Scandalo Csm, la nuova guerra tra toghe (in tre minuti)

Il Consiglio Superiore della Magistratura è al centro di una bufera. Lo scandalo, partito da un’inchiesta per corruzione su Luca Palamara, potentissimo ex presidente dall’Anm ed ex membro dello stesso Csm, ha squarciato il velo su alcuni meccanismi interni alla magistratura, in particolare per quanto riguarda la modalità con cui verrebbero decise le nomine e le sanzioni disciplinari. 

David Ermini, ex parlamentare del Partito Democratico e vicepresidente dell’organo di autocontrollo della magistratura – il presidente è Sergio Mattarella, il capo dello Stato – parlando all’assemblea del Consiglio in seduta plenaria ha detto: «O sapremo riscattare con i fatti il discredito che si è abbattuto su di noi o saremo perduti». Parole che danno la cifra della serietà della situazione.

l motivo per cui l’inchiesta su un magistrato è arrivata a gettare, in pochi giorni «discredito», riprendendo la definizione di Ermini, sul Csm e sull’intera categoria va ricercato nelle pieghe delle indagine e degli addebiti che sono contestasti a Palamara: cioè aver ricevuto denaro e regali da alcuni lobbisti, con cui intratteneva stretti rapporti di amicizia, in cambio dell’influenza in alcune sentenze.

«Influenza» sembra proprio la parola chiave dello scandalo che sta travolgendo il Csm. Palamara, infatti, oltre che di corruzione, è accusato di aver cercato, venuto a sapere delle indagini a suo carico, di influenzare la nomina del prossimo procuratore capo di Perugia: la procura del capoluogo umbro ha infatti competenza sulle indagini che riguardano i magistrati romani, come lo stesso Palamara. 

Non solo, come pm a Roma e progettando una nuova scalata, il magistrato voleva scegliere anche il successore del procuratore capo Giuseppe Pignatone, in pensione dall’8 maggio. Con l’idea di ridimensionare il peso dei pm più duri di piazzale Clodio, avrebbero partecipato ai vertici anche Cosimo Ferri e Luca Lotti, quest’ultimo iscritto al registro degli indagati sul caso Consip proprio a Roma.

Il 2019 non era iniziato sotto i migliori auspici per la magistratura capitolina: Antonio Savasta, giudice del tribunale di Roma e ex pubblico ministero di Trani era stato arrestato insieme al collega Michele Nardi, pm nella Capitale, per ordine della procura di Lecce con l’accusa di associazione per delinquere, corruzione in atti giudiziari e falso per fatti commessi tra il 2014 e il 2018 quando i magistrati era in servizio a Trani.

Rif: https://www.open.online/2019/06/07/scandalo-csm-la-nuova-guerra-tra-toghe-in-tre-minuti/

Il complicato scandalo che ha investito la magistratura italiana decollato da Palamara & C

Un vero e proprio terremoto giudiziario sta scuotendo il Csm, con le indagini che pendono sul magistrato Luca Palamara e un sistema che qualcuno ha paragonato allo scandalo P2.

Da qualche giorno i principali mezzi di informazione italiani seguono un’intricata indagine per corruzione che ha posto al centro dei riflettori Luca Palamara, tra i volti più noti e influenti della magistratura italiana, con un passato alla presidenza dell’Associazione nazionale magistrati ed ex membro togato del Consiglio nazionale della magistratura. Sul suo conto pende la pesante accusa di aver accettato gioielli, viaggi e denaro per favorire alcune nomine e impedirne altre – se necessario facendo ricorso a vere e proprie operazioni di killeraggio – ma le indagini sembrano più in generale destinate a far luce su un sistema interno al Csm che uno dei suoi consiglieri, Giuseppe Casciniha paragonato allo scandalo P2.

Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, il piano a lungo termine di Palamara comprendeva la nomina di un pm a Perugia “sensibile alla sua posizione procedimentale” e a tal fine l’ex presidente dell’Anm avrebbe incontrato Cosimo Ferri e Luca Lotti, rispettivamente ex sottosegretario alla Giustizia e sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo Renzi, entrambi di area Pd. Insieme a loro, diversi incontri avvenuti in hotel avrebbero coinvolto anche Luigi SpinaCorrado ArtoniAntonio LepreGianluca Morlini e Paolo Criscuoli, tutti consiglieri del Csm.

rif:https://www.wired.it/attualita/politica/2019/06/07/scandalo-corruzione-magistratura-italiana/

