«Frasi improprie sui vertici della polizia», ma il Csm archivia la pratica sul pm Zucca

Genova – L’accostamento fra i «torturatori» della polizia italiana durante il G8, e quelli dei Servizi egiziani che straziarono Giulio Regeni, è stato sì «inopportuno», ma non rappresenta un elemento d’incompatibilità ambientale e quindi non è necessario alcun trasferimento. Perciò il Csm (Consiglio superiore della magistratura) ha archiviato il procedimento disciplinare nei confronti di Enrico Zucca, oggi sostituto procuratore generale a Genova, per lungo tempo pubblico ministero e soprattutto pm nel processo sugli abusi compiuti dalle forze dell’ordine alla scuola Diaz dopo il vertice che si svolse nel capoluogo ligure a luglio 2001. Il Csm ha approvato a maggioranza la delibera della prima Commissione, con 14 voti a favore, 2 contrari e 7 astensioni: tra gli astenuti i togati di Area (cioè la corrente di sinistra, ed è uno degli elementi oggettivamente più sorprendenti) e Piercamillo Davigo. 

Le esternazioni al convegno con la famiglia Regeni
La frase incriminata, da cui era nata la pratica, è quella pronunciata durante un convegno di magistrati e avvocati sul caso Regeni (lo studioso italiano rapito e ucciso dai servizi segreti egiziani all’inizio del 2016. Zucca, in quell’occasione, compì un parallelismo con il caso del ricercatore: «I nostri torturatori sono ai vertici della polizia, come possiamo chiedere all’Egitto di consegnarci i loro torturatori?». Secondo la delibera del Csm, approvata con alcuni distinguo, «dette affermazioni, certo inopportune, specie in quanto tenute da un alto magistrato, in un convegno aperto a tutti gli operatori della giustizia, potenzialmente idonee a ingenerare un clima di generalizzata sfiducia nei confronti della Polizia di Stato e a indurre a un’inappropriata associazione fra la polizia egiziana e quella italiana, non hanno tuttavia determinato, all’attualità, una vera e propria incompatibilità ambientale del dottor Zucca in relazione ai rapporti coi colleghi, la polizia giudiziaria e gli avvocati». Questo ha accertato l’istruttoria, durante la quale sono stati ascoltati anche il procuratore generale di Genova, il questore e il presidente dell’ordine degli avvocati. Del caso si era inoltre occupata anche la procura generale della Cassazione, che ha archiviato il procedimento. Le polemiche con il capo della polizia
Il capo della polizia Franco Gabrielli, ai tempi, aveva definito le parole di Zucca «arditi parallelismi e infamanti accuse, che qualificano soltanto chi li proferisce», aggiungendo: «In nome di chi ha dato il sangue, di chi ha dato la vita, chiediamo rispetto». E però per il Consiglio superiore della magistratura quelle esternazioni, alla fine, non rappresentano una violazione da parte della toga.

Rif:https://www.ilsecoloxix.it/genova/2019/04/11/news/frasi-improprie-sui-vertici-della-polizia-ma-il-csm-archivia-la-pratica-sul-pm-zucca-1.30254141

