Magistrati pugliesi corrotti, spunta noto pm. “Un animale. Per spaventarmi diceva di mandarmi la mafia garganica”

Si allarga e coinvolgerebbe anche importanti magistrati antimafia passati per Foggia, l’inchiesta sul “sistema Trani” che nelle scorse settimane ha svelato un giro di corruzione in atti giudiziari portando all’arresto dell’ex gip Michele Nardi – ritenuto dagli inquirenti l’ideatore della “macchina delle tangenti” – e dell’ex pm Antonio Savasta, quest’ultimo ai domiciliari.

Tutto è nato dalla denuncia dell’imprenditore di Corato, Flavio D’Introno il quale avrebbe versato mazzette ai magistrati per ‘aggiustare’ alcuni procedimenti giudiziari. La vicenda sarebbe incentrata su una serie di documenti riguardanti presunti episodi corruttivi commessi da magistrati che sono stati in servizio presso la commissione tributaria. Alcuni particolari, già svelati da Repubblica Bari, sono emersi durante l’incidente probatorio di D’Introno davanti al gip leccese, Giovanni Gallo.

“Dopo gli arresti e il mio interrogatorio del 2 febbraio ho ricevuto minacce da un altro magistrato – ha detto l’imprenditore – e per questo motivo ho presentato denuncia alla Procura di Bari”. Che non ha esitato a convocarlo e a farli mettere nero su bianco le pesanti dichiarazioni su quel personaggio che per spaventarlo avrebbe fatto riferimento alla mafia garganica. Si tratterebbe di un noto magistrato, esperto della faida del Gargano, presente per anni in provincia di Foggia e poi trasferito in altra città.

Barlettano che dall’estate scorsa è sostituto procuratore generale presso la Cassazione. Alcuni anni fa, è stato membro della commissione tributaria di Bari. Quella che ha annullato le cartelle esattoriali da 8 milioni dell’imprenditore di Corato, Flavio D’Introno.

Di tali minacce – si legge su Repubblica – l’imprenditore aveva parlato anche con lo stesso Savasta durante un colloquio a novembre, registrato e consegnato ai carabinieri e riportato nell’ordinanza di custodia cautelare del gip Gallo. “Pure questo qua, che ti dice che ti manda la mafia garganica…”, diceva il pm. E D’Introno ribadiva: “Quello è proprio un animale”. (in alto, la Procura di Trani)

Rif:https://www.immediato.net/2019/06/20/magistrati-pugliesi-corrotti-spunta-noto-pm-un-animale-per-spaventarmi-diceva-di-mandarmi-la-mafia-garganica/

Consiglio di Stato, indagato il numero due “in pectore”

Consiglio di Stato, indagato il numero due “in pectore”

Sergio Santoro accusato di corruzione in atti giudiziari È tra i candidati favoriti a presidente aggiunto. La nomina prevista domani

C’è un filone dell’inchiesta sul Consiglio di Stato tenuto riservatissimo, ma che rischia di diventare un terremoto: tra gli indagati infatti c’è un pezzo da novanta di Palazzo Spada. Si tratta del presidente di Sezione Sergio Santoro, accusato dai pm romani di corruzione in atti giudiziari.

È una notizia che irrompe in un momento delicato: Santoro è tra i candidati a diventare presidente aggiunto, ossia il vice di Filippo Patroni Griffi. Domani si riunisce il plenum del Cpga, il Csm dei giudici amministrativi e il giudice sembra essere il favorito, nonostante abbia presentato ricorso contro la nomina di Patroni Griffi.

A Palazzo Spada dal 1981, Santoro è stato consigliere giuridico e Capo di Gabinetto in varie Amministrazioni dal 1983 al 2008, anche di Silvio Berlusconi, per “l’attività di monitoraggio e di trasparenza legislativa dell’azione di governo”.

Sul motivo della sua iscrizione nel registro degli indagati a Roma si tiene il massimo riserbo: nessuno, a parte i magistrati, conosce la contestazione. Tantomeno Santoro, che però ha ricevuto una proroga alle indagini qualche giorno fa.

Quello in cui è coinvolto è un nuovo capitolo della complessa indagine su una rete di avvocati in contatto con alcuni magistrati del Consiglio di Stato.

