I pizzini choc di Palamara: “Quel processo va ritardato”

Sequestrate nell’ufficio del magistrato le richieste di mediazione per rallentare inchieste e sentenze. Lui replica: “Mai illeciti. Consigli a un’amica accusata di bancarotta. Uno l’ho ricevuto allo stadio”

A volte basta un foglio, uno solo, per raccontare una catastrofe altrimenti tratteggiata da decine e decine di ore di intercettazioni ambientali registrate da uno potente spyware come il Trojan, da centinaia di pagine di verbali, dalle incomprensibili alchimie per addetti degli interna corporis del Csm. Ebbene, quel foglio, la Lettera Scarlatta di questa inchiesta della Procura Perugia che da palla di neve si è fatta valanga, se lo sono ritrovati per le mani i militari del Gico.

Rif:https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2019/07/02/news/luca_palamara_csm_inchiesta_procura_perugia_pizzini-230193367/

«Ho trovato Palamara sotto casa»: in una lettera la difesa di Fuzio

«Ho trovato Palamara sotto casa»: in una lettera la difesa di Fuzio

«Non ho indicato né offerto al dottor Palamara alcuna notizia riservata, essendomi limitato a ribadirgli quello che già sapeva… La breve interlocuzione va inserita in un contesto colloquiale intrattenuto, sia pure con metodi improvvisi, da una persona che aveva con me un rapporto di risalente colleganza e comunanza di vedute in ambito associativo». Il procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio, alle prese con la «grana» di una conversazione intercettata con il pm romano Luca Palamara indagato per corruzione, illustra la propria autodifesa ai magistrati del suo ufficio. Due pagine e mezza inviate ieri mattina, per spiegare che in quell’incontro, da lui non cercato bensì subìto, non è accaduto nulla di grave. 

È una risposta decisa all’Associazione magistrati, che invece l’ha definito «sconcertante», invitando il pg a dimettersi. Ma dalla lettera, che ha lasciato perplessi molti dei destinatari, non traspare questa intenzione. E i contenuti sono presumibilmente quelli che l’alto magistrato intende esporre nell’udienza chiesta al capo dello Stato Sergio Mattarella, presidente del Consiglio superiore della magistratura di cui Fuzio è membro di diritto. Nell’attesa ieri non s’è presentato al plenumdel Csm ma è andato dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che in teoria potrebbe promuovere nei suoi confronti l’azione disciplinare. 

Entrambi l’hanno avviata contro Palamara, il pg ha chiesto anche al Csm di sospenderlo subito da funzioni e stipendio, e ora spiega di avere subito avvisato i colleghi delegati al procedimento sia della sua antica amicizia con il magistrato (fanno parte della stessa corrente) che dei precedenti discorsi con lui sui viaggi pagati dall’imprenditore Fabrizio Centofanti, divenuti la base dell’accusa di corruzione mossa dalla Procura di Perugia. Poi racconta che la sera del 21 maggio scorso Palamara, dopo avere già saputo di essere indagato, «con modalità “a sorpresa” mi imponeva la sua presenza dinanzi alla mia abitazione, senza che nessun incontro o colloquio fosse stato mai programmato o concordato in procedenza». 

Una sorta di agguato, quindi. Da cui scaturì il dialogo ormai noto: dettagli sull’indagine perugina e sulle votazioni in corso al Csm per il futuro procuratore di Roma. Con le «lamentele del dottor Palamara che sono il sottofondo dell’intera conversazione, quasi del tutto dominata dagli sfoghi del magistrato», ricorda Fuzio. Il quale sostiene di avere semplicemente «ribadito in via reticente, ma solo per garbo caratteriale», ciò che il collega già sapeva. Con l’intento, sostiene, «di razionalizzare il suo stato di “agitazione”». Un tentativo di calmarlo, insomma.

A parte i particolari sull’inchiesta, ciò che appare imbarazzante nell’intercettazione dove le parole di Fuzio sono molto spesso incomprensibili è pure il confronto sulla scelta del nuovo procuratore di Roma (Palamara era impegnato a raccogliere voti in favore di Marcello Viola), nel quale il pg valuta schieramenti e voti. Ma l’alto magistrato nega interferenze e scorrettezze, sottolineando che in mattinata lui aveva suggerito di fare le audizioni dei candidati, richieste dal Quirinale e successivamente bocciate dalla commissione: «Un intervento, il mio, evidentemente non gradito da chi aveva deciso di stringere i tempi, e sul quale Palamara voleva parlare, trovando la strada sbarrata da quanto era già accaduto la mattina». La conclusione è che «siffatta conversazione, all’evidenza, non può essere accomunata alla riunione svoltasi il 9 maggio», cioè quella con i deputati del Pd Cosimo Ferri e Luca Lotti e gli ex componenti del Csm che lo stesso Fuzio ha messo sotto inchiesta disciplinare.

