Magistrati arrestati, D’Introno: «Ai giudici escort, mazzette e frullatori»

A Michele Nardi un milione e mezzo, oltre ai soldi e i regali ottenuti dall’imprenditore Paolo Tarantini. Mezzo milione ad Antonio Savasta e alla sua famiglia. Altri 75mila a Luigi Scimè. «L’accordo coinvolgeva tutti e tre i magistrati», scrive Flavio D’Introno nel memoriale depositato davanti al gip di Lecce dove oggi pomeriggio riprende l’incidente probatorio per la giustizia truccata nel Tribunale di Trani. In 65 pagine c’è il racconto delle tangenti, degli incontri carbonari, di quelle che D’Introno ritiene essere state estorsioni e vessazioni ai suoi danni: «Ero solo un evasore fiscale», dice lui. Ma per la giustizia italiana D’Introno è un usuraio in attesa di scontare una pena definitiva a cinque anni e mezzo, e la Procura di Lecce accusa anche lui di associazione a delinquere finalizzata (tra l’altro) alla corruzione in atti giudiziari. Fatta un’ulteriore premessa (questa è la versione di D’Introno, non la verità dei fatti), leggiamo.


I SOLDI
«Ho versato al giudice Nardi una serie di somme per il pagamento delle sue utenze di casa e della villa, la ristrutturazione dell’immobile di sua proprietà in Roma, la ristrutturazione della villa in Trani della signora Di Lernia, viaggi in Italia ed all’estero, un rolex con cinturino in oro, due brillanti da un carato ciascuno, pagamento dell’Hotel Excelsior e del Grand Hotel Veneto in Roma, denaro in contanti dato in tempi vari per un totale di un milione e 500 mila euro. Ho dato al dottor Savasta (Zagaria Patruno Zaccaro) complessivi euro 500mila in contanti, 160 mila per ristrutturazione ed arredo comprensivo di attrezzi di una palestra». Poi 60mila euro al falso testimone nei confronti dei messi notificatori, Giancarlo Patruno, che minacciava di raccontare tutto, «nonché l’estorsione della scrittura privata che prevedeva l’esenzione del pagamento del canone (della palestra, ndr) per 20 anni (canone mensile di euro 1.400), utenze della palestra da me pagate». E soldi anche al poliziotto Vincenzo Di Chiaro, finito in carcere e anche lui ora testimone («Ha ricevuto circa 70mila euro), soldi e regali al suo avvocato Simona Cuomo: «Ha ricevuto ristrutturazione, l’arrredamento e pagamento canone di locazione dello studio legale in Corato alla via Duomo 38, e pagamento delle utenze del detto studio, viaggi in Italia ed all’estero anche con la famiglia, pagamento Cassa Forense, in contanti centomila euro».


E ancora, sempre su Nardi: «Aveva un potere superiore in relazione alla vita della Procura di Trani», tanto da avere le tabelle con i turni dei magistrati così da indirizzare l’assegnazione delle denunce. Un giorno si era arrabbiato, racconta D’Introno, dopo che lui ne aveva presentata una non concordata: «Mi disse che mi perdonava solo perché durante il viaggio a Dubai che mi aveva estorto il 9 maggio 2009, dopo le misure cautelari, io era stato gentile con lui pagandogli tutte le sue richieste (escort comprese)». A Nardi dice di aver pagato viaggi a Londra, a Cortina, in Sardegna. A Savasta un viaggio in Turchia per tutta la famiglia «compresa la sorella Emilia, il cognato e un’amica che non so chi sia», nell’unico albergo sei stelle di Istanbul, con trattamento full credit («pagavo io pure gli extra») per una spesa di 20.000 euro.


NARDI
D’Introno dice di aver conosciuto Nardi nel 2006 tramite un geometra della sua azienda (allo stato non indagato) che portò all’allora gip di Trani una copia del suo avviso di garanzia per usura: «In Corato, poi, era noto che anche per il caso Ferri era stato il geometra Attilio De Palma a presentare Nardi alla famiglia Ferri», gli imprenditori di Corato recentemente assolti per prescrizione dall’accusa di bancarotta che hanno raccontato la loro storia alla Procura di Lecce. Il primo appuntamento con Nardi a novembre 2006 in via Tasselgardo, a Trani in un bar nei pressi di Trony, sotto casa di Nardi, posto che diventerà centrale in questa storia: per il solo incontro pagò 30.000 euro. Di solito, dice, si vedevano «nel negozio Trony nel reparto della musica», che era «uno dei posti dove Nardi mi portava quando bisognava parlare di cose illecite perché c’era la musica alta. Mi impose di non comprare un telefono tipo smartphone perché temeva le intercettazioni con i trojan».


