Magistrati arrestati a Trani, dalle agende di Nardi nuove accuse ai giudici

Gli incontri dell’ex gip con Savasta e l’imprenditore D’Introno confermati dal Gps

Dalle agende sequestrate a Michele Nardi potrebbero arrivare i riscontri alle accuse più recenti nei confronti dell’ex gip, in carcere da gennaio con l’accusa di essere a capo della cricca di giudici che truccava i processi nel Tribunale di Trani. La Procura di Lecce ha chiesto ai carabinieri di Barletta una serie di accertamenti incrociati sulle dichiarazioni rese dai protagonisti della vicenda: incontri, fascicoli, passaggi di denaro. E in questa analisi rientrano, tra l’altro, gli appunti di Nardi.

Al momento dell’arresto Nardi e Savasta sapevano da più di un anno di essere sotto indagine a Lecce per corruzione, avendo ricevuto la notifica un avviso di proroga delle indagini. Dalle agende dell’ex gip, tuttora in carcere a Matera, emergono i tentativi di capire di più su quella indagine. Ma ci sono anche gli incontri con Flavio D’Introno, l’imprenditore di Corato che ha raccontato delle tangenti ai magistrati causando il terremoto dell’inchiesta. «Tornato ieri a Roma – annota ad esempio Nardi il 4 luglio 2017 -. Ieri D’Introno mi ha cercato e ha detto che la moglie era stata sentita giovedì scorso dai Cc di Barletta (…) Le hanno chiesto dei rapporti del marito con me e se sapesse di regali fatti». Dalle agende emergono, numerosi incontri con Savasta (di alcuni Nardi ha parlato nell’interrogatorio di garanzia) nell’autunno 2017 ma anche a maggio 2018: «Sav dice che non ha novità». Tuttavia, ricordano gli inquirenti, nell’interrogatorio Nardi ha detto di aver interrotto tutti i contatti con gli ex colleghi di Trani dal giorno del trasferimento a Roma (febbraio 2006): le agende dimostrerebbero il contrario. Allo stesso modo, dalle agende si ricaverebbe che i primi contatti con D’Introno risalirebbero al 2012.

A Nardi (oltre all’associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari, insieme a Savasta, allo stesso D’Introno e ad altre due persone) vengono contestati tra gli altri i reati di millantato credito, estorsione e violenza privata. La prima accusa riguarda i soldi che l’ex gip avrebbe chiesto a D’Introno per intervenire sui giudici della Corte d’appello di Bari dove l’imprenditore è stato poi condannato per usura. Le altre due accuse si riferiscono alle pressioni di Nardi su D’Introno, con le minacce di morte che gli sarebbero state fatte se non avesse continuato a pagare: Nardi nega, ma la Procura di Lecce ha cristallizzato questa ipotesi nell’avviso di conclusione delle indagini di luglio. Lo stesso Savasta, nel corso dell’incidente probatorio, racconta che a un certo punto – cioè quando i due avevano avuto un litigio per fatti personali – Nardi avrebbe tentato di scaricare l’imprenditore: «Sembra che c’era stato un momento in cui tra lui e D’Introno, un momento limitato nel tempo, in cui ce l’aveva con D’Introno per cui mi disse “Tutto quello che è stato fatto è meglio… distruggilo!”».

I carabinieri, su richiesta della Procura, hanno sottoposto a verifica anche le dichiarazioni di D’Introno in merito ai rapporti con l’ex pm Luigi Scimè (anche lui indagato), cui avrebbe consegnato l’ultima tranche di una tangente (10mila dei 30mila euro concordati per chiudere le indagini sugli incendi nelle ville della moglie), a Milano durante il ponte del 1° maggio 2016: , circostanza che il magistrato nega: dagli accertamenti è emerso che D’Introno era effettivamente a Milano in quei giorni, in compagnia di un amico, e che anche il magistrato aveva un motivo familiare per recarsi nel capoluogo lombardo. I militari hanno anche acquisito i tracciati del gps della Bmw di Nardi, per chiarire se il 6 dicembre 2013 l’auto dell’ex gip potesse trovarsi nel distributore Esso dove – secondo D’Introno – sarebbero passati di mano 200mila euro: i dati di localizzazione non sono precisi, ma per i carabinieri quel giorno l’auto è effettivamente transitata sulla provinciale Trani-Bitonto in prossimità dell’area di servizio.

