Sull’ex pm di Etruria Roberto Rossi, si spacca ancora il Csm

Quando c’è di mezzo il procuratore di Arezzo Roberto Rossi, finito sotto procedimento al Csm perché per un periodo fu consulente del governo Renzi e pm dell’inchiesta su Banca Etruria, le divisioni dentro al Consiglio sono garantite.

Così è stato per la Quinta commissione che si è spaccata esattamente a metà sulla sua riconferma a capo dei pm aretini. Tre consiglieri hanno votato perché Rossi resti altri quattro anni , e altri tre consiglieri hanno votato contro la riconferma.

Il presidente della Quinta Gianluigi Morlini, di Unicost, (la corrente centrista a cui appartiene anche il procuratore), Antonio Lepre di Magistratura Indipendente (la corrente più conservatrice) e Mario Suriano, consigliere di Area (sinistra) hanno votato a favore del magistrato. Contro la riconferma di Rossi, invece, Piercamillo Davigo, di Autonomia e Indipendenza ( la sua corrente, trasversale) e i laici Fulvio Gigliotti, M5S ed Emanuele Basile, Lega.

I relatori delle due mozioni, Morlini e Davigo devono scrivere le motivazioni delle proposte che andranno in plenum per il voto finale, in attesa, a grandi linee, si può dire che chi ha votato contro il rinnovo dell’incarico ha tenuto conto del comportamento, ritenuto evidentemente inopportuno, del procuratore che per un periodo era contemporaneamente pm dell’inchiesta su Banca Etruria, con Pierluigi Boschi nel Cda, e consulente di Palazzo Chigi, con Maria Elena Boschi al governo, all’insaputa del Csm. Sulla valutazione negativa di Rossi come procuratore, per Davigo, Gigliotti e Basile, avrà pesato anche quanto detto da Rossi , nel 2016, al Csm su cosa poteva fare banca Etruria privata, per esempio, ma anche quanto non detto, che aveva già indagato su Boschi senior. I consiglieri della Prima proposero un’archiviazione e non il trasferimento per incompatibilità ambientale ma chiesero una valutazione disciplinare all’ex Pg della Cassazione Pasquale Ciccolo, finita anche quella con un’archiviazione.

Morlini, Lepre e Suriano, invece, ritengono che quella vicenda, archiviata, non incida sulle buone capacità di Rossi procuratore, di cui magistrati e avvocati aretini parlano bene e che ha ricevuto pure un parere favorevole del Consiglio giudiziario.

Sull’ex pm di Etruria si spacca ancora il Csm

Era il 21 luglio del 2016 quando il plenum del Csm votò l’archiviazione della pratica a carico di Rossi ma i relatori Morosini ( Area) e Balduzzi (laico di Scelta Civica) ritirarono la firma e si astennero, così come tutti i togati di Area perché, su proposta di Uncost, dalla relazione fu eliminata la proposta di inviare il fascicolo alla Commissione competente per le valutazioni professionali. Già quel Consiglio avrebbe dovuto votare sul rinnovo o meno di Rossi a procuratore, dato che i quattro anni sono scaduti nell’estate 2018 ma i consiglieri, divisi anche allora, e in scadenza a settembre, lasciano la pratica rovente ai loro successori. A ottobre il nuovo Plenum eredita un parere favorevole, relatore l’ex presidente della Quinta, Luca Palamara, anche lui di Unicost. Per Rossi sembrava cosa fatta, ma tra il 17 e il 24 ottobre sono stati votati due ritorni in Commissione a partire da un imput di laici di FI e Lega.

Ora il voto finito tre a tre in Commissione, ma se in plenum Area, che ha quattro consiglieri, voterà così come il suo componente della Quinta commissione, allora Rossi, per la legge dei numeri, resterà procuratore di Arezzo.

