
U na fucilazione senza processo, come si faceva quando al fronte si decimavano ai soldati. E anche l’imputato per cui ieri davanti al Csm viene chiesto il massimo della pena, davanti al plotone in fondo c’è finito per caso, come gli alpini del Carso: perché se invece del suo telefono avessero intercettato quello di un altro capocorrente della magistratura, si sarebbero scoperte le stesse cose.
Ma tant’è. Per Luca Palamara, ex leader di Unicost e ex membro del Consiglio superiore della magistratura, ieri la Procura generale della Cassazione chiede la rimozione dall’ordine giudiziario, la più grave tra le sanzioni previste dall’ordinamento. Se oggi la sezione disciplinare del Csm accetterà la richiesta del suo accusatore, Palamara dovrà restituire la toga indossata il 22 aprile 1996 e cercarsi un altro lavoro. Questo al termine di un processo inesistente, in cui il Csm si è rifiutato di ascoltare i testimoni indicati dalla difesa dell’accusato. E dove tra i giudici che emetteranno la sentenza c’è anche uno dei testimoni che Palamara aveva indicato, quel Piercamillo Davigo con cui si incontrava e che in Csm votò come Palamara desiderava sulla scelta più importante di tutti, la nomina del nuovo procuratore di Roma.