Rif: https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/home/1163342/magistrati-arrestati-a-trani-dalle-agende-di-nardi-nuove-accuse-ai-giudici.html

Magistrati arrestati a Trani, i fratelli Ferri: «Ci chiesero 4mln per fermare indagini»

Ci hanno distrutto, aggredendo anche i nostri beni patrimoniali e lasciando in mezzo alla strada oltre tremila persone e distruggendo una azienda che fatturava 400 milioni di euro l’anno». Nel 2003 il gruppo Ferri aveva 400 negozi. Sedici anni dopo, la Cassazione ha chiuso con la prescrizione il processo per bancarotta a carico dei fratelli di Corato che, solo oggi, hanno denunciato di aver subito una estorsione: un avvocato, lo stesso di cui ha parlato anche il re del grano Francesco Casillo, avrebbe chiesto 4 milioni di euro per salvarli dall’indagine condotta dall’allora pm di Trani, Antonio Savasta, e dagli arresti e dalle altre misure cautelari disposte dall’allora gip Michele Nardi.

rif:https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/home/1162646/magistrati-arrestati-a-trani-i-fratelli-ferri-ci-chiesero-4mln-per-fermare-indagini.html

Sentenze truccate a Trani, 12 indagati: per i magistrati arrestati un giro d’affari di 2 milioni

Sentenze truccate a Trani, 12 indagati: per i magistrati arrestati un giro d'affari di 2 milioni

Nel provvedimento di chiusura delle indagini compaiono i nomi dell’ex gip Michele Nardi, ora in carcere a Taranto e considerato “capo, promotore e organizzatore dell’associazione” e dell’ex pm Antonio Savasta

Sono 12 gli indagati nell’inchiesta della Procura di Lecce sulla ‘giustizia truccata’ al Tribunale di Trani, con accuse di sentenze pilotate in cambio di mazzette avvenute tra il 2014 e il 2018. Nel provvedimento di chiusura delle indagini a firma dei sostituti procuratori Roberta Licci e Giovanni Gallone compaiono i nomi dell’ex gip di Trani Michele Nardi, ora in carcere a Taranto e considerato “capo, promotore e organizzatore dell’associazione”; dell’ex pm di Trani Antonio Savasta, che ha collaborato ammettendo responsabilità, si è dimesso dalla magistratura e ha ottenuto gli arresti domiciliari; dell’ispettore di polizia del commissariato di Corato (Bari) Vincenzo Di Chiaro, ora in carcere a Lecce.

Tutti e tre sono stati arrestati con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari e falso. I magistrati avrebbero ottenuto illecitamente 2 milioni di euro.

Il provvedimento è stato notificato anche all’ex pm di Trani Luigi Scimè, all’imprenditore di Corato Flavio d’Introno, all’immobiliarista Luigi D’Agostino, agli avvocati Simona Cuomo, Ruggero Sfrecola e Giacomo Ragno; indagati anche Gianluigi Patruno, titolare di una palestra, Savino Zagaria (ex cognato di Savasta) e il carabiniere Martino Marancia.

A Savasta e Nardi – in concorso con Di Chiaro, D’Introno e l’avvocatessa Cuomo – viene contestata l’associazione a delinquere perché, si legge nel provvedimento, “si associavano tra di loro al fine di compiere plurimi delitti contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica e contro l’autorità giudiziaria, avvalendosi di volta in volta della collaborazione di soggetti non facenti parte dell’associazione, per la realizzazione di specifici obiettivi mirati finalizzati a conseguire guadagni illeciti a mezzo dello sfruttamento di disponibilità economiche da parte per lo più di soggetti esercenti attività imprenditoriali coinvolti in vicende giudiziarie che venivano gestite secondo modalità operative consolidate nel tempo ed elaborate in particolare dai due magistrati sin da quando entrambi esercitavano le funzioni nel circondario di Trani”

Rif: https://bari.repubblica.it/cronaca/2019/07/13/news/sentenze_truccate_a_trani_12_indagati_-231085359/