Giudici “linciati” da Matteo Salvini

Il presidente della Corte d’Appello di Firenze chiede intervento del Csm contro la black list dei giudici fatta dal vice premier, che insiste: “Qualcuno fa politica e non è normale. Riformare Csm”

Giudici

Da un lato alcuni giudici, Salvini dall’altro. Una parte della magistratura si muove per chiedere che siano tutelati i tre colleghi contro cui si è espresso il Viminale. A parlare di “linciaggio di un nostro giudice”, è il presidente della corte d’Appello di Firenze,  Margherita Cassano: “Ritengo doveroso, quale presidente della Corte di Appello, intervenire in ordine al linciaggio morale cui è ingiustamente sottoposta la dottoressa Luciana Breggia, esposta per i gravi attacchi subiti a pericolo per la sua incolumità, attesa la risonanza mediatica e l’effetto moltiplicatore della galassia dei social”, ha affermato.

Salvini non arretra: “Segnalare toghe che fanno politica. Urgente riforma Csm”

Matteo Salvini, dal canto suo, non cambia idea e punta il dito contro i giudici che, a suo parere, utilizzano la loro funzione per fare politica: “Proprio per rispetto nei confronti del 99% dei giudici che lavorano obiettivamente, è doveroso segnalare quei pochissimi che utilizzano la toga per fare politica non applicando le leggi approvate dal Parlamento italiano”.

Il ministro dell’Interno è intervenuto poi sul modo di elezione di membri del Csm, su una materia, cioè, che compete al ministero della Giustizia. Ha chiesto un cambiamento dei criteri: “Per quanto riguarda i problemi interni al Csm emersi in questi ultimi giorni, è chiaro che è urgente una riforma dei criteri di nomina ed elezione del Csm e la riforma dell’ordinamento giudiziario”.

Per il ministro dell’Interno la situazione che sta vivendo l’organo di autogoverno della magistratura è “preoccupante”. Interrogato sulla questione, chiama in causa Mattarella: “Sicuramente il presidente della Repubblica dirà o farà qualcosa, visto che ne è supremo garante”.

Area: “Csm apra una pratica a tutela di Breggia e Betti”

Dalla parte di Breggia – e delle sue colleghe che secondo il Viminale avrebbero espresso posizioni contrarie alle politiche migratorie di Matteo Salvini e, per questo, si sarebbero dovute astenere da alcuni processi – anche i consiglieri del Csm di Area, soggetto che racchiude le correnti di Magistratura democratica e Movimento per la Giustizia. I togati chiedono che: “Il Csm apra una pratica a tutela di Luciana Breggia, presidente della sezione specializzata in materia di immigrazione del tribunale di Firenze, e di Matilde Betti, presidente della prima sezione civile del tribunale di Bologna, e “a presidio dell’autonomia e indipendenza della giurisdizione”, hanno scritto in un documento inviato all’organo di autogoverno della magistratura. 

rif: https://www.huffingtonpost.it/entry/giudici-chiedono-lintervento-del-csm-dopo-gli-attacchi-di-salvini-linciata-nostra-collega_it_5cf8f112e4b0e3e3df15ce2d

Tiscali: Tsunami Csm: corruzione, lottizzazione, rivalse e progetti “eversivi”. La resa dei conti tra toghe

C’è la corruzione, presunta. La lottizzazione dei vertici di procure e tribunali. I giornalisti amici che si prestano a diffondere dossier farlocchi per non dire avvelenati. C’è il disegno, anche questo presunto e al limite dell’eversivo, di controllare gli uffici chiave delle procure italiane, Brescia che controlla Milano, Perugia che controlla Roma, Caltanissetta che controlla Palermo. Ci sono i magistrati più anziani, costretti ad andare in pensione a 70 anni per via della riforma Renzi del 2014, che adesso intravedono la possibilità di una rivalsa. C’è anche, infine, l’occasione servita su un piatto d’argento, di regolare i conti con quel che resta del renzismo che dalle parti del Pd è sempre una presenza ingombrante nel progetto di rinascita del centrosinistra.

