Il Fatto: Etruria, M5S: “Inquietanti omissioni del pm Roberto Rossi su Boschi senior”. Lui: “Ho risposto alle domande”

Davanti alla commissione parlamentare di inchiesta il procuratore ha ricordato che il padre della sottosegretaria non è imputato per la bancarotta dell’istituto, fornendo al Pd l’assist per scaricare le colpe su Bankitalia. Ma non ha parlato dell’altro filone, quello sul falso in prospetto e l’accesso abusivo al credito, in cui è indagato. L’ex consulente del governo Renzi rischia di essere deferito al Csm. E per i renziani l’esultanza diventa boomerang.

Etruria, M5S: “Inquietanti omissioni del pm Rossi su Boschi senior”. Lui: “Ho risposto alle domande”

Rif: https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/12/04/banca-etruria-m5s-inquietante-lomissione-del-pm-rossi-su-boschi-senior-brunetta-va-audito-di-nuovo/4018395/

Il Giornale: Super scorta per il pm di Arezzo: “Rischia la pelle”

La questura aumenta il servizio di protezione per il magistrato che indaga su Etruria.

Che stia portando avanti delle indagini sconclusionate è un dato di fatto. Lo dimostra il viottolo che da due anni a questa parte ha fatto al Csm.


È anche per questo che il procuratore capo di Arezzo, Roberto Rossi, a suon di conflitti di interessi e di scandali, non gode di buona reputazione ad Arezzo e la stima nei suoi confronti è in picchiata. Per questo che la questura gli ha affibbiato una super scorta. In meno di un anno è passato dal girare per Arezzo con il solo autista della procura e la sua sgangherata Lancia Lybra color verdolino di almeno 15 anni di vita, ad avere attorno a sé uno stuolo di militari, poliziotti e carabinieri che quasi nemmeno un capo di Stato. Solo per fare un esempio, venerdì scorso Rossi era stato invitato all’hotel Etrusco per un convegno formativo dell’ordine degli avvocati di Arezzo dal titolo «Il processo mediatico», tema che evidentemente lo appassiona in questo periodo della sua vita professionale.

Eccolo qua, il paladino della guerra allo strapotere bancario. A fargli da scorta c’erano almeno sei poliziotti in tenuta antisommossa su un blindato del reparto mobile e in appoggio una pattuglia dei carabinieri con a bordo due militari. «Hanno paura che lo facciano fuori», bisbigliano ad Arezzo. Del resto il titolare dell’inchiesta sul crac di Banca Etruria, non è tra le persone più amate. Mite, calmo, riservato, ma molto ambizioso, è arrivato in città nel lontano 1998, ma nessuno si era accorto di lui fino al caso Etruria/Boschi che gli sta portando più grane che gloria.

Del resto le sue continue amnesie su papà Boschi, le tante contraddizioni e i paventati conflitti di interesse non gli hanno giovato. Nel 2010 aveva già indagato Pier Luigi Boschi per la compravendita sospetta di una fattoria in provincia di Arezzo. Ma non disse nulla al Csm. È stato consulente tecnico per il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi dei governi Letta e Renzi. Ma non lo disse al Csm. Giurò di non conoscere la famiglia Boschi, ma apparvero foto di lui con Maria Elena, ad un convegno ad Arezzo. In audizione davanti alla commissione banche ha minimizzato sulla posizione di Boschi senior lasciando intendere che le indagini sul suo conto fossero terminate. Ma non era vero. Fino alla presunta garçonnière del magistrato dove portava le sue amiche. Direi che la super scorta ora è sacrosanta.

Etruria, le tante amnesie del pm Roberto Rossi sulla Boschi family

C’è chi vuole risentirlo nella commissione d’inchiesta sulle banche, come il capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta. Chi invece vuole chiudere per sempre la pratica su Banca Etruria, come il vice presidente del Partito democratico Mauro Maria Marino, che annuncia che non verrà ascoltato Federico Ghizzoni (ma la decisione per stabilire il calendario delle audizioni, anche quella dell’ex numero uno di Unicredit, è prevista per il 6 dicembre). C’è chi infine sta preparando una relazione da portare al Consiglio superiore della magistratura per un nuovo procedimento di incompatibilità: a questo ci sta pensando il senatore di Idea Andrea Augello perché al momento al Csm non è ancora arrivato nulla. Roberto Rossi, procuratore capo di Arezzo, è di nuovo nell’occhio del ciclone come nel 2015, quando l’istituto di credito dove era vice presidente Pier Luigi Boschi, padre del sottosegretario Maria Elena, fu commissariato dal ministero dell’Economia e dalla Banca d’Italia.