A febbraio 2017 Nardi «mi chiese 200.000 euro se volevo evitare la custodia in carcere, io non gli credetti (…). Il giorno 8 aprile 2007 si presentarono nella Ceramiche Base il dottor Nardi e il geometra De Palma dicendo che sarei stato arrestato e mi avrebbero sequestrato i beni in via cautelare». È l’indagine «Fenerator», quella per usura: gli arresti scattano, D’Introno non si fa trovare ma si consegna dopo alcuni giorni e finisce in carcere. Ad agosto 2007 «Nardi tramite il geometra chiese 30.000 euro per far convertire gli arresti domiciliari in obbligo di dimora». Il gip Roberto Del Castillo il 17 agosto aveva rispedito Nardi in carcere prima di andare in ferie, il 25 agosto il gip di turno gli concede l’obbligo di dimora. Quando rientra, il 10 settembre, Del Castillo ripristina il carcere. Nardi, dice D’Introno, gli chiese altri 60.000 euro per evitare delle verifiche fiscali che poi puntualmente arrivarono e portarono all’emissione di cartelle esattoriali milionarie. Quelle che poi Savasta si presterà a sequestrare.


SAVASTA
D’Introno dice di aver conosciuto l’ex pm Savasta quando fu sentito a Lecce per il caso Nardi-Caserta. Savasta «mi ha chiesto soldi sia per fare atti normali per il suo lavoro che per assicurarmi di non perseguitarmi». Anche di recente, nel 2018, «Savasta si è interessato alla mia vicenda tributaria in Cassazione, dopo il suo trasferimento a Roma. Parlava con un commercialista che era amico del relatore», un giudice napoletano: l’ex pm riferì a D’Introno che questo giudice non poteva intervenire proprio perché la vicenda era oggetto dell’indagine di Lecce.
L’ex cognato di Savasta, Savino Zagaria, anche lui indagato, «si è prestato a fare da corriere per la consegna del denaro a Savasta, anche in relazione ai soldi da me versati per il procedimento delle cartelle esattoriali», facendo una cresta di almeno 40.000 euro. «Il Savasta – prosegue D’Introno – mi ha chiesto soldi per tutta la sua famiglia a partire dai lavori di ristrutturazione alla palestra compresi tutti gli attrezzi scelti da Emilia Savasta e Zagaria Savino». La signora Savasta al momento non risulta indagata e sostiene di essere estranea a ogni accordo illecito.


LA STANGATA
A Paolo Tarantini (che in questa storia è vittima) vengono tolti 400.000 euro per far sparire un (falso) avviso di garanzia per reati fiscali. Il primo incontro di Tarantini con Savasta e Nardi, racconta D’Introno, avvenne a Barletta («In zona Patalini presso la palestra di Emilia» Savasta: «L’ho allestita io interamente per circa 50-60 mila euro»). D’Introno racconta di essere arrivato con Tarantini e di aver aspettato fuori in macchina, e quando l’incontro terminò la sorella di Savasta «mi diede una bustina piccola tipo quelle dei bigliettini di condoglianze, chiusa, dicendomi di darla al signor Tarantini». Dentro la busta, su un bigliettino, era scritta la somma di 400.000 euro. Quando andarono via Tarantini la aprì «e si mise a piangere disperato». 
D’Introno dice che prestò all’imprenditore 150mila euro per far fronte alla richiesta, soldi che avrebbe poi scontato in viaggi presso l’agenzia di Tarantini. La consegna avvenne in due tranche, sempre con D’Introno accompagnato in macchina da Tarantini. I primi 200mila euro in una stazione di servizio Esso tra Trani e Corato, dove si presentò una Bmw («Era con certezza la macchina utilizzata da Nardi e a bordo c’era la sorella»), la seconda in Corato, «sempre in contanti in una cartellina chiusa, di fronte al magazzino di mio zio», dove D’Introno e Tarantini andarono «sempre su indicazione di Nardi»: «Trovai una macchina alta e scura a bordo della quale si trovava la sorella di Savasta». Dopo una settimana ci fu un incontro a casa di Savasta dopo una settimana con Di Chiaro: «Savasta gli dette una busta con 30.000 euro e disse “divideteveli”», con chi aveva partecipato alla stangata a Tarantini, che tra l’altro fu costretto a comprare da Trony «10-15 telefonini, 4-5 pc portatili, un frullatore a immersione Moulinex». Tutta roba per Nardi.


