La figlia di Borsellino contro i giudici “indegni” e la commissione Antimafia

La Commissione nazionale antimafia e il Parlamento «strumentalizzano ai fini mediatici» e in occasione del 27esimo anniversario della morte di Paolo Borsellino «desecretando gli atti del Csm e della stessa Commissione antimafia. Una vergogna». È la denuncia di Fiammetta Borsellinoche, in una intervista a Francesco Viviano del Quotidiano del Sud,critica sia l’Antimafia guidata da Nicola Morra (M5s) che il Csm dopo la desecretazione degli atti su suo padre.

rif: https://www.secoloditalia.it/2019/07/la-figlia-di-borsellino-contro-i-giudici-indegni-e-la-commissione-antimafia/

I figli di Craxi: “Borrelli? Tangentopoli fu un colpo di Stato”

Tra le reazioni nel mondo politico alla morte dell’ex capo del pool di Mani Pulite, Francesco Saverio Borrelli, spiccano quelle dei figli di Bettino Craxi. Stefania: “Protagonista di una stagione infausta”. Bobo: “Il suo un colpo di stato

La morte a 89 anni del giudice Francesco Saverio Borrelli, il capo del pool di Mani Pulite che legò a sé la lunga e tormentata stagione di Tangentopoli, non poteva lasciare indifferente il mondo politico. 

Nelle ore successive alla scomparsa dell’ex procuratore aggiunto del Tribunale di Milano, sono fioccati i commenti di alcuni dei protagonisti – diretti o indiretti – della stagione che ha visto il più forte scontro tra politica e giustizia della storia repubblicana. Tra le voci più importanti quelle dei figli di Bettino Craxi, Bobo e Stefania. Fu proprio l’inchiesta di Mani Pulite a sancire la fine dell’esperienza politica dello storico segretario del Psi, coinvolto nelle indagini condotte da Di Pietro, Colombo, Davigo e Boccassini, coordinate proprio da Borrelli.

Stefania Craxi: “Fu il protagonista di una stagione infausta”

“Con lui viene a mancare uno dei protagonisti principali di una stagione infausta della nostra storia repubblicana”. Così Stefania Craxi, parlamentare di Forza Italia e vicepresidente della Commissione Affari esteri del Senato, sul giudice Borrelli. “A dispetto di molte comparse del tempo, compresi taluni suoi compagni magistrati assurti ad eroi e gettatasi nell’agone politico ed alla ricerca di incarichi pubblici, Borrelli scelse con coerenza di vestire solo e sempre la toga e nei recenti anni”, il commento della figlia dell’ex leader del Psi.

E ancora: “Pur sempre con reticenza ed omissioni, Borrelli ebbe ad avanzare alcune riflessioni amare sugli effetti prodotti dalle inchieste di Mani pulite. Il tempo, come sempre, pronuncerà parole di verità. Ma la sua dipartita – prosegue la senatrice – porta con sé molti segreti e molti ‘detto non detto’ che, nonostante il lavoro della storia, resteranno probabilmente celati. Nel momento del dolore e della sofferenza, il silenzio è il rispetto sono pertanto dovuti all’uomo e alla famiglia”.

Bobo Craxi: “Borrelli punta di diamante di un colpo di Stato”

Altrettanto velenoso il commento del fratello Bobo Craxi, che ha definito Borrelli “un protagonista della storia di questo Paese. È stato espressione di una funzione di scardinamento delle forze che governavano all’epoca, dopo di che negli anni successivi ha riflettuto sul disastro compiuto. Negli ultimi anni, in un libro, Borrelli dichiarò che ‘non valeva la pena di buttare all’aria il mondo precedente per cascare poi in quello attuale’. Insomma, si rese conto da solo del disastro che combinarono”, aggiunge Craxi.

“L’Italia uscita da Tangentopoli – conclude l’esponente del Psi – è peggiore di quella che c’era prima. Fu una delle punte di diamante di quello che io considero un colpo di Stato, il sovvertimento di un organo dello Stato da parte di un altro. Dopo di che pace all’anima sua”.