Per il resto, Palamara sollecitava l’amico a intervenire presso il vicepresidente del Csm David Ermini: «Invito da me non raccolto». La minimizzazione di quanto accaduto ha spinto il pg a non evitare di promuovere personalmente il processo disciplinare contro il collega: «In astratto avrei potuto valutare l’ipotesi dell’astensione, ma ho sempre creduto che l’istituzione si serve facendo sempre il proprio dovere ed assumendosi le responsabilità che derivano dalle funzioni che si esercitano. Ho deciso di anteporre l’interesse dell’istituzione alla mia posizione personale, in silenzio e davanti alla mia coscienza. Il magistrato parla con i propri atti». 

Proprio a tutela degli interessi istituzionali, separandoli da quelli personali, l’Anm ha chiesto le dimissioni di Fuzio. Che invece rivendica quanto ha fatto finora: «Sono convinto che sia stata la scelta migliore per la magistratura e per il Csm».

Rif: https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/19_luglio_03/ho-trovato-palamara-sotto-casa-una-lettera-difesa-fuzio-479e5b66-9dc5-11e9-9326-3d0a58e59695.shtml

Csm, anche Unicost chiede le dimissioni di Fuzio: “Scelte non rimandabili”. Il pg chiede un incontro a Mattarella

Csm, anche Unicost chiede le dimissioni di Fuzio: “Scelte non rimandabili”. Il pg chiede un incontro a Mattarella

Dopo l’Anm anche la corrente di centro della magistratura chiede un passo indietro al pg della Cassazione intercettato con Palamara: “I comportamenti che emergono dalle cronache, laddove provati, costituiscono un grave vulnus all’istituzione consiliare, oltre a essere lesivi dei valori fondanti di Unità per la Costituzione”

Il procuratore generale della Cassazione deve dimettersi. Dopo l’Associazione nazionale magistrati, anche Unità per la Costituzione chiede le dimissioni di Riccardo Fuzio. Una richiesta significativa visto che proviene dalla stessa corrente in cui milita il Pg. Unicost, tra l’altro, è anche la corrente di Luca Palamara, il pm sotto inchiesta per corruzione al centro dello scandalo che ha travolto il Consiglio superiore della magistratura.

Ed è proprio per le intercettazioni con Palamara che Fuzio è finito nella bufera. “I recenti articoli di stampa relativi alle conversazioni avute dal procuratore generale presso la corte di Cassazione, titolare dell’azione disciplinare, nonché componente di diritto del Csm, inducono a ribadire quanto già espresso sin dai primi comunicati dalla Segreteria e dalla Presidenza di Unità per la Costituzione: i comportamenti che emergono dalle cronache, laddove provati, costituiscono un grave vulnus all’istituzione consiliare, oltre a essere lesivi dei valori fondanti di Unità per la Costituzione”, scrivono in una nota il presidente e il segretario di Unicost Mariano Sciacca e Enrico Infante. “Il senso di responsabilità istituzionale  che deve appartenere a chi ricopre incarichi di tale rilievo, impone non rimandabili scelte – sottolineano Sciacca e Infante- a tutela dell’istituzione giudiziaria e consiliare, per la credibilità della magistratura tutta”.

Fuzio da parte sua ha chiesto un incontro al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Bisognerà capire quando il magistrato sarà ricevuto al Quirinale: in giornata, infatti, il capo dello Stato è atteso a Napoli per le Universiadi. Stamani Fuzio non ha partecipato al plenum del Csm: la sua sedia è rimasta vuota durante la seduta mattutina. Ieri il pg aveva partecipato alla riunione del Comitato di presidenza, ma non aveva fatto alcun cenno alla sua vicenda, mentre l’Anm diffondeva una nota per chiederne le dimissioni. 

Fuzio intercettato: avvisò Palamara dell’indagine di Perugia su di lui

Il plenum tornerà a riunirsi la prossima settimana. Il vicepresidente del Csm David Ermini, invece, potrebbe esprimersi già in giornata sulle richieste di ricusazione di Palamara. Oggi Ermini ha formato che dovrà vagliare l’istanza avanzata dalla difesa del pm romano durante il procedimento disciplinare: Palamara non vuole che a giudicarlo siano Pier Camillo Davigo e Sebastiano Ardita. Per decidere se escludere Davigo e Ardita dal collegio dei giudicanti, Ermini ha formato un piccolo tribunale composto dai consiglieri togati di Magistratura Indipendente Loredana Micchichè e di Area Giuseppe Cascini. Quest’ultimo ha già depositato una nuova richiesta di astensione che verrà ora valutata dal vicepresidente. 

