Scandalo Banca Etruria, il vizietto del procuratore smemorato (Roberto Rossi)

Il titolare della procura di Arezzo ha omesso di dire in Commissione che Boschi sr è indagato per “falso in prospetto”. Lo aveva già fatto davanti al Csm un anno e mezzo fa.

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E’ uno stile preciso del procuratore. Un vizietto, sarebbe il caso di dire. Rossi finì davanti al Csm nel dicembre 2015 per valutare se ci fossero conflitti di interesse tra l’indagine avviata sul dissesto di Banca Etruria. Era emerso infatti che il procuratore aveva nel novembre 2013 (governo Letta) una consulenza  a palazzo Chigi proseguita per pochi mesi anche mentre Maria Elena Boschi era ministro. In quell’occasione gli fu chiesto se avesse rapporti di conoscenza con la famiglia Boschi. Il procuratore disse di no. E solo dopo venne fuori che invece Rossi, prima sostituto e poi procuratore ad Arezzo dal 2014, aveva indagato altre due volte su Pier Luigi Boschi: per la compravendita della Fattoria La Dornafinita con un’archiviazione; e poi per “dichiarazione infedele”, filone anche questo che si chiuse nell’aprile 2014 quando l’Agenzia delle Entrate fece pagare a Boschi “i maggiori imponibili in capo alla Fattoria di Dorna”, 38.576 euro di Irpef e 814 euro di addizionale regionale.Dove si dimostra che le commissioni d’inchiesta parlamentari, quando ci sono indagini in corso, sono ad alto rischio strumentalizzazione”. A palazzo dei Marescialli, sede del Csm, dove ancora è aperto un fascicolo per una casa di campagna avuta senza pagare l’affitto, non sono ancora arrivate richieste di verificare eventuali profili del procuratore di Arezzo Roberto Rossi. “Se dovessero arrivare, valuteremo il dà farsi” si spiega. Ma la sensazione è che si sia davanti ad una tempesta in un bicchier d’acqua. Se in Commissione, giovedì scorso, la domanda specifica su Pier Luigi Boschi e il suo eventuale coinvolgimento nel filone d’inchiesta che riguarda il cosiddetto “prospetto informativo 2013 sui profili di rischio per i risparmiatori delle obbligazioni subordinate” non è stata fatta, il procuratore non era tenuto a rivelare che Boschi è indagato. Avrebbe potuto farlo, chiedendo di secretare l’audizione, ma non era obbligato a farlo.

Dove si dimostra che le commissioni d’inchiesta parlamentari, quando ci sono indagini in corso, sono ad alto rischio strumentalizzazione”. A palazzo dei Marescialli, sede del Csm, dove ancora è aperto un fascicolo per una casa di campagna avuta senza pagare l’affitto, non sono ancora arrivate richieste di verificare eventuali profili del procuratore di Arezzo Roberto Rossi. “Se dovessero arrivare, valuteremo il dà farsi” si spiega. Ma la sensazione è che si sia davanti ad una tempesta in un bicchier d’acqua. Se in Commissione, giovedì scorso, la domanda specifica su Pier Luigi Boschi e il suo eventuale coinvolgimento nel filone d’inchiesta che riguarda il cosiddetto “prospetto informativo 2013 sui profili di rischio per i risparmiatori delle obbligazioni subordinate” non è stata fatta, il procuratore non era tenuto a rivelare che Boschi è indagato. Avrebbe potuto farlo, chiedendo di secretare l’audizione, ma non era obbligato a farlo.

E’ uno stile preciso del procuratore. Un vizietto, sarebbe il caso di dire. Rossi finì davanti al Csm nel dicembre 2015 per valutare se ci fossero conflitti di interesse tra l’indagine avviata sul dissesto di Banca Etruria. Era emerso infatti che il procuratore aveva nel novembre 2013 (governo Letta) una consulenza  a palazzo Chigi proseguita per pochi mesi anche mentre Maria Elena Boschi era ministro. In quell’occasione gli fu chiesto se avesse rapporti di conoscenza con la famiglia Boschi. Il procuratore disse di no. E solo dopo venne fuori che invece Rossi, prima sostituto e poi procuratore ad Arezzo dal 2014, aveva indagato altre due volte su Pier Luigi Boschi: per la compravendita della Fattoria La Dornafinita con un’archiviazione; e poi per “dichiarazione infedele”, filone anche questo che si chiuse nell’aprile 2014 quando l’Agenzia delle Entrate fece pagare a Boschi “i maggiori imponibili in capo alla Fattoria di Dorna”, 38.576 euro di Irpef e 814 euro di addizionale regionale.

Dunque, anche allora Rossi omise dettagli importanti ma non rilevanti (le inchieste erano state archiviate e indagare una persona non vuol dire conoscerla o averci rapporti) davanti al Csm e certo non mentì. Il fascicolo su Banca Etruria rimase infatti saldamente sulla scrivania del procuratore che, generoso o meno di dettagli, dimostrava di non fare sconti alla famiglia Boschi. 