Il ricordo di Sgarbi e Cicchitto

Non solo i fratelli Craxi. A commentare la scomparsa di Borrelli, tra gli altri, anche Vittorio Sgarbi e Fabrizio Cicchitto. Ad Adnkronos, il critico d’arte ha detto che Borrelli “È stato popolarissimo, un uomo di straordinaria intelligenza e cultura, l’anti Di Pietro. Anzi, stava a Di Pietro come la Treccani sta a Topolino. Eppure si è fatto sconfiggere proprio da Topolino. Borrelli – aggiunge Sgarbi – è stato un uomo intelligentissimo, coltissimo, grande melomane, che però ha la responsabilità della distruzione della civiltà politica democratica rappresentata dai partiti”. Mentre per l’ex deputato e senatore di Forza Italia e Pdl, “Borrelli fu il leader della magistratura italiana nel periodo di Mani Pulite ma fu anche largamente condizionato dal suo vice D’Ambrosio che difese in modo assai abile le posizioni del Pci-Pds, che pure era coinvolto nel sistema di Tangentopoli come pure gli altri partiti”.

Rif: http://www.ilgiornale.it/news/politica/i-figli-craxi-borrelli-suo-colpo-stato-fu-stagione-infausta-1729626.html

Scandalo Csm: cosa è successo dall’inchiesta su Palamara che ha travolto la magistratura

L’indagine della procura di Perugia nei confronti dell’ex presidente dell’Anm Luca Palamara ha sollevato il velo su veleni e guerre nella magistratura italiana, innescando dimissioni a catena. E riaprendo il dibattito su una possibile riforma del Csm 

di Giuliana De Vivo

COM’E’ INIZIATA

E’ il 29 maggio 2019 quando si diffonde la notizia che la procura di Perugia sta indagando (l’ipotesi è corruzione) sul magistrato Luca Palamara, ex presidente dell’Anm (il sindacato dei magistrati) ed ex componente del Consiglio superiore della magistratura nella consilatura 2014-2018 ( fino alle elezioni di luglio 2018: PIERCAMILLO DAVIGO ELETTO TRA I MEMBRI TOGATI – DAVID ERMINI E’ IL NUOVO VICEPRESIDENTE DEL CSM). Dell’indagine, spiegano Corriere della Sera e Repubblica, la procura di Perugia ha appena avvisato il Csm, che in quei giorni si appresta a nominare, oltre al nuovo procuratore capo di Roma al posto dell’uscente Giuseppe Pignatone, anche due nuovi aggiunti nella procura della Capitale: favorito a diventare uno dei due è proprio, in quel momento, Luca Palamara. L’indagine è solo il primo di molti elementi che emergeranno nelle settimane successive, contribuendo a gettare molte ombre sul funzionamento della magistratura italiana al suo interno. 

L’INDAGINE DI PERUGIA SU PALAMARA 

La procura di Perugia, competente per le indagini sui magistrati della Capitale, indaga su Palamara per corruzione: l’ipotesi è che il magistrato romano abbia favorito o tentato di favorire alcune nomine in cambio di viaggi, soldi e regali. Tra i suoi committenti – sempre secondo l’ipotesi della procura perugina – emergono i nomi di Fabrizio Centofanti, ex capo delle relazioni istituzionali di Francesco Bellavista Caltagirone e già arrestato per frode fiscale, e di Piero Amara, avvocato coinvolto da altra inchiesta della procura di Roma per sentenze “aggiustate” della magistratura amministrativa (Tutti gli addebiti della procura di Perugia nei confronti di Palamara). Le carte da cui prende avvio l’indagine di Perugia sono state trasmesse dall’aggiunto della procura di Roma Paolo Ielo. Oltre a Luca Palamara la procura di Perugia indaga anche sul componente togato del Csm Luigi Spina per rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento e, in concorso con questi, sul pm di Roma Stefano Rocco Fava: sarebbero stati loro a informare Palamara dell’ indagine a suo carico da parte della procura perugina. E Palamara si sarebbe mosso – come emergerà dalle intercettazioni – per tentare di condizionare le scelte dei nuovi vertici di alcune procure, compresa quelle di Roma e la stessa Perugia. Fava, poi, pur avendo lavorato con Paolo Ielo ha presentato un esposto alla procura di Roma contro di lui e contro l’ex capo Giuseppe Pignatone per conflitto di interessi. Dopo la diffusione della notizia sulle indagini, il 1 giugno, Palamara si autosospende dall’Anm, Luigi Spina si dimette dal Csm. Il 12 luglio la sezione disciplinare del Csm sospende Palamara dall’esercizio delle sue funzioni