Caos Csm, gli intrecci degli anni bui della Repubblica sono ancora in piedi

Caos Csm, gli intrecci degli anni bui della Repubblica sono ancora in piedi

Negli incontri si celano i segreti della Repubblica, ma soprattutto si mettono in funzione gli ingranaggi di quel perverso rapporto tra politica, massoneria, mafia e magistratura che ha reso instabile la nostra democrazia. Seguendo le intercettazioni e le carte del processo di Lecce che ha portato all’arresto dei magistrati Antonio Savasta e Michele Nardi e individuato altri magistrati coinvolti, ci si accorge ad occhio nudo come questo intreccio che ha caratterizzato gli anni bui della Repubblica sia ancora in piedi, vivo e vegeto, e si muova sempre con gli stessi rituali.

Caos Csm, l’ipotesi di un filone pugliese. L’imprenditore che ha denunciato Savasta e Nardi: ‘Cene con Lotti, Palamara e Ferri’

Dagli incontri emersi dalle intercettazioni di Luca Palamara scopriamo che Luca Lotti, Ferri e altri magistrati si incontravano di notte per decidere gli incarichi direttivi da assegnare di giorno. Nelle intercettazioni del giudice Nardi, tuttora agli arresti per corruzione in atti giudiziari nel processo di Lecce, scopriamo che un riferimento essenziale a Roma del magistrato è Cosimo Ferri, parlamentare del Pd, membro del Csm e sottosegretario del ministero di Grazia e Giustizia del ministro Andrea Orlando.

Csm, Mattarella: “Quadro sconcertante e inaccettabile, ha minato autorevolezza delle toghe. Da oggi si volta pagina”

Nardi, come si apprende dalle intercettazioni dei Carabinieri, chiama Ferri – allora sottosegretario – per incontrarlo a proposito di un procedimento disciplinare che lo vede coinvolto e che può nuocere alla sua carriera. Ferri gli dice di passare dal ministero il martedì successivo. Dopo l’incontro Nardi, che ha una linea diretta con la segreteria di Ferri, manda al ministero tutte le carte che a suo dire potrebbero modificare le sorti di quella relazione negativa nei suoi confronti. In queste carte campeggia quello che Nardi definisce in altra intercettazione “asso nella manica”, “carta da giocare al momento giusto”, un parere in suo favore di Arcibaldo Miller.

Chi è Miller? Un magistrato in servizio a Napoli, con il quale questa storia ha una cosa in comune: cene e incontri notturni. Quello di Arcibaldo Miller, per cui verrà indagato insieme proprio a Cosimo Ferri sulla cosiddetta P3, avviene il 23 settembre del 2009. L’incontro si tiene proprio nell’abitazione di Denis Verdini. All’incontro erano presenti Flavio CarboniArcangelo MartinoPasquale LombardiMarcello Dell’Utri (condannato per mafia), Giacomo CaliendoAntonio Martone. Anche in questo incontro si decidevano cose importanti: le sorti della Regione Campania ed altre questioni su cui l’inchiesta è ancora aperta. Nardi, che ha il padre Vincenzo ex ispettore – come Miller, utilizzato da Bettino Craxi per controllare il pool di Mani pulite – con Miller condivide un’altra passione, per cui lo stesso Miller era stato indagato con archiviazione: la vicinanza ad ambienti massonici, accertata dagli investigatori, e a imprenditori legati alla criminalità organizzata.

In un’intercettazione dei Carabinieri, Nardi parla con un suo amico massone e non si scandalizza minimamente quando questi gli dice: “sto coi capi clan dei Capriati [di Bari, ndr] che devono partecipare a un’asta a Trani…” e quando questi gli dice che potranno aggiustare le cose col giudice a Catanzaro, relativamente al processo pendente contro Nardi, quando l’amico gli dice “in stile ‘ndrangheta”, non batte ciglio. Insomma il meccanismo che sta venendo fuori grazie anche alla legge Spazzacorrotti, alle captazioni e alla professionalità degli investigatori possiede delle costanti che si ripetono, e che rendono l’intreccio politica/magistratura/mafia/massoneria più vivo che mai anche in questi giorni.