Nell’ambito di questa inchiesta, i pm hanno approfondito anche le parole di Piero Amara, in passato difensore anche dell’Eni, il quale ha fatto alcune rivelazioni, finite in verbali secretati. Da questo ed altri spunti investigativi sono partiti i diversi filoni. Oltre il consigliere Santoro, ci sono altri soggetti che nei giorni scorsi hanno ricevuto la proroga per le indagini. Tra questi c’è Filippo Paradiso: dipendente del Ministero dell’Interno, è anche vicepresidente nel Comitato esecutivo del Salone della Giustizia, che ogni anno organizza seminari e workshop su diversi temi e con ospiti importanti come la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, presente alla chiusura dell’ottava edizione dello scorso anno.

Paradiso, come riporta la proroga, è indagato per millantato credito. Anche in questo caso, è segreto il motivo dell’iscrizione.

Lo stesso vale per l’ex governatore della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo – accusato di corruzione in atti giudiziari e rivelazione di segreto d’ufficio – o dell’ex ministro, con il governo Berlusconi, Francesco Saverio Romano, indagato solo per rivelazione di segreto d’ufficio.

“Quello che dispiace – ha commentato il legale di Santoro, l’avvocato Pierluigi Mancuso – è constatare la spiacevole coincidenza tra la notifica della proroga, e la diffusione della notizia, e lo svolgimento del plenum del Consiglio di Stato, fissato per venerdì mattina e da cui sarebbe uscito Santoro presidente aggiunto”. In realtà la proroga è stata notificata a ben 31 indagati. Continua il legale Mancuso: “Il Presidente pone la massima fiducia nella magistratura. Peraltro conoscendo la serietà del pm Paolo Ielo, è sicuramente una disgraziata coincidenza temporale, ma certo rende la vicenda doppiamente amara. Infatti è evidente che la notizia crei già di per sé un danno rilevantissimo. Non conosciamo la contestazione ma sono certo che c’è qualcuno che ha calunniato Santoro, uomo onesto e magistrato inflessibile”.

Rif: https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/01/24/consiglio-di-stato-indagato-il-numero-due-in-pectore/4919803/

Corruzione, il pm: “Il giudice Virgilio aggiustò sentenze per 388 milioni. E lo aiutarono a nascondere 750mila euro”

Corruzione, il pm: “Il giudice Virgilio aggiustò sentenze per 388 milioni. E lo aiutarono a nascondere 750mila euro”

L’accusa ruota attorno a un trasferimento di denaro da un conto svizzero intestato all’ex magistrato oggi in pensione alla Investment Eleven Ltd, riconducibile ad Amara e Calafiore. In cambio avrebbe emesso numerosi provvedimenti in sede giurisdizionale, monocratica e collegiale, verso soggetti i cui interessi erano seguiti dai due avvocati

Si era fatto aiutare da Piero Amara e Giuseppe Calafiore a nascondere al fisco 751mila euro e in cambio avrebbe aggiustato tre sentenze in maniera favorevole alle loro società. È l’accusa che la Procura di Roma muove a Riccardo Virgilio, ex presidente di sezione del Consiglio di Stato indagato per corruzione in atti giudiziari in concorso nell’operazione che ha portato in carcere 15 persone con accuse che vanno dall’associazione a delinquere alla corruzione in atti giudiziari.

L’accusa ruota attorno a un trasferimento di denaro di 751.271,29 euro da un conto svizzero intestato all’ex giudice oggi in pensione alla Investment Eleven Ltd, intercettato dall’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia. La società, scrivono i magistrati di piazzale Clodio, ha sede a Malta ed è riconducibile ad Amara e Calafiore, ma risulta amministrata dal prestanome
Marco Salonia.  In base a quanto ricostruito dagli inquirenti i due avevano proposto a Virgilio di investire quel denaro e qualora fosse andata male l’operazione, sarebbe stata compensata da una fidejussione personale dei due verso il giudice. L’investimento coinvolgeva anche la Racing Horse S.A., società dell’imprenditore Andrea Bacci (non indagato), in passato vicino a Tiziano Renzi. Per chi indaga l’utilità corruttiva sta nella promessa della garanzia personale fatta dai due avvocati se l’affare fosse andato male.