MOLTO ATTIVO IN POLITICA. Rossi è un magistrato molto impegnato politicamente. Fu membro della giunta dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) tra il 2007 e il 2008, durante la presidenza di Simone Luerti, storico leader di Unicost, travolto dall’inchiesta Why Not di Luigi De Magistris: Luerti si dimise dopo pochi mesi per lasciare il posto a Luca Palamara. In sostanza Rossi non è un magistrato qualunque: lo definiscono ambizioso, forse un po’ timido, ma comunque attento a quello che dice.

GIÀ ACCUSATO DI RETICENZA. Eppure proprio come allora, era la fine del 2015, il magistrato aretino si ritrovò a difendersi, questa volta a Palazzo dei Marescialli, dalle accuse di reticenza o di presunte amnesie sempre su papà Boschi. Le insinuazioni erano le stesse: sta proteggendo il padre dell’ex ministro per le Riforme? Ne nacque un dibattito acceso che durò fino all’estate del 2016 con una semi archiviazione da parte della prima commissione del Csm (quella che si occupa delle presunte incompatibilità ambientali) e con il rinvio degli atti alla procura generale della Cassazione dove il fascicolo si è probabilmente perso sulla scrivania del procuratore generale Pasquale Ciccolo, in scadenza di mandato a fine anno: non si hanno più notizie di quella pratica.
Di sicuro nel 2015 il problema era più evidente. Rossi infatti dal 2013 (governo di Enrico Letta) era stato assunto come consulente di Palazzo Chigi «nell’ambito del dipartimento per gli Affari giuridici e legislativi». Poi rinnovò altri due anni con il governo Renzi, nel pieno delle inchieste su Banca Etruria, quando la procura indagava proprio su Boschi. Ne venne fuori una polemica infuocata sempre legata al Giglio magico renziano.

CONSULENZA RETRIBUITA O NO? Del resto Rossi si ritrovò a collaborare con l’ufficio giuridico diretto da Antonella Manzione, vicinissima anche all’attuale ministro per lo Sport Luca Lotti, ma soprattutto ex capo dei vigili di Firenze, quando era sindaco Renzi. Allo stesso tempo proprio in prima commissione rispose spesso in un modo – soprattutto secondo il consigliere laico Pierantonio Zanetti – “ambiguo”, per poi precisare di nuovo nelle settimane successive, come del resto è accaduto questa volta nella commissione d’inchiesta sulle banche. Anche allora sfuggirono dei dettagli, per esempio sul fatto che il contratto di consulenza fosse retribuito o meno, oppure di aver conosciuto in passato la famiglia Boschi.

CONTRADDIZIONI SUL “COMITATO OMBRA”. In ogni caso non è la prima volta che Rossi si ritrova a dover fare precisazioni. Il 28 dicembre 2015 fu proprio Zanettin a domandare in prima commissione al Csm se Boschi senior faceva parte del cosiddetto “comitato ombra” dell’istituto di credito. Il procuratore rispose di no. Peccato che la volta successiva, di fronte a una relazione di Bankitalia che diceva il contrario, «ha dovuto precisare che in realtà era componente di una commissione consigliare informale», ha ribadito proprio Zanettin in un’intervista a il Giornale.

DISSE DI NON CONOSCERE I BOSCHI. Non solo. Sempre quel 28 dicembre Rossi disse di fronte al Csm di non conoscere nessuno della famiglia Boschi, ma riconvocato per la terza volta ammise di aver indagato in passato sul padre dell’ex ministro delle Riforme. Stranezze, verrebbe da dire. Anche se poi si disse che nessuno gli aveva domandato esplicitamente se aveva indagato su di lui.

In ogni caso durante quella audizione al Csm Rossi si dimenticò di ben 10 procedimenti giudiziari a carico di papà Boschi, dal 2010 al 2015, tutti nella procura di Arezzo. Erano indagini di natura fiscale, più una di estorsione per la vicenda dlla Fattoria di Dorna. Di questi 10 quattro erano materialmente nelle mani di Rossi, sin dal 2010, quando il procuratore capo era Carlo Maria Scipio. Furono tutti archiviati. Non solo. In quei mesi concitati venne pure fuori un convegno sulla legalità il 31 ottobre del 2015, proprio ad Arezzo, dove erano presenti il ministro Boschi e lo stesso procuratore Rossi. A precisa domanda spiegò che non si trattava di un incontro istituzionale e non pensava di compromettersi.

