componenti della Commissione d’inchiesta hanno però accusato Rossi di aver omesso parte della verità rispetto al caso Banca Etruria, in particolare rispetto al “presunto status di indagato di Pier Luigi Boschi”.

PIER LUIGI BOSCHI E’ INDAGATO? – Domenica scorsa il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, ‘La Verità’, ha rivelato che “l’ex presidente Giuseppe Fornasari, Boschi senior e altri dieci consiglieri del cda insediatosi nell’aprile 2011, oltre all’ex direttore generale Luca Bronchi e a quattro membri del collegio sindacale, risultato iscritti sul registro degli indagati della Procura di Arezzo per bancarotta e falso in prospetto (il foglietto informativo che va ai clienti delle obbligazioni subordinate)”. Il quotidiano ha parlato quindi di “un filone che dovrebbe essere arrivato quasi al giro di boa della richiesta di proroga delle indagini e che è stato innescato dalle conclusioni e dalle sanzioni che la Consob ha comminato a 17 ex amministratori per i subprime spazzatura”.

LA REPLICA DI ROSSI – Ieri il procuratore di Arezzo, Roberto Rossi, ha inviato una lettera al presidente della Commissione banche, Casini, nella quale sottolinea di aver risposto “a tutte le domande che mi sono state formulate senza alcuna reticenza né omissione”. “Non ho nascosto nulla circa la posizione del consigliere Pierluigi Boschi in relazione alle domande che mi venivano poste” scrive il procuratore di Arezzo, rispondendo in merito agli “addebiti gravemente offensivi” attorno a quanto da lui dichiarato alla commissione sul caso Banca Etruria e sullo status di Pier Luigi Boschi.

Per provare la sua condotta, il magistrato ha riportato una copia del verbale della commissione, aggiungendo di aver “chiarito e ribadito che la sua esclusione riguardava il processo per bancarotta attualmente in corso, mentre per gli altri procedimenti, a domanda, ho precisato che non essere imputati non significava non essere indagati. Null’altro mi è stato richiesto in merito”. Rossi ha quindi rimarcato che “non appena mi sono state fatte domande sull’ipotesi di falso in prospetto, ho chiesto la secretazione dell’audizione in quanto vi sono indagini preliminari sul punto. Le domande in merito hanno riguardato i fatti oggetto di indagine e non, in alcun modo, le persone iscritte nel registro degli indagati. Ho chiarito i punti che mi venivano sollecitati riferendomi ovviamente allo stato delle indagini in corso”.

LE REAZIONI – Il senatore di Idea, Andrea Augello ha chiesto a Casini “di accertare l’esistenza di un filone d’indagine nei confronti dei membri del Consiglio di amministrazione di Banca Etruria sulla denuncia di Consob riguardo alle falsificazioni dell’ultimo prospetto per l’emissione di obbligazioni subordinate”. Inoltre, Augello, dopo la richiesta di trasmissione dei verbali delle audizioni e della lettera di Rossi al Csm, ha chiesto che Rossi “venga formalmente convocato per un’audizione testimoniale per completare la sua esposizione sulle inchieste in corso a margine della vicenda di Banca Etruria dicendoci finalmente tutta la verità. Sempre ammesso che gli riesca”. Ieri Casini ha fatto sapere che la lettera di Rossi “fornisce una risposta chiara ed esauriente. Tutto il resto afferisce ai giudizi politici che ciascun Gruppo ha il diritto di formulare”.

CHE C’ENTRA DE BORTOLI? – Dopo le polemiche, ieri la sottosegretaria Maria Elena Boschi con un post su Facebook ha annunciato di aver firmato “il mandato per l’azione civile di risarcimento danni nei confronti del dottor Ferruccio de Bortoli”. Nel maggio scorso, sempre via social, Boschi aveva comunicato l’intenzione di procedere per vie legali “per tutelare il mio nome e il mio onore” in seguito alle anticipazioni del libro dell’ex direttore del ‘Corriere della sera’, ‘Poteri forti (o quasi)’ diffuse sull’Huffington Post.

Nel suo libro, de Bortoli racconta che nel 2015 l’allora ministra delle Riforme Boschi chiese a Federico Ghizzoni, all’epoca amministratore delegato di Unicredit, di valutare l’acquisto di Banca Etruria, la banca del padre. Un episodio subito smentito dalla sottosegretaria.