Nardi, sapendo già di essere sotto inchiesta per corruzione a Lecce, in un messaggio sms rivolgendosi a Savasta che doveva trasferirsi scrive: ”Sarebbe l’ideale trasferirsi nel distretto di Lecce per liberarsi dalla loro persecuzione”. E Savasta, colto da un attimo di buonsenso e che come Nardi ha ricevuto un avviso di garanzia per corruzione dal Tribunale di Lecce, gli risponde: ”Non posso andarci”. Infatti alla fine Savasta andrà a Roma dove incontrerà Lotti, Ferri, entrando più a fondo nel meccanismo, cui Nardi era giunto per eredità paterna.

Altro elemento fondamentale del meccanismo che viene fuori dalle inchieste è che gli ispettori come Miller e Nardi padre hanno sempre da parte della politica una attenzione favorevole. Miller ottiene da Nicola Zingaretti, l’11 maggio del 2019, un incarico per un Ente regionale di pubblica assistenza a 2mila euro lordi al mese. Va meglio a Nardi padre, che ottenne dal Comune di Trani un incarico dal 2010 al 2018 come consulente in una municipalizzata a 4mila euro lordi, ritoccata negli ultimi quattro anni a 3mila. Un vitaliziodi fine carriera.

Csm, via da Magistratura pm Savasta

 © ANSA

(ANSA) – ROMA, 2 LUG – La Sezione disciplinare del Csm ha rimosso dalla magistratura l’ ex pm di Trani Antonio Savasta, che era stato intanto trasferito al tribunale di Roma e a gennaio era finito agli arresti domiciliari. La drastica condanna si riferisce a false attestazioni fatte davanti a un notaio, con riferimento alla realizzazione di una piscina in una masseria, “in assenza di titolo abitativo”. Una vicenda per la quale Savasta era gia’stato condannato in sede penale a 2 mesi reclusione.

Rif: http://www.ansa.it/puglia/notizie/2019/07/02/csm-via-da-magistratura-ex-pm-savasta_b783a312-0ac1-4fa4-a030-3eaff202c2bf.html

Magistrati pugliesi corrotti, spunta noto pm. “Un animale. Per spaventarmi diceva di mandarmi la mafia garganica”

Si allarga e coinvolgerebbe anche importanti magistrati antimafia passati per Foggia, l’inchiesta sul “sistema Trani” che nelle scorse settimane ha svelato un giro di corruzione in atti giudiziari portando all’arresto dell’ex gip Michele Nardi – ritenuto dagli inquirenti l’ideatore della “macchina delle tangenti” – e dell’ex pm Antonio Savasta, quest’ultimo ai domiciliari.

Tutto è nato dalla denuncia dell’imprenditore di Corato, Flavio D’Introno il quale avrebbe versato mazzette ai magistrati per ‘aggiustare’ alcuni procedimenti giudiziari. La vicenda sarebbe incentrata su una serie di documenti riguardanti presunti episodi corruttivi commessi da magistrati che sono stati in servizio presso la commissione tributaria. Alcuni particolari, già svelati da Repubblica Bari, sono emersi durante l’incidente probatorio di D’Introno davanti al gip leccese, Giovanni Gallo.

“Dopo gli arresti e il mio interrogatorio del 2 febbraio ho ricevuto minacce da un altro magistrato – ha detto l’imprenditore – e per questo motivo ho presentato denuncia alla Procura di Bari”. Che non ha esitato a convocarlo e a farli mettere nero su bianco le pesanti dichiarazioni su quel personaggio che per spaventarlo avrebbe fatto riferimento alla mafia garganica. Si tratterebbe di un noto magistrato, esperto della faida del Gargano, presente per anni in provincia di Foggia e poi trasferito in altra città.

Barlettano che dall’estate scorsa è sostituto procuratore generale presso la Cassazione. Alcuni anni fa, è stato membro della commissione tributaria di Bari. Quella che ha annullato le cartelle esattoriali da 8 milioni dell’imprenditore di Corato, Flavio D’Introno.