“Il pg Fuzio deve compiere un gesto di responsabilità”

Cascini si era già astenuto dal collegio disciplinare di Palamara, perché in passato aveva guidato l’Anm in comune con il magistrato indagato (era segretario quando il pm sotto inchiesta era presidente). Il suo posto era stato preso da Ardita. In caso di ricusazione, dunque, Ardita dovrà essere sostituito da un altro pubblico ministere nella sezione disciplinare. Ma allo stato, al Csm non ce ne sono altri, essendosi dimessi per le intercettazioni dell’inchiesta di Perugia, Antonio Lepre e Luigi Spina. Una situazione che si potrebbe risolvere solo se Cascini revocasse in parte la sua astensione, accettando di occuparsi della ricusazione di Ardita. Se così non fosse sarebbe probabile il rinvio ad ottobre, cioè alle elezioni suppletive per sostituire i consiglieri pm che si sono dimessi.

Rif: https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/07/03/csm-anche-unicost-chiede-le-dimissioni-di-fuzio-scelte-non-rimandabili-il-pg-chiede-un-incontro-a-mattarella/5298817/

Sistema Siracusa”, indagato a Messina il procuratore di Taranto Capristo

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C’è un altro indagato eccellente nell’inchiesta sul “sistema Siracusa” gestita dalla Procura di Messina retta da Maurizio De Lucia, che s’è ormai allargata a tutta Italia. Ed è un altro magistrato.

Si tratta dell’attuale procuratore capo di Taranto Carlo Maria Capristo, che è stato iscritto nel registro degli indagati dai magistrati di Messina con l’ipotesi di reato di abuso d’ufficio. Di lui ha parlato in un verbale l’avvocato Piero Amara, il regista del “sistema Siracusa”, che ha raccontato di aver inviato a Trani, quando Capristo era a capo di quella procura, uno degli esposti anonimi che sarebbero dovuti servire ad inscenare il falso complotto ai danni dell’Eni, per sviare le “vere” indagini di Milano sul colosso petrolifero.

Secondo quanto ha riferito l’avvocato Amara ai magistrati messinesi lui conosceva bene Capristo. Un esposto anonimo dello stesso tenore Amara lo inviò all’epoca alla procura di Siracusa dal suo “amico”, ora ex pm, Giancarlo Longo. E proprio l’ex pm, che ha patteggiato la pena di 5 anni di reclusione nell’ambito del processo aperto a Messina, chiese al collega Capristo l’invio degli atti al suo ufficio. Atti che vennero in effetti inviati da Trani a Siracusa.

“Sono stato già interrogato dai colleghi di Messina – ha spiegato Capristo all’Ansa – e ho rappresentato loro la correttezza del mio operato”. “Quando giunsero gli anonimi a Trani – ha aggiunto – furono assegnati a due sostituti che si occuparono dei doverosi accertamenti sulla loro fondatezza”. “Successivamente – ha rilevato – venne formalizzata una articolata richiesta del fascicolo dal Pm di Siracusa. La richiesta fu analizzata dai due Pm che con apposita relazione mi rappresentarono che gli atti potevano essere trasmessi. Vistai la relazione e disposi la trasmissione del fascicolo al Procuratore di Siracusa. Nessuno poteva immaginare all’epoca alcun preordinato depistaggio”.

Rif: https://messina.gazzettadelsud.it/articoli/cronaca/2019/07/02/sistema-siracusa-indagato-a-messina-il-procuratore-di-taranto-capristo-048164d7-772e-446b-a938-13a1efe4ff48/

Il procuratore capo di Taranto Capristo indagato per abuso d’ufficio sul falso complotto Eni

Il procuratore capo di Taranto Capristo indagato per abuso d'ufficio sul falso complotto Eni

Il magistrato è coinvolto in un’inchiesta della procura di Messina sulla base di un esposto anonimo recapitato quando era in servizio a Trani: trasmise gli atti a Siracusa invece che a Milano

a Procura di Messina ha iscritto nel registro degli indagati, per abuso d’ufficio, il procuratore di Taranto Carlo Capristo. Le accuse si riferiscono all’epoca in cui il magistrato era a capo della Procura di Trani e riguardano la vicenda dell’esposto anonimo su un presunto complotto contro l’Eni e il suo ad Claudio Descalzi recapitato alle procure di Trani e Siracusa.

L’esposto, secondo l’accusa, sarebbe stato finalizzato in realtà a depistare un’altra inchiesta, nel frattempo aperta a Milano, su tangenti pagate dall’Eni in Nigeria e Algeria.
L’anonimo venne mandato alla procura di Siracusa e a quella di Trani. A Siracusa l’allora pm Giancarlo Longo, che ha poi patteggiato una condanna per corruzione e associazione a delinquere, su input di Giuseppe Amara, legale esterno dell’Eni, avrebbe messo in piedi un’indagine priva di qualunque fondamento, su un falso piano di destabilizzazione della società del cane a sei zampe e del suo amministratore delegato. In realtà, per gli inquirenti che hanno arrestato Amara e un altro avvocato, Giuseppe Calafiore, lo scopo sarebbe stato intralciare l’inchiesta milanese sulle presunte tangenti in cui Descalzi era coinvolto.