“Mi aspettavo l’annunciata querela per diffamazione, che non è mai arrivata – ha replicato su Twitter de Bortoli-. Dopo quasi sette mesi apprendo che l’onorevole Boschi mi farà causa civile per danni. Grazie”.

Rif: https://www.adnkronos.com/soldi/economia/2017/12/05/banca-etruria-cosa-sapere_l5EAOj30jOLvYmZOySKXdJ.html

COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SUL SISTEMA BANCARIO E FINANZIARIO AUDIZIONE DEL DOTTOR ROBERTO ROSSI, PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO

COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SUL SISTEMA BANCARIO E FINANZIARIO

AUDIZIONE DEL DOTTOR ROBERTO ROSSI, PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO

Testo completo: http://www.parlamento.it/application/xmanager/projects/parlamento/Banche-20173011-BOZZA_NON_CORRETTA.pdf

La banca, il pm Rossi e la ministra. Cosa sta succedendo sul caso Etruria

Il magistrato di Arezzo accusato di aver mentito sull’inchiesta, il feroce attacco dell’opposizione e il contrattacco di Maria Elena Boschi. Cosa c’è da sapere su una storia di cui non si riesce a venire a capo  .

 scontro aperto sul caso Etruria. Con M5S sul piede di guerra, il pm di Arezzo che si difende dall’accusa di aver ‘mentito’ sulla nuova inchiesta che coinvolge il padre della Sottosegretaria Maria Elena Boschi e la stessa Boschi che annuncia querele e indica qual è il reale obiettivo degli ‘avversari’: “Qualcuno usa questa vicenda da due anni per attaccare me e il Pd”.

Il tesoriere dem, Francesco Bonifazi, mette in chiaro: “Noi non abbiamo paura delle strumentalizzazioni politiche. Noi vogliamo la verità, per le famiglie e per le piccole imprese colpite. Su questa cosa non facciamo sconti a nessuno: vogliamo andare fino in fondo e vedremo chi ha ragione”.

Che cosa è successo

La nuova bufera sulla vicenda Etruria scoppia dopo la notizia della nuova inchiesta che coinvolge il padre della Boschi, iscritto nel registro degli indagati per la vendita delle obbligazioni subordinate alla clientela retail di Banca Etruria. Nel mirino finisce la Procura di Arezzo: il pm Roberto Rossiera stato audito dalla commissione di inchiesta sulle Banche la scorsa settimana e ora viene accusato di aver “omesso parte della verita'”.

 Elena Maria Boschi (Agf)

Rossi si difende in una lettera inviata al presidente della commissione, Pier Ferdinando Casini: “Tutto quello che avevo da dire l’ho detto in commissione”, avrebbe spiegato nella missiva il pm. “Non ho nascosto nulla circa la posizione del consigliere Boschi in relazione alle domande che mi venivano poste” dalla Commissione parlamentare. “Le domande hanno riguardato i fatti in oggetto e non, in alcun modo, le persone iscritte nel registro degli indagati”, avrebbe aggiunto, secondo quanto riporta Repubblica.it. I primi a partire lancia in resta contro il Pd e il Pm Rossi sono i 5 Stelle: “Bisogna fare chiarezza”, tuona Carla Ruocco. Poi l’affondo sul blog di Beppe Grillo: “Il Pd prima usa le banche per coltivare potere e clientele. Poi, quando le ha definitivamente scassate, lascia sul lastrico i risparmiatori”. Insomma, “sono evidenti i conflitti di interesse dei governi Pd”.

Il lungo elenco di quelli che chiedono chiarezza

Ma non sono solo i Cinque Stelle a chiedere delucidazioni. Anche da Mdp arriva la richiesta che venga fatta chiarezza: “L’ufficio di presidenza della commissione dovrà affrontare seriamente e approfonditamente la questione – sottolineano Zoggia e Migliavacca – La commissione è un organismo di rilevanza istituzionale, con poteri e competenze stringenti che non si possono eludere. Non si può scherzare”.