“L’operazione di finanziamento  – è la tesi dei procuratori aggiunti Paolo Ielo, Rodolfo Sabelli e Giuseppe Cascini – ha rappresentato una concreta utilità per Virgilio perché l’ingente somma di denaro detenuta da Virgilio su un conto svizzero induce a ritenere che la stessa sia, quanto meno, non dichiarata al fisco” e perché “di certo il trasferimento della somma di denaro presso la società maltese rappresenta un ulteriore passaggio per rendere più difficile al fisco la sua individuazione”.

Cosa avrebbe fatto il giudice in cambio? Secondo la tesi accusatoria, “Virgilio avrebbe ricevuto tali utilità per la sua funzione di Presidente di Sezione del Consiglio di Stato – scrive il Gip – nonché per avere emesso e per emettere numerosi provvedimenti in sede giurisdizionale, monocratica e collegiale, verso soggetti i cui interessi erano seguiti dagli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore”. In base ai documenti acquisiti dalla Guardia di Finanza, proseguono i magistrati, “tutti i provvedimenti emessi dal Virgilio come estensore o come Presidente del Collegio, nell’arco temporale precedente e successivo all’erogazione delle utilità descritte, hanno prodotto effetti favorevoli nella sfera delle due società”, che avevano rapporti con quelle di Amara e Calafiore.

Gli inquirenti si riferiscono a due vicende pendenti davanti al Consiglio di Stato: “Il contenzioso Ciclat, società in rapporti di fatturazione con le società del gruppo
Amara-Calafiore” e “il contenzioso Exitone S.p.a, società in rapporti di fatturazione con le società del gruppo Amara-Calafiore, detenuta dalla S.T.l. Spa, riconducibile a Bigotti Ezio“, anche lui tra gli arrestati. Proprio il gruppo Bigotti sarebbe stato favorito in modo tale da ottenere appalti da 388 milioni di euro, nell’ambito delle gare bandite da Consip.

Virgilio ha un ruolo anche nella vicenda che ha contrapposto il consorzio Open Land – che stava costruendo il centro commerciale Fiera del Sud – e il comune di Siracusa. Nel 2013, da presidente del consiglio di giustizia amministrativa della Regione Siciliana Virgilio aveva riconosciuto alla società un risarcimento da 35 milioni di euro.  “In tale contenzioso – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – Virgilio era il Presidente del Collegio, mentre difensore della società era l’avvocato Attilio Toscano, collega di studio di Amara. Inoltre il legale rappresentante della società Open Land era Formica Giuliana, madre di Frontino Concetta, compagna di Calafiore”.

Rif:https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/02/06/corruzione-il-pm-il-giudice-virgilio-aggiusto-sentenze-per-388-milioni-e-lo-aiutarono-a-nascondere-750mila-euro/4140631/

Caso Csm: per i giudici zero carcere e colpo di spugna, per i politici la ghigliottina. Adesso avete capito chi comanda in Italia?

La magistratura deve voltare pagina, ha detto giustamente il presidente della Repubblica Mattarella. Ma uno scandalo di questa portata, se avesse colpito la politica, avrebbe portato a reazioni ben più pesanti. La magistratura se la cava con un’autoriforma

Voltare pagina. Finalmente Sergio Mattarella ha parlato dello scandalo Csm, di fronte al plenum stesso del Consiglio Superiore della Magistratura. E l’ha fatto ricordando chiedendo agli stessi giudici di far comprendere al Paese “che la Magistratura italiana, e il suo organo di governo autonomo, previsto dalla Costituzione, hanno al proprio interno gli anticorpi necessari e sono in grado di assicurare, nelle proprie scelte, rigore e piena linearità”. In altre parole, di avviare un percorso di autoriforma necessario a ridare autorevolezza e dignità all’organo di autogoverno dei magistrati.

Bene, bravo, bis. Però pensateci un attimo: e se uno scandalo simile avesse colpito il Parlamento, o il governo? Se si fosse scoperto qualcosa di analogo – usiamo sempre le parole del Presidente – a un “quadro sconcertante e inaccettabile”, un “coacervo di manovre nascoste” per governare la magistratura secondo logiche spartorie, posizionando i giudici amici nelle procure giuste per azzoppare le indagini, o per condizionare la politica nelle sue scelte, ecco: vi sarebbe bastata l’auto-riforma? Avreste accettato il “colpo di spugna” della “soluzione politica” al problema? Un bel “si volta pagina”, tutti a casa e non rompeteci più le scatole?