Giuseppe Pignatone, ex 'dominus' della Procura romana, e il magistrato Luca Palamara

I sei filoni dell’inchiesta

Si fa presto a dire “l’inchiesta sul CSM”. Il fatto è che dietro e dentro quella “comoda” frasetta ci sono almeno altre 5-6 storie tutte importanti, persino gravi, talvolta intrecciate ma che non si deve fare l’errore di confondere. Cosa che invece sta puntualmente accadendo. In questo modo la magistratura, indebolita dallo scandalo, diventa territorio di conquista di chi da anni cerca di limitarne l’autonomia e l’indipendenza. Dopo dieci giorni di silenzio – quasi che nessuna forza politica, meno che mai quelle adesso in maggioranza, potessero o volessero mettere bocca in una faccenda che tutto sommato conoscono e accettano da anni, per non dire da sempre – ieri è partito il coro di chi chiede la riforma del Csm e, più in generale, della magistratura. Tanto che il dossieraggio del ministro dell’Interno sui magistrati che hanno scritto sentenze che hanno demolito il decreto sicurezza e l’osanna di dichiarazioni e interventi “adesso basta, la magistratura è fuori controllo – non sono gli effetti collaterali dell’inchiesta sul Csm ma forse il vero obiettivo di questa incredibile storia.

La corruzione

Sei filoni, che menti raffinatissime stanno legando insieme in un gigantesco ed incomprensibile nodo per poi magari buttare via il bimbo insieme all’ acqua sporca. Tutta questa storia inizia nel febbraio 2018 quando l’allora procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e l’aggiunto Paolo Ielo ricevono dai colleghi di Messina il fascicolo sulla rete di contatti di due avvocati, Pietro Amara e Giuseppe Calafiore, che dalla Sicilia avevano messo in piedi un sistema di corruzione dove viaggi a Dubai, vacanze in hotel di lusso,bustarelle fatte recapitare in ufficio tra bottiglie di champagne erano la merce di scambio per condizionare sentenze o confezionare dossier farlocchi per armare esposti contro i nemici del momento. La rete partiva dalla Sicilia, arrivava a Roma e si allungava fin dove c’era bisogno. Amara e Calafiore hanno patteggiato. E riempito verbali. Una maglia di questa rete è, secondo la procura di Perugia, il pm della procura di Roma Luca Palamara, ex membro del Csm ed ex presidente dell’Anm, in predicato fino a dieci giorni fa di diventare aggiunto a piazzale Clodio. Anche per lui viaggi all’estero, vacanze di lusso, un anello di brillanti da regalare ad un’amica. Persino soldi (40 mila )per nominare il collega (ora ex) Longo a procuratore capo di Gela. Nomina mai avvenuta perché non gradita al Presidente Mattarella.

La lottizzazione

E’ grande e amaro lo stupore nell’opinione pubblica nel leggere che l’assegnazione della procura di Roma, l’ufficio della pubblica accusa più importante del paese ed equivalente ad un paio di ministeri, è una faccenda tra correnti della magistatura. Ora però sarebbe da ipocriti fare le vergini e stupirsi del fatto che i vari incarichi direttivi della magistratura rispondono anche a criteri di appartenenza ad una corrente o all’altra e al peso specifico che quella corrente misura in quel momento. Dopo un ventennio in cui la correnti di sinistra (Md e Verdi) hanno goduto di ottima salute, adesso siamo tornati al predominio delle correnti più di centro (Unicost, quella di Palamara) e destra (Mi) (Cosimo Ferri, deputato pd) lasciando alla novella A&I di Davigo, ex di Mi, la libertà di posizionarsi dove meglio crede. Tutti sanno – compresi Lega e 5 Stelle che adesso chiedono la riforma del Csm – che l’assegnazione avviene per titoli, certamente, per meriti, ma anche per appartenenza. E se potessimo leggere la mappa delle procure d’Italia in base alla corrente di appartenenza, vedremmo venir fuori un disegno di perfetto bilanciamento e specchio dei rapporti di forza attuali. Nella guerra per la procura Roma, il fatto che i tre candidati siano di Unicost (Creazzo) o Mi (Viola e Lo Voi) , ha certamente fatto arrabbiare Area (sinistra) che è rimasta fuori dalla grande spartizione. Anche Primo Presidente e Procuratore generale della Cassazione sono infatti di quelle due correnti. Non si può escludere che anche questo elemento abbia dato pubblicità ai fatti – corruzione e nomine – legandoli insieme. Così fan tutti e così tutti sanno. Il timore di una serie di ricorsi a raffica contro gli ultimi anni di nomine è fondato ma sarebbe una gigantesca ipocrisia. Auspicabile che il meccanismo cambi una volte per tutte. Ma da ora in avanti perché finora è andata bene così a tutti.