Anche Sinistra italiana vuole vederci chiaro. Ma il presidente Casini ritiene che le spiegazioni rese dal pm Rossi siano convincenti: “La lettera odierna del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Arezzo, Roberto Rossi, fornisce una risposta chiara ed esauriente. Tutto il resto afferisce ai giudizi politici che ciascun Gruppo ha il diritto di formulare”.

Per approfondire leggi anche l’articolo sul Corriere della Sera

Il pm sulla graticola

In ogni caso, domani l’Ufficio di Presidenza della Commissione potrebbe discutere dell’ipotesi di riascoltare il pm. Nuova audizione che chiederà proprio il Pd, fa sapere il senatore Andrea Marcucci. Ma i pentastellati non mollano la presa e anzi rilanciano: “Boschi e Renzi devono andarsene”.

Nel tardo pomeriggio interviene Maria Elena Boschi e annuncia querele contro Ferruccio De Bortoli e altri giornalisti. Poi mette in chiaro: “Dal punto di vista politico il nostro comportamento è stato ineccepibile. Nessuno può negare questi due fatti: noi abbiamo commissariato e noi abbiamo lottato contro il sistema sbagliato delle vecchie banche popolari. Si utilizza la vicenda Banca Etruria per mettere in secondo piano le vere vicende, complicate, del sistema bancario italiano. Onestà intellettuale vorrebbe che si riconoscesse che questo atteggiamento è sbagliato e segue l’obiettivo della polemica politica, non della tutela dei risparmiatori”.

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Parole che non convincono il candidato premier dei pentastellati: sul pm Rossi “deciderà il Csm”, afferma Luigi Di Maio, che aggiunge: “Qui il caso è politico e come diciamo noi da due anni hanno fatto una legge per salvare la banca della Boschi e mandare sul lastrico i risparmiatori”.

Risponde la Sottosegretaria Boschi via twitter: “Il fuggitivo Di Maio anche oggi mi attacca su Etruria ma scappa dal confronto che gli ho proposto sul tema banche. Vorrebbe governare un paese e non regge un dibattito nel merito?”.

Il #fuggitivo Di Maio anche oggi mi attacca su #Etruria ma scappa dal confronto che gli ho proposto sul tema banche. Vorrebbe governare un Paese e non regge un dibattito nel merito? https://www.facebook.com/boschimariaelena/posts/1561818043905809 …1.34721:46 – 4 dic 2017Informazioni e privacy per gli annunci di Twitter1.120 utenti ne stanno parlando

Ma il Cinque Stelle Alessandro Di Battista rincara la dose: “Il procuratore di Arezzo ha la stessa credibilità della Boschi: zero! Un manipolo di renziani ha colpito i risparmiatori. La Boschi in Parlamento disse di non essersi mai occupata di banche. Ha mentito e deve andare a casa immediatamente!”. Per il capogruppo dem alla Camera, Ettore Rosato “i grillini usano le banche per attaccare il Pd. Ma quando si entra nel merito si capisce che c’è solo la volontà di sollevare polveroni”. 

rif:https://www.agi.it/politica/banca_etruriamaria_elena_boschi_cosa_succede-3200171/news/2017-12-05/

Banca Etruria, PM Roberto Rossi si difende ma la partita non è chiusa

Dopo aver parlato per giorni dell’inchiesta su Banca Etruria e sul ruolo della Vigilanza, ora sotto la lente della Commissione di inchiesta sulle banche è finito il procuratore capo di Arezzo, Roberto Rossi, che secondo alcuni politici, riuniti a Palazzo San Macuto, avrebbe «omesso» il nome di Pierluigi Boschi e non avrebbe spiegato in modo chiaro la sua posizione di indagato. Il padre della ex ministra risulta indagato per falso in prospetto, mentre dovrebbe essere in fase di archiviazione nel fascicolo sulla bancarotta fraudolenta.

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L’attenzione politica quindi si sposta dal cuore delle indagini sull’istituto aretino alle presunte omissioni commesse dal procuratore, che in audizione si sarebbe limitato a rispondere alle domande senza sviluppare le questioni relative a Boschi padre, ex membro del cda (dal 2011) e vicepresidente (negli ultimi 6 mesi) di Banca Etruria.