Caso Palamara, è l’intero Csm che deve dimettersi: non esiste alternativa

Dimissioni irrevocabili dell’intero Csm. Non c’è altro da fare. Se l’organo di autogoverno della magistratura, nel suo insieme, vuol togliersi d’impaccio e dare un segnale di serietà agli italiani che leggono con crescente disgusto dei “veleni” della vicenda Palamara altro non ha da fare. La gravità del racconto è chiara. E non sta certo nelle pretese egemoniche delle diverse correnti dei giudici che si danno battaglia all’interno del Csm. Da sempre quelli cercano di mettere cappello sulle poltrone più ambite (Procure): gioco noto e comprensibile. Quel che è inconcepibile, quel che è davvero grave in tutto il sommarsi e dipanarsi di indagini e ipotesi, accuse e indiscrezioni, sono l’emergere di frequentazioni continuative con pezzi della politica e quelle, ancor più censurabili, con certi personaggi borderline, faccendieri emersi dal nulla (altro che porto delle nebbie!) e che però appaiono in grado di dettare e orientare, di fare e disfare a piacimento. Ecco perché il ConsiglioSuperiore della Magistratura non crediamo abbia altra strada che presentare, subito e nel suo insieme, le irrevocabili dimissioni. Controproducenti e inutili apparirebbero, infatti, agli occhi della pubblica opinione (parecchio nauseata) palliativi o furbate. Come la autosospensione dalle funzioni annunciata da tre suoi componenti. Non si tratta di prendere tempo e cincischiare, ma di mettere un punto e andare a capo. È già dura da spiegare al comune cittadino come mai, sulla stregua delle accuse formulate nelle inchieste in corso, gli indagati siano ancora bellamente a piede libero. Trattamento che a chiunque altro mortale, non magistrato, sarebbe negato. Impossibile trastullarsi, accomodandosi in panchina e aspettando che la bufera passi. Ne va di una credibilità già residua. Ci dicono sempre che i magistrati non devono solo essere, ma anche apparire imparziali. In questo caso sembra che invece qualcuno abbia pensato di essere tanto intoccabile quanto onnipotente. Ecco, adesso e subito!, rammentando la lezione di Calamandrei, è cosa buona e giusta che l’intero Csm rassegni nelle mani del Capo dello Stato le sue dimissioni. Irrevocabili.

Rif:https://www.secoloditalia.it/2019/06/caso-palamara-e-lintero-csm-che-deve-dimettersi-non-esiste-alternativa/

Csm, l’affondo del giudice Ayala: «Un verminaio destinato a venire alla luce»

Da tempo sono giunto alla conclusione che il Csm funziona male. Il Csm è un groviglio inestricabile di interessi di varia natura, da cui la magistratura non riesce a liberarsi: queste incrostazioni corporativistiche, correntizie e politiche provocano uno stato di paralisi nei rapporti con le istituzioni. Troppe volte il Csm è mancato all’appuntamento con decisioni importanti». Parole di Giovanni Falcone citate in un intervento sul Corriere della Sera di Giuseppe Ayala, vicepresidente della Fondazione Giovanni Falcone, in riferimento allo «tsunami tanto devastante» da cui è stato investito il Csm. Quindi Ayala commenta: «Le odierne vicende consiliari possono suscitare qualsivoglia sensazione tranne la sorpresa o lo stupore. Era scontato che, prima o dopo, il verminaio fosse destinato a venire alla luce. Mi sono sempre riconosciuto nei severi giudizi di cui sopra, sino a farli miei».

Ayala: «Le correnti dell’Anm sono macchine elettorali»

«Le correnti dell’Anm anche se, per fortuna, non tutte in egual misura – scrive il magistrato siciliano, citando ancora Falcone in un estratto della relazione pronunciata a Milano il 5 novembre 1988 – si sono trasformate in macchine elettorali per il Csm e quella occupazione delle istituzioni da parte dei partiti politici che è alla base della questione morale, si è puntualmente presentata in seno all’organo di autogoverno della magistratura, con note di pesantezza sconosciute anche in sede politica».

«Falcone, una vittima»

Ayala ricorda poi che «Falcone ne era stato vittima proprio nel gennaio di quell’anno, allorché la maggioranza dei membri del Csm gli impedì di andare a ricoprire l’incarico di capo dell’Ufficio istruzione di Palermo», una «scelta infausta» che decretò il progressivo sfaldamento del mitico “pool antimafia”, ricorda il magistrato siciliano, «grazie al cui lavoro lo Stato aveva ottenuto, per la prima volta, risultati davvero straordinari nel contrasto a Cosa Nostra. Basta ricordare il maxiprocesso del 1986-87 nel io 1988».

«Non esagerare con l’0riginalità»

Poi Ayala accenna a una delle proposte di riforma tornate in questi giorni agli onori della cronaca, quella dell’elezione a sorteggio dei membri del Csm: «A parte la assai dubbia costituzionalità della stessa, mi chiedo se esista qualcosa di simile nelle altre democrazie occidentali per determinare la composizione di un organo di rilevanza costituzionale. Penso proprio di no. E allora è meglio non esagerare con l’originalità e ponderare bene ogni intervento innovativo. In ogni caso mala tempora currunt. Il mio pensiero solidale – conclude – va al mio vecchio amico Sergio Mattarella. Settennio più complicato non poteva capitargli. Da semplice cittadino mi conforta pensare che forse, proprio grazie alla sua riconosciuta saggezza, riusciremo a evitare il disastro. Non sarà facile».