I LEGAMI CON LA POLITICA 

Dalle intercettazioni raccolte attraverso un trojan installato sul telefono di Luca Palamara, si scopre di riunioni segrete del magistrato con altri membri  del Csm, togati e non, e con esponenti del mondo politico, per accordarsi su nomine e assegnazioni di posizioni in particolare nelle procure di Roma, Perugia e Brescia. Secondo l’indagine della procura di Perugia l’obiettivo di Palamara sarebbe stato in particolare ostacolare Paolo Ielo, colpevole di aver trasmesso a Perugia le carte dell’accusa di corruzione nei suoi confronti. Tra i politici partecipanti emergono i nomi dell’ex ministro Luca Lotti e dell’ex sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri, entrambi del Partito democratico. Lotti, scrivono i principali quotidiani, sarebbe intenzionato a vendicarsi di Pignatone e Ielo che hanno chiesto il suo rinvio a giudizio nel caso Consip. Mentre tra i membri del Csm avrebbero partecipato Gianluigi Morlini (appartenente alla corrente Unicost) e Paolo Criscuoli, Corrado Cartoni e Antonio Lepre (tutti di Magistratura indipendente). 

L’INARRESTABILE CATENA DI DIMISSIONI 

Il 3 giugno l’Anm, dopo una riunione a Milano, chiede “con forza” le dimissioni dei componenti del Csm coinvolti. Il giorno dopo Morlini, Criscuoli, Cartoni e Lepre si autosospendono dal Csm. La posizione che filtra dal Quirinale (il Capo dello Stato Mattarella è anche presidente del Csm, ndr) anche attraverso il vicepresidente David Ermini è che i consiglieri coinvolti, anche se non indagati, si facciano da parte. Morlini e Criscuoli si dimettono il 12 giugno e Mattarella indice elezioni suppletive per sostituirli, a ottobre. Lepre si dimette il 13. Da ultimo, Cartoni il 15 giugno. Nel frattempo il giorno prima anche Luca Lotti si è autosospeso dal Pd. La bufera investe anche l’Anm: il 16 giugno porta alle dimissioni del presidente Pasquale Grasso, accusato di essere stato troppo morbido con gli aderenti alla sua corrente, Magistratura indipendente. A sostituirlo il vice Luca Poniz. Lo scandalo finisce per lambire anche la Corte di Cassazione, con il Procuratore generale (e come tale membro di diritto del Csm) Riccardo Fuzio che annuncia il 4 luglio la decisione di andare in pensione in anticipo. Una scelta – formalizzata dopo un colloquio con il Capo dello Stato Mattarella – arrivata a seguito della diffusione di conversazioni in cui Fuzio parlava con Palamara tanto dell’inchiesta a suo carico quanto della nomina del nuovo procuratore di Roma. Giusto in tempo: il giorno dopo Fuzio è iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Perugia per rivelazione di segreto d’ufficio. 

LE CORRENTI E LA POSSIBILE RIFORMA 

Per capire la portata di quanto sta succedendo nel mondo della magistratura occorre osservare che la categoria è storicamente divisa al suo interno in correnti, che sono in qualche modo speculari ai partiti politici: Luca Palamara è anche il leader di Unicost, corrente centrista della quale fanno parte anche Luigi Spina e Gianluigi Morlini. Il deputato Cosimo Ferri è un giudice in aspettativa ed è un nome forte della corrente Magistratura indipendente, di cui fanno parte anche Cartoni, Criscuoli e Lepre. Le nomine e le promozioni, in virtù della autonomia della magistratura, sono decise appunto dal Csm sulla base di logiche politiche interne animate da queste correnti, che di volta in volta si alleano con i membri non togati (politici scelti dal parlamento) che compongono il Consiglio superiore della magistratura. Le notizie emerse a partire dal caso Palamara hanno sollevato il velo su logiche spartitorie e su veleni personali. Da lì si è riaperta la discussione sulla possibilità di cambiare le regole interne e i metodi di elezione stessa dei membri del Consiglio superiore della magistratura. 