A Capristo, sentito le scorse settimane dai pm messinesi, che hanno indagato e processato Longo scoprendo il piano, si contesta l’anomala trasmissione dell’esposto al collega Longo anziché alla procura di Milano, naturale sede dell’inchiesta sul falso complotto. L’indagine della Procura di Messina ha scoperchiato un vero e proprio sistema corruttivo con al centro Amara e Calafiore che riuscivano, pagando mazzette e facendo regali, a condizionare indagini sui loro più grossi clienti.

“Sono stato già interrogato dai colleghi di Messina alcune settimane fa alla presenza del mio difensore e ho rappresentato loro la correttezza del mio operato”, ha dichiarato in proposito. “Nessuno – aggiunge – poteva immaginare all’epoca alcun preordinato depistaggio. Quando giunsero gli anonimi a Trani – spiega Capristo – furono assegnati a due sostituti che si occuparono dei doverosi accertamenti sulla loro fondatezza. Successivamente – prosegue – venne formalizzata una articolata richiesta del fascicolo dal PM di Siracusa. La richiesta fu analizzata dai due sostituti che con apposita relazione mi rappresentarono che gli atti potevano essere trasmessi. Vistai la relazione e disposi la trasmissione del fascicolo al Procuratore di Siracusa. Nessuno poteva immaginare all’epoca alcun preordinato depistaggio”. 

Rif: https://bari.repubblica.it/cronaca/2019/07/02/news/taranto_il_procuratore_capristo_indagato_a_messino_sul_complotto_eni-230171773/

Magistrati indagati, anche il procuratore di Taranto sotto inchiesta: i pm di Messina lo accusano di abuso d’ufficio

Magistrati indagati, anche il procuratore di Taranto sotto inchiesta: i pm di Messina lo accusano di abuso d’ufficio

Carlo Capristo è accusato di abuso d’ufficio per alcuni fatti legati alla sua esperienza da procuratore di Trani. I magistrati siciliani gli contesteno irregolarità nella trasmissione a Siracusa dei dossier anonimi dell’avvocato Amara, che avrebbero poi fatto aprire l’indagine sul falso complotto Eni. La difesa: “Sono già stato interrogato e ho già rappresentato la mia correttezza ai colleghi”. La vicenda incrocia una serie di vicende oggetto di inchieste di Roma, Perugia e Milano. E si collega allo scandalo che ha travolto il Csm

Un altro procuratore coinvolto, un’altra toga sotto inchiesta in un sistema che continua ad allargarsi. La procura di Messina ha iscritto nel registro degli indagati il nome di Carlo Capristo, attuale capo dell’ufficio inquirente di Taranto. Il magistrato è accusato di abuso d’ufficio. Le contestazioni si riferiscono al periodo in cui Capristo guidava la procura di Trani e sono legate alla vicenda della falso complotto per depistare le indagini dei pm di Milano sulle tangenti pagate dall’Eni in Nigeria. Una vicenda complessa con un solo uomo al centro: Piero Amara. È l’avvocato che per sua stessa ammissione ha inventato il cosiddetto “Sistema Siracusa“: un’organizzazione che riusciva a “comprare” le sentenze del consiglio di Stato, ad avvicinare magistrati e politici, a orientare decisioni . E almeno in un’occasione a pilotare l’apertura di un’inchiesta completamente inventata. Ma andiamo con ordine.

L’indagine per abuso d’ufficio a Messina – Capristo è indagato dalla procura di Messina per il principio della continuazione. L’ufficio inquirente di Maurizio De Lucia è infatti competente per i reati commessi da magistrati del distretto di Siracusa. Ed è proprio a Siracusa che lavorava Giancarlo Longo, prima di patteggiare cinque anni per corruzione e lasciare la magistratura. Longo era una sorta di “pm di fiducia” di Amara. È lui che apre l’indagine posticcia sull’Eni. Un’inchiesta che ipotizza un complotto organizzato contro l’amministratore delegato Claudio Descalzi: ma è un’indagine completamente inventata dallo stesso Amara, che dell’Eni è stato per anni legale esterno e dalla stessa azienda del cane a sei zampe – secondo la procura di Milano – ha ricevuto almeno 11 milioni di euro.