Rif: https://www.secoloditalia.it/2019/06/csm-laffondo-del-giudice-ayala-un-verminaio-destinato-a-venire-alla-luce/

Il vero scandalo del Csm: autosospesi e strapagati

Altro che linea dura. I quattro membri del Consiglio superiore della magistratura inciampati nelle intercettazioni del «caso Palamara», scoperti mentre partecipavano alle cene con Luca Lotti in cui si spartivano le poltrone degli uffici giudiziari, sono in questo momento «autosospesi» dal Csm. 

Cosa significhi in concreto è presto detto: sono pagati senza lavorare. Non partecipano ai lavori delle commissioni, non si presentano al plenum. Se ne stanno a casa loro. E a fine mese prendono lo stipendio.

Antonio Lepre, Corrado Cantoni, Paolo Criscuoli (di Magistratura Indipendente) e Gianluigi Morlini (di Unicost) hanno respinto bruscamente l’invito esplicito dell’Associazione nazionale magistrati e quello – altrettanto netto, anche se implicito – del Quirinale a dimettersi dal Csm per salvaguardare l’immagine dell’istituzione. Lo hanno fatto perché le dimissioni suonerebbero come una ammissione di colpevolezza, e i quattro rivendicano la propria innocenza, sostenendo che Luca Lotti – il plenipotenziario di Renzi sul fronte delle nomine – si materializzò a fine cena senza essere stato annunciato. «Siamo vittime di una caccia alle streghe», dice Criscuoli. Posizione legittima. Ma non è irrilevante il fatto che evitando di dimettersi i consiglieri continuano a prendere lo stipendio. Certo, prenderebbero lo stipendio ugualmente se si dimettessero, come ha fato il loro collega Luigi Spina, e tornassero negli uffici di provenienza. Ma in quel caso dovrebbero lavorare.

La «autosospensione» ha, economicamente parlando, una sola conseguenza: la perdita dei gettoni di presenza, che sono collegati alla partecipazione dei lavori e delle commissioni. Venalità a parte, la scelta dei quattro consiglieri solleva un tema rilevante: la sostanziale inamovibilità dei membri del Csm. Se l’organismo di autogoverno dei giudici si è trasformato nel corso degli anni in un potere irresponsabile, sottratto a qualunque controllo, è anche per questo. E dovrà farci i conti anche il presidente Mattarella, i cui propositi di «tolleranza zero» rischiano di andare a sbattere contro le garanzie di cui godono i membri del Consiglio.

Nella giornata di giovedì, davanti alle richieste di dimissioni che venivano dai magistrati di mezza Italia, è dovuta intervenire Alessandra Dal Moro, consigliere Csm di Magistratura democratica, con una mail indirizzata alla base. È un documento interessante, perché fa capire che o i diretti interessati scelgono di togliere il disturbo dimettendosi, o mandarli a casa è impossibile.

La Dal Moro spiega che la «autosospensione» è solo un termine giornalistico, e che per i quattro si tratta di «volontaria astensione dei consiglieri coinvolti dalle attività consiliari». Una effettiva sospensione dalla carica o una decadenza definitiva sarebbero possibili solo in cinque casi. Assai ardui (e in alcuni casi del tutto impossibili) da verificarsi.

Primo caso: il magistrato sottoposto a procedimento penale per un reato non colposo può essere sottoposto a «sospensione facoltativa», ma serve un voto del Plenum a scrutinio segreto e con una maggioranza dei due terzi: improbabile. Secondo caso, la sospensione automatica in caso di procedimento disciplinare con sospensione dalle funzioni o dallo stipendio: ipotesi impossibile, perché i membri del Csm non sono considerati in servizio attivo e quindi non possono essere sottoposti a procedimento disciplinare. Terzo caso: la decadenza in caso di condanna disciplinare a una sanzione più grave dell’ammonimento: vedi sopra. Quarto caso, la decadenza in caso di condanna penale irrevocabile: che, visti i tempi della giustizia, arriva solo quando il membro ha già finito il suo mandato.

