Palamara e Csm, Morlini si dimette da Unicost: “Occorre preservare la credibilità della magistratura”

Il consigliere del Csm Gianluigi Morlini ha consegnato le proprie dimissioni da Unicost. Il togato si era già autosospeso ma ora lascia ufficialmente la corrente a causa dell’indagine per corruzione sull’ex presidente del’Anm Luca Palamara che ha coinvolto anche lui.


Ad annunciare la notizia è lo stesso gruppo Unità per la Costituzione, in un documento firmato dal presidente Mariano Sciacca e dal segretario Enrico Infante. Nella nota si legge: “Unità per la Costituzione prende atto di questa determinazione e ribadisce la necessità di preservare la credibilità e l’autorevolezza dell’organo di governo autonomo della magistratura”. Ancora:  “L’accertamento delle eventuali responsabilità spetta alle competenti Autorità disciplinari. È fondamentale salvaguardare il ruolo costituzionale del Csm e la sua autorevolezza”. Morlini è stato accusato di pianificare, con i parlamentari Luca Lotti Cosimo Ferri, gli incarichi al vertice delle procure di Roma e Perugia.

Rif:https://www.liberoquotidiano.it/news/italia/13471404/palamara-csm-gianluigi-morlini-dimissioni-unicost-preservare-credibilita-magistratura.html

Tra i magistrati è tutti contro tutti

Il punto sul caso iniziato con un’indagine per corruzione e che ha fatto emergere meccanismi molto consolidati e noti da anni sui rapporti tra politica e magistratura.

Lo scandalo che sta coinvolgendo il Consiglio Superiore della Magistratura – l’organo di autogoverno dei magistrati che decide promozioni, sanzioni disciplinari e trasferimenti – si sta trasformando in uno scontro tutti-contro-tutti nel quale stanno emergendo comportamenti e meccanismi molto consolidati e noti da anni agli addetti ai lavori, e scambi di attacchi e accuse tra le varie correnti organizzate della magistratura, una sorta di partiti dei magistrati. Tutto è cominciato in seguito all’indagine per corruzione sul magistrato Luca Palamara, le cui intercettazioni telefoniche hanno rivelato un’estesa rete di colloqui e trattative tra magistrati e politici per la scelta degli incarichi più importanti nella magistratura (qui trovate una sintesi della vicenda).

L’ultimo episodio di questa storia è avvenuto sabato, quando “Magistratura Indipendente” – la corrente dei magistrati considerata “moderata” o di centrodestra – ha chiesto ai tre componenti che esprime nel CSM e che si erano autosospesi per aver incontrato e discusso di incarichi con l’ex ministro dello Sport Luca Lotti (che è sotto processo proprio a Roma per il caso CONSIP e, secondo i magistrati, avrebbe cercato di influenzare la nomina del procuratore della città) di ritirare la loro sospensione, restare al loro posto senza dimettersi e tornare al lavoro.

In risposta al documento le altre tre correnti organizzate della magistratura – “Area”, di centrosinistra; “Unicost”, centrista divisa tra un’ala di centrosinistra e una più di centrodestra; “Autonomia e Indipendenza”, cosiddetta “giustizialista”, nata da una scissione di “Magistratura Indipendente” e guidata da Piercamillo Davigo – hanno chiesto una riunione degli organi direttivi del sindacato dei magistrati, l’Associazione Nazionale Magistrati, per ritirare la fiducia alla giunta e al presidente dell’ANM, Pasquale Grasso, membro di “Magistratura Indipendente”. La riunione dovrebbe svolgersi il prossimo 16 giugno.

A complicare ulteriormente la vicenda c’è il fatto che domenica il presidente Grasso ha annunciato le sue dimissioni dalla corrente “Magistratura Indipendente”. «Sono giorni che cerco di convincere il mio gruppo a non suicidarsi», ha spiegato in un’intervista a Repubblica. «Soggetti che hanno trattato con un imputato per trattare il destino della procura di Roma devono dimettersi», ha detto riferendosi ai tre colleghi che hanno incontrato Lotti (sulla mozione che ha generato le sue dimissioni, però, si era solo astenuto), e sostenendo che il problema non sia aver discusso e trattato con i politici – cosa che avviene da sempre – ma averlo fatto con un politico inquisito. In tutto sono quattro i consiglieri autosospesi: Corrado Cartoni, Antonio Lepre e Paolo Criscuoli di “Magistratura Indipendente”, e Gianluigi Morlini di “Unicost”.