Di tali minacce – si legge su Repubblica – l’imprenditore aveva parlato anche con lo stesso Savasta durante un colloquio a novembre, registrato e consegnato ai carabinieri e riportato nell’ordinanza di custodia cautelare del gip Gallo. “Pure questo qua, che ti dice che ti manda la mafia garganica…”, diceva il pm. E D’Introno ribadiva: “Quello è proprio un animale”. (in alto, la Procura di Trani)

Rif:https://www.immediato.net/2019/06/20/magistrati-pugliesi-corrotti-spunta-noto-pm-un-animale-per-spaventarmi-diceva-di-mandarmi-la-mafia-garganica/

Giustizia truccata, imprenditore D’Introno: «A Bari ho parlato di altri magistrati»

«Per altri magistrati sono stato ascoltato dalla Procura di Bari». Flavio D’Introno lascia cadere lì, durante una delle ultime udienze dell’incidente probatorio davanti al gip di Lecce, Giovanni Gallo, l’ennesimo indizio sulle nuove indagini partite dal fascicolo sulla giustizia svenduta nel Tribunale di Trani. Quelle nate dallo stralcio di alcuni atti che il procuratore Leonardo Leone de Castris e i pm Roberta Licci e Giovanni Gallone hanno trasferito, per competenza, ad altre sedi giudiziarie.

Sul fascicolo aperto a Bari c’è, ovviamente, massimo riserbo. «Questo non è il luogo in cui si può riferire una circostanza di questo genere», ha tagliato corto il pm Gallone per interrompere il racconto di D’Introno in sede di controinterrogatorio, il 6 giugno, davanti al gup di Lecce. L’incidente probatorio riprende stamattina con Antonio Savasta, l’ormai ex pm che ha confessato di aver accettato soldi da D’Introno per manomettere fascicoli di indagine. Ma, nel frattempo, l’inchiesta va avanti.
Lo stralcio di Bari potrebbe riguardare la gestione di alcuni procedimenti davanti alla giustizia tributaria, procedimenti che hanno riguardato lo stesso D’Introno e in particolare le cartelle esattoriali emesse nei suoi confronti per circa 8-9 milioni: queste cartelle furono annullate dalla Commissione tributaria provinciale, in primo grado, sulla base di un’eccezione di inesistenza delle notifiche, ma l’appello dell’Agenzia delle Entrate ribaltò la sentenza poi confermata in Cassazione.

’Introno ne ha parlato, nel corso dell’esame del 6 giugno, rispondendo alle domande di Francesco Paolo Sisto, difensore di Simona Cuomo, l’ex avvocato dell’imprenditore di Corato sottoposta a interdizione dall’attività professionale. A Mario Malcangi, difensore di Luigi Scimè, l’altro ex pm di Trani coinvolto nell’incidente probatorio (D’Introno dice di aver pagato anche lui, l’interessato smentisce), l’imprenditore ha raccontato «delle minacce da parte di un altro magistrato» di cui avrebbe parlato «presso la Procura di Bari». Una situazione intricatissima, nella quale si inserisce anche delle dichiarazioni che lo stesso D’Introno avrebbe reso il 4 febbraio, raccontando ai carabinieri di Barletta delle minacce a suo dire ricevute da un noto avvocato della città ed in qualche modo riconducibili all’episodio delle cartelle esattoriali.

D’Introno è per il momento il perno dell’accusa agli indagati che rispondono di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari: ha raccontato di aver dato due milioni di euro all’ex gip Michele Nardi (che è in carcere) e a Savasta (ai domiciliari), ma anche – in un secondo momento – di 75mila euro dati a Scimè, oltre al coinvolgimento di altri magistrati i cui nomi sono al momento coperti da omissis negli atti depositati. Anche per questo le difese si sono concentrate, oltre che nel far emergere alcune incongruenze nel lunghissimo racconto dell’imprenditore, anche di minare la sua stessa credibilità: facendo emergere che D’Introno è in cura presso il Sert di Andria per problemi di alcolismo che sarebbero esplosi dopo la sentenza di condanna in Appello per l’usura. Sentenza poi divenuta definitiva (cinque anni e mezzo) e finora non eseguita proprio per via del trattamento in corso.

Dell’esistenza di nuove indagini, del resto, c’è traccia nell’ordinanza con cui il gip Gallo ha prorogato di altri tre mesi, al 14 ottobre, le misure cautelari a carico di Nardi, Scimè e dell’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro (anche lui in carcere). Dopo gli arresti di gennaio, ha scritto il gip, sono state presentate denunce «da altri soggetti (imprenditori del luogo e avvocati) che hanno riferito di vicende di natura corruttiva coinvolgenti gli indagati, sui quali sono in corso riscontri particolarmente complessi anche in considerazione dell’epoca remota di datazione dei fatti». Alcuni fatti sembrerebbero essere prescritti, ma in ogni caso – nell’impostazione della Procura di Lecce – dimostrerebbero l’esistenza di un accordo stabile tra i magistrati per svendere la loro funzione in cambio di denaro regali.
Oggi dunque toccherà a Savasta, che nella scorsa udienza ha detto di essere stato «incastrato» da Nardi cui ha dato la colpa di aver inventato il sistema corruttivo.