Resta il quinto caso: sospensione se il consigliere finisce in galera. Vabbé, almeno in quel caso si può cacciarlo. Provvisoriamente.

Rif:http://www.ilgiornale.it/news/politica/vero-scandalo-csm-autosospesi-e-strapagati-1707741.html

Giudici, illegittimo licenziamento di funzionario arrestato in flagranza di corruzione

ANSA) – BOZEN, 6 JUN – L’ex direttore dell’ufficio edilizia dell’ospedale di Bolzano, Marco Facchini, non poteva venire licenziato in tronco dall’Azienda sanitaria. Lo ha deciso la giudice del lavoro di Bolzano, Francesca Muscetta, accogliendo il ricorso presentato dei legali di Facchini che venne licenziato senza preavviso il 20 marzo 2018, in seguito al suo arresto per corruzione, avvenuto il giorno precedente.


    Venne anche diffuso dagli inquirenti un video, girato dalle telecamere nascoste, in cui si vedeva Facchini nel suo ufficio ricevere una busta da un imprenditore: secondo l’accusa si trattava della prova del reato. La Asl licenziò in tronco Facchini, senza attendere il processo (l’udienza dal gup è in programma mercoledì prossimo). Secondo la giudice il licenziamento “deve ritenersi illegittimo per difetto di giusta causa”, poiché non venne garantito il diritto di difesa di Facchini. L’Asl è stata condannata a reintegrare Facchini nel posto di lavoro, ed a pagargli 46.160 euro, corrispondenti agli stipendi non incassati in questo periodo da Facchini. La Asl ha già annunciato ricorso. (ANSA).

Rif: http://www.ansa.it/trentino/notizie/2019/06/06/giudici-illegittimo-licenziamento-di-funzionario-arrestato_25def293-1b43-417b-9f5d-f7dc7dbbe675.html

Salvini,segnalare giudici politicizzati

(ANSA) – ROMA, 6 GIU – “Proprio per rispetto nei confronti del 99 per cento dei giudici che lavorano obiettivamente, è doveroso segnalare quei pochissimi che utilizzano la toga per fare politica non applicando le leggi approvate dal Parlamento italiano”. Lo dichiara in una nota Matteo Salvini, tornando sulle polemiche seguite alle sue parole.

 © ANSA

Rif: http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2019/06/06/salvinisegnalare-giudici-politicizzati_e21faec0-9b96-45c4-8875-701855755c66.html

Inchiesta giudici di Trani, Magistrato Savasta ammette le tangenti e inchioda Nardi: “Ero in un vortice”

Si è detto vittima del collega Michele Nardi ed ha ammesso di aver chiesto 300mila euro all’imprenditore di Corato Paolo Tarantini per archiviare un’indagine che era stata avviata solo per ottenere danaro. L’ex pm Antonio Savasta ha ammesso le proprie responsabilità nel giro di tangenti che ha condizionato l’amministrazione della giustizia negli uffici giudiziari di Trani e punta il dito contro il collega che lo avrebbe fatto finire nel vortice della corruzione.

Inchiesta giudici di Trani, Savasta ammette le tangenti e inchioda Nardi: "Ero in un vortice"

Per convincere Tarantini a pagare la mazzetta sarebbe stato addirittura realizzato un falso avviso di garanzia. “Era stato letteralmente spolpato” aveva detto l’ex pm durante gli interrogatori dei mesi scorsi al cospetto della pm Roberta Licci. E ancora: “Nardi mi disse di scrivere 300mila euro su un foglio e far avere la busta a Tarantini, io gliela feci arrivare”. Savasta ha ribadito che l’ex collega aveva un forte ascendente su di lui, che si conoscevano da molti anni e che, una volta entrati nel giro delle mazzette, avrebbe esercitato pressioni affinché il sistema non fosse messo in pericolo.

“È vero, ho commesso degli errori e me ne assumo la colpa”, ha detto. La confessione davanti al gip Giovanni Gallo è arrivata durante l’incidente probatorio, nello stesso giorno in cui il giudice ha fatto sapere che Savasta dovrà trascorrere altri tre mesi agli arresti domiciliari. Mentre Michele Nardi e il sovrintendente di polizia Vincenzo Di Chiaro passeranno l’intera estate in carcere, così come ha chiesto la procura di Lecce, che si appresta a chiudere la prima parte dell’inchiesta.