Rif:https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/03/12/sullex-pm-di-etruria-si-spacca-ancora-il-csm/5030316/

Il papà Giuseppe Fanfani è al Csm e giudica il PM Rossi ed il figlio di Fanfani difende l’ex banchiere Boschi

Non uno studio legale qualsiasi. È lo storico studio Fanfani in uno dei più antichi palazzi del centro cittadino. Quello nel quale ha esercitato per una vita Giuseppe Fanfani, 69 anni, nipote del cinque volte presidente del Consiglio Amintore, ex segretario provinciale della Dc (fondata ad Arezzo da suo padre Ameglio), ex sindaco della città della Giostra e attuale membro laico in quota renziana del Csm.Quando Beppe si è votato, a tempo pieno, alla causa politica (deputato per l’Ulivo nel 2001) ha lasciato lo studio legale in mano al figlio Luca, 39 anni, bis nipote di Amintore. È lui che oggi segue gli interessi della famiglia Boschi, e in particolare di papà Pier Luigi. Per esempio ha seguito, passo passo, tutta la losca storia della compravendita della Fattoria di Dorna a Civitella Val di Chiana, quella per la quale il babbo della ministra è stato indagato dal procuratore di Arezzo, Roberto Rossi, per turbativa d’asta, estorsione e evasione di 250mila euro riscossi in nero.

Boschi Pier Luigi

Dopo l’8 febbraio, giorno della prima udienza del collegio fallimentare al tribunale di Arezzo che finalizzerà l’insolvenza di Banca Etruria, probabilmente verrà affidato a lui (insieme ad altri legali romani) il gravoso incarico di difendere l’ex vice presidente dell’istituto dall’accusa di bancarotta, semplice o fraudolenta, che il procuratore Rossi avvierà nei suoi confronti.L’aspetto più curioso, che configura anche un velato conflitto di interessi, è proprio il fatto che il padre di Luca, Giuseppe, faccia parte dello stesso Csm che ha interrogato il procuratore Rossi in audizione a fine dicembre e che ha messo in dubbio la sua correttezza professionale. Per questo, adesso, l’organo di autogoverno sta verificando se il pm avesse l’obbligo di astenersi dalle indagini circa il fallimento di Banca Etruria e se si possano configurare gli estremi per sanzioni disciplinari o per un trasferimento per incompatibilità ambientale. Probabilmente Giuseppe ha fatto parte della stessa commissione che ha assistito all’audizione di Rossi, in servizio alla procura di Arezzo dal 2007. Giuseppe Fanfani è stato eletto al Csm il 9 settembre 2014, in quota Pd. Renzi era premier da appena sette mesi.In ogni vicolo di Arezzo si respira aria di Fanfani e di Democrazia cristiana. Non c’è uno che alla voce «Fanfani» non si giri e non ti racconti leggende su quella famiglia, più o meno veritiere. È la città dei Fanfani e dei loro eredi. Anche di quelli che non portano quel pesante cognome ma che da loro hanno fatto scuola. Come Pier Luigi Boschi che di Fanfani ha tutto, dal modo di fare e di distribuire aiuti e favori (in cambio di piaceri e di voti), allo studio legale che ha scelto. Quello del bis nipote del due volte segretario della Dc, del tre volte presidente del Senato e del cinque volte presidente del consiglio. Ironia della sorte.

Rif:http://www.ilgiornale.it/news/politica/pap-csm-figlio-difende-lex-banchiere-boschi-1216343.html

Csm: la “bomba” Consip colpisce in pieno Fanfani

Il “casino” Consip ha investito il plenum del Csm. Ieri, infatti, c’è stato un fuori programma che ha messo nero su bianco come il verbale della procuratrice di Modena Lucia Musti sia uscito ad arte per dare manforte ai complottisti renziani. È stato il consigliere laico di Fi Pierantonio Zanettinad aprire un dibattito al vetriolo: “Se è stata desecretata Consip, allora è opportuno desecretare tutte le pratiche politicamente sensibili, compresa quella sul pm Roberto Rossi di Arezzo per l’indagine su Banca Etruria(vedi papà Boschi, ndr) altrimenti vuol dire che le pratiche vengono desecretate a seconda del gradimento del governo di turno”.