PRATICA SPARTITA AL CSM. In quest’ultimo anno, poi, c’è stata l’ennesima stranezza al Csm. Durante la presidenza di Giuseppe Fanfani, già esponente del Pd e avvocato di Banca Etruria, in prima commissione una pratica carico del procuratore di Arezzo è praticamente scomparsa. Si tratta di quella relativa a un presunto appartamento o garçonnière, che avrebbe avuto a disposizione il magistrato, coinvolto come parte offesa in un processo a carico di Antonio Incitti, poliziotto un tempo in servizio presso la squadra di polizia giudiziaria della procura di Arezzo, accusato di induzione alla corruzione. Proprio il 5 dicembre Rossi era in procura di Genova per essere ascoltato dai magistrati. Si spera, questa volta, non ci sia bisogno di precisazioni nei prossimi giorni.
Rif: https://www.lettera43.it/rossi-boschi-banca-etruria/

Il Giornale: Il pm della garçonnière adesso rischia grosso: trasferimento o sanzioni

L’incompatibilità pende sulla toga di Etruria Tra le ipotesi del Csm la misura disciplinare.

Dall’altra un processo vero e proprio di natura disciplinare, sempre nell’austera cornice di Palazzo dei Marescialli.

Solo ipotesi, al momento, certezze non ce ne sono, si lavora ancora sottotraccia sul caso Rossi. Il procuratore della repubblica di Arezzo, come documentato dal Giornale, è al centro di una vicenda spinosa: fra il 2010 e il 2011 ebbe la disponibilità di un appartamento nei dintorni di Arezzo che frequentava con le sue amiche. Non solo. Roberto Rossi, 57 anni, il magistrato più in vista della città toscana, oggi titolare della delicatissima inchiesta su Etruria, non avrebbe mai pagato un euro: né affitto, né spese condominiali e bollette. Niente di niente, finché, anche su pressione dei condomini stufi di quell’andirivieni di ragazze, quei locali furono sfilati al magistrato e messi sul mercato da Italcasa Costruzioni, la società proprietaria dell’immobile.

Una situazione che invece non dovrebbe avere conseguenze sul piano penale: l’indagine infinita della procura di Genova, al lavoro da oltre quattro anni, si avvia lentamente verso l’epilogo. Ma Genova si è concentrata su un altro episodio e su un’altra persona: la concussione da 50mila euro che l’ex poliziotto Antonio Incitti, per un certo periodo braccio destro di Rossi, avrebbe compiuto ai danni di un imprenditore, Stefano Fabbriciani.

Per Genova la storia dell’appartamento è vera ma marginale, anzi irrilevante col metro del codice. Per spremere denaro Incitti avrebbe invece millantato fantomatiche coperture e inesistenti scambi di favore con i vertici della procura, distorcendo la realtà e sporcando il nome del capo dell’ufficio. La procura di Genova, a dispetto del tempo passato, non ha ancora ascoltato alcuni dei protagonisti di quella storia, ma il quadro non cambia: per Rossi si intravede all’orizzonte l’archiviazione e la storia della garçonnière resta sullo sfondo.

Al Csm però la vicenda non è affatto chiusa. E ci si sta muovendo in due direzioni, parallele almeno in questa fase. La prima commissione, letti gli articoli del Giornale, potrebbe aprire una pratica per valutare l’ipotesi del trasferimento: Rossi non potrebbe più rimanere in una città troppo piccola per i troppi spifferi. In contemporanea si cerca di capire se negli interminabili rimpalli di una storia che si trascina da troppo tempo fra Arezzo, Genova e Roma, sia stata creata una cartellina e iniziato un procedimento disciplinare sull’abitazione di Poggio Fabbrelli. Sfumature tecniche. Distinzioni forse noiose per chi non conosce l’ambiente ovattato di Palazzo dei Marescialli. Ma queste considerazioni sono un termometro che misura l’interesse dell’organo di autogoverno della magistratura per le rivelazioni del Giornale. E il desiderio, pur con tutta la prudenza necessaria, di chiarire una volta per tutte quel che molti in città raccontavano con un filo di voce.

Rossi intanto annuncia querela e sottolinea il tentativo di screditarlo, a suo giudizio, nel momento sensibilissimo in cui si è appena chiusa l’indagine su Etruria.

Il Giornale: Tra i guai del pm di Arezzo spunta pure una garçonnière

Rossi usava un appartamento finito in un’inchiesta. I vicini: “Quell’andirivieni di ragazze era fastidioso”.