Rif: https://tg24.sky.it/cronaca/2019/06/28/scandalo-csm-cosa-e-successo.html

ESCLUSIVA – Fiammetta Borsellino: «Mi vergogno di questo Stato» Intervista alla figlia del magistrato ucciso il 19 luglio 1992

Una lettera firmata dall’ormai ex procuratore generale della Cassazione, Riccardo Fuzio, alla vigilia del 27° anniversario della strage di via D’Amelio, in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e i cinque uomini della sua scorta, è stata inviata ieri a Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato ucciso il 19 luglio 1992. 

«L’ultimo affronto (la lettera di Riccardo Fuzio, ndr), da parte di uno Stato che non ha mai voluto fare niente per individuare i veri colpevoli del depistaggio sulla morte di mio padre» rivela al Quotidiano del Sud Fiammetta Borsellino che da anni ha  intrapreso una battaglia per avere verità e giustizia sulla morte di suo padre.

«Una lettera – sottolinea Fiammetta –  che vengono i brividi a leggerla, che mi indigna e che indignerebbe anche mio padre e tutti i magistrati che fanno e che hanno fatto il loro dovere».

Fiammetta Borsellino, indignata e amareggiata, rivela al Quotidiano del Sud di aver ricevuto proprio ieri la lettera di Fuzio (che si è dimesso dopo essere stato indagato dalla Procura di Perugia per rivelazione del segreto d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta sull’ex presidente dell’Anm, Luca Palamara). Una lettera che, dice ancora Fiammetta Borsellino, è la dimostrazione di uno Stato incapace di cercare la verità.

Ma non è tutto, Fiammetta Borsellino spara a zero anche contro la Commissione nazionale antimafia e contro il Parlamento che «strumentalizzano», a fini mediatici, e in occasione del 27° anniversario della morte di suo padre, desecretando atti del Csm e della stessa Commissione antimafia. «Una vergogna» dice Fiammetta Borsellino.

Ma cosa le ha scritto l’ex procuratore generale della Cassazione, Riccardo Fuzio?

«Una lettera incredibile e vergognosa, nella quale dice di non essere riuscito a far nulla per avviare una indagine per l’azione disciplinare nei confronti dei magistrati coinvolti nell’inchiesta sul depistaggio, indagati dalle procure di Messina e Caltanissetta: una indagine che avrebbe dovuto portare ad individuare i magistrati responsabili del depistaggio».

Mi spieghi, cosa non ha fatto l’ex procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio?

«Un anno fa io e mia sorella Lucia siamo state convocate da Fuzio, al quale abbiamo portato carte, documenti testimonianze ed altro, e lui ci aveva assicurato un suo intervento per promuovere l’azione disciplinare. Perché che ci siano dei magistrati responsabili del depistaggio sull’inchiesta di mio padre, non lo diciamo noi figli di Paolo Borsellino, ma l’ultima sentenza della Corte d’Assise di Caltanissetta. Adesso questa lettera, scritta tra l’altro con i piedi, ci indigna ancor di più, perché dopo un anno Fuzio sostiene di non avere avuto il tempo di occuparsi di questa vicenda perché era impegnato in altre vicende giudiziarie. Quali lo abbiamo scoperto in queste ultime settimane, perché era occupato a pilotare con Luca Palamara  le nomine dei procuratori di Roma,Torino ed altre procure. Una vera e propria indecenza, si è consumato da solo».

 Insomma, è sempre più difficile ottenere la verità sulla morte di suo padre e dei suoi angeli custodi,  i cinque poliziotti che morirono con lui?