Giornalisti “amici”

E’ un altro aspetto della cosiddetta “inchiesta sul Csm”. Giornalisti che seguono la giudiziaria e su cui poteva contare il pm di Roma Stefano Fava (indagato per violazione di segreto e favoreggiamento) nella costruzione del dossieraggio contro l’aggiunto Paolo Ielo obiettivo di due diversi rancori: Palamara lo considerava nemico perché è stato Ielo ad inviare a Perugia le carte dell’inchiesta Amara in cui lui stesso risulta parte del sistema; Fava ce l’aveva con lui perché nel tempo gli aveva contestato il modo di condurre le indagini, quella su Amara ad esempio, ritirando la delega. Anche qui, niente di nuovo: i giornalisti coltivano fonti, soprattutto nella giudiziaria, di cui diventano spesso canali esclusivi.Giusto? Sbagliato? L’inchiesta sul Csm è stata, fin da subito, anche una guerra tra giornali. Il Giornale ieri ipotizzava anche un giro di danaro utile alla fabbrica dei dossier. La differenza sta nell’essere una buca delle lettere. E nel farlo a pagamento. Vedremo.

Il controllo delle procure chiave

Nella geografia del potere giudiziario, le procure di Brescia, Perugia e Caltanissetta sono tra gli incarichi più strategici. Questione di potere di indagine: quegli uffici controllano Milano, Roma e Palermo tre procure che possono incidere e molto sul piano politico con le loro inchieste. Roma, poi, nel settennato di Pignatone ha dimenticato il porto delle nebbie e aperto l’abisso sui sistemi criminali della Capitale. Un’operazione di svelamento che deve essere portata avanti. Secondo l’informativa del Gico della Finanza, braccio operativo della procura umbra, il king maker Luca Palamara, e non solo lui, mirava a questo tipo di controllo territoriale posizionando ai vertici degli uffici toghe amiche. Per questioni di puro potere. Sarebbero una quarantina i nomi di magistrati coinvolti, consapevolmente o meno, in questo progetto. Che in procura a Roma è stato definito “eversivo”.

La vendetta delle toghe contro gli ultimi scampoli di renzismo

La goccia che ha reso insostenibile – molti magistrati già non la sopportavano più, gli stessi che ora chiedono le dimissioni dalla magistratura dei colleghi coinvolti – la grande ipocrisia del potere delle correnti sulle nomine è stata la presenza di Luca Lotti, deputato Pd, ex sottosegretario alla Presidenza del consiglio, uomo ombra di Matteo Renzi , agli incontri per definire il nome del nuovo procuratore di Roma. Scelta sofferta e fratricida perché alla fine Lo Voi, il favorito, e Viola (che invece è stato il più votato in Commissione al Csm) sono entrambi di Mi. Il fatto grave è che Lotti è un imputato della procura di Roma (inchiesta Consip) e nei fatti era come se stesse dando il gradimento a chi dovrà giudicarlo. Il fatto che fosse presente anche Ferri (ora Pd ma un tempo legato a Verdini) è meno rilevante perché Ferri da anni è il consulente del centrosinistra sul fronte magistratura. Su questo dato si è scatenato un doppio fuoco di fila. L’ex procuratore nazionale antimafia Franco Roberti (ora eurodeputato Pd) è stato chiarissimo: “Nel 2014 il governo Renzi, all’apice del suo effimero potere, con decreto legge, abbassò improvvisamente l’età pensionabile dei magistrati da 75 a 70 anni. Quella sciagurata iniziativa era dettata da un duplice interesse: liberare in anticipo una serie di posti direttivi per fare spazio a cinquantenni rampanti anche come consiglieri di ministri; tentare di influenzare le nuove nomine in favore di magistrati ritenuti (a torto o a ragione) più “sensibili”. Roberti è stato una delle tante vittime illustri del pensionamento anticipato. Lo stesso di cui sarà vittima a breve anche Pier Camillo Davigo (salvo proroghe che potrebbe riconoscergli lo stesso Csm) e ministro Guardasigilli ombra dei 5 Stelle. Nota margine su Lotti: par di capire che l’ex sottosegretario non accetterà di passare per un puparo che trama di notte nelle hall degli alberghi con un pugno di magistrati.

Il faccia a faccia

Tirato per il bavero perché nessuno, fino a ieri, e neppure il Pd ha detto una parola sull’indagine e le sue mille facce, il segretario Zingaretti ieri ha incontrato Lotti“per ascoltare le spiegazioni e tentare una prima valutazione comune”. Lo staff del segretario si è molto risentito quando l’incontro è passato per “atto di solidarietà”. Il fatto è che lo stesso Zingaretti ha un po’ le mani legate visto che è indagato per finanziamento illecito, fondi ricevuti – ma è ancora tutto da accertare – dai due avvocati Amara e Calafiore che sono all’origine di questo caos. E non può fare del tutto ciò che una parte del Pd, come Roberti, sta chiedendo: affondare quel che resta del renzismo prima che si possa riorganizzare.