Rif: https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/home/1151825/giustizia-truccata-imprenditore-d-introno-a-bari-ho-parlato-di-altri-magistrati.html

Inchiesta giudici di Trani, Magistrato Savasta ammette le tangenti e inchioda Nardi: “Ero in un vortice”

Si è detto vittima del collega Michele Nardi ed ha ammesso di aver chiesto 300mila euro all’imprenditore di Corato Paolo Tarantini per archiviare un’indagine che era stata avviata solo per ottenere danaro. L’ex pm Antonio Savasta ha ammesso le proprie responsabilità nel giro di tangenti che ha condizionato l’amministrazione della giustizia negli uffici giudiziari di Trani e punta il dito contro il collega che lo avrebbe fatto finire nel vortice della corruzione.

Inchiesta giudici di Trani, Savasta ammette le tangenti e inchioda Nardi: "Ero in un vortice"

Per convincere Tarantini a pagare la mazzetta sarebbe stato addirittura realizzato un falso avviso di garanzia. “Era stato letteralmente spolpato” aveva detto l’ex pm durante gli interrogatori dei mesi scorsi al cospetto della pm Roberta Licci. E ancora: “Nardi mi disse di scrivere 300mila euro su un foglio e far avere la busta a Tarantini, io gliela feci arrivare”. Savasta ha ribadito che l’ex collega aveva un forte ascendente su di lui, che si conoscevano da molti anni e che, una volta entrati nel giro delle mazzette, avrebbe esercitato pressioni affinché il sistema non fosse messo in pericolo.

“È vero, ho commesso degli errori e me ne assumo la colpa”, ha detto. La confessione davanti al gip Giovanni Gallo è arrivata durante l’incidente probatorio, nello stesso giorno in cui il giudice ha fatto sapere che Savasta dovrà trascorrere altri tre mesi agli arresti domiciliari. Mentre Michele Nardi e il sovrintendente di polizia Vincenzo Di Chiaro passeranno l’intera estate in carcere, così come ha chiesto la procura di Lecce, che si appresta a chiudere la prima parte dell’inchiesta.

L’acquisizione delle dichiarazioni dell’imprenditore Flavio D’Introno, tramite l’incidente probatorio, ha già permesso di blindare la ricostruzione accusatoria del procuratore Leonardo Leone de Castris e della pm Roberta Licci, che per ora si concentrano su dodici indagati. Oltre a Nardi, Savasta e Di Chiaro, gli avvocati Simona Cuomo e Ruggero Sfrecola, l’immobiliarista Luigi Dagostino, l’ex pm di Trani Luigi Scimè, l’avvocato Giacomo Ragno, il carabiniere Martino Marancia, l’imprenditore Flavio D’Introno, il falso testimone Gianluigi Patruno, l’ex cognato di Savasta Savino Zagaria. Tutti sono accusati di avere avuto un ruolo in quell’azione di svilimento della funzione giudiziaria, che sarebbe stata realizzata sistematicamente a Trani e che ha coinvolto anche altri magistrati, stando alle rivelazioni fatte da Savasta agli inquirenti.

L’ascolto dell’ex pm proseguirà il 19 e il 28 giugno prossimi. Durante l’incidente probatorio ha ammesso le proprie responsabilità anche l’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro. Questi ha detto al gip Giovanni Gallo di non aver mai preso soldi dall’imprenditore D’Introno, né di aver avuto regalie, ma di aver falsificato firme e atti per una sorta di rispetto nei confronti dell’imprenditore, che intendeva favorire.

Inchiesta sui giudici corrotti, il PM: «Rimangano agli arresti per altri 3 mesi»

La procura di Lecce ha chiesto che vengano prorogate di tre mesi le misure cautelari nei confronti dei magistrati Michele Nardi e Antonio Savasta e dell’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro, coinvolti nell’inchiesta su presunti procedimenti giudiziari pilotati in cambio di favori.