SCIMÈ
Fu Savasta, dice D’Introno, a preannunciargli le richieste che l’allora pm Luigi Scimè avrebbe fatto a suo carico nel procedimento per usura: lo fece «sul terrazzino di casa della madre di Savasta, a Barletta». Non gratis: «Non avevo avuto alcun contatto diretto con Scimè, la somma venne da me consegnata nelle mani di Savasta il giorno prima della requisitoria: 30.000 euro in banconote da 500 all’interno della “Gazzetta” che consegnai a Savasta all’interno del bar». Per il rinvio a giudizio di una testimone che lo accusava di usura, la Frualdo, «Scimè pretese 15.000 euro, andai sotto casa di Nardi e gli consegnai una busta gialla da imballaggio che Nardi consegnò direttamente a Scimè che era lì ad aspettare» sotto i portici. D’Introno dice di aver assistito allo scambio: poi «Scimè si allontanò e io e Nardi bevemmo l’aperitivo al Bar dello Studente». Infine, i soldi per far archiviare le indagini sugli attentati alle ville della moglie di D’Introno. «Nardi mi disse che dovevo dare 30.000, ma io gli portai solo 20mila» sempre nel solito Trony. Il saldo del debito, dice D’Introno, avvenne a Milano in un bar in zona piazza Duomo. «Giorno e ora dell’incontro me li indicò Savasta. Io mi limitai a dire “buongiorno dottore” e gli consegnai la busta con i soldi». Gli ultimi 10mila euro.

Corruzione in atti giudiziari, 14 arresti a Salerno: ci sono anche due giudici tributari

Ci sono dieci cause tributarie per un valore d’imposta di circa 15 milioni di euro al centro dell’inchiesta della Procura di Salerno che ipotizza episodi di corruzione negli uffici della sezione distaccata della commissione tributaria regionale. L’inchiesta, condotta dal nucleo di polizia economica della Guardia di Finanza, è coordinata dalla pm Elena Guarino con il procuratore aggiunto Luigi Alberto Cannavale ha portato agli arresti di due giudici tributari, Fernando Spanò e Giuseppe De Camills, 6 imprenditori, 4 consulenti e 2 impiegati. Agli atti dell’indagine, anche video che documentano passaggi di denaro. Le misure sono state emesse dal giudice Piero Indinnimeo. Tutti gli indagati potranno replicare alle accuse nei successivi passaggi del procedimento. La difesa potrà proporre ricorso al Riesame per ottenere le scarcerazioni.

Corruzione in atti giudiziari, 14 arresti a Salerno: ci sono anche due giudici tributari

“Le corruzioni erano immediate, abbiamo messo la parola fine”, ha sottolineato il procuratore reggente di Salerno, Luca Masini. E ha aggiunto: “In un un caso, le sanzioni tributarie contestate nell’accertamento ammontavano a sei milioni di euro. In media, le mazzette andavano dai 5 mila ai 30 mila euro, suddivise tra i due impiegati che contattavano gli imprenditori o i loro fiscalisti per proporre le corruzioni. Le somme venivano consegnate in contanti, quasi sempre il giorno prima della decisione. Durante le perquisizioni sono sta sequestrati 50 mila euro in in contanti nell’abitazione di uno degli impiegati e migliaia di euro nell’abitazione dell’altro”.

Il procuratore aggiunto Cannavale parla di “tristezza, perché il cittadino pensa che esista una giustizia giusta, invece in questo caso era asservita a un interesse. Ma questa, come ha sottolineato il gip, è solo la punta di un iceberg. La corruzione era duplice, per condizionare sia l’iter procedimentale sia l’esito della causa”.