Gli esposti anonimi a Trani di Amara – Prima che quell’indagine fake venisse aperta dalla procura di Siracusa, Amara ci aveva provato per tre volte – con altrettanti esposti anonimi – con quella di Trani, senza riuscirci. Ed è proprio da Trani che Longo si farà trasmettere da Capristo una delle segnalazionidell’avvocato siciliano. Una trasmissione anomala per i pm di Messina, secondo i quali Capristo doveva girare gli esposti a Milano, naturale sede per indagare su Eni. La procura di Francesco Greco, in effetti, sull’azienda del cane a sei zampe indaga anche oggi: solo che lo fa per contestare ad Amara ed altri di aver voluto depistare le indagini – ormai oggetto di undibattimento che ha tra gli imputati lo stesso Descalzi – sulle presunte mazzette pagate per accaparrarsi il giacimento petrolifero Opl 245 in Nigeria. È per quell’anomala trasmissione che i pm di Messina contestano a Capristo l’abuso d’ufficio. A parlare di questa storia c’è un verbale di Amara, che ha già patteggiato tre anni per corruzione in atti giudiziari e ha vari procedimenti aperti in diversi uffici giudiziari. L’avvocato, tra le altre cose, ha raccontato di aver avuto un incontro con Capristo a Roma: “Percepii”, dice l’avvocato, “che lui non vedeva sfogo in relazione a questa vicenda”. A quel punto decide di muoversi per farla approdare a Siracusa. “Chiesi a Longo”, ha raccontato sempre Amara, “di contattare Capristo per spiegare le ragioni per cui il fascicolo potesse andare a Siracusa”.

La difesa di Capristo: “Mio operato corretto” – Capristo dalle accuse si è già difeso. “Sono stato già interrogato dai colleghi di Messina alcune settimane fa alla presenza del mio difensore e ho rappresentato loro la correttezza del mio operato“, dice all’Ansa Capristo.  “Nessuno poteva immaginare all’epoca alcun preordinato depistaggio. Quando giunsero gli anonimi a Trani – spiega  – furono assegnati a due sostituti che si occuparono dei doverosi accertamenti sulla loro fondatezza. Successivamente venne formalizzata una articolata richiesta del fascicolo dal pm di Siracusa. La richiesta fu analizzata dai due sostituti che con apposita relazione mi rappresentarono che gli atti potevano essere trasmessi. Vistai la relazione e disposi la trasmissione del fascicolo al procuratore di Siracusa. Nessuno poteva immaginare all’epoca alcun preordinato depistaggio”.  

Lotti e Amara, versioni opposte al processo sui soldi a Verdini

Savasta, Nardi e il caso Palamara –  Uno dei due sostituti ai quali si riferisce Capristo è Antonio Savasta, poi arrestato per corruzione in atti giudiziari (accusa legata a un’altra vicenda) e proprio oggi rimosso dalla magistratura dal Csm. Al momento dell’arresto era in servizio a Roma, doveva aveva chiesto lui stesso il trasferimento, dopo essere stato sommerso da esposti che ne segnalavano l’incompatibilità ambientale. A dare l’ok al suo passaggio nella Capitale era stata la prima commissione del Csm, della quale faceva parte in quel periodo Luca Palamara, il pm oggi sotto inchiesta per corruzione e al centro di uno scandalo che ha travolto il Csm. Secondo la procura di Perugia, quand’era al Csm Palamara avrebbe ricevuto 40mila euro per fare nominare un certo magistrato a capo della procura di Gela. Quale magistrato? Giancarlo Longo, il pm che indagava sul falso complotto. Chi avrebbe pagato Palamara per spingere Longo? Sempre lo stesso avvocato Amara, legale dell’Eni che quel falso complotto lo aveva ideato. Va sottolineato che l’azienda del cane a sei zampe ha impianti e affari in tutte le città di questa storia: Siracusa, dove lavoravano Amara e Longo, Gela , dove secondo le accuse Palamara – leader di Unicost- avrebbe dovuto far nominare Longo, Taranto, dove Capristo è stato eletto capo dell’ufficio inquirente grazie ai voti al Csm della stessa Unicost e di Magistratura Indipentente.

L’ombra del Giglio magico – D’altra parte l’indagine di Messina è solo un pezzo di una storia molto più grande. Ricordate Savasta, il pm di Trani sul cui tavolo finivano gli esposti di Amara? Poco prima del trasferimento, era riuscito a incontrare a Palazzo Chigi l’allora sottosegretario Luca Lotti. Cioè il braccio destro di Matteo Renzi finito al centro dello scandalo Csm perché di notte insieme Palamara e i consiglieri di Palazzo dei Marescialli per orientare le nomine dei procuratori delle città più importanti. A cominciare da Roma, dove Lotti è imputato per favoreggiamento nell’ambito dell’inchiesta Consip. Chi era il tramite di Savasta a Palazzo Chigi? Luigi Dagostino,  ex socio di Tiziano Renzi e già in affari con Andrea Bacci, amico dell’ex segretario del Pd, finanziatore della Leopolda e vicinissimo a tutto il Giglio magico. Ma con chi faceva affari Bacci, Dagostino a parte? Con lo stesso Amara. Sono sempre gli stessi nomi, gli stessi legami che si spostano da città in città, da procura in procura.