La lettera del procuratore 
Il procuratore aretino Rossi ha scritto così una lettera indirizzata al presidente della Commissione parlamentare di inchiesta, Pierferdinando Casini, riportando la trascrizione del dialogo con l’onorevole Alessio Villarosa (M5S), che chiedeva la posizione di Boschi padre. Quindi ha spiegato il suo punto di vista.

Durante la prima parte dell’audizione a Palazzo San Macuto si è parlato dell’indagine per bancarotta fraudolenta, e qui è stato spiegato che ci sono alcune richieste di rinvio a giudizio, mentre altri ex consiglieri, tra cui Boschi, ne sono usciti (14 in tutto). Spiega nella sua lettera il procuratore che non ha «mai nascosto nulla circa la posizione del consigliere Pierluigi Boschi in relazione alle domande che mi venivano poste. Ho anzi chiarito e ribadito che la sua esclusione riguardava il processo per bancarotta attualmente in corso, mentre per gli altri procedimenti, a domanda, ho precisato che non essere imputati non significa non essere indagati. Null’altro mi è stato chiesto in merito».

Durante la seconda parte dell’audizione è stato affrontato il nuovo dossier sul falso in prospetto e abuso di credito. Parte secretata perché sono ancora in corso le indagini preliminari. A questo proposito ha spiegato che «ho chiesto la secretazione dell’audizione in quanto vi sono in corso indagini preliminari. Le domande in merito hanno riguardato i fatti oggetto di indagine e non in alcun modo le persone iscritte nel registro degli indagati. Ho chiarito i punti che mi venivano sollecitati riferendomi ovviamente allo stato delle indagini in corso». «Mi sembra che la lettera chiarisca», ha detto ieri sera Casini.

Etruria, pm Arezzo contro Bankitalia su ipotesi di fusione con Pop Vicenza

Le reazioni in commissione 
La Commissione di inchiesta si divide su Etruria tra chi ritiene che il pm abbia messo il dito nella piaga della Vigilanza e chi invece pensa che siano state omesse le condotte del cda (in particolare di Boschi). Mentre il Csm al momento non solleva questioni disciplinari sul comportamento del procuratore Rossi, i membri della Commissione di inchiesta potrebbero decidere di ascoltare di nuovo l’inquirente, o addirittura sollevare la questione di presunta falsa testimonianza.

Intanto arrivano dure reazioni alla lettera inviata a Casini. «Ho letto la missiva che il procuratore di Arezzo ha trasmesso per giustificare la sua reticenza davanti alla Commissione inquirente parlamentare e ho capito subito perché ha chiesto che rimanga riservata: evidentemente questo magistrato ha ancora un minimo senso del ridicolo e del pudore», dichiara il senatore di Idea Andrea Augello.

De Bortoli: Boschi chiese a Ghizzoni l’acquisto di Etruria. Lei: mai fatto

Indagine e scontro politico 
L’inchiesta di Arezzo torna ad essere in Commissione terreno per lo scontro politico. Il nome di Boschi viene usato contro o a favore del Pd. Intanto esce allo scoperto Maria Elena Boschi, che dichiara di voler querelare l’ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli, autore del libro “Poteri forti (o quasi)”, in cui scrive che la ex ministra avrebbe tentato pressioni su Federico Ghizzoni, ex ad Unicredit, per risolvere il problema finanziario di Banca Etruria, quando ancora Boschi senior sedeva al vertice dell’istituto aretino. «Ho firmato il mandato per l’azione civile di risarcimento danni nei confronti del dottor Ferruccio de Bortoli. A breve procederò anche nei confronti di altri giornalisti. Non lo avevo mai fatto prima». 

«Facciamo notare agli yes men renziani che qui si sta parlando di una indagine sulle due obbligazioni subordinate del 2013 che turlupinarono i piccoli risparmiatori per un totale di circa 110 milioni, allo scopo di puntellare il malmesso stato patrimoniale della banca. È coinvolto tutto il Cda 2011-2014 e non ci pare che Pier Luigi Boschi fosse in quel momento un passante occasionale dalle parti di Etruria», lo dicono i deputati M5S con Laura Castelli.

Rif: https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-12-05/rossi-si-difende-ma-partita-non-e-chiusa-084032.shtml?uuid=AEuUc6MD