Scandalo Csm, la nuova guerra tra toghe (in tre minuti)

Il Consiglio Superiore della Magistratura è al centro di una bufera. Lo scandalo, partito da un’inchiesta per corruzione su Luca Palamara, potentissimo ex presidente dall’Anm ed ex membro dello stesso Csm, ha squarciato il velo su alcuni meccanismi interni alla magistratura, in particolare per quanto riguarda la modalità con cui verrebbero decise le nomine e le sanzioni disciplinari. 

David Ermini, ex parlamentare del Partito Democratico e vicepresidente dell’organo di autocontrollo della magistratura – il presidente è Sergio Mattarella, il capo dello Stato – parlando all’assemblea del Consiglio in seduta plenaria ha detto: «O sapremo riscattare con i fatti il discredito che si è abbattuto su di noi o saremo perduti». Parole che danno la cifra della serietà della situazione.

l motivo per cui l’inchiesta su un magistrato è arrivata a gettare, in pochi giorni «discredito», riprendendo la definizione di Ermini, sul Csm e sull’intera categoria va ricercato nelle pieghe delle indagine e degli addebiti che sono contestasti a Palamara: cioè aver ricevuto denaro e regali da alcuni lobbisti, con cui intratteneva stretti rapporti di amicizia, in cambio dell’influenza in alcune sentenze.

«Influenza» sembra proprio la parola chiave dello scandalo che sta travolgendo il Csm. Palamara, infatti, oltre che di corruzione, è accusato di aver cercato, venuto a sapere delle indagini a suo carico, di influenzare la nomina del prossimo procuratore capo di Perugia: la procura del capoluogo umbro ha infatti competenza sulle indagini che riguardano i magistrati romani, come lo stesso Palamara. 

Non solo, come pm a Roma e progettando una nuova scalata, il magistrato voleva scegliere anche il successore del procuratore capo Giuseppe Pignatone, in pensione dall’8 maggio. Con l’idea di ridimensionare il peso dei pm più duri di piazzale Clodio, avrebbero partecipato ai vertici anche Cosimo Ferri e Luca Lotti, quest’ultimo iscritto al registro degli indagati sul caso Consip proprio a Roma.

Il 2019 non era iniziato sotto i migliori auspici per la magistratura capitolina: Antonio Savasta, giudice del tribunale di Roma e ex pubblico ministero di Trani era stato arrestato insieme al collega Michele Nardi, pm nella Capitale, per ordine della procura di Lecce con l’accusa di associazione per delinquere, corruzione in atti giudiziari e falso per fatti commessi tra il 2014 e il 2018 quando i magistrati era in servizio a Trani.

Rif: https://www.open.online/2019/06/07/scandalo-csm-la-nuova-guerra-tra-toghe-in-tre-minuti/

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