La via per Palazzo Chigi e quella per via Arenula – Oltre a Lotti, quelle riunioni annoveravano tra i presenti anche Cosimo Ferri, l’uomo cerniera tra politica e magistratura: deputato del Pd, ex sottosegretario alla giustizia, non ha mai smesso di essere leader della corrente moderata delle toghe, Magistratura Indipendente.  Secondo i carabinieri di Barletta Ferri era in confidenza con Michele Nardi, un altro magistrato di Trani arrestato con Savasta per corruzione. Nardi è uno che aveva conoscenza ad alto livello, prima di essere arrestato. “Savasta, avendo coscienza delle acclarate conoscenze, anche influenti, che Nardi ha all’interno del Palazzo Ministeriale, chiede di poterlo incontrare privatamente per chiedere delle informazioni che riguardano le sue vicende pendenti presso il Csm. Effettivamente, nel corso della presente attività d’indagine, si è potuto riscontrare che il Nardi, intrattiene rapporti confidenziali con alcuni esponenti del Csm  nonché con alti funzionari del Ministero della Giustizia, tra cui il sottosegretario Cosimo Ferri“, scrivono i carabinieri di Barletta in una delle informative dell’inchiesta sui due.  

L’ipotesi di un filone pugliese. L’imprenditore che ha denunciato Savasta e Nardi: ‘Cene con Lotti, Palamara e Ferri’

Il processo a Verdini – Lo stesso Amara conosceva Lotti. Lo ha ricostruito ilfattoquotidiano.it, dando conto delle testimonianze in tribunale dell’ex ministro dello Sport e dell’avvocato siracusano. Audizioni proprio davanti al tribunale di Messina che sta processando Denis Verdini, accusato di essersi fatto corrompere con circa 300mila euro dal solito Amara per far nominare un giudice, Giuseppe Mineo, al Consiglio di Stato. Versioni diverse quelle del testimone Lotti e dell’imputato di reato connesso Amara. “Ho incontrato Lotti già nel 2014. L’ho incontrato più volte nel corso di diversi anni”, sostiene Amara. “Ho conosciuto l’avvocato Amara a un cocktail o a una cena verso la fine del 2015. Penso di averlo visto un’altra volta, nell’anno 2016 ma non so contestualizzarlo”, la versione di Lotti. Impossibile al momento sapere chi dica la verità.

Il depistaggio – È un fatto, però, che nell’agosto del 2018 Lotti avesse messo a verbale anche un altro passaggio: Amara gli sarebbe presentato “dall’avvocato Mantovani, capo legale dell’Eni”. Una circostanza che Mantovani smentisce, e che Lotti non ha ripetuto in aula otto mesi dopo quando è andato a testimoniare in aula nella città sullo Stretto. Lo stesso Mantonvani è attualmente  indagato dalla procura di Milano per il falso complotto Eni insieme ad Amara: è accusato di associazione per delinquere finalizzata ai reati di false informazioni a pm e calunnia. Per quella brutta storia, Mantovani ha perso la guida della divisione Gas&Power, praticamente la casella numero tre del gruppo, ed è stato mandato a Londra, negli uffici di una società Eni in Norvegia. Quella sul depistaggio non è l’unica indagine aperta a Milano.

Le carte su Ielo – Nel capoluogo lombardo, infatti, è arrivato anche un pezzo dell’indagine di Perugia sul Csm. Un faldone che contiene alcune intercettazioni – ancora top secret – in cui Lotti afferma di aver avuto dall’amministratore delegato dell’Eni Descalzi alcune carte sul fratello del procuratore aggiunto di Roma, Paolo Ielo. Si tratta dello stesso magistrato che ha chiesto il rinvio a giudizio del braccio destro di Renzi per l’inchiesta sulla Consip. Quelle carte servivano a gettare fango su Ielo, perché riguardavano alcune consulenze ottenuto dal fratello del pm dall’Eni. A Lotti quelle carte sarebbero arrivate da Descalzi. A farlo sospettare agli investigatori è un’intercettazione allo stato segreta, in cui Lotti parla con Palamara. L’Eni ovviamente ha già smentito tutto. L’impressione, però, è che tutte queste vicende siano tessere di un unico puzzle. Una storia unica con gli stessi nomi, gli stessi legami e i medesimi intrecci. E che da Messina a Milano, da Roma a Perugia, passando per Trani, Taranto e Siracusa continua ad allargarsi.