Nelle intercettazioni, le tangenti diventavano “mozzarelle”. Per una decisione, racconta la pm Guarino, “è stato cronometrato che, in un caso, ci hanno messo 4 secondi. La consegna dei soldi avveniva nel vano ascensore della commissione, in casa o comunque in luoghi al riparo da altri”

Rif: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2019/05/15/news/corruzione_in_atti_giudiziari_14_arresti_a_salerno_tra_cui_due_giudici_tributari-226307745/

Arrestati giudici al servizio degli evasori

Gli scambi avvenivano in ascensore. L’inchiesta della Procura di Salerno su un giro di sentenze pilotate svela uno spaccato criminale in cui giudici infedeli erano al servizio di imprenditori in guerra con il Fisco. Ieri mattina all’alba è scattato il blitz: la Guardia di Finanza di Salerno, su richiesta della Procura della Repubblica di Salerno, ha arrestato 14 persone accusate di corruzione in atti giudiziari. Gli indagati sono due giudici tributari della locale sezione distaccata della Commissione tributaria regionale, due dipendenti amministrativi assegnati allo stesso ufficio, sei imprenditori e quattro consulenti fiscali, tra i quali un avvocato fiscalista. Secondo l’accusa avevano costituito un «efficace» sistema per pilotare l’iter procedimentale e condizionare a favore degli imprenditori corruttori l’esito di procedimenti tributari originati da accertamenti dell’agenzia delle entrate della Guardia di Finanza di Salerno.

Le imposte evase, gli interessi maturati e le sanzioni amministrative annullate con le decisioni condizionate dalla corruzione, ammontano a circa 15 milioni di euro. Ma c’è il sospetto che il danno per le casse dello Stato sia enorme. Per il procuratore vicario degli uffici giudiziari salernitani Luca Masini la prima parte dell’inchiesta è «solo la punta di un iceberg. Andremo avanti con ulteriori accertamenti». La fame di denaro dei era tale che un giudice pare abbia rinunciato a un delicato intervento chirurgico pur di non mancare in udienza per decidere una causa che doveva «pilotare». L’episodio è contenuto in uno dei passaggi nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere con cui il gip di Salerno Pietro Indinnimeo, descrive la condotta di uno dei due giudici arrestati. Il timore di essere intercettati aveva spinto le persone coinvolte nell’inchiesta a usare un linguaggio criptico: nelle conversazioni intercettate dagli inquirenti i ricorsi tributari da «aggiustare» diventavano «comprare una macchina», invece, il denaro prezzo della corruzione «mozzarelle». Gli importi pagati ai due giudici per ottenere sentenze favorevoli andavano dai 5mila ai 30mila euro, anche se in alcuni casi sono state promesse altre dazioni, come l’assunzione del figlio di un giudice da parte di una delle società coinvolte oppure la concessione in uso gratuito di un appartamento in città.

Durante le perquisizioni eseguite, i baschi verdi hanno sequestrato, a casa di funzionario, la somma in contanti di 53mila euro; mentre, a casa dell’altro, diverse migliaia di euro, sempre in contanti. In uno dei frame delle telecamere posizionate all’interno dell’ascensore, si vede come un consulente consegna diverse banconote da 50 euro ad un impiegato amministrativo. Quest’ultimo direbbe al suo interlocutore: «No, no. Ora scendiamo. Veloce… veloce; vieni vieni». Immagini che per gli inquirenti non lasciano spazio a dubbi sull’enorme giro di corruzione scoperto in Campania.

Rif: http://www.ilgiornale.it/news/politica/arrestati-giudici-servizio-degli-evasori-1695388.html

Corruzione a Salerno, arrestati due giudici tributari 15 maggio 2019 „Mazzette per pilotare sentenze, 14 arresti a Salerno: coinvolti anche giudici tributari“

Corruzione a Salerno, arrestati due giudici tributari 15 maggio 2019
„L’operazione, coordinata dalla Procura, è stata eseguita dai finanzieri del Comando Provinciale. Agli indagati è contestato il reato di “corruzione in atti giudiziari”: intascavano fino a 30mila euro, ricevevano anche promesse di assunzione per figli“

Mazzette fino a 30mila euro, intascate anche in ascensore, per pilotare l’iter procedimentale e condizionare, a favore di imprenditori che li avevano corrotti, l’esito di accertamenti tributari avviati dopo gli accertamenti e le segnalazioni dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza. Con l’accusa di corruzione in atti giudiziari sono finite in manette 14 persone che avevano messo su – secondo l’accusa – un efficace sistema per ottenere sentenze favorevoli. I militari hanno individuato, in totale, dieci procedure il cui iter è stato condizionato dalla corruzione posta in essere. Gli indagati erano molto attenti e parlavano in codice: quando si riferivano a soldi, dicevano “mozzarelle”. “Uno dei giudici coinvolti – hanno spiegato in conferenza – aveva fama di fame di soldi: avrebbe dovuto sottoporsi ad un intervento chirurgico ma lo ha rimandato, pur di presentarsi puntuale a una delle udienze della Commissione Tributaria”. 