Il cecchino – Giuseppe Fanfani –  Ansa
Giuseppe Fanfani

Delle “strumentalizzazioni politiche” del verbale Musti e delle responsabilità del Consiglio parlano i togati di Area (sinistra) Piergiorgio Morosini e Antonello Ardituro, ex pm di Napoli. “So per certo che non è stata la Procura di Roma a dare alla stampa il verbale” ha detto Ardituro. “La scorsa settimana è stata imbarazzante, sono rimasto in attesa, sperando che qualcuno sottolineasse il fatto gravissimo” che sia uscito su alcuni quotidiani. E analizza: “La pubblicazione di questo verbale ha destato perplessità e confusione mettendo il Csm al centro dell’agone politico”. Morosini finisce di mettere il dito nella piaga: “È venuta fuori l’idea di desecretazione mentre si mandavano gli atti alla Procura di Roma. Bisogna stare molto attenti al momento di ostensibilità di certi atti perché quando vanno in mano alla stampa, in particolare solo a una parte”, come nel caso Musti, “possono esporre a campagne di stampa magistrati impegnati in inchieste importanti”. Morosini scende nel particolare: “Diverse testate hanno fatto credere la responsabilità di pm sulla fuga di notizie dell’intercettazione Renzi-Adinolfi (contenuta nel fascicolo Cpl-Concordia, ndr) ma abbiamo sentito dai lavori della Prima Commissione che è radicalmente da escludere la responsabilità del pm Woodcock”. Gli ha risposto visibilmente risentito Luca Palamara, togato di Unicost (centrista) e relatore, insieme ad Aldo Morgigni della pratica: “Non è rispettoso del lavoro della Prima annunciare l’esito sulla divulgazione delle intercettazioni”, come se non fosse già noto che Il Fattoquell’intercettazione, pubblicata il 10 luglio 2015, l’ha avuta dal mondo forense.

Sulla difensiva il presidente della Prima che ha proposto la desecretazione degli atti e l’invio alla Procura di Roma, con decisione, però, unanime. Giuseppe Fanfani, laico renziano della prima ora, nega ogni responsabilità sull’uscita del verbale Musti: “Abbiamo ritenuto opportuno desecretare circa 30 pratiche per l’ampia conoscenza che c’era già stata da parte della stampa e con il sereno convincimento del fatto che questo non incidesse sul dovere di riservatezza dei consiglieri che, sono certo, è stato rispettato da tutti”. Fanfani, poi, rivendica la scelta di aver trasmesso il verbale Musti alla Procura di Roma pur non essendoci elementi penalmente rilevanti e pur andando contro la prassi secondo la quale gli atti si mandano alla fine dell’istruttoria. “L’obbligo non c’era perché non c’erano notizie di reato, ma abbiamo ritenuto utile far conoscere quelle carte ai pubblici ministeri che indagano sull’ipotesi di scorrettezze da parte degli ufficiali che si sono occupati di Consip (il riferimento è al maggiore Giampaolo Scafarto, indagato per falso, ndr)”.

Proprio Fanfani, in un momento dell’audizione della Musti, dopo che un consigliere aveva fatto un riferimento sbagliato, ha messo insieme Cpl-Concordia e Consip: “De Caprio ha detto ‘Ha una bomba in mano’. Scafarto: ‘Succederà un casino, arriveremo a Renzi’”. Di Caprio aveva parlato con la Musti nel 2015 dell’inchiesta Cpl contro le coop rosse e il mondo dalemiano e Scafarto, improvvidamente, nel 2016, con la Musti aveva fatto un riferimento all’inchiesta Consip in cui era coinvolto Tiziano Renzi. Sono due cose diverse.

Ha parlato anche il vicepresidente Giovanni Legnini: “Non condanno la desecretazione degli atti ma bene ha fatto la Procura di Roma ad aprire un’indagine per violazione del segreto istruttorio”. Un colpo al cerchio e uno alla botte.

Rif:https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2017/09/21/csm-la-bomba-consip-colpisce-in-pieno-fanfani/3868598/

L’M5s Sibilia a muso duro contro il procuratore: “Chiedo che venga desecretata l’audizione di Rossi. Ha omesso”

Su mia domanda, il procuratore non ha parlato di indagati per falso in prospetto né del papà del sottosegretario Boschi”.