L’acquisizione delle dichiarazioni dell’imprenditore Flavio D’Introno, tramite l’incidente probatorio, ha già permesso di blindare la ricostruzione accusatoria del procuratore Leonardo Leone de Castris e della pm Roberta Licci, che per ora si concentrano su dodici indagati. Oltre a Nardi, Savasta e Di Chiaro, gli avvocati Simona Cuomo e Ruggero Sfrecola, l’immobiliarista Luigi Dagostino, l’ex pm di Trani Luigi Scimè, l’avvocato Giacomo Ragno, il carabiniere Martino Marancia, l’imprenditore Flavio D’Introno, il falso testimone Gianluigi Patruno, l’ex cognato di Savasta Savino Zagaria. Tutti sono accusati di avere avuto un ruolo in quell’azione di svilimento della funzione giudiziaria, che sarebbe stata realizzata sistematicamente a Trani e che ha coinvolto anche altri magistrati, stando alle rivelazioni fatte da Savasta agli inquirenti.

L’ascolto dell’ex pm proseguirà il 19 e il 28 giugno prossimi. Durante l’incidente probatorio ha ammesso le proprie responsabilità anche l’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro. Questi ha detto al gip Giovanni Gallo di non aver mai preso soldi dall’imprenditore D’Introno, né di aver avuto regalie, ma di aver falsificato firme e atti per una sorta di rispetto nei confronti dell’imprenditore, che intendeva favorire.

Dossier di un pm su Creazzo. Cresce la guerra sulle nomine

Un esposto parallelo sul procuratore di Firenze, candidato per il dopo-Pignatone a Roma – Un collega lo accusa di conflitto di interessi. Indaga Genova: timori di “macchina del fango”.

Non solo Perugia. Un’altra mano della partita per la nomina del nuovo procuratore di Roma si gioca a Genova, competente a indagare sui magistrati di Firenze, città in cui lavorano due candidati al posto nella Capitale: il procuratore Giuseppe Creazzo e il procuratore generale Marcello Viola. Quest’ultimo in pole position prima dello scoppio dello scandalo al Csm, in quanto considerato alfiere della «discontinuità» con la gestione di Giuseppe Pignatone.

Rif: https://www.lastampa.it/2019/06/08/italia/dossier-di-un-pm-su-creazzo-cresce-la-guerra-sulle-nomine-NKdHZlIVDDAx8M4m7H2idM/premium.html

Edmondo Bruti Liberati: “I consiglieri Csm coinvolti nelle inchieste si devono dimettere”

Edmondo Bruti Liberati:

“Ci troviamo di fronte a una situazione inedita per la magistratura. Quello che è emerso è estremamente grave. Spero che i consiglieri del Csm coinvolti, in qualsiasi modo, in questa vicenda si dimettano”. Edmondo Bruti Liberati, ex procuratore di Milano, parla ad Huffpost dell’inchiesta della procura di Perugia, che sta sconvolgendo la magistratura italiana, tra un gruppo di lavoro e l’altro del congresso dei magistrati di Area Democratica per la giustizia, che all’interno del Csm riunisce Magistratura democratica e Movimento per la Giustizia. Il programma dell’iniziativa è stato modificato all’ultimo momento, dopo l’inchiesta sul pm romano Luca Palamara. A questa vicenda fanno riferimento molti dei relatori che si alternano nella sala di uno storico convento nel centro di Roma. Ma c’è un’altra questione che sta portando scompiglio nel mondo della magistratura. Il segretario generale di Area, Maria Cristina Ornano, l’ha menzionata nella chiusura della sua relazione: le affermazioni di Matteo Salvini contro i giudici che avrebbero – a suo dire – emesso decisioni contrarie rispetto alle sue leggi, a causa di loro convinzioni politiche. Bruti Liberati definisce quelle parole “attacchi rudi che creano tensione e mettono in dubbio l’imparzialità dei giudici”. Ma è sull’inchiesta sulle nomine che si sofferma di più perché, spiega, “quello che è emerso dagli atti dei pm perugini è un fatto inaccettabile”

Dottor Bruti Liberati, la magistratura si trova al centro di una vicenda giudiziaria enorme, con due pm indagati, un consigliere del Csm che si è dimesso e quattro autosospesi. Era mai successo prima?

