Il caso Palamara: tutte le tappe del caos procure

Il caso Palamara: tutte le tappe del caos procure

Scoppia a maggio del 2019, quando l’allora pm della procura di Roma viene accusato di corruzione. L’inchiesta coinvolge l’attuale Csm, di cui Luca Palamara è stato componente dal 2014 al 2018, mentre diventano pubbliche le sue chat: uno scandalo nello scandalo che sconvolge la magistratura

Scoppia il 29 maggio 2019 il caso Palamara. Perché l’allora pubblico ministero della procura di Roma Luca Palamara viene raggiunto da un ordine di perquisizione in cui gli si contesta l’accusa di corruzione per aver ricevuto 40mila euro per una nomina (accusa poi caduta) e aver avuto rapporti con l’imprenditore Fabrizio Centofanti, mettendo a disposizione la sua funzione giudiziaria. Nonché con gli avvocati Pietro Amara Giuseppe Calafiore già coinvolti in indagini a Messina e Roma. Ex presidente dell’Anm ai tempi di Berlusconi, esponente di spicco della corrente centrista di Unicost, Palamara è stato componente del Csm nel quadriennio 2014-2018. 

Il suo caso travolge l’attuale Csm perché un Trojan, microspia-virus introdotto nel suo cellulare poi sequestrato, registra due settimane di conversazioni a metà maggio 2019, proprio mentre al Csm è calda la discussione sul candidato più idoneo a reggere la procura di Roma, dove il capo in carica, Giuseppe Pignatone, lascia l’incarico. In lizza ci sono big della magistratura come Giuseppe Creazzo procuratore a Firenze, Franco Lo Voi a Palermo, Marcello Viola, procuratore generale a Firenze. Una cena all’hotel Champagne di Roma, la sera dell’8 maggio, precipita nel caso anche altri consiglieri dell’attuale Csm, Luigi Spina e Gianluigi Morlini di Unicost (il secondo presidente della commissione per gli incarichi direttivi), Corrado Cartoni,  Antonio Lepre e Paolo Criscuoli, di Magistratura indipendente. È la corrente di destra della magistratura di cui ha fatto parte Cosimo Maria Ferri, deputato renziano ma ancora Pd nel 2019, che partecipa all’incontro, a cui è presente anche Luca Lotti, deputato del Pd, inquisito per il caso Consip dalla procura di Roma e in quel momento già rinviato a giudizio. 

Il terremoto dell’inchiesta coinvolge anche il procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio, anche lui finito nelle registrazioni di Palamara, che è costretto a lasciare l’incarico con l’accusa di aver rivelato a Palamara fatti dell’indagine. Il Csm deve procedere alla sostituzione di ben 5 componenti. Palamara, come tutti gli altri del Csm, finisce anche sotto inchiesta disciplinare. 

Un anno dopo, a maggio 2020, la procura di Perugia chiude l’inchiesta e deposita gli atti. Diventano pubbliche non solo tutte le intercettazioni, ma anche le chat di Palamara con i colleghi. Non solo quelle del 2019, ma anche quelle degli anni precedenti, il 2017 e il 2018. Centinaia di brevi conversazioni che avevano sempre ad oggetto richieste di incarichi al Csm, per le quali i vari candidati, di tutte le correnti, si rivolgevano a Palamara per avere un appoggio. Uno scandalo nello scandalo che sconvolge la magistratura.

Le carte finiscono sui giornali. Ma non in possesso dell’Anm, nonostante il presidente Luca Poniz le abbia chieste con insistenza. Si apre presso i probiviri del sindacato dei giudici la procedura per l’espulsione di Palamara dall’Anm. Che viene decisa a luglio. Gli altri componenti del Csm decidono invece di dimettersi. Tranne Paolo Criscuoli che ha avuto un ruolo marginale nella vicenda. Palamara contesta l’espulsione perché il Comitato direttivo centrale dell’Anm non ha accolto la sua richiesta di essere sentito. Fa ricorso. L’assemblea viene fissata per il 19 settembre. Ma il sindacato dei giudici conferma il verdetto ed espelle definitivamente Palamara. Intanto al Csm va avanti il processo disciplinare che dovrebbe concludersi in tempi molto stretti e potrebbe anche comportare la sua radiazione dall’ordine giudiziario. Dalla procura generale della Cassazione, retta da Giovanni Salvi, si lavora ad altre azioni disciplinari oltre alla decina già contestata.

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