Palamara, longa manus nel Csm: tangenti per nomine e dossieraggi sui pm “nemici”

Era bastato un anello da 2mila euro e qualche viaggio in giro per il mondo, per «danneggiare» la credibilità professionale del pm di Siracusa Marco Bisogni, “colpevole” di essersi messo contro gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore e il faccendiere Fabrizio Centofanti, grandi orchestratori della compravendita di sentenze nel Consiglio di Stato.

Il pm Luca Palamara, ex consigliere del Csm, era diventato la presunta longa manus di un «sistema di potere» penetrato all’interno dell’organo di autogoverno della magistratura, al punto da veicolare le nomine con tangenti da 40mila euro e infangare gli altri magistrati che avevano individuato suoi contatti «illeciti», come il caso del procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo.

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Longa manus criminale nel Csm
Sono gli atti dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Perugia a restituire retroscena agghiaccianti del potere di penetrazione «criminale» che ci sarebbe stato all’interno del Consiglio superiore della magistratura, anche attraverso il consigliere indagato Luigi Spina. La lettura dei capi d’imputazione delinea un presunto asservimento di Palamara agli interessi del trio Amara-Colafiore-Centofanti, che negli anni avevano sviluppato rapporti di alto livello con la magistratura. Il Sole24Ore ha già avuto modo di illustrare il “sistema Cosmec”, l’associazione culturale presieduta da Centofanti, attraverso cui erano organizzati convegni giuridici. Una struttura che, secondo gli inquirenti, aveva lo scopo di tenere stretti i rapporti «con il mondo della magistratura e della politica» ma anche di pagare tangenti. Con Cosmec collaborava Palamara, ma anche l’ex presidente della IV sezione del Consiglio di Stato Riccardo Virgilio, accusato dai pm di Roma di aver intascato mazzette da Amara e Calafiore per veicolare procedimenti amministrativi. 

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Plurime e reiterate dazioni
Ed è proprio nell’ambito dell’inchiesta sul giudice Virgilio che gli inquirenti capitolini individuano rapporti tra Palamara e Centofanti che, all’epoca dei fatti, apparivano solo equivoci. A parlare di questi contatti è stato Calafiore, che «nel corso di molteplici audizioni – si legge negli atti – lambiva più volte il rapporto di amicizia e conoscenza in essere tra Centofanti e Palamara». Un dato poi suffragato da prove documentali: gli investigatori hanno individuato, infatti, «plurime e reiterate dazioni di utilità dal 2011 al 2017 in favore di Palamara». Ed è per questo che nell’estate del 2018 il procuratore aggiunto Paolo Ielo dispone la trasmissione degli atti alla Procura di Perugia, competente a indagare sui magistrati della Capitale. 

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Screditare il pm. Le conversazioni con Lotti e Ferri
D’un tratto Ielo diventa il nemico. L’obiettivo principale era di screditarlo, in quanto avendo individuato i suoi rapporti con gli indagati nell’inchiesta sul Consiglio di Stato, aveva inviato gli atti alla Procura di Perugia. Ed è in questo contesto «illeciti» che gli inquirenti scoprono sospette macchinazioni per infangare il magistrato. Operazioni basate su un esposto fatto al Csm dal sostituto procuratore Stefano Fava, che accusava sia l’ex procuratore capo Giuseppe Pignatone sia Ielo di «anomalie» nella gestione dell’indagine sul Consiglio di Stato. «Siccome un angelo custode ce l’ho io… sei spuntato te, m’è spuntato Stefano che è il mio amico storico…» dice Palamara in una intercettazione con Spina. Secondo i pm, il magistrato voleva utilizzare l’esposto presentato da Fava come «strumento per screditare il procuratore aggiunto che ha disposto, all’epoca, la trasmissione degli atti a Perugia». Al punto che della vicenda ne parla anche in una intercettazione ambientale in cui sono finiti due parlamentari, Luca Lotti e Cosimo Ferri. «Avrai la tua rivincita su chi ti sta fottendo», dice in una conversazione Spina a un Palamara agguerrito, pronto a ogni cosa pur di colpire chi lo aveva fatto finire sotto inchiesta. Nel registro degli indagati è finito anche lo stesso pm Fava. Secondo i magistrati di Perugia, il pm «violando i doveri inerenti la sua funzione», avrebbe «comunicato a Palamara (…) come gli inquirenti fossero giunti a lui, specificandogli che gli accertamenti erano partiti dalla carte di credito di Fabrizio Centofanti». 

La nomina di Longo e lo stop di Mattarella
Ma veniamo agli altri capi d’imputazione. Palamara, quale componente del Csm, «riceveva da Calafiore e Amara (…) la somma pari a 40mila euro per compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio, ovvero agevolare e favorire» la nomina del pm Giancarlo Longo «nell’ambito della procedura del procuratore di Gela alla quale aveva preso parte Longo». Questi è l’ex pm di Siracusa, arrestato su mandato della Procura di Messina per associazione per delinquere, falso e corruzione in merito alla gestione «illecita» di procedimenti penali di interesse di Amara e dell’avvocato Giuseppe Colafiore. Stando all’interrogatorio dello stesso Longo, la sua nomina sarebbe stata bloccata dopo l’intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Almeno questo è un aspetto che avrebbe riferito Palamara.

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«Danneggiare il pm Bisogni»
Un’altra accusa riguarda il tentativo di «danneggiare» il pm Marco Bisogni della Procura di Siracusa. Stando all’imputazione Palamara «quale consigliere del Csm» riceveva «varie e reiterate utilità da Centofanti consistenti in viaggi e vacanze a suo beneficio e a beneficio di familiari e conoscenti, ed anche un anello non meglio individuato, del valore pari a euro 2mila, in favore dell’amica Adele Attisani». Secondo le accuse dei pm di Perugia, Bisogni aveva indagato sull’avvocato Amara. Per questo il legale, assieme a Calafiore, aveva tentato più volte di farlo mettere sotto procedimento disciplinare dal procuratore generale di Catania, ma inutilmente. Così si rivolge a Palamara, che tenta di influire sul Csm, ma inutilmente.

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