«Sono passati 27 anni ed i risultati, quelli dal punto di vista processuale, dicono che  siamo con una sentenza della Corte d’Assise di Caltanissetta che prova il depistaggio ed un’altra inchiesta dove ci sono due magistrati indagati e non c’è stato nessun avvio  di provvedimenti, dopo evidenti anomalie. C’è stata  una totale presa in giro da parte della Procura generale della Cassazione».

Cosa chiede allo Stato?

«Semplicemente di fare il proprio dovere. Questa è una storia molta amara, se ognuno avesse fatto il proprio dovere, di non girarsi dall’altra parte,  non avremmo magistrati indagati e poliziotti indagati. Semplicemente fare il proprio dovere dare un contributo di onestà da parte delle istituzioni».

Rif: https://www.quotidianodelsud.it/laltravocedellitalia/lintervista/2019/07/19/esclusiva-fiammetta-borsellino-mi-vergogno-questo-stato

Sentenze pilotate, condannati il deputato Pippo Gennuso e due magistrati

SENTENZA DEL GUP DEL TRIBUNALE DI ROMA

Il Gup del Tribunale di Roma ha condannato a un anno e due mesi il deputato regionale Pippo Gennuso coinvolto nell’inchiesta della Procura di Roma sulle presunte sentenze manovrate. Il politico ha patteggiato la pena assieme a due giudici amministrativi dopo gli arresti del febbraio scorso.

Come riporta il Giornale di Sicilia, il giudice ha inflitto una condanna a due anni e mezzo all’ex presidente del Consiglio di giustizia amministrativa siciliana Raffaele Maria De Lipsis e all’ex magistrato della Corte dei Conti, Luigi Pietro Maria Caruso. I due magistrati erano accusati di corruzione in atti giudiziari. Per Giarrusso il capo di imputazione è stato cambiato in traffico di influenze illecite. Il quarto magistrato implicato nella vicenda ha chiesto di essere giudicato con il rito ordinario, si tratta del giudice del Consiglio di Stato sospeso Nicola Russo.

Intanto Gennuso, che è stato sospeso dall’Ars, annuncia ricorso in Cassazione. Davanti alla Suprema Corte il politico siciliano cercherà di provare che non esiste nemmeno l’accusa di traffico di influenze. “Non ho mai conosciuto questi giudici – fa sapere -. È caduta l’accusa di corruzione e questo mi permetterà di tornare a sedere tra i banchi dell’Assemblea regionale siciliana”.

Rif https://www.blogsicilia.it/palermo/sentenze-pilotate-condannati-il-deputato-pippo-gennuso-e-due-giudici/491950/

QUANDO POLIZIOTTI E MAGISTRATI CREARONO IL PIÙ GRANDE DEPISTAGGIO DELLA STORIA ITALIANA

Il pomeriggio del 19 luglio 1992 c’è un certo silenzio in via Mariano D’Amelio. È estate, è domenica e mancano pochi minuti alle cinque, un’ora in cui Palermo è ancora avvolta dal torpore. Fra le varie macchine parcheggiate lungo la via c’è una Fiat 126. Si scoprirà poi che era stata rubata. Via D’Amelio non è una strada sicura: è molto stretta e difficile da “bonificare”, tanto che il giudice Antonino Caponnetto aveva chiesto alle autorità di Palermo di vietare il parcheggio di veicoli, ma la richiesta era rimasta senza seguito.

Alle 16:58 un telecomando a distanza fa detonare 90 chilogrammi di esplosivo nascosti all’interno di quella 126 parcheggiata davanti al numero 21. Paolo Borsellino stava suonando il citofono del numero 19, dove abitavano Maria Pia Lepanto e Rita Borsellino, madre e sorella del giudice. Insieme a lui, nell’esplosione perdono la vita i cinque agenti di scorta Claudio Traina, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Agostino Catalano ed Emanuela Loi, la prima donna a far parte di una scorta, purtroppo anche la prima a cadere in servizio. Antonino Vullo, unico agente sopravvissuto all’attentato, descriverà quel momento così: “Il giudice e i miei colleghi erano già scesi dalle auto, io ero rimasto alla guida, stavo facendo manovra, stavo parcheggiando l’auto che era alla testa del corteo. Non ho sentito alcun rumore, niente di sospetto, assolutamente nulla. Improvvisamente è stato l’inferno”. In quell’inferno ha inizio il più grande depistaggio della storia giudiziaria italiana. 