Il danno erariale

L’azzeramento delle somme dovute – complici le sentenze pilotate e favorevoli, imposte evase, gli interessi maturati e le sanzioni comminate – produce un quadro inquietante: il danno erariale stimato è di circa 15 milioni di euro. A uno dei due dipendenti della Commissione tributaria sono stati sequestrati 50mila euro in contanti. Una società di Siano, grazie all’azzeramento del debito previa corruzione, ha risparmiato 8 milioni di euro. Uno sconto di 1 milione di euro per un’altra società di Salerno. I ricorsi presentati dagli imprenditori che poi hanno corrotto giudici e dipendenti erano stati quasi tutti respinti in primo grado dalla Commissione Tributaria.

Le persone coinvolte

L’ordinanza cautelare di custodia in carcere, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Salerno, su richiesta della Procura della Repubblica, ha coinvolto due Giudici Tributari della sezione distaccata della Commissione Tributaria Regionale della Campania, due dipendenti amministrativi, sei imprenditori, quattro consulenti fiscali. Risulta coinvolto anche un avvocato.

Il blitz

Alle prime luci dell’alba i finanzieri del comando provinciale di Salerno hanno eseguito un’ordinanza cautelare applicativa della custodia in carcere. Sono intervenuti dopo aver intercettato e filmato anche passaggi di denaro in contanti in ascensore. Per il tramite dei due dipendenti amministrativi, che poi trattenevano la propria parte, i soldi arrivavano ai giudici tributari. Il passaggio di soldi avveniva sempre il giorno prima dell’udienza fissata presso la Commissione Tributaria. La Guardia di Finanza ha effettuato perquisizioni anche negli uffici della Commissione Tributaria e presso le abitazioni di alcuni professionisti indagati, la cui posizione adesso è al vaglio degli inquirenti.

Il retroscena

In una circostanza, uno degli indagati si è anche lamentato: ha considerato “il regalo” – da cinquemila a trentamila euro, in base alla circostanze – ritoccato verso il basso e dunque sproporzionato, rispetto alla portata dell’operazione da portare a termine. Ha dunque preteso una integrazione, sempre in contanti, minacciando un provvedimento non in linea con le aspettative del corruttore. I regali non si fermavano alle dazioni in denaro e avvenivano non solo in ascensore ma anche presso le abitazioni degli indagati: era stata promessa l’assunzione del figlio di uno dei giudici, da parte degli imprenditori corruttori, poi promesso l’utilizzo di un appartamento in città, a titolo gratuito.

Le reazioni

“Indagine molto importante perchè consente di toccare con mano il danno enorme non solo per la casse dello Stato ma anche per tutti i contribuenti, perché le imposte servono a finanziare i servizi ai cittadini – ha spiegato il Procuratore della Repubblica Vicario, Luca Masini –  Il sistema corruttivo posto in essere incide pesantemente sull’organo di controllo giurisdizionale di secondo grado che ha il dovere di verificare la fondatezza o l’infondatezza delle lamentele del contribuente sottoposto all’accertamento e quindi di mettere la parola fine. Attraverso il sistema corruttivo, invece, venivano pilotati gli iter procedimentali e prima ancora l’assegnazione delle cause e dei ricorsi ai due magistrati che si presume possano essere corrotti. L’esito favorevole per i contribuenti ribaltava la decisione assunta in primo grado dalla Commissione Tributaria avverso i ricorsi proposti. Sono milioni di euro le somme sottratte. L’indagine è la punta di un iceberg, tant’è che la Procura della Repubblica ha dovuto immediatamente concludere le indagini, perché le fattispecie corruttive erano via via programmate quotidianamente. I ricorsi che abbiamo accertato avevano un sistema che prevedeva la selezione di alcuni casi da parte dei dipendenti, sulla base di alcune persone che conoscevano. Poi veniva fatta la proposta per ottenere una sentenza favorevole, attraverso la corruzione”.

Rif: http://www.salernotoday.it/cronaca/corruzione-salerno-arresto-due-giudici-tributari-15-maggio-2019.html

Il caos al Csm svela il nuovo girone infernale della cultura del sospetto

Se non si sono salvate le eminenze, quale sorte toccherà ai povericristi quando la Santa Inquisizione del Trojan andrà a giustiziare vecchi e nuovi nemici dell’onestà-tà-tà?