Se uno scandalo simile avesse colpito il Parlamento, o il governo, vi sarebbe bastata l’autoriforma?

No, non l’avreste accettato, e non l’avete accettato – tra il 1992 e il 1993 – proprio perché è stata la magistratura a mettersi di mezzo, a condizionare i tentativi di auto-riforma del potere legislativo, a premere affinché non si definisse la sistematicità del problema, a picchiare con insistenza sul tasto della responsabilità penale che non poteva essere cancellata da un colpo di spugna. Se questo è il 1992 della magistratura – il momento cioè in cui si disvela cosa succede dietro il sipario -, di sicuro non è il suo 1993, fatto di misure draconiane, di poteri che strabordano e, letteralmente, dettano legge, di processi sommari e carcerazioni preventive usate come ghigliottine per il popolo.

Perché a nessuno deve sfuggire che non un giudice, nemmeno Palamara, il protagonista di questa storia “sconcertante e inaccettabile” si è fatto un minuto di carcerazione preventiva, sebbene forse il pericolo di inquinamento delle prove possa sussistere più qui che altrove. E a nessuno deve sfuggire, per esempio, che Pietro Tatarella, consigliere regionale di Forza Italia con una bambina di due anni che lo aspetta a casa, è in regime di carcerazione preventiva dal 7 di maggio (oggi è il 22 di giugno) per una piccola storia di corruzione e consulenze. O che, per citare un altro caso scandaloso, il sindaco di Lodi Simone Uggetti abbia passato un mese tra San Vittore e gli arresti domiciliari per un bando truccato di una piscina pubblica nel quale non c’era ombra di arricchimento personale.
Ribadiamo il concetto: quello che per la politica è un colpo di spugna, per la magistratura è un necessario percorso di autoriforma. E il carcere preventivo, necessario per la politica, diventa improvvisamente non necessario quando a essere coinvolti sono i magistrati. 

la magistratura si sta concedendo dei lussi che alla politica non ha concesso. Nel silenzio-assenso della politica

Per carità: non facciamo i garantisti a targhe alterne. Il giorno che in Italia non servirà più sbattere in galera la gente prima di qualsivoglia condanna sarà un grande giorno. E il giorno in cui a tutti i poteri, di fronte a una crisi sistemica, sarà concesso di auto-riformarsi, senza che un altro potere si arroghi il diritto di decapitarli e di etero-dirigerne l’agenda, sarà un giorno ancora più grande. Per ora, ci limitiamo a dire che la magistratura si sta concedendo dei lussi che alla politica non ha concesso. Nel silenzio-assenso della politica.
È abbastanza, per capire chi comanda in Italia?

Rif:https://www.linkiesta.it/it/article/2019/06/22/csm-mattarella-giudici-rifoma-giustizia/42629/

Nuovi guai per Lotti, nell’intreccio Csm spunta anche l’Eni

Nelle intercettazioni le mosse per colpire il pm Ielo: «Contatti con Descalzi». Indaga la procura di MilanoPaolo Colonnello, Milano21 GIUGNO 2019

C’è un passaggio dell’inchiesta di Perugia sul magistrato capitolino Luca Palamara e l’ex ministro Luca Lotti che riguarda l’Eni e il suo attuale amministratore delegato Descalzi, già imputato a Milano in un processo per corruzione internazionale. Lo scrive in un’anticipazione il settimanale «L’Espresso». Si tratta di un’intercettazione ora agli atti di un più ampio fascicolo dell’inchiesta milanese aperta sui depistaggi dell’Eni e che vede iscritto, tra gli altri, sul registro degli indagati l’ex capo dell’ufficio legale del colosso petrolifero, l’avvocato Massimo Mantovani.  

Nella registrazione ambientale, tutt’ora segretata e captata con l’ormai famoso Trojan inserito nel cellulare di Palamara, l’ex ministro del Pd avrebbe confidato al magistrato romano di essere in possesso di alcune carte sul fratello avvocato del pm Paolo Ielo, ricevute nientemeno che dall’ad di Eni, Claudio Descalzi. Circostanza che, in una nota, ieri l’Eni ha smentito con decisione, dichiarandosi comunque parte lesa anche nell’inchiesta sui depistaggi. 