 Ci troviamo di fronte a una situazione inedita in questa categoria. Quello che è emerso è un fatto grave. Consiglieri ed ex consiglieri del Csm si riunivano con un deputato, peraltro inquisito proprio nella procura dove lavorano alcuni degli indagati, per discutere della nomina del futuro procuratore di Roma. Contatti di questo genere sono gravi, inaccettabili.

L’inchiesta, per l’appunto, mette in luce rapporti non trasparenti tra politica e magistratura. In questi giorni è stato detto che, entro certi limiti, i contatti tra i parlamentari e i politici sono fisiologici. Lei cosa pensa?

Trovo normale che questi rapporti ci siano all’interno del Csm, quando si discute di temi giuridici o riforme. Ma nell’inchiesta si parla di contatti di tutt’altro genere. Poi c’è un’altra cosa che mi fa riflettere.

Cosa?

A quanto pare l’obiettivo delle persone coinvolte nell’inchiesta era trovare, per la procura di Roma, un nome che agisse in discontinuità con il dottor Giuseppe Pignatone (l’ex procuratore capo di Roma, andato in pensione per raggiunti limiti d’età l′8 maggio, ndr). Stiamo parlando di una persona che quando è arrivata a Roma ha portato aria nuova, sotto la sua guida sono state realizzate inchieste come quella su Mafia Capitale, perché ci sarebbe stato bisogno di una guida che portasse discontinuità?

Le vicende di questi giorni hanno riaperto il dibattito sulla riforma del Csm. Il governo propone un sorteggio, seppur solo nella prima fase. Sarebbe una soluzione appropriata?

Innanzitutto il sorteggio, anche se strutturato in due fasi, è contrario alla Costituzione, che dice che i togati del Csm devono essere eletti. In secondo luogo dobbiamo tener presente che si tratta di un ruolo importante, non solo onorifico né, tanto meno, solo di gestione. Non tutti sono in grado di svolgerlo o interessati a farlo. Il sorteggio potrebbe portare a sedere nell’organo di autogoverno della magistratura persone che non ne hanno l’attitudine.

Come si potrebbe agire per riformare il modo di elezione, secondo lei?

Guardi, le riforme che sono state fatte negli ultimi 20 anni hanno portato soltanto un peggioramento della situazione. Succede quando a modificare le leggi sono apprendisti stregoni. Credo che se intervenisse in questo momento, il cambiamento avverrebbe solo in peggio, non in meglio.

Nel dibattito che si è sviluppato in questi giorni si è parlato spesso del ruolo delle correnti all’interno della magistratura. Hanno davvero troppo potere?

Il problema non sono le correnti, i magistrati, come i cittadini, hanno idee diverse, campi d’interesse diversi, è normale che si associno. Il problema, come in questo caso, sono i singoli esponenti all’interno delle stesso correnti. In questo caso, ad esempio, Unicost (la corrente cui appartengono Palamara e il consigliere dimissionario Spina, ndr) ha avuto un comportamento corretto, prendendo una posizione netta nei confronti dei suoi esponenti coinvolti nell’inchiesta.

Le vicende giudiziarie di questi giorni hanno inevitabilmente creato una macchia nella categoria. Come potrà, ora, riacquistare credibilità agli occhi dei cittadini?

E’ importante che le istituzioni ora sappiano reagire. Il Csm mi sembra abbia preso una posizione chiara, giusta. Quello che spero ora è che i quattro togati che si sono autosospesi abbiano senso di responsabilità e si dimettano, per salvaguardare l’istituzione e la categoria. Per il resto, i magistrati sono uomini e anche tra loro c’è chi sbaglia.

C’è un’altra questione che sta coinvolgendo la sua categoria in questi ultimi giorni. Mi riferisco alle affermazioni di Matteo Salvini. Ha puntato il dito contro alcune decisioni di giudici ‘colpevoli’ di avere espresso – in altre sedi – posizioni critiche nei confronti delle sue politiche..