A vederli così, stravolti e smarriti, attorno al tavolo tondo di Palazzo dei Marescialli, fanno quasi tenerezza. Sono lì che annaspano, che si affannano, che si gonfiano i polmoni di ipocrisia e di retorica, che tentano con i ditini alzati di farsi coraggio a vicenda dicendo che in fondo le mele marce sono solo cinque, che l’esplosione dello scandalo è stata devastante ma si può ancora risorgere, che non tutto è perduto perché la maggioranza dei magistrati “dovrebbe” essere sana.

Rif: https://www.ilfoglio.it/giustizia/2019/06/06/news/il-caos-al-csm-svela-il-nuovo-girone-infernale-della-cultura-del-sospetto-258945/

Guerra tra toghe, l’attacco dei penalisti: «Ora il Csm va cambiato»

Secondo il presidente dell’Unione Camere Penali Italiane, Gian Domenico Caiazza, bisogna «portare in parità il numero di membri togati e laici per spezzare il dominio delle correnti della magistratura».

È attesa per il Plenum straordinario al Consiglio Superiore della Magistraturaconvocato per stamattina, martedì 4 giugno, a Roma, dopo che una vera e propria bufera si è scatenata sulla magistratura. Al centro, la vicenda procure che ha coinvolto diversi magistrati, a partire da Luca Palamara, ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati e uomo forte di Unicost, la corrente centrista delle toghe, coinvolto nell’inchiesta di Perugia per presunta corruzione: per lui il Csm attiverà i probiviri. Una tempesta dimostrata anche dal fatto che nella serata del 3 giugno il vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, David Ermini, è salito al Quirinale dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Il Plenum del Csm dovrà prendere atto delle dimissioni del consigliere Luigi Spina, capogruppo di Unicost indagato a Perugia per favoreggiamento personale e rivelazione di segreto d’ufficio, dimessosi venerdì da Palazzo dei Marescialli. Secondo indiscrezioni, al momento la presenza del capo dello Stato – che per Costituzione è presidente di diritto del Csm – non è in programma contrariamente alle informazioni circolate nei giorni scorsi. «Ovviamente prescindiamo da ogni valutazione sui fatti di responsabilità penale ipotizzata a carico di questo o di quello», dice a Open il presidente dell’Unione Camere Penali Italiane Gian Domenico Caiazza. «Ma qui si scopre l’acqua calda». 

Rif:https://www.open.online/2019/06/03/guerra-tra-toghe-lattacco-dellucpi-il-csm-va-riformato-oggi-la-giustizia-viene-a-patti-con-la-politica/

Tangenti in cambio di favori processuali: arrestati i magistrati Savasta e Nardi

Al termine delle indagini condotte dalla procura di Lecce, sono stati arrestati l’ex pubblico ministero Antonio Savasta, e l’ex giudice per le indagini preliminari Michele Nardi entrambi al Tribunali di Trani. Le accuse sono di associazione per delinquere, corruzione in atti giudiziari e falso per fatti commessi tra il 2014 e il 2018.

Due magistrati del Tribunale di Roma, entrambi precedentemente in servizio presso la procura di Trani, sono stati arrestati al termine delle indagini condotte dai pm di Lecce, Leonardo Leone De Castris e Roberta Licci.

Secondo quanto si apprende dall’agenzia di stampa Ansa, l’ex pubblico ministero del Tribunale di Trani, Antonio Savasta, ora giudice del Tribunale di Roma, e Michele Nardi, pm a Roma, ex giudice per le indagini preliminari a Trani e magistrato all’ispettorato del ministero della Giustizia, sono stati arrestati con le accuse di associazione per delinquere, corruzione in atti giudiziari e falso per fatti commessi tra il 2014 e il 2018, dunque negli anni in cui erano in servizio a Trani.

«Il ricorso alla misura cautelare si è reso indispensabile tenuto conto del concreto pericolo di reiterazione di condotte criminose e del gravissimo, documentato e attuale rischio di inquinamento probatorio», ha evidenziato in una nota stampa il procuratore della Repubblica di Lecce, Leonardo Leone de Castris.