I documenti di cui parla Lotti nell’intercettazione avrebbero rivelato nel dettaglio le consulenze svolte dall’avvocato Domenico Ielo, socio di un importante studio legale, anche per il gruppo Eni e per una società di costruzioni, Condotte, avvalorando le accuse contenute nell’esposto mandato poi al Csm contro Ielo da un altro magistrato, Giuseppe Fava, ora indagato per rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento. Nella intricatissima ragnatela, la circostanza, tutta da verificare, che sarebbe stato De Scalzi a far trasferire queste informazioni a Lotti e quindi a Palamara e poi a Fava, ha fatto scattare l’allarme tra i magistrati umbri che hanno deciso di trasmettere le intercettazioni ai colleghi milanesi Laura Pedio e Paolo Storari, titolari da tempo di un’indagine su una incredibile operazione di depistaggio che voleva raffigurare De Scalzi al centro di un complotto di oscure forze straniere, ordita con la complicità dall’ex pm di Siracusa Giancarlo Longo, a libro paga di due avvocati siciliani dell’Eni, Piero Amara e Giuseppe Calfiore, ora tutti arrestati. L’operazione, avvenuta tra il 2015 e il 2016, aveva come scopo quello di sottrarre ai magistrati milanesi l’inchiesta sulle tangenti Eni-Nigeria, ora a processo con il nome dell’ormai celebre giacimento petrolifero Opl245, conquistato, secondo le accuse, grazie a un complesso passaggio di denaro verso le autorità nigeriane di cui, al solito, alcuni milioni di euro sarebbero rimasti incollati anche a manager nostrani. Dopo l’arresto, l’avvocato Amara ha ammesso di essere l’autore dei dossier sull’Eni sostenendo di aver fatto tutto da solo, così come il magistrato Longo ha ammesso di aver intascato tangenti per inventare la falsa indagine che rappresentava Descalzi come vittima. Ma i magistrati milanesi ritengono si tratti di versioni «reticenti» e non a caso hanno indagato l’ex capo dell’ufficio legale Eni, l’avvocato Mantovani, considerato un fedelissimo di Descalzi. Ora bisognerà capire se quella di Lotti è stata o meno una millanteria. Di certo l’ex ministro aveva risentimenti verso il pm Ielo, essendo stato indagato per la vicenda Consip . Di sicuro i dettagli delle consulenze del fratello di Ielo con l’Eni potevano essere noti solo a qualcuno interno alla multinazionale. E di certo c’è che il pm Fava, autore dell’esposto contro Ielo al Csm, ha cercato anche di togliere ai colleghi milanesi l’inchiesta Amara-Eni.  

Rif:https://gazzettadimodena.gelocal.it/italia-mondo/cronaca/2019/06/21/news/nuovi-guai-per-lotti-nell-intreccio-csm-spunta-anche-l-eni-1.34679491

Salvini: “I magistrati in politica si dimettano per sempre”

Salvini: "I magistrati in politica si dimettano per sempre"

E’ il momento di fare una seria, approfondita e decisiva riforma della magistratura”. Lo ha detto il vicepremier Matteo Salvini, aggiungendo che “se fai il magistrato e fai politica ti dimetti per sempre e non torni più a fare il magistrato”. Il leader della Lega ha poi parlato anche del tema delle intercettazioni, affermando che chi pubblica quelle senza rilevanza penale “dovrebbe finire in galera”.

Rif:https://www.tgcom24.mediaset.it/politica/salvini-i-magistrati-in-politica-si-dimettano-per-sempre-_3215860-201902a.shtml

Magistrati, la fiducia è ai minimi: 35%. E per il 61% degli italiani è uno scandalo che avrà delle conseguenze

Magistrati, la fiducia è ai minimi: 35%. E per il 61% degli italiani è uno scandalo che avrà delle conseguenze

Il 55% degli italiani non crede nei giudici. L’indice di autorevolezza è il più basso di sempre. I cittadini hanno cambiato profondamente opinione negli ultimi anni