Non è la prima volta che il ministro dell’Interno attacca in termini rudi la magistratura. Questa volta si è andati oltre: sembra che si voglia attuare una vera e propria schedatura. E’ del tutto normale che un giudice abbia delle sue idee sulla società e che, come in questo caso, le esprima nei luoghi adeguati. Ma ciò non macchia l’imparzialità del loro giudizio. Certamente, però, attacchi di questo tipo generano tensione tra politica e magistratura. Tensione che non deve far venir meno un punto fermo: le decisioni dei giudici possono far discutere, certo, ma la magistratura è un organo indipendente. Anche dalla politica.

Rif: https://www.huffingtonpost.it/entry/edmondo-bruti-liberati-i-consiglieri-csm-coinvolti-nelle-inchieste-si-devono-dimettere_it_5cfa8604e4b045133e607ac9

Il caso Csm. Magistrati a sorteggio

uando il Tempo svela la Verità, lo fa sempre in circostanze drammatiche. Accadde a Gian Lorenzo Bernini, che scolpì la meravigliosa incompiuta della Galleria Borghese nel momento più difficile della sua vita. Accade alla magistratura che affronta in questi giorni la più seria crisi di credibilità della sua storia recente. L’indipendenza del pubblico ministero – unico caso al mondo nelle modalità italiane – fu stabilita dai costituenti per segnare un confine netto con la magistratura durante il fascismo (la Germania veniva da una dittatura peggiore della nostra, ma il procuratore generale federale è soggetto al controllo del ministro della Giustizia). Giulio Andreotti, che la nostra Costituzione l’ha vista nascere, mi disse che tuttavia nessuno pensava che la magistratura si sarebbe divisa in correnti. E invece da decenni le correnti non solo esistono, ma hanno una loro ideologia e si riferiscono – seppure in maniera indiretta – a partiti politici. Queste correnti siedono nel Consiglio superiore della magistratura, alto organismo costituzionale, in misura proporzionale alla loro forza.

A parte casi piuttosto rari in cui lo Spirito Santo accende la Fiammella sul capo dei consiglieri (due terzi togati, un terzo eletto dal Parlamento e quindi dai partiti), tutti gli incarichi direttivi vengono contrattati in maniera spietata. Tu mi dai il procuratore di… e io ti cedo quello di… Moltissimi magistrati non aderiscono alle correnti e quindi sono di diritto tagliati fuori dagli incarichi più importanti, salvo eccezioni (la Fiammella, appunto). C’è voluto del Tempo, ma alla fine il cellulare del magistrato Luca Palamara, uomo potentissimo nella vita associativa dei giudici, ha svelato la Verità del traffico d’incarichi nei suoi termini più crudi. Riunioni clandestine e notturne, linguaggio che spaventa, visto che si parla di capi delle procure. Lui è sospettato di corruzione, ma se il cavallo di Troia della Guardia di Finanza si fosse celato nei cellulari di tutti i componenti del Csm ne avremmo viste delle belle.

Poiché gli incarichi vengono assegnati da maggioranze costituite da magistrati e laici del Csm, non accade di rado che giudici e politici s’incontrino. Basta che nessuno lo sappia. Stavolta si è saputo e nei termini più clamorosi, perché Luca Lotti, amico strettissimo di Matteo Renzi, ha problemi giudiziari e Cosimo Ferri è il centauro della magistratura: un po’ giudice, un po’ politico.

La vicenda ripropone vecchi temi. È bene che il magistrato sceso in politica non possa più occupare al rientro ruoli giurisdizionali. È bene che il gioco delle correnti almeno in parte venga smantellato. Come? Da molti anni alcune voci clamanti nel deserto (tra cui la nostra) suggeriscono di sorteggiare un certo numero di magistrati tra i quali i colleghi potranno scegliere quelli da mandare al Csm. Verrebbe così rispettato il vincolo costituzionale dell’elezione. Pare che alcune forze politiche siano arrivate a condividere questa riforma, sconfitta più volte in passato. Per stroncare immediatamente il mercato dei procuratori, un decreto legge potrebbe stabilire che per tutti gli uffici direttivi vanno nominati i magistrati più anziani che non abbiano note di demerito. Qualche Maradona resterà in panchina, ma gli indecorosi mercati saranno chiusi.

Rif: https://www.quotidiano.net/commento/csm-magistrati-palamara-1.4635711