Una storia andata avanti a lungo, un anno e mezzo circa fra il 2010 e il 2011, tanto che alcuni condomini si erano lamentati con gli amministratori della società proprietaria della casa. «Quell’andirivieni di ragazze non ci andava a genio», racconta al Giornale Emiliano, uno dei sedici abitanti del complesso residenziale di Poggio Fabbrelli, alle porte di Arezzo. «Noi volevamo tranquillità e invece Rossi arrivava per primo, poi le sue amiche, una in particolare a bordo di una Mercedes». Elisabetta, che abita al piano terra, elabora immagini più defilate: «Ho capito che era il procuratore di Arezzo perché avevo visto le sue foto sui giornali. Ma ho in mente solo incontri fugaci sul camminamento di cotto affacciato sulla valle: Buongiorno e buonasera, nient’altro». Anzi, discrezione e silenzio.

La garçonièrre del magistrato era un argomento di dominio pubblico o quasi. E a suo tempo è finita dentro un fascicolo molto più corposo che da Arezzo è partito per Genova, competente ad indagare sui reati commessi o subiti dalle toghe toscane. L’interminabile, lunghissima inchiesta del pm genovese Francesco Pinto, una delle colonne portanti di Magistratura democratica in Liguria, viaggia verso l’archiviazione per Rossi il cui nome sarebbe stato speso a sua insaputa da un poliziotto infedele, Antonio Incitti, all’epoca braccio destro del procuratore, per spremere 50mila euro a un imprenditore.

Ma la vicenda di Poggio Fabbrelli resta un episodio sconcertante, da valutare attentamente sul piano disciplinare anche perché nel periodo in questione Rossi, che aveva le chiavi di quell’abitazione, non avrebbe mai pagato le spese condominiali, il canone d’affitto e neppure le bollette delle utenze. Un conto di alcune migliaia di euro. Una cifra saldata dagli amministratori della Italcasa Costruzioni srl, Paolo Casalini e Marta Massai, in quei mesi casualmente fidanzata di Antonio Incitti. Prima, naturalmente, di rompere fragorosamente quell’unione e di correre a denunciare quel torbido groviglio di rapporti, favori, scelte orientate, scoperti dal Giornale.

Rossi nei mesi scorsi è stato al centro di una lunga querelle davanti al Csm perché non avrebbe segnalato il potenziale conflitto di interessi fra la sua consulenza ai Governi Letta e Renzi e l’indagine su Etruria, ai cui vertici c’era il padre del ministro Maria Elena Boschi.

Non si sa invece se il Csm abbia mai affrontato quest’altro capitolo assai più imbarazzante: un magistrato deve maneggiare con estrema cautela tutti i rapporti e deve tutelare in ogni modo la propria onorabilità, evitando anche solo l’ombra di possibili ricatti e voci velenose. Quel che accadeva invece alle porte di Arezzo era noto a un grappolo di persone e nella primavera del 2012, quando la coppia Incitti-Massai andò in pezzi, entrò nei verbali raccolti dagli agenti della polizia aretina. Non è chiaro se la procura generale di Firenze abbia esercitato l’azione disciplinare, peraltro facoltativa e non obbligatoria, e se la relativa pratica sia mai giunta a Roma, a Palazzo dei Marescialli, e sia stata messa in stand by o archiviata.

Certo nel 2012 Casalini e Massai raccontano che Incitti ha chiesto loro un appartamento per il «capo» e aggiungono di essere stati loro a pagare tutto quello che c’era da pagare. Finché i mugugni di qualche condomino e l’opportunità di affittare finalmente quei novanta metri quadri non li hanno convinti, alla fine del 2011, a chiudere il rapporto con quel personaggio ingombrante. Che intanto ha fatto carriera, nel 2014 è diventato formalmente il procuratore della Repubblica, ha condotto la delicatissima indagine sul disastro della banca che ha portato via i risparmi di migliaia di italiani.

Rif: http://www.ilgiornale.it/news/politica/i-guai-pm-arezzo-spunta-pure-gar-onni-re-1334481.html

Huffington: Un testimone perfetto. Il procuratore Roberto Rossi fornisce un doppio assist a Matteo Renzi su Banca Etruria

Il capo della Procura di Arezzo Roberto Rossi ridimensiona il ruolo di papà Boschi e getta ombre sul comportamento di Bankitalia.

Nel quadro Pierluigi Boschi finisce sullo sfondo, Bankitalia in primo piano. Davanti alla commissione d’inchiesta sui crac bancari, la ricostruzione del caso Banca Etruria fornita dal procuratore di Arezzo, Roberto Rossi, fornisce un doppio assist al Pd renziano, ridimensionando il ruolo di papà Boschi nella vicenda e gettando invece ombre sulle strane pressioni che Banca d’Italia fece per un matrimonio fra Banca Etruria e Popolare di Vicenza. Dai banchi dell’opposizione, però, si ritiene che le ombre siano invece sulla figura del procuratore, sospettato di conflitto di interessi.