La decisione spetterà al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce.

Intanto prosegue l’incidente probatorio che da settimane si sta svolgendo nel Palazzo di Giustizia di Lecce per cristallizzare le dichiarazioni degli indagati fornite durante gli interrogatori.

Corruzione giudici: in agenda Dagostino incontri e tangenti con arrestati

Negli appunti che hanno permesso alla procura  di Lecce di chiudere le indagini che  hanno portato all’arresto dei magistrati del Tribunale di Roma  Savasta e  Nardi, anche gli incontri con l’ex sottosegretario Luca Lotti, con l’ex vicepresidente del Csm Giovanni Legnini e con Tiziano Renzi, papà dell’ex premier Matteo.

corruzione

E’ stata l’agenda di Luigi Dagostino e la maniacale abitudine dell’imprenditore di annotare il pagamento di presunte tangenti e ogni appuntamento (anche con l’ex sottosegretario Luca Lotti, con l’ex vicepresidente del Csm Giovanni Legnini e con Tiziano Renzi, papà dell’ex premier Matteo) a permettere ai magistrati di Lecce di chiudere il cerchio sulle indagini che ieri hanno portato all’arresto dei magistrati del Tribunale di Roma Antonio Savasta e Michele Nardi, all’epoca dei fatti in servizio a Trani.I due sono accusati di aver preso parte ad un’associazione per delinquere finalizzata ad intascare tangenti per insabbiare indagini e pilotare sentenze giudiziarie e tributarie in favore di facoltosi imprenditori. Oltre ai due magistrati è finito in carcere l’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro, mentre sono stati interdetti dalla professione l’imprenditore Dagostino, ex socio di Tiziano Renzi, e gli avvocati Simona Cuomo e Ruggiero Sfrecola.Nel corso di una perquisizione della Guardia di Finanza nei confronti di Dagostino, accusato di corruzione in atti giudiziari, gli investigatori hanno sequestrato due agende, del 2015 e del 2016, nelle quali l’imprenditore aveva annotato con dovizia di particolari incontri e viaggi, cene e somme di denaro associate a nomi.“Annotazioni puntuali e metodiche” scrive il gip nelle 862 pagine dell’ordinanza, sui contatti e rapporti con il pm Savasta, con l’avvocato tranese Sfrecola, con l’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti, con Tiziano Renzi e anche con l’allora vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini.È proprio dall’analisi dell’agenda, i cui dettagli sono stati poi incrociati con l’esito delle intercettazioni e le dichiarazioni rese durante le indagini, che gli inquirenti ricostruiscono l’incontro a Palazzo Chigi del giugno 2015 tra Dagostino, il commercialista Roberto Franzè, Savasta e Lotti e i rapporti dello stesso Dagostino con Tiziano Renzi, che nel luglio e nel settembre dello stesso anno si reca in Puglia in sua compagnia per riunioni e cene.Savasta avrebbe chiesto e ottenuto da Dagostino l’incontro con Lotti per tentare di ottenere un incarico a Roma e allontanarsi così dalla Procura di Trani, perché era coinvolto in procedimenti penali e disciplinari al Csm.Quest’ultima circostanza è stata documentata anche dall’allora vicepresidente del Csm Giovanni Legnini che, ascoltato come testimone dalla Procura di Firenze nell’aprile 2018, ha anche “prodotto una stampa dei vari procedimenti disciplinari a carico di Antonio Savasta, alcuni dei quali già pendenti dal 2015”, annota il gip.Dalle indagini emerge, infatti, che “già nel corso del 2015 Savasta si attiva per costruirsi appoggi strumentali ad alternative professionali avvalendosi proprio di Dagostino e dei suoi importanti contatti anche in contesti istituzionali”. Allo stesso tempo, però, Savasta indaga su Dagostino per un giro di fatture false, ma per ricambiare il favore non esercita l’azione penale nei confronti dell’imprenditore. Quando Savasta viene trasferito a Roma, il procuratore di Trani invia gli atti a Firenze per competenza.

Rif: https://www.controradio.it/corruzione-giudici-in-agenda-dagostino-incontri-e-tangenti-con-arrestati/