Rif: https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/07/02/magistrati-indagati-anche-il-procuratore-di-taranto-sotto-inchiesta-i-pm-di-messina-lo-accusano-di-abuso-dufficio/5296655/

Falso complotto Eni: indagato Capo procuratore Capristo

I pm di Messina contestano l’abuso d’ufficio. Le accuse si riferiscono a quando Carlo Capristo era a capo della procura di Trani

La Procura di Messina ha iscritto nel registro degli indagati, per abuso d’ufficio, il procuratore di Taranto Carlo Capristo. Le accuse si riferiscono all’epoca in cui il magistrato era a capo della Procura di Trani e riguardano la vicenda dell’esposto anonimo su un presunto complotto contro l’Eni e il suo ad Claudio Descalzi recapitato alle procure di Trani e Siracusa. Operazione finalizzata a depistare un’altra inchiesta su tangenti pagate da Eni L’esposto, secondo l’accusa, sarebbe stato finalizzato in realtà a depistare un’altra inchiesta, nel frattempo aperta a Milano, su tangenti pagate dall’Eni in Nigeria e Algeria. L’anonimo fu mandato alla Procura di Siracusa e a quella di Trani. A Siracusa l’allora pm Giancarlo Longo, che ha poi patteggiato una condanna per corruzione e associazione a delinquere, su input di Giuseppe Amara, legale esterno dell’Eni, avrebbe messo in piedi un’indagine priva di qualunque fondamento, su un falso piano di destabilizzazione della società del cane a sei zampe e del suo amministratore delegato. In realtà, per gli inquirenti che hanno arrestato Amara e un altro avvocato, Giuseppe Calafiore, lo scopo sarebbe stato intralciare l’inchiesta milanese sulle presunte tangenti in cui Descalzi era coinvolto. A Caprisco, sentito le scorse settimane dai pm messinesi, che hanno indagato e processato Longo scoprendo il piano, si contesta l’anomala trasmissione dell’esposto al collega Longo anziché alla procura di Milano, naturale sede dell’inchiesta sul falso complotto.   L’indagine della Procura di Messina ha scoperchiato un vero e proprio sistema corruttivo con al centro Amara e Calafiore, che riuscivano, pagando mazzette e facendo regali, a condizionare indagini sui loro più grossi clienti.

rif: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Falso-complotto-Eni-indagato-il-procuratore-di-Taranto-aee76e89-022e-4dea-867e-d73369a13a13.html

Così il giudice Pagano aiutava il costruttore Rainone

Nel processo al giudice Mario Pagano, accusato di corruzione, si parla dei rapporti con l’imprenditore Eugenio Rainone. E spunta fuori l’incontro con un ex senatore del Pdl. Davanti al collegio C della IV sezione penale del tribunale di Napoli, è il giorno del controesame dell’ispettore Edoardo Napolitano. Autore di un’informativa sul presunto “sistema Pagano”, agli atti del processo, è un poliziotto in forza al nucleo di polizia giudiziaria della procura di Napoli. E al teste d’accusa si rivolgono i difensori di Pagano, gli avvocati Claudio Botti e Domenico Ciruzzi. Le pm Ida Frongillo e Celeste Carrano contestano a Pagano di essere il capo di una “cricca” della sezione civile del tribunale di Salerno. E quindi di aver pilotato sentenze in cambio di costosi regali e denaro, destinato alla Polisportiva Rocchese, di cui il giudice era tra i principali soci. Tra i presunti corruttori Eugenio Rainone, il costruttore del Crescent, alla sbarra in un processo parallelo. Nelle relazioni con Pagano «il gruppo Rainone aveva un peso economico importante. – dichiara l’ispettore Napolitano-. Dall’attività investigativa emerge che l’imprenditore andava una settimana sì e una no a casa del giudice. C’era un rapporto di amicizia, ma era anche a cause di interessi del Rainone». Nella ricostruzione, «i rapporti iniziano dal 2013, dal contenuto di un messaggio del 6 settembre di quell’anno è verosimile che si conoscano da non molto». Secondo l’accusa, Pagano ha talmente a cuore le sorti del costruttore, da recarsi a Roma per vedere un politico. Si tratta dell’ex senatore Rosario Giorgio Costa, eletto cinque volte in parlamento, l’ultima volta con il Popolo delle libertà. Costa, comunque, non risulta mai indagato nell’inchiesta. Il faccia a faccia avverrebbe nel settembre 2014, quando lui non è più a Palazzo Madama da quasi due anni. «Pagano vide Costa nell’interesse di Rainone – sostiene il testimone -, quell’incontro lo abbiamo ricostruito dalla sequenza di messaggi su Whatsapp. L’incontro con l’ex senatore ebbe esito positivo». L’ispettore precisa di averlo «dedotto nel momento in cui Pagano ha comunicato a Rainone, via messaggio, l’esito». Alla richiesta di dettagli, il poliziotto però aggiunge: «Non sappiamo nulla sull’oggetto dell’incontro». La difesa chiede al teste anche se, nelle indagini, vi siano approfondimenti sull’attività della polisportiva. Ad esempio, sul centinaio di ragazzi della scuola calcio, alcuni di famiglie disagiate, oppure sulla prima squadra. La risposta è tuttavia negativa. «Sapevamo comunque – chiarisce l’ispettore – che aveva anche finalità sociali». Al termine, l’avvocato Ciruzzi ritiene che «dal controesame emerge un pregiudizio significativo dell’accusa, molte cose non hanno rilevanza penale». La prossima udienza è fissata il 9 luglio, proseguendo la deposizione di Napolitano.