Rif:https://www.huffingtonpost.it/2017/11/30/banca-etruria-il-pm-di-arezzo-strano-incentivare-la-fusione-con-la-popolare-di-vicenza_a_23292726/

I candidati a Capo alla Procura di Perugia

C’è anche Raffaele Cantone Girano tante voci con veri o presunti papabili ma la partita è apertissima. Nella lista sono rappresentate tutte le correnti, da sinistra a destra. Tra gli aspiranti i nomi più gettonati sono quello di Francesco Prete (attuale capo a Velletri), Giuseppe Borrelli (guida la Dda di Napoli), Alessandro Cannevale (numero uno a Spoleto), Raffaele Cantone (il presidente di Anac è fuori ruolo dal 2014 ossia da quando Matteo Renzi lo ha nominato al vertice dell’anticorruzione), Giuseppe De Falco (procuratore di Frosinone) e Antonio D’Amato (aggiunto a Santa Maria Capua Vetere). I primi tre sono legati a Unicost, Cantone e De Falco ad Area, D’Amato invece a Magistratura indipendente.

Tutti gli altri nomi Gli altri pretendenti sono Antonio Guerriero (procuratore di Teramo), Laura Triassi (pm Potenza), Giovanni Rossi (procuratore capo dei minori di Perugia), Roberto Rossi (capo ad Arezzo, in carriera si è occupato di inchieste su Banca Etruria), Alessandro Mancini (capo a Ravenna, fratello di Marco, ex numero due del Sismi all’epoca di Pollari), Lino Giorgio Bruno (aggiunto a Bari), Francesca Romana Pirrelli (aggiunto a Foggia), Paolo Micheli (consigliere di Cassazione), Stefano Pesci (sostituto a Roma), Luca Masini (procuratore capo reggente a Salerno), Alberto Liguori (capo di Terni), Carmelo Emilio Amelio (pm a Roma), Calogero Gaetano Paci (aggiunto a Reggio Calabria) e Catello Maresca (il pm di Napoli vive sotto scorta dal 2007 e in carriera ha arrestato il superlatitante Michele Zagaria).

Rif: http://www.umbria24.it/cronaca/perugia-venti-candidati-per-la-successione-di-de-ficchy-in-procura

Giornale di Brescia: Procuropoli, magistrati bresciani: «I coinvolti via dal Csm»

I magistrati bresciani si schierano contro i colleghi coinvolti nello scandalo che ha travolto il Consiglio superiore della magistratura. «Lascino il Csm i consiglieri che si sono autosospesi» è il messaggio che arriva al termine di una riunione fiume che si è tenuta nel pomeriggio di ieri a Palazzo di Giustizia. L’Anm di Brescia sposa così la linea nazionaledell’associazione magistrati. «Chi direttamente coinvolto nell’indagine di Perugia rassegni le immediate dimissioni dall’incarico istituzionale per il quale, evidentemente, non appare degno». Una presa di posizione che arriva dopo che da un’informativa della Guardia di Finanza si è saputo che nelle lunghe notti di trattative romane si parlava anche delle possibili pedine da spostare proprio a Brescia.

Palagiustizia, gli uffici giudiziari di via Lattanzio Gambara - © www.giornaledibrescia.it

Rif: https://www.giornaledibrescia.it/brescia-e-hinterland/procuropoli-magistrati-bresciani-i-coinvolti-via-dal-csm-1.3370798

Tiscali: Inchiesta Procure, ‘incontri in hotel per decidere le nomine’. Spunta anche Lotito. L’Anm chiede l dimissioni dei coinvolti

Vertici durante le cene o a casa: 7 giorni, dal 9 al 16 maggio, di “trattative per le nomine degli uffici giudiziari”, in particolare quelli di Roma, Perugia e Brescia.

Rif:https://notizie.tiscali.it/cronaca/articoli/bufera-procure-anm-dimisisoni/

Il Secolo: Caso Palamara, azzerare il Csm è ormai l’unica soluzione credibile

Più passano i giorni più le dimissioni dell’intero Csm sembrano l’unica, più logica e credibile soluzione. I veleni e i contorni sempre più cupi dello scandalo continuano ad intasare Palazzo dei Marescialli e inquietare la pubblica opinione. Che già di fiducia ne aveva poca nei togati.

Rif:https://www.secoloditalia.it/2019/06/inchiesta-csm-sempre-piu-evidente-la-necessita-di-azzerare-tutto/