Le opinioni dei cittadini nei confronti della magistratura sono profondamente cambiate negli ultimi anni: come tutte le istituzioni di garanzia (presidenza della repubblica, esercito, forze dell’ordine) la magistratura ha per lungo tempo beneficiato di una grande fiducia. Il consenso toccò picchi elevati quando, negli Anni di piombo, i terroristi e la mafia uccisero diversi magistrati e successivamente ai tempi di Tangentopoli nella quale i magistrati vennero considerati veri e propri eroi popolari in lotta contro le malefatte dei politici. Negli ultimi 25 anni le vicende giudiziarie che coinvolsero Berlusconi radicalizzarono le posizioni: la magistratura quindi veniva vituperata dai supporter del Cavaliere che la accusavano di essere politicizzata, o esaltata dai suoi detrattori; non a caso negli ultimi anni, segnati dal declino politico di Berlusconi, cambiano i criteri di valutazione sulla magistratura che paiono più influenzati dal funzionamento del sistema giudiziario, afflitto da tempi lunghissimi, e da provvedimenti e sentenze giudicate discutibili.

Ampia risonanza

Oggi, a seguito della vicenda Palamara-Csm, il consenso per la magistratura segna una ulteriore contrazione: solo un italiano su tre (35%) dichiara di aver fiducia mentre il 55% non ne ha. L’indice di fiducia, calcolato escludendo coloro che non esprimono un giudizio, si attesta a 39, il valore più basso di sempre, in flessione di 8 punti rispetto allo scorso anno e di ben 30 rispetto al picco più elevato raggiunto nel 2011 quando, all’apice della crisi economica e politica che portarono all’avvento del governo tecnico di Mario Monti gli italiani, disillusi rispetto ai partiti, riponevano le loro speranze nelle istituzioni di garanzia. L’attuale indice di fiducia è molto basso tra gli elettori di tutti i partiti — Lega 26, M5S 33, opposizione di centrodestra 35 — con l’eccezione dei dem (61). L’inchiesta giudiziaria che vede coinvolti alcuni membri del Csm ha avuto un’ampia risonanza ed è stata seguita con attenzione dal 26% dei cittadini a cui si aggiunge il 52% che ne ha sentito parlare, quindi solo il 22% ignora il tema.Tra coloro che conoscono l’inchiesta (il 78%), la stragrande maggioranza (61%) ritiene si tratti di un vero e proprio scandalo che potrà minare l’onorabilità e la credibilità della magistratura mentre un’esigua minoranza (17%) tende a ridimensionare la portata della vicenda. L’atteggiamento, allo stesso tempo severo e allarmato, è molto omogeneo tra i diversi elettorati, a conferma dello sconcerto suscitato.

Danno reputazionale

Da ultimo, il sondaggio ha considerato le reazioni alle dimissioni del presidente dell’Anm Pasquale Grasso, sostituito da Luca Poniz. Secondo il 34% di chi ha seguito la vicenda, questo avvicendamento evidenzia il desiderio dei magistrati di reagire, il 25% si mostra scettico, ma la maggioranza relativa (41%) non si è fatta un’opinione. Insomma, l’inchiesta ha messo a nudo profonde divisioni all’interno della magistratura, metodi opachi di assegnazione degli incarichi e una prossimità al mondo politico giudicata riprovevole, perché mina alla base il concetto di autonomia dei giudici. Si profila dunque il rischio assai serio di un danno reputazionale che investe l’intera magistratura compromettendo la sua credibilità. Non stupisce quindi la dura presa di posizione del procuratore di Milano, Francesco Greco, che ha preso le distanze dalla vicenda parlando di «logiche romane che hanno lasciato sconcertati e umiliati». Resta il dubbio che in futuro una qualsiasi inchiesta o sentenza che coinvolga uno o più politici possa essere screditata e considerata dall’opinione pubblica come una indebita competizione, finalizzata unicamente alla gestione del potere. Sarebbe un colpo ferale allo Stato di diritto.

Rif: https://www.corriere.it/politica/19_giugno_21/fiducia-minimi-35percento-il-61percento-scandalo-che-avra-conseguenze-58f46582-9464-11e9-bbab-6778bdcd7550.shtml?refresh_ce-cp

L’associazione magistrati vuole ancora comandare: chi sbaglia non deve pagare

Ma quanto sono bravi quelli dell’associazione magistrati… Proprio durante la bufera che colpisce una casta intoccabile, se ne escono contro una proposta di legge giusta, che sta per essere varata dal Parlamento. La firma Enrico Costa di Forza Italia per dire basta ai mille arresti l’anno ingiustificati e senza sanzione per chi sbaglia a imprigionare Tizio o Caio.

