“La Gdf a caccia di chi gestiva i fondi usati per alterare le nomine nelle Procure. Nel mirino i contatti del pm Fava con i cronisti del “Fatto” e della “Verità” sul dossier contro Pignatone.

Non era solo una faccenda di potere. A trasformare in un mercato a cielo aperto la nomina dei capi degli uffici giudiziari, a inquinare fin nelle falde più profonde i meccanismi posti a tutela dell’indipendenza della magistratura, c’erano anche i soldi.
Un fiume di quattrini che ha oliato le procedure di selezione, spostato equilibri, convinto gli incerti. È questo il grande «non detto» dell’inchiesta che sta travolgendo, più dei singoli giudici, l’intera istituzione, il terzo potere dello Stato nei suoi organismi e nel suo prestigio.
La parte emersa dell’inchiesta sta nel cd che la Procura di Perugia ha trasmesso al Consiglio superiore della magistratura, con i risultati di un anno di intercettazioni eccellenti, a partire da quella di Luca Palamara, ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati. É il materiale che ha già travolto Palamara e Luigi Spina, membro del Csm, e che ha costretto altri quattro componenti del Consiglio ad autosospendersi. È materiale quasi brutale nella sua chiarezza: emerge la rete dei favori, delle faide politiche, della connection micidiale con giornalisti e mass media.”