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Pop.Vicenza, la sorella del giudice frena il maxi processo a Zonin&C

Pop.Vicenza, la sorella del giudice frena il maxi processo a Zonin&C

Già fa caldo ma a Vicenza ancor di più dopo la notizia che l’intreccio professionale di due fratelli, lui giudice, lei avvocato, rischia incartare il maxi processo contro i presunti responsabili, Gianni Zonin in testa,di uno dei più grandi crac della storia italiana. Lorenzo Miazzi, il magistrato che presiede il collegio giudicante, ha visto accolta dal presidente del tribunale, cha ha già nominato un sostituto, la sua istanza di astensione per un rischio di incompatibilità: la sorella è avvocato in uno studio associato che assiste l’ex amministratore delegato Samuele Sorato in una causa di lavoro contro la banca. Sorato, tra l’altro, non è nemmeno imputato nel processo penale, la sua posizione è stralciata per motivi di salute.

Un milione di pagine

È tutto assolutamente regolare ma il rischio non poteva essere previsto prima? Non poteva astenersi la sorella? Questo è un procedimento gigantesco con 9mila parti civili, 400 avvocati, un milione di pagine di atti (che il nuovo giudice dovrà pur leggersi, sommariamente). È partito il 24 gennaio e imputati per aggiotaggio, ostacolo alle autorità di Vigilanza e falso in prospetto, sono l’ex presidente Zonin, l’ex consigliere Giuseppe Zigliotto e alcuni dirigenti.

I 18 che non sapevano

Per 18 tra ex consiglieri e membri del collegio sindacale i pm Gianni Pipeschi e Luigi Salvadori hanno già chiesto l’archiviazione perché, in sintesi, «non sapevano» delle manovre illecite, in particolare le operazioni «baciate». In sostanza erano professionisti di altissimo livello (avvocati, professori di economia, industriali, commercialisti) pagati bene dai soci per gestire, controllare, chiedere, informarsi, pretendere, obiettare più che avallare, passare carte, brindare. Le indagini, evidentemente, hanno appurato che non hanno saputo né capito cosa stava succedendo sotto i loro occhi. Ora si attende che il gip confermi l’archiviazione oppure ordini un supplemento di indagini, ammesso che la procura vicentina ne abbia le forze.

L’allarme degli avvocati

Intanto l’intoppo dei fratelli Miazzi, così come qualsiasi piccolo ritardo, avvicina il rischio prescrizione cioè «il limite – dice l’avvocato vicentino Renato Bertelle – oltre il quale i cittadini e i risparmiatori non avranno giustizia». Altri legali di parte civile sostengono che adesso i difensori degli imputati vorranno rifare quanto è già stato acquisito come, per esempio, le testimonianze. «Puntiamo a chiudere il processo relativo alle vicende del dissesto della Banca Popolare di Vicenza entro il 2020 abbiamo fissato un calendario di udienze serrato», diceva il presidente del collegio Miazzi giovedì 24 gennaio 2019. Poi è spuntato l’incarico della sorella avvocato.

Rif:https://www.corriere.it/economia/finanza/19_giugno_27/popvicenza-sorella-giudice-frena-maxi-processo-zoninc-5b9de3ca-98bb-11e9-a7fc-0829f3644f7a.shtml

Bufera procure, Md: “Richiesta Anm dimissioni Fuzio atto dovuto”

ella sede della Fnsi il convegno ‘Un magistrato per il cittadino: autogoverno o eterogoverno della magistratura?’

POLITICA (Roma). A margine del convegno ‘Un magistrato per il cittadino: autogoverno o eterogoverno della magistratura?’, svoltosi nella sede della Fnsi a Roma, Cesare Antetomaso dei Giuristi democratici ha detto la sua sulla richiesta dell’Anm al procuratore generale presso la Corte di Cassazione, Riccardo Fuzio, di fare un ‘gesto di responsabilità’: “Probabilmente è una richiesta giusta, nel momento in cui i magistrati riscoprono il ruolo che la Costituzione gli assegna tutte le ombre vengono meno”. Domenico Gallo, pres. II sez. penale Corte di Cassazione, ha aggiunto: “Ci sono ragioni di opportunità e di trasparenza che rendono questa richiesta legittima”. Infine le parole di Riccardo De Vito, presidente Md (Magistrati democratici): “E un atto dovuto ai cittadini e alla gran parte della magistratura che fa il proprio lavoro con serietà tutti i giorni e prova, di fronte a questo stato di cose, una rabbia che vorrebbe trasmettere anche fuori dalle aule e dai palazzi”. (Andrea Corti/alanews)

rif:http://www.alanews.it/politica/bufera-procure-md-richiesta-anm-dimissioni-fuzio-atto-dovuto/