Vogliono comandare loro

Se incarceri chi viene assolto devi pagare o no? Almeno una sanzione disciplinare va valutata? Macché, il sindacato dei giudici non ne vuole proprio sentire parlare. Alla faccia di tante chiacchiere spese sull’argomento. La pretesa di comandare sempre loro sulla politica.
Accade che finalmente in Parlamento si metta mano ad una norma essenziale per garantire un principio di civiltà: mi arresti solo se c’è fondatezza e soprattutto se rischio di fuggire, di inquinare le prove o di reiterare il reato. Ma se il reato non l’ho commesso e vengo assolto, perchè tu che mi hai sbattuto in cella senza motivo non devi renderne conto?

Palamara mica l’hanno arrestato, però

Invece, per l’Anm – su cui evitiamo di ribadire quanto pensava il presidente Cossiga – quella proposta di legge, se approvata, li manderebbe al manicomio. Essa “può costituire un rischio di condizionamento nell’adozione di iniziative cautelari in palese contrasto con l’invocata necessità di un maggiore severità a tutela della sicurezza dei cittadini”. E dove sta scritto, signori sindacalisti della toga, che per garantire sicurezza si debbano arrestare persone innocenti?
Poi, la tempistica scelta merita un premio all’indubbia intelligenza degli scienziati che proprio in queste ore hanno vergato il pietoso comunicato anti legge Costa. Il popolo – nel cui nome amministrate giustizia – si chiede come mai non sia finito in galera Palamara e voi vi preoccupate della sicurezza altrui? Sapete quante persone sono state rovinate dalle manette facili? Ma se capita a un’eccellenza vostra, mille prudenze. E poi protestate se la titubanza è chiesta per tutti e non solo per voi.

Rif:https://www.secoloditalia.it/2019/06/forza-italia-toti-congresso-e-primarie-carfagna-noi-non-succubi-di-salvini/

Magistrati, volano gli stracci. Tutti contro il “nordista” Greco

Eh sì, perché Francesco Greco lo ha portato la cicogna…». Il commento più sarcastico arriva da Felice Lima, sostituto procuratore generale a Messina. 

Altri scelgo toni più cauti, più formali: ma la sostanza non cambia. L’intervento del procuratore della Repubblica di Milano mercoledì pomeriggio sullo scandalo che scuote la magistratura ha sollevato una ondata senza precedenti di critiche sulle mailing list dell’associazione magistrati. La colpa di Greco: avere attribuito il malaffare che sta venendo a galla al «mondo che vive nei corridoi degli alberghi e nelle retrovie della burocrazia romana, che non ci appartiene e non appartiene ai magistrati del Nord». Nord. Questa è la parola che nelle critiche assume un significato inaccettabile, interpreta come una sorta di distinzione etnica tra la magistatura «buona» del settentrione e quella del resto del Paese.

Greco ha dalla sua un paio di attenuanti: era condizionato dalla commozione, perché parlava in memoria del collega (settentrionalissimo) Walter Mapelli, ingiustamente bocciato dal Csm e scomparso da poco; probabilmente era di malumore per la bacchettata che poche ore prima gli era arrivata dal Consiglio superiore della magistratura, che ha condannato i suoi criteri di scelta dei pm antimafia. Ma la virulenza delle reazioni al suo intervento racconta anche di quanto siano oggi scoperti i nervi della magistratura italiana, di come la bufera in corso faccia saltare sentimenti di colleganza e vecchi rispetti reciproci.