L'M5s Sibilia a muso duro contro il procuratore:

“Per amore della verità chiedo che venga desecretata l’audizione di Roberto Rossi”. A muso duro Carlo Sibilia, deputato M5s della commissione di inchiesta sulle banche, si scaglia contro il procuratore di Arezzo accusandolo di aver omesso, davanti ai commissari, che Pier Luigi Boschi, padre del sottosegretario ed ex ministro Maria Elena Boschi, sia indagato per falso in prospetto, insieme all’ex presidente Giuseppe Fornasari, l’ex direttore generale Luca Bronchi, altri 10 membri del cda e quattro componenti del collegio sindacale, in uno dei filoni di indagine sul crack di Banca Etruria: “Non capisco questa reticenza. Ha omesso”.

Onorevole Sibilia, lei dice che Rossi ha omesso, ma il procuratore ha messo per iscritto, in una lettera al presidente Casini, che nessuno ha rivolto “domande sull’identità delle persone oggetto di indagini”. Dov’è la verità?

“Qual è il senso di far venire un procuratore se non quello di comunicare se ci sono indagini? Rossi non ha parlato di indagati per falso in prospetto in relazione al Cda, nonostante una mia domanda precisa”.

Dunque lei ha chiesto espressamente se il padre del sottosegretario Boschi fosse indagato per falso in prospetto? 

“Certo, io ho fatto una domanda sull’intero Cda. Ogni volta che ho nominato il padre della Boschi sono stato fischiato dai renziani del Pd. La mia domanda era su tutto il Cda, di cui Boschi è stato prima consigliere e poi vicepresidente, mi sembra tutto molto chiaro. Ho fatto una raffica di domande sul padre della Boschi”.

Può essere più preciso?

“Rossi ha detto che un solo dirigente ha redatto quel prospetto e che non si può parlare di Cda coinvolto. Per esattezza, ricordo bene le parole, Rossi ha detto che la Consob ha denunciato il falso in prospetto sull’emissione obbligazionaria relativa all’aumento di capitale del 2013. Così io ho chiesto chi avesse autorizzato l’aumento di capitale. La risposta è stata: ‘Lo ha approvato un solo dirigente’. Ma Rossi non ha parlato di indagati. L’ha fatto troppo grossa”.

È la sua parola contro quella del procuratore.

“Benissimo, sono sicuro di quello che dico ed è per questo che domani chiederò che venga desecretata quella parte di audizione in cui si parla del falso in prospetto. Rossi aveva l’obbligo di dire, rispondendo alle mie domande, che Pier Luigi Boschi era indagato. Se un procuratore viene in commissione non può farsi tirare le parole con la tenaglia e lui – ripeto – su mia domanda non ha parlato di indagati”.

Rif:https://www.huffingtonpost.it/2017/12/04/lm5s-sibilia-a-muso-duro-contro-il-procuratore-chiedo-che-venga-desecretata-laudizione-di-rossi-ha-omesso_a_23296657/

Etruria, omissioni del pm Rossi: verso l’azione disciplinare. Csm non archivia più

Il procuratore generale della Cassazione Pasquale Ciccolo ha avviato una pre-istruttoria sul procuratore-consulente di governo che ha taciuto su Pier Luigi Boschi e le indagini.

Etruria, omissioni del pm Rossi: verso l’azione disciplinare. Csm non archivia più

Il procuratore di Arezzo Roberto Rossi aveva assaporato il lieto fine, mancava solo l’atto formale del Plenum del Csm e avrebbe ottenuto l’archiviazione del procedimento per incompatibilità ambientale, proposta tre giorni fa all’unanimità dalla Prima commissione. Invece, tutto per lui è precipitato. Si avvicina un procedimento disciplinare: il procuratore generale della Cassazione Pasquale Ciccolo ha avviato una pre-istruttoria.