Rif: https://thevision.com/attualita/strage-via-amelio-depistaggio/

Caso Bellomo, chiesta l’archiviazione per l’inchiesta milanese

L'ex giudice Francesco Bellomo (IMAGOECONOMICA)

L’ex magistrato, arrestato a Bari, era accusato di atti persecutori e violenza privata nei confronti di 4 studentesse della sede di Milano della “sua” scuola di magistratura

Milano, 18 luglio 2019 – Anche a Milano è stata aperta un’inchiesta a carico dell’ex consigliere di Stato Francesco Bellomo, ai domiciliari a Bari dallo scorso 9 luglio per maltrattamenti nei confronti di 4 donne, ed estorsione ad una ex corsista della scuola di magistratura di cui era direttore. I pm di Milano hanno chiesto l’archiviazione per il magistrato, accusato di atti persecutori e violenza privata nei confronti di 4 studentesse della sede milanese della scuola. L’archiviazione sarà discussa davanti al gip Guido Salvini il 16 settembre.

Rif: https://www.ilgiorno.it/cronaca/bellomo-1.4699597

Inchiesta sul giudice Bellomo, i pm di Milano chiedono l’archiviazione

Inchiesta sul giudice Bellomo, i pm di Milano chiedono l'archiviazione

E’ accusato di atti persecutori e violenza privata nei confronti di 4 studentesse della scuola di magistratura

Anche a Milano è stata aperta un’inchiesta a carico dell’ex consigliere di Stato Francesco Bellomo, ai domiciliari a Bari dallo scorso 9 luglio per maltrattamenti nei confronti di 4 donne, ed estorsione a una ex corsista della scuola di magistratura di cui era direttore. I pm di Milano hanno chiesto l’archiviazione per il magistrato, accusato di atti persecutori e violenza privata nei confronti di 4 studentesse della sede milanese della scuola. L’archiviazione sarà discussa davanti al gip Guido Salvini il 16 settembre.

Rif: https://milano.repubblica.it/cronaca/2019/07/18/news/inchiesta_sul_giudice_bellomo_i_pm_di_milano_chiedono_l_archiviazione-231477858/

Ex giudice Bellomo interrogato per 9 ore, nega tutte le accuse

Ha risposto a tutte le domande, ha dato tutti i suoi chiarimenti e ha contrastato le accuse. All’ex giudice del Consiglio di Stato per nove ore è stato chiesto di parlare del metodo Bellomo e gli sono stati contestati i reati di maltrattamento ed estorsione nei confronti delle sue corsiste