A criticare Greco un po’ più serenamente aveva provveduto, a botta calda, la giunta dell’Associazione nazionale magistrati: «le parole del procuratore di Milano non rendono giustizia alla risposta immediata e sincera delle migliaia di magistrati italiani». Troppo poco, troppo cauta per molti colleghi di Greco. E così iniziano a piovere parole pesanti come sassi. «Tocca leggerle proprio tutte – scrive Giuliano Caputo, pm a Napoli e neosegretario dell’Anm -. Io ho lavorato al Sud per anni e ho conosciuto colleghi di valore cristallino che davvero non meritano di leggere ste cose». Carmen Giuffrida, giudice distaccata a Bruxelles, usa l’arma dell’ironia: Collega Greco, veramente in mezzo ci mancavi solo tu! Uno con il classico cognome del Sud, che lavora al Nord, che è stato nominato procuratore di Milano solo per i suoi meriti, senza alcun intervento da parte delle correnti (evidentemente da un Csm composto per l’occasione solo da colleghi del Nord)… insomma ci sarebbe da piangere se non fosse che questo intervento fa un po’ ridere. Ma perché mi dovete costringere a dare ragione a mamma quando mi dice: io credevo che i magistrati fossero persone intelligenti?».

A difendere Greco, ben pochi: tra questi Fabio Regolo, il pm catanese che ha incriminato le navi delle Ong di Open Arms, che invita a contestualizzare il discorso. Ma per le altre toghe c’è ben poco da contestualizzare: «Credo che chi non sia pronto ad affrontare il pubblico e i media dovrebbe astenersi», scrive Milena Balsamo. «Non ci hanno insegnato che quando si parla in pubblico bisogna misurare le parole», le fa eco Nicola Saracino. Più pesante Antonio Salvati: «Da magistrato meridionale che vive e lavora al Sud chiedo che tra le imminenti proposte di riforma venga inserita la previsione di un requisito indefettibile: la capacità di verificare che il cervello, ove assemblato, sia connesso prima di parlare». E la collega Silvia di Renzo: «ci mancava questa delle toghe borboniche». Nicola Valletta: «ha offeso tantissimi colleghi con un assioma che lascia basiti».

E poi, inevitabilmente, saltano fuori ferite mai del tutto ricucite: i vecchi veleni dentro la Procura di Milano al tempo dello scontro tra Edmondo Bruti Liberati e Alfredo Robledo. «Per non farti nominare bastava che mandassi uno dei miei (del Csm, ndr) a pisciare», avrebbe detto una volta Bruti a Robledo. E l’episodio viene ora rispolverato nelle mail, come a dimostrare che anche la Procura di Milano non è immune dai vizi romani. Scrive Matteo Centini, pm a Piacenza: «Greco ha detto che la non nomina di Mapelli era una ingiustizia dovuta ai modi romani dei magistrati romani: modi che a loro, magistrati del Nord ripugnano, quando non vanno tutti a pisciare».

In sintesi: volano gli stracci.

rif:http://www.ilgiornale.it/news/politica/magistrati-volano-stracci-tutti-contro-nordista-greco-1714387.html

Magistrati arrestati, nel “sistema Trani” spunta il pm Domenico Seccia. E il grande accusatore cita anche l’ex rettore di Bari

Magistrati arrestati, nel “sistema Trani” spunta il pm Domenico Seccia. E il grande accusatore cita anche l’ex rettore di Bari

Dopo il pm Luigi Scimè, pure lui finito indagato per corruzione, c’è quindi un altro magistrato sul quale i pm salentini Roberta Licci e Giovanni Gallone e i colleghi della procura di Bari stanno focalizzando l’attenzione. L’imprenditore che sta collaborando con i magistrati, nel corso degli interrogatori, ha più volte fatto il nome di Seccia, poi ribadito da pm Savasta, arrestato per corruzione. Nei verbali citato anche l’ex rettore di Uniba, Uricchio, ora all’Anvur

 nome di un quarto magistrato compare nell’inchiesta della procura di Lecce su Antonio Savasta, ex pm a Trani, e Michele Nardi, ex giudice per le indagini preliminari, entrambi arrestati con l’accusa di corruzione a gennaio. Si tratta di Domenico Seccia, attuale sostituto procuratore generale della Cassazione ed ex pubblico ministero antimafia nonché membro della commissione tributaria di Bari. Seccia, uno dei magistrati più impegnati nella lotta alla mafia foggiana fino a quando è stato in servizio nel capoluogo dauno e alla Dda di Bari, viene tirato in ballo dall’imprenditore di Corato, Flavio D’Introno

rif:https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/21/magistrati-arrestati-nel-sistema-trani-spunta-il-pm-domenico-seccia-e-il-grande-accusatore-cita-anche-lex-rettore-di-bari/5273010/