Ipotizza una possibile violazione dell’obbligo di astensione dall’indagine su Banca Etruria che ha avuto come vicepresidente Pier Luigi Boschi, padre di Maria Elena, ministra del governo Renzi per cui Rossi è stato consulente fino al 31 dicembre, senza mai aver segnalato al Csm un ipotetico conflitto d’interesse. Di più: Rossi aveva già indagato su Boschi padre, come ha rivelato Panorama, chiesto e ottenuto l’archiviazione due volte.

L’ultima, il 7 novembre 2013. A ottobre aveva organizzato – mentre era anche consulente del governo Letta – un convegno ad Arezzo con l’allora ministro dell’Ambiente Andrea Orlando e la deputata Boschi, con il padre, allora, indagato. All’attenzione della Procura generale anche il criterio con il quale Rossi si è autoassegnato le indagini su Banca Etruria.

Il silenzio sulle inchieste a carico di Boschi è il motivo per cui la Prima commissione ieri, all’unanimità, ha cestinato la proposta di archiviazione e ha chiesto al competente procuratore generale di Firenze una relazione sul lavoro di Rossi relativo al padre della ministra. Durante la prima audizione, il 28 dicembre, il procuratore aveva detto: non conosco “nessuno della famiglia Boschi”. Dopo le anticipazioni di Panorama, ha provato a mettere una toppa che, come sempre, è peggio del buco. Ha scritto una lettera al Csm per ammettere che ha indagato su Boschi padre (ha fatto un riferimento generico a più inchieste) e di non averlo detto perché non gli è stata posta una domanda specifica. E ha aggiunto che, però, non lo ha mai incontrato.

La strategia “giustificazionista” ricalca quella seguita durante la seconda audizione, tre giorni fa al Csm: c’è stato un equivoco, non avevo parlato del direttorio ombra di Banca Etruria con Boschi vicepresidente perché pensavo che le domande (poste daPiergiorgio Morosini e da Pierantonio Zanettin) fossero sulla gestione precedente.

La Commissione si era accontentata, ma la scoperta di quelle indagini taciute su Boschi, ha fatto fare marcia indietro ai consiglieri. Morosini e Antonello Ardituro, entrambi di Area, spiegano che il caso è riaperto “a tutela della trasparenza e della credibilità dell’operato della magistratura”. Zanettin (laico di Forza Italia) si focalizza sulle omissioni di Rossi: “Abbiamo preso tutti atto con rammarico, per la seconda volta, che le dichiarazioni rese alla Commissione sembrano non corrispondere ai fatti”.

Rif:https://www.ilfattoquotidiano.it/2016/01/22/etruria-omissioni-del-pm-rossi-verso-lazione-disciplinare-csm-non-archivia-piu/2396545/

‘Non ci ha dato tutte le carte su Etruria e papà Boschi’. Il pm Roberto Rossi sotto il fuoco incrociato della Commissione banche

Chi si aspettava la programmata audizione del capo della Vigilanza di Bankitalia, Carmelo Barbagallo, in calendario alle 10.30 di martedì 12 dicembre davanti alla Commissione d’inchiesta bicamerale sulle crisi bancarie, ha dovuto attendere quasi un’ora. Sì, perché, nella fase iniziale dei lavori, dopo la rapida lettura di una missiva inviata da Ippolita Ghedini, sorella di Niccolò, sui rapporti intrattenuti con Veneto Banca, è subito esploso il caso del procuratore di Arezzo, Roberto Rossi.

Roma 14/11/2017, audizione in commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario dei sostituti procuratori che indagano su Monte dei Paschi di Siena. Nella foto Giordano Baggio, Pier Ferdinando Casini – Pierpaolo Scavuzzo / AGF

Quest’ultimo era stato ascoltato dalla Commissione il 30 novembre sul crac delle quattro banche tra cui Etruria, ma subito dopo era montata la polemica perché era stato ritenuto poco esplicito su alcuni procedimenti in corso, come l’inchiesta della sua medesima procura per falso in prospetto che coinvolge anche Pier Luigi Boschi, ex vicepresidente dell’istituto di credito aretino nonché padre dell’ex ministro ora sottosegretaria alla presidenza del Consiglio, Maria Elena. Rossi, di tutta risposta, aveva inviato una dura lettera alla Commissione in cui si difendeva sostenendo di avere risposto puntualmente alle domande. In una nuova missiva, Rossi, dopo avere risposto alle accuse del senatore di Fl (Gruppo Federazione della Libertà) Andrea Augello, aveva ventilato la possibilità di una querela.