La riforma sul tavolo

Lo tsunami Csm offre uno straordinario assist a chi da trent’anni vuole mettere le mani sulla magistratura. E anche i 5 Stelle, paladini delle toghe e del giustizialismo, si ritrovano, loro malgrado, dalla stessa parte di Salvini e di chi mal sopporta le indagini della magistratura. Ieri il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e il ministro dell’Interno hanno parlato della necessità di “un intervento urgente” sul Csm. Salvini tira per la giacca anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, numero uno del Consiglio superiore e regista silenzioso in queste lunghe giornate della tutela e dell’operatività dell’attuale plenum dove, prima volta nella storia, cinque membri togati sono dimessi o autosospesi perché presenti agli incontri per decidere le nomine a tavolino. Salvini è sicuro che “il Capo dello Stato dirà o farà qualcosa sulla vicenda visto che è il supremo garante” dell’organo di autogoverno della magistratura”. Come si interverrà, è ancora tutto da decidere. Anche perché si tratta di una riforma costituzionale che richiede tempi lunghi. Riforma del Csm (prevista dal contratto di governo) e riforma del processo penale (voluta da Salvini) potrebbero cambiare presto ruolo e funzioni della magistratura. Come mai è successo nei settant’anni della Repubblica.

Rif: https://notizie.tiscali.it/politica/articoli/tsunami-csm/

Il Giornale: La Tangentopoli dei magistrati. Nella “cupola” pure i giornalisti

“La Gdf a caccia di chi gestiva i fondi usati per alterare le nomine nelle Procure. Nel mirino i contatti del pm Fava con i cronisti del “Fatto” e della “Verità” sul dossier contro Pignatone.

Non era solo una faccenda di potere. A trasformare in un mercato a cielo aperto la nomina dei capi degli uffici giudiziari, a inquinare fin nelle falde più profonde i meccanismi posti a tutela dell’indipendenza della magistratura, c’erano anche i soldi.

Un fiume di quattrini che ha oliato le procedure di selezione, spostato equilibri, convinto gli incerti. È questo il grande «non detto» dell’inchiesta che sta travolgendo, più dei singoli giudici, l’intera istituzione, il terzo potere dello Stato nei suoi organismi e nel suo prestigio.

La parte emersa dell’inchiesta sta nel cd che la Procura di Perugia ha trasmesso al Consiglio superiore della magistratura, con i risultati di un anno di intercettazioni eccellenti, a partire da quella di Luca Palamara, ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati. É il materiale che ha già travolto Palamara e Luigi Spina, membro del Csm, e che ha costretto altri quattro componenti del Consiglio ad autosospendersi. È materiale quasi brutale nella sua chiarezza: emerge la rete dei favori, delle faide politiche, della connection micidiale con giornalisti e mass media.”

Rif:http://www.ilgiornale.it/news/politica/gdf-caccia-chi-gestiva-i-fondi-usati-alterare-nomine-nelle-1706831.html

Corriere: Le trame di Palamara contro Ermini. Lotito in campo per difendere persone a lui vicine

Le trame di Palamara contro Ermini. Lotito in campo per difendere persone a lui vicine

Le critiche al numero 2 del Csm per non essere allineato. Lotti si difende: «Cenare con me non è un reato»

rif. https://www.corriere.it/cronache/19_giugno_05/trame-palamara-contro-ermini-lotito-campo-difendere-persone-lui-vicine-9ef88bd0-87d0-11e9-b851-9738da749704.shtml?refresh_ce-cp

Repubblica: Caso Palamara, l’Anm: “Insufficienti le autosospensioni, via tutti i giudici coinvolti”

Caso Palamara, l'Anm: "Insufficienti le autosospensioni, via tutti i giudici coinvolti"

Il parlamentino dell’associazione nazionale dei magistrati ha ascoltato l’appello del presidente Grasso. Interviene il premier Conte: “Indipendenza e garanzia per la magistratura”. Roberti: “Il Pd condanni i propri esponenti”. Zingaretti: “Ora massima chiarezza e indagini rapide”

Rif. https://www.repubblica.it/cronaca/2019/06/05/news/palamara_reazioni_grasso-228017390/