E’ durato 9 ore a Bari l’interrogatorio di garanzia dell’ex giudice del Consiglio di Stato Francesco Bellomo, agli arresti domiciliari dal 9 luglio scorso per i reati di maltrattamento nei confronti di quattro donne, tre borsiste e una ricercatrice della sua Scuola di formazione per la preparazione al concorso in magistratura, ed estorsione ad un’altra ex corsista. Bellomo, pantaloni e camicia bianchi, scarpe nere, giacca e cravatta grigio scuro, cartellina sotto il braccio, è arrivato con la sua auto poco dopo le 8.30 ed è salito al secondo piano del palazzo di giustizia dove ad attenderlo, c’erano già i suoi difensori, Beniamino Migliucci e Gianluca D’Oria. Ad attenderlo c’era anche il gip Antonella Cafagna che una settimana fa ha firmato l’ordinanza di arresto, e i pm inquirenti, l’aggiunto Roberto Rossi e il sostituto Daniela Chimienti. L’ex consigliere di Stato, destituito nel gennaio 2018, è accusato di aver vessato alcune corsiste della scuola “Diritto e Scienza”, con le quali aveva poi anche relazioni sentimentali, in cambio di borse di studio con le quali imponeva rigidi codici di comportamento e dress code, fino a controllarne profili social e frequentazioni. Le risposte di Bellomo “E’ stato un interrogatorio molto approfondito nel corso del quale il dottor Bellomo ha dato tutti i suoi chiarimenti e ha contrastato in modo molto rigoroso e documentato le accuse che gli vengono rivolte. Quindi credo che l’incombente istruttorio sia molto proficuo”. Lo ha detto, parlando con i giornalisti, l’avvocato Beniamino Migliucci, uno dei due difensori di Francesco Bellomo che poi ha aggiunto: “Il dress code non è nelle imputazioni, quindi è una annotazione che non ha nulla a che vedere con il capo di incolpazione”. Al termine, dopo aver depositato anche una memoria difensiva, i difensori di Bellomo hanno chiesto la revoca degli arresti domiciliari ai quali l’ex giudice è sottoposto da una settimana.  I fatti contestati Il reato di maltrattamenti sarebbe stato commesso da Bellomo nei confronti di donne con le quali aveva avuto una relazione sentimentale. Stando alle indagini dei Carabinieri, coordinate dal procuratore aggiunto di Bari Roberto Rossi e dal sostituto Iolanda Daniela Chimienti, Bellomo, con “l’artifizio delle borse di studio offerte dalla società” che consentivano tra le altre cose la frequenza gratuita al corso e assistenza didattica individuale, “per selezionare ed avvicinare le allieve nei confronti delle quali nutriva interesse, anche al fine di esercitare nei loro confronti un potere di controllo personale e sessuale” si legge nell’imputazione, avrebbe fatto sottoscrivere un “contratto/regolamento” che disciplinava i “doveri”, il “codice di condotta” ed il “dress code” del borsista. A selezionare le donne tramite colloquio sarebbe stato l’ex pm Nalin, incaricato anche di vigilare sul rispetto degli obblighi contrattuali, svolgere istruttorie in caso di violazioni e proporre sanzioni.

Rif: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/giudice-bellomo-bari-accuse-interrogatorio-7e5dba22-0b5c-427a-ad62-83fb34035cb4.html

Toghe senza controlli

Il caso del Csm non è un’isola, ma acqua nell’infinito oceano della malagiustizia italiana. Storie ed esempi da ricordare

I professori sono fatti così: tu gli chiedi che ne pensa della palude nella quale sprofonda giorno dopo giorno la magistratura e lui, Aristide Carabillò, maestro di giurisprudenza negli anni in cui lo stato di diritto contava qualcosa, parte inevitabilmente dal filosofo Ludwig Wittgenstein. Per spiegarti che l’isoletta dentro la quale i puri e i purissimi dell’onestà vorrebbero circoscrivere lo scandalo di Luca Palamara, l’ex membro del Csm indagato per corruzione, in realtà contiene l’infinito oceano della giustizia e della malagiustizia. Un oceano senza fondo e senza confini. Dove le storture della giustizia penale – quella dei potentissimi procuratori che con un avviso di garanzia sono in grado di paralizzare un governo o di svuotare un parlamento – vengono a galla più facilmente. Sono le storture che di più affliggono la politica e che hanno provocato tali e tanti dibattiti da appannare gli abissi chiari della giustizia civile o dei tribunali amministrativi o del Consiglio di stato o della Corte dei conti. Luoghi geometrici della giurisdizione dove si ritrovano acque ancora più oscure e nebbiose, ancora più opache e insidiose.

L’emerito professore Carabillò non ha dubbi: “Altro che Palamara, altro che gli incontri notturni tra i capicorrente della magistratura per decidere nomine e promozioni, altro che riunioni sottobanco con i politici per discutere la separazione dei magistrati tra amici e nemici. Nei bassifondi della giustizia amministrativa la collusione con la politica è la regola, non l’eccezione: andate a vedere quanti di questi magistrati sono negli uffici di gabinetto dei ministeri, negli uffici legislativi e legali. Da quelle parti la terzietà del giudice è una miserabile utopia da strappare e buttare in un cestino”.

Rif: https://www.ilfoglio.it/giustizia/2019/06/11/news/toghe-senza-controlli-259573/