Rif:https://it.businessinsider.com/non-ci-ha-dato-tutte-le-carte-su-etruria-e-papa-boschi-il-pm-rossi-sotto-il-fuoco-incrociato-della-commissione-banche/

È caduta la fiducia nei giudici. Mattarella e il Csm facciano in modo che la piaga purulenta venga isolata

e anche i giudici sono corrotti, che speranza rimane a questa sventurata Italia? È la domanda che mi sento rivolgere spesso in questi giorni. E non mi stupisce: sono giorni segnati dalle cronache sconvolgenti che vedono una parte del Consiglio superiore della magistratura, il massimo organo di autogoverno del potere giudiziario, coinvolto in manovre di bassa lega, con accuse che vanno dalla collusione col potere politico per truccare l’esito delle nomine nei posti chiave della magistratura, fino al presunto pagamento di mazzette o regalie varie, non escluso un gioiello per l’amica di uno dei personaggi coinvolti.

Dunque, quale speranza c’è per questo sventurato Paese? Se è vero che la speranza è l’ultima a morire, è anche vero che sembra avere già un piede nella fossa. I fatti, ampiamente riportati da questo giornale, sono noti. Membri di quel Csm che governa o dovrebbe governare il potere giudiziario in totale indipendenza dal potere politico come vuole la Costituzione, appaiono implicati in illeciti mercati, in combutta con soggetti della politica. Stiamo parlando di almeno cinque membri del Csm su un totale di diciotto, togati compresi.

Stando alle registrazioni audio degli inquirenti, il giudice Luca Palamara, ex consigliere del Csm ed ex presidente dell’Anm, e cinque consiglieri in carica del Csm, brigavano con due uomini politici per scegliere i nomi su cui convogliare i voti per la nomina a Procuratore di Roma e di Perugia. I politici in questione, entrambi del Pd, sono Cosimo Ferri(magistrato che è stato sottosegretario alla Giustizia nei governi Letta, Renzi e Gentiloni, prima di diventare deputato) e Luca Lotti, quest’ultimo all’epoca ministro dello sport del governo Renzi ed eminenza grigia del “giglio magico” renziano.

I congiurati puntavano non solo ad ottenere in proprio vantaggi di posizione e inchieste mirate, da usare come un’arma: avrebbero puntato – secondo l’accusa – anche a “farla pagare” all’ex Procuratore di Roma, Pignatone, che aveva inquisito Lotti per la vicenda Consip. Lotti, scrive il Corriere della sera, “appare determinato a vendicarsi di Pignatone” e vuole scegliere il prossimo Procuratore di Roma “per contare su una pubblica accusa a lui più favorevole”. Lo stesso Lotti vuole escludere dalle nomine il magistrato Creazzo “che ha fatto arrestare i genitori di Renzi”.

giustizia

Sono accuse tremende, che disegnano uno Stato in cui i due poteri separati e distinti, quello giudiziario e quello legislativo, in teoria l’uno cane da guardia dell’altro, si colludono con uno stesso intento illegittimo e sostanzialmente sovversivo. Non è un caso che qualcuno abbia evocato la P2. E non è un caso che il vicepresidente del Csm Davide Ermini, in un drammatico discorso, abbia detto: “O sapremo riscattare coi fatti il discredito che si è abbattuto su di noi o saremo perduti”.

Personalmente so con certezza che molti giudici fanno onore alla toga che indossano. Ma i fatti di questi giorni dimostrano con altrettanta certezza che una parte dell’organismo è infetta. L’unica speranza è che l’organo di autogoverno e il presidente Mattarella, che presiede il Csm, facciano in modo che la piaga purulenta venga isolata e ripulita, prima che la cancrena dilaghi ulteriormente. Noi aspettiamo.