Le indagini della procura di Lecce hanno inoltre portato all’arresto di un ispettore di polizia e all’interdizione di un imprenditore fiorentino e di due avvocati di Bari e Trani. La nota di de Castris chiarisce inoltre che la Procura di Lecce ha indagato sulla vicenda in base all’articolo 11 del Codice di Procedura penale poiché si tratta di reati commessi da magistrati in servizio nel distretto della Corte d’appello di Bari di cui è competente la magistratura salentina.

La procura di Lecce avrebbe accertato che i magistrati arrestati avrebbero garantito esiti processuali positivi in diverse vicende giudiziarie e tributarie in favore degli imprenditori coinvolti in cambio di ingenti somme di danaro e, in alcuni casi, di gioielli e diamanti. La procura, infatti, ha inoltre sequestrato denaro, conti correnti e beni, tra cui un orologio Daytona d’oro e diamanti, trovati nella disponibilità di Nardi.

Oltre ai due magistrati, è stato arrestato anche l’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro e sono stati interdetti dalla professione per un anno invece gli avvocati Simona Cuomo e Ruggiero Sfrecola. Nardi, Savasta, Di Chiaro e Cuomo sono accusati di associazione per delinquere finalizzata a una serie di delitti contro la pubblica amministrazione, corruzione in atti giudiziari, falso ideologico e materiale. Gli altri indagati sono accusati, a vario titolo, di millantato credito, calunnia e corruzione in atti giudiziari.

Scandalo Csm, la nuova guerra tra toghe (in tre minuti)

Il Consiglio Superiore della Magistratura è al centro di una bufera. Lo scandalo, partito da un’inchiesta per corruzione su Luca Palamara, potentissimo ex presidente dall’Anm ed ex membro dello stesso Csm, ha squarciato il velo su alcuni meccanismi interni alla magistratura, in particolare per quanto riguarda la modalità con cui verrebbero decise le nomine e le sanzioni disciplinari. 

David Ermini, ex parlamentare del Partito Democratico e vicepresidente dell’organo di autocontrollo della magistratura – il presidente è Sergio Mattarella, il capo dello Stato – parlando all’assemblea del Consiglio in seduta plenaria ha detto: «O sapremo riscattare con i fatti il discredito che si è abbattuto su di noi o saremo perduti». Parole che danno la cifra della serietà della situazione.

l motivo per cui l’inchiesta su un magistrato è arrivata a gettare, in pochi giorni «discredito», riprendendo la definizione di Ermini, sul Csm e sull’intera categoria va ricercato nelle pieghe delle indagine e degli addebiti che sono contestasti a Palamara: cioè aver ricevuto denaro e regali da alcuni lobbisti, con cui intratteneva stretti rapporti di amicizia, in cambio dell’influenza in alcune sentenze.

«Influenza» sembra proprio la parola chiave dello scandalo che sta travolgendo il Csm. Palamara, infatti, oltre che di corruzione, è accusato di aver cercato, venuto a sapere delle indagini a suo carico, di influenzare la nomina del prossimo procuratore capo di Perugia: la procura del capoluogo umbro ha infatti competenza sulle indagini che riguardano i magistrati romani, come lo stesso Palamara. 

Non solo, come pm a Roma e progettando una nuova scalata, il magistrato voleva scegliere anche il successore del procuratore capo Giuseppe Pignatone, in pensione dall’8 maggio. Con l’idea di ridimensionare il peso dei pm più duri di piazzale Clodio, avrebbero partecipato ai vertici anche Cosimo Ferri e Luca Lotti, quest’ultimo iscritto al registro degli indagati sul caso Consip proprio a Roma.

Il 2019 non era iniziato sotto i migliori auspici per la magistratura capitolina: Antonio Savasta, giudice del tribunale di Roma e ex pubblico ministero di Trani era stato arrestato insieme al collega Michele Nardi, pm nella Capitale, per ordine della procura di Lecce con l’accusa di associazione per delinquere, corruzione in atti giudiziari e falso per fatti commessi tra il 2014 e il 2018 quando i magistrati era in servizio a Trani.

Rif: https://www.open.online/2019/06/07/scandalo-csm-la-nuova-guerra-tra-toghe-in-tre-minuti/

Il complicato scandalo che ha investito la magistratura italiana decollato da Palamara & C

Un vero e proprio terremoto giudiziario sta scuotendo il Csm, con le indagini che pendono sul magistrato Luca Palamara e un sistema che qualcuno ha paragonato allo scandalo P2.