La storia si ripete oggi. Ed è nuovamente bufera, politica più che giudiziaria. Nel corto circuito mediatico che sempre investe il caso Banca Etruria (l’istituto di credito toscano è fallito nel novembre 2015 mangiandosi circa 300 milioni di 35 mila correntisti in parte risarciti dal governo), per raccontare cosa è successo convieneaggrapparsi ai fatti, così come sono avvenuti.

L’audizione

Giovedì scorso il procuratore Rossi Roberto viene sentito in Commissione parlamentare che indaga sul crac di sette banche. Di quelle quattro ore di audizione restano tre questioni: 1) Bankitalianon ha vigilato come avrebbe dovuto e anzi aveva caldeggiato la fusione tra il 2014 e il 2015 con Popolare Vicenza (un’altra banca fallita) il cui dissesto era però in condizioni assai peggiori di Etruria; 2)Pier Luigi Boschi non era indagato per bancarotta perché non aveva firmato prestiti che sono stati alla base della bancarotta; 3) Boschi senior è entrato nel cda della banca nel 2011 senza deleghe, è diventato vicepresidente nel marzo 2014 ma i finanziamenti allegri, quelli che hanno minato la solidità della banca sono avvenuti tra il 2008 e il 2010. 

Da ora in poi, nel racconto, occorre stare alle parole usate dal procuratore e che sono state registrate. L’audizione è stata più volte secretata. Quando a Rossi è stato chiesto perché Boschi sr“non è stato rinviato a giudizio per bancarotta”, il procuratore ha risposto che non fu lui, che neppure era nel cda, a firmare le operazioni avventate. Ma disse anche che “non essere imputati non significa non essere indagati in altri procedimenti”. Fissate bene questa frase.

Boschi indagato 

Il quotidiano La Verità domenica scrive invece che Boschi sr è indagato per “falso in prospetto”. L’indagine è proprio di Rossi che ha aperto un fascicolo sulle obbligazioni di Banca Etruria ritenute rischiose e che sarebbero state vendute ai clienti non adeguatamente informati, attraverso i prospetti, dei rischi di quell’investimento. La Consob infatti ha già multato Boschi per circa 40 mila euro. 

La lettera del procuratore

Arriva a metà pomeriggio al presidente Casini che la gira, in via riservata ai membri della Commssione. Il testo è, ovviamente, pubblico dopo pochi minuti. “Non ho nascosto nulla circa la posizione del consigliere Pierluigi Boschi in relazione alle domande che mi venivano poste – scrive il procuratore – Ho anzi chiarito e ribadito che la sua esclusione riguardava il processo per bancarotta attualmente in corso mentre per gli altri procedimenti, a domanda, ho precisato che non essere imputati non significava non essere indagati. Null’altro mi è stato chiesto in merito”. Il procuratore definisce “gravemente offensive” le accuse ricevute visto che “ho risposto a tutte le domande che mi sono state formulate senza alcuna reticenza o omissione”. Il procuratore ha allegato il file con il verbale dell’audizione e le risposte fornite sul punto al deputato M5S Alessio Villarosa. 

Domattina l’ufficio di presidenza della Commissione si occuperà del caso. Brunetta sembra sulle barricate. Il Presidente Casini ha detto che, “per quello che mi riguarda ho già avuto le risposte che mi servivano”. E comunque decideranno domani il dà farsi. 

Opposizioni all’attacco

Così come il Pd esultò giovedì scorso chiedendo le scuse da chi in questi anni li ha attaccati su Etruria quasi fosse l’unico male del paese, oggi vanno a nozze 5 Stelle e opposizioni varie. Il senatore Augello di centrodestra (Idea) è stato tra i più attenti a mettere a nudo il pasticcio e oggi tra i più duri: “Rossi ha chiesto che la lettera rimanesse riservata perché ha ancora il senso del ridicolo”. Il Pd mette in campo i membri in commissione, da Mirabelli a Vazio, da Esposito al tesoriere Stefano Bonifazi. Si difende il procuratore (“nessuno di noi, meno che mai i 5 Stelle hanno fatto una domanda specifica su questo filone di indagine”) e si attacca chi “continua ad attaccare Banca Etruria per colpire la famiglia Boschi senza ragionare su quanto è successo nel sistema di credito italiano in questi anni”. 

Il post di Maria Elena 

In serata il sottosegretario Boschi affida a Facebook la sua amarezza, “da due anni questa vicenda viene usata per attaccare me e il Pd”. “Nessuno – si legge sul post – può negare che il Pd ha commissariato l’istituto e che abbiamo lottato contro il sistema sbagliato delle vecchie Banche popolari. Si utilizza la vicenda Banca Etruria per mettere in secondo piano le vere vicende, complicate, del sistema bancario italiano. Chi ha sbagliato ad Arezzo ha pagato e pagherà.. Io penso che sarebbe più giusto farechiarezza sugli errori fatti da tanti per non sbagliare più”. Ma Banca Etruria è un ventilatore troppo prezioso e utile per essere messo a tacere durante la campagna elettorale. La Commissione in chiusura di legislatura, difficilmente avrà l’autorevolezza di essere arbitro. E con questo il Pd deve fare i conti. 

Rif: https://notizie.tiscali.it/politica/articoli/scandalo-etruria-pm-vizietto/

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