Rif:http://www.lanotiziagiornale.it/e-a-rischio-la-fiducia-nei-giudici-mattarella-e-il-csm-facciano-in-modo-che-la-piaga-purulenta-venga-isolata/

Quel tribunale “amico” che valuterà il pm di Etruria, Procuratore Roberto Rossi

Niente di strano, procedura standard dopo l’esposto di un cittadino che ha segnalato a Palazzo dei Marescialli gli articoli del Giornale e la storia dell’appartamento.

La Prima Commissione esaminerà le carte e valuterà. Due le alternative da proporre al plenum del Csm: archiviazione, qualora gli elementi a carico di Rossi siano ritenuti evanescenti oppure trasferimento per incompatibilità ambientale nel caso in cui l’episodio della casa sia considerato uno scivolone indifendibile.

Si vedrà. Per ora si deve registrare che l’organismo ha ai suoi vertici una coppia di personaggi che conoscono molto bene il pm dell’inchiesta su Banca Etruria. Il presidente è Giuseppe Fanfani, avvocato, ex sindaco di Arezzo, ovvero la città in cui Rossi ha svolto gran parte della sua carriera a partire dal lontano 1998. Prima come «soldato semplice», poi, pur con qualche interruzione per incarichi in altre sedi, come reggente e infine capo dell’ufficio.

Si può pacificamente affermare che Rossi e Fanfani sono, ciascuno per la propria parte, fra le figure più in vista della città. Fanfani, appartenente al Pd, è stato il primo cittadino fra il 2006 e il 2014 quando ha lasciato la Toscana per Roma e Palazzo dei Marescialli. Dunque ha incontrato Rossi com’è normale che sia tutte le volte che gli impegni istituzionali l’hanno richiesto. Non solo: l’avvocato aretino è da sempre il penalista di riferimento di Banca Etruria e dei suoi vertici, a cominciare dall’ex vicepresidente Pier Luigi Boschi, papà del neosottosegretario alla presidenza del Consiglio, Maria Elena. Da quando si è spostato a Roma, Fanfani senior, per evitare potenziali conflitti di interesse con annesse polemiche, ha correttamente ceduto gli incartamenti al figlio Luca che manda avanti lo studio di famiglia. Insomma, in un modo o nell’altro Fanfani e Rossi si sono incontrati o sfiorati chissà quante volte nella loro normale attività.

Ancora più marcato è, se possibile, il rapporto che lega Rossi a Luca Palamara. Entrambi militano nella stessa corrente, Unicost, il pancione centrista della magistratura tricolore, e hanno lavorato nella stessa squadra. Palamara è stato il presidente dell’Anm fra il 2008 e il 2012, nello stesso periodo Rossi era nella giunta centrale dell’Associazione. I due sono in sintonia, buoni amici, e del resto, nelle nuove vesti di consigliere del Csm, Palamara è corso in aiuto del collega. Rossi era sotto attacco per essersi trovato a un crocevia assai delicato: indagava su Banca Etruria e dunque in qualche modo sulla famiglia di un ministro, la Boschi, del governo Renzi, ma in contemporanea era consulente dello stesso esecutivo. Una situazione inopportuna, a sentire più di un consigliere. «Ogni volta che ponevo il tema in discussione – ricorda Pierantonio Zanettin, consigliere laico di Forza Italia – Palamara interveniva sempre per difendere Rossi». La vicenda, come è noto, è finita in niente, ma non è questo il punto.

Ora Fanfani e Palamara si misureranno con il dossier relativo all’appartamento situato nelle campagne subito fuori Arezzo e nella disponibilità di Rossi fra il 2010 e il 2011. Una vicenda irrilevante dal punto di vista penale, ma che potrebbe aver ammaccato il prestigio del procuratore. Per questo la Prima commissione ha deciso di approfondire la pratica, affidandola ad Aldo Morgigni: la toga non avrebbe mai pagato un euro. Né per il canone d’affitto, né per le bollette o le spese condominiali. Una macchia per il custode della legalità.