Roberto Rossi – Scheda

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Ma vediamo chi è Rossi Roberto attualmente Capo Procuratore del Tribunale di Arezzo. Formatosi nelle procure di Perugia e poi di Mantova, balzò qualche anno fa alle cronache per il suo scontro con l’allora capo della procura di Siena. Scontro dovuto alla conduzione dell’ufficio giudiziario. Ad Arezzo, una sede fino ad allora piuttosto sonnecchiosa, si mette in luce per inchieste di rilievo nazionale. Tra queste la cosiddetta indagine “Variantopoli”. Rossi coordinò l’indagine su presunti illeciti nella gestione urbanistica nel Comune di Arezzo dal 2000 al 2005. L’inchiesta portò all’arresto di tre consiglieri comunali per reati di concussione, abuso di ufficio e corruzione: L’indagine si estese anche al sindaco e coinvolse alcuni imprenditori (tra cui il presidente dell’Arezzo in quegli anni), e coinvolse l’allora responsabile regionale di Forza Italia già sottosegretario del governo Berlusconi. Gli imputati sono stati tutti condannati in primo grado, sentenze confermate in appello ed in Cassazione, salvo alcune prescrizioni. 

Un altro episodio significativo è stato l’arresto di Nadia Desdemona Lioce. La brigatista che insieme al complice Mario Galesi, morto la sera stessa dell’agguato, è stata protagonista del sanguinoso conflitto a fuoco sul treno Roma-Firenze, nel quale è rimasto ucciso l’agente delle Polizia Ferroviaria Emanuele Petri.

Rossi condusse l’indagine su Eutelia S.p.A., all’epoca il quarto gestore nazionale di telefonia per volume di affari.

E ancora: l’indagine per evasione, reati fiscali e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte a carico di Licio Gelli e dei suoi familiari, che hanno condotto la procura di Arezzo a predisporre il sequestro preventivo di villa Wanda, porta la sua firma. Un processo che si concluse prescrizione e il dissequestro della villa.

Di recente, si trovò anche al centro di una querelle politica: la sua indagine – a poche settimane dal voto amministrativo – nei confronti di un assessore alla cultura del comune di Arezzo a detta di molti, ha consegnato – si fa per dire – alla destra il comune toscano, considerato un feudo della Boschi.

Certo e’ presente il nodo del conflitto di interesse dato dalla sua “consulenza” per il Palazzo Chigi.

Gli si imputa anche di aver sollecitato lui stesso la consulenza dopo la scadenza del primo incarico.

E poi, qui sta il nocciolo, lo si accusa di non aver indagato il padre della Boschi dopo i rilievi mossi dalla Banca di Italia.

Luca Palamara – Scheda

Luca Palamara nasce a Roma il 22.04.1969.

Si laurea in Giurisprudenza nel 1991 con la votazione di 110 e lode, conseguita presso l’Università degli Studi di Roma ” La Sapienza”.

Nel 1996 fa il suo ingresso in Magistratura con la qualifica di uditore giudiziario.

Nel 1997 è nominato Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, dove si è tra l’altro occupato di reati contro la pubblica amministrazione e di procedimenti di competenza della direzione distrettuale antimafia.

Nel 2002 è nominato Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma dove si occupa di rilevanti indagini tra cui Calciopoli e il caso “Moro”.

Nel 2008 viene nominato Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, di cui era già stato segretario generale. Durante tale periodo numerose sono state le partecipazioni a dibattiti e convegni in materia di giustizia, intrattenendo altresì rapporti istituzionali con le alte cariche dello Stato.

E’ autore delle seguenti pubblicazioni: Manuale di diritto penale, parte speciale, casa editrice Concorsi x tutti, 1995; Manuale sulla tutela della privacy e sulla tutela dell’accesso nelle istituzioni scolastiche, 2006; La responsabilità penale del pubblico dipendente, EPC Libri, 2007; Un progetto per la giustizia, editore Ipsoa, a cura di Luca Palamara, 2008; Cento anni di associazione magistrati, editore Ipsoa, a cura di Edmondo Bruti Liberati e Luca Palamara, 2009; Le cinque responsabilità del pubblico dipendente, editore Giuffrè, di Vito Tenore, Luca Palamara, 2009; Autoriforma, organizzazione, responsabilità, editore Ipsoa, a cura di Luca Palamara, 2011; Le sanzioni amministrative, AA.VV., 2011.

Dal 2014 è membro togato del Consiglio Superiore della Magistratura.

da https://www.csm.it/web/palamara/scheda-consigliere)