Da qualche giorno i principali mezzi di informazione italiani seguono un’intricata indagine per corruzione che ha posto al centro dei riflettori Luca Palamara, tra i volti più noti e influenti della magistratura italiana, con un passato alla presidenza dell’Associazione nazionale magistrati ed ex membro togato del Consiglio nazionale della magistratura. Sul suo conto pende la pesante accusa di aver accettato gioielli, viaggi e denaro per favorire alcune nomine e impedirne altre – se necessario facendo ricorso a vere e proprie operazioni di killeraggio – ma le indagini sembrano più in generale destinate a far luce su un sistema interno al Csm che uno dei suoi consiglieri, Giuseppe Casciniha paragonato allo scandalo P2.

Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, il piano a lungo termine di Palamara comprendeva la nomina di un pm a Perugia “sensibile alla sua posizione procedimentale” e a tal fine l’ex presidente dell’Anm avrebbe incontrato Cosimo Ferri e Luca Lotti, rispettivamente ex sottosegretario alla Giustizia e sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo Renzi, entrambi di area Pd. Insieme a loro, diversi incontri avvenuti in hotel avrebbero coinvolto anche Luigi SpinaCorrado ArtoniAntonio LepreGianluca Morlini e Paolo Criscuoli, tutti consiglieri del Csm.

rif:https://www.wired.it/attualita/politica/2019/06/07/scandalo-corruzione-magistratura-italiana/

Giudici “linciati” da Matteo Salvini

Il presidente della Corte d’Appello di Firenze chiede intervento del Csm contro la black list dei giudici fatta dal vice premier, che insiste: “Qualcuno fa politica e non è normale. Riformare Csm”

Giudici

Da un lato alcuni giudici, Salvini dall’altro. Una parte della magistratura si muove per chiedere che siano tutelati i tre colleghi contro cui si è espresso il Viminale. A parlare di “linciaggio di un nostro giudice”, è il presidente della corte d’Appello di Firenze,  Margherita Cassano: “Ritengo doveroso, quale presidente della Corte di Appello, intervenire in ordine al linciaggio morale cui è ingiustamente sottoposta la dottoressa Luciana Breggia, esposta per i gravi attacchi subiti a pericolo per la sua incolumità, attesa la risonanza mediatica e l’effetto moltiplicatore della galassia dei social”, ha affermato.

Salvini non arretra: “Segnalare toghe che fanno politica. Urgente riforma Csm”

Matteo Salvini, dal canto suo, non cambia idea e punta il dito contro i giudici che, a suo parere, utilizzano la loro funzione per fare politica: “Proprio per rispetto nei confronti del 99% dei giudici che lavorano obiettivamente, è doveroso segnalare quei pochissimi che utilizzano la toga per fare politica non applicando le leggi approvate dal Parlamento italiano”.

Il ministro dell’Interno è intervenuto poi sul modo di elezione di membri del Csm, su una materia, cioè, che compete al ministero della Giustizia. Ha chiesto un cambiamento dei criteri: “Per quanto riguarda i problemi interni al Csm emersi in questi ultimi giorni, è chiaro che è urgente una riforma dei criteri di nomina ed elezione del Csm e la riforma dell’ordinamento giudiziario”.

Per il ministro dell’Interno la situazione che sta vivendo l’organo di autogoverno della magistratura è “preoccupante”. Interrogato sulla questione, chiama in causa Mattarella: “Sicuramente il presidente della Repubblica dirà o farà qualcosa, visto che ne è supremo garante”.

Area: “Csm apra una pratica a tutela di Breggia e Betti”

Dalla parte di Breggia – e delle sue colleghe che secondo il Viminale avrebbero espresso posizioni contrarie alle politiche migratorie di Matteo Salvini e, per questo, si sarebbero dovute astenere da alcuni processi – anche i consiglieri del Csm di Area, soggetto che racchiude le correnti di Magistratura democratica e Movimento per la Giustizia. I togati chiedono che: “Il Csm apra una pratica a tutela di Luciana Breggia, presidente della sezione specializzata in materia di immigrazione del tribunale di Firenze, e di Matilde Betti, presidente della prima sezione civile del tribunale di Bologna, e “a presidio dell’autonomia e indipendenza della giurisdizione”, hanno scritto in un documento inviato all’organo di autogoverno della magistratura. 

rif: https://www.huffingtonpost.it/entry/giudici-chiedono-lintervento-del-csm-dopo-gli-attacchi-di-salvini-linciata-nostra-collega_it_5cf8f112e4b0e3e3df15ce2d