Rif: http://www.ilgiornale.it/news/politica/tribunale-amico-che-valuter-pm-etruria-1344324.html

Caso Pm Roberto Rossi, il Csm si schiera con gli amici del Pm

E i consiglieri si schierano con i colleghi sotto i riflettori: Giuseppe Fanfani e Luca Palamara. Roberto Rossi, il procuratore della Repubblica di Arezzo, ha un legame collaudato con i due: l’ex sindaco di Arezzo Fanfani, avvocato e oggi presidente della Prima commissione dell’organo di autogoverno della magistratura, l’ex numero uno dell’Anm Palamara.

Incroci. Coincidenze. Suggestioni, ma anche rapporti cementati dalla consuetudine. Nulla di male, solo il Giornale sottolinea che la prestigiosa coppia Fanfani-Palamara guida l’organismo, appunto la Prima commissione, chiamato ad affrontare nelle prossime settimane l’imbarazzante vicenda della garçonnière.

Per la precisione, fra il 2010 e il 2011 Rossi aveva le chiavi di una appartamento che frequentava con le sue amiche, avvocatesse secondo la vox populi. Una casa situata nei dintorni di Arezzo e occupata da Rossi per un anno e mezzo, a quanto risulta, senza versare un euro per il canone e le spese condominiali. Quella storia, irrilevante dal punto di vista penale, potrebbe diventare una macchia sul prestigio e il curriculum che dovrebbe essere al disopra di ogni sospetto, voce o gossip.

La Prima commissione esaminerà la vicenda su input del Comitato di presidenza che ha aperto il dossier. Il Giornale, dopo aver raccontato tutti i passaggi della storia che molti ad Arezzo conoscevano da anni, si concentra sulla Prima commissione. Fanfani è stato il primo cittadino di Arezzo, la città di Rossi, prima di approdare nel 2014 a Roma. Ma, in un interminabile gioco di specchi, è anche considerato l’avvocato di riferimento di Banca Etruria, l’istituto di credito oggi al centro dell’indagine avviata dal pm. Palamara, invece, è stato al timone dell’Anm fra il 2008 e il 2012, nello stesso periodo Rossi era nella giunta dell’associazione.

Fatti. Non opinioni. Utili per comprendere il contesto in cui matura il procedimento che potrebbe chiudersi con l’archiviazione oppure con il trasferimento di Rossi per incompatibilità ambientale.

Questa è la trama. Ma a Palazzo dei Marescialli l’articolo non passa inosservato. Anzi, suscita qualche malumore. Viene interpretato da più un consigliere come un attacco preventivo, a freddo, alla credibilità dei consiglieri e più in generale dell’istituzione. E allora il plenum vira su quel tema e si apre con un dibattito che è in sostanza un atto di fiducia verso Palamara e Fanfani.

In verità il Giornale non si è mai permesso di mettere in dubbio la correttezza e le capacità dei due, ma ha solo ricostruito una rete di relazioni, peraltro legittime.

Dopo le vacanze finalmente si passerà all’esame della vicenda: relatore il togato Aldo Morgigni.
Rif: http://www.ilgiornale.it/news/politica/caso-rossi-csm-si-schiera-amici-pm-1344990.html

Il caos al Csm svela il nuovo girone infernale della cultura del sospetto

Se non si sono salvate le eminenze, quale sorte toccherà ai povericristi quando la Santa Inquisizione del Trojan andrà a giustiziare vecchi e nuovi nemici dell’onestà-tà-tà?

A vederli così, stravolti e smarriti, attorno al tavolo tondo di Palazzo dei Marescialli, fanno quasi tenerezza. Sono lì che annaspano, che si affannano, che si gonfiano i polmoni di ipocrisia e di retorica, che tentano con i ditini alzati di farsi coraggio a vicenda dicendo che in fondo le mele marce sono solo cinque, che l’esplosione dello scandalo è stata devastante ma si può ancora risorgere, che non tutto è perduto perché la maggioranza dei magistrati “dovrebbe” essere sana.

Rif: https://www.ilfoglio.it/giustizia/2019/06/06/news/il-caos-al-csm-svela-il-nuovo-girone-infernale-della-cultura-del-sospetto-258945/