Fa parte di “Unicost” anche Luca Palamara, il magistrato indagato per corruzione la cui vicenda ha dato via al caso di questi giorni (qui avevamo spiegato l’indagine). Palamara, influente magistrato della procura di Roma, ex membro del CSM ed ex presidente dell’ANM, è sospettato di aver ottenuto denaro ed altri favori da un faccendiere che ha a lungo lavorato per il costruttore romano Francesco Bellavista Caltagirone. Intercettando Palamara e altri giudici, i magistrati di Perugia hanno scoperto le trattative tra correnti della magistratura ed esponenti politici per nominare i capi di alcune delle principali procure italiane. In questo secondo filone dell’inchiesta, quello sulle trattative che ha coinvolto Lotti, al momento non ci sono indagati.

Le trattative sulle nomine tra politica e magistratura non sono un fenomeno nuovo né particolarmente sorprendente. In un lungo e documentato articolo sulla Stampa a proposito della storia delle correnti e del CSM, Giuseppe Salvaggiulo ricorda oggi un episodio avvenuto nel 2012, quando un importante magistrato inviò per errore a migliaia di suoi contatti una mail destinata a pochi intimi in cui si scusava per avere aiutato a fare in alcune procure nomine di persone “poco adatte” e di averle fatte per ragioni di “opportunità politica”.

Le correnti all’interno del CSM, spiega Salvaggiulo, esistono dagli anni Sessanta. Oltre a quelle storiche, come “Unicost” e “Magistratura Indipendente”, negli anni sono nate “Area”, corrente di centrosinistra uscita dall’alleanza dei “Movimenti per la Giustizia” e della corrente “Magistratura Democratica”, e più di recente “Autonomia e Indipendenza”, la corrente di Davigo considerata vicina al Movimento 5 Stelle. Per anni le correnti hanno gestito in totale autonomia la distribuzione di incarichi all’interno della magistratura, come facevano i grandi partiti con gli incarichi pubblici. Oggi però sono diventate più “liquide”, racconta Salvaggiulo, cioè meno organizzate e meno in grado di orientare il consenso della categoria, un potere perso a scapito dei singoli magistrati più influenti. Palamara, per esempio, fa parte di “Unicost” ma appoggiava per la nomina a procuratore di Roma un candidato di “Magistratura Indipendente”, poiché lo considerava più utile ai suoi scopi.

È accaduto raramente in passato che un’inchiesta della magistratura rivelasse queste dinamiche con tanti dettagli. Ha fatto scalpore in particolare che negli incontri fosse coinvolto Luca Lotti, ex ministro dello Sport, amico e stretto collaboratore di Matteo Renzi, rinviato a giudizio a Roma per lo scandalo CONSIP. Negli incontri, registrati grazie ad alcune microspie inserite nel telefono di Palamara, si parlava di sostituire il procuratore di Roma con l’attuale procuratore di Firenze, e Palamara faceva capire a Lotti che i due avevano entrambi lo stesso nemico a Roma: il sostituto procuratore Paolo Ielo, che portava avanti sia il processo a Lotti che l’indagine su Palamara. Le intercettazioni mostrano che Palamara avrebbe cercato di screditare Ielo con l’aiuto di alcuni colleghi.

Il ruolo politico di Lotti e la sua importanza hanno attirato molta attenzione. Matteo Renzi lo ha difeso in diverse interviste, dicendo che il suo comportamento rappresenta la normale amministrazione e che da sempre i politici parlano con i magistrati per discutere le nomine. Renzi ha accusato i giornali di puntare l’attenzione sul suo ruolo soltanto perché Lotti è notoriamente suo amico e alleato. Altri hanno ricordato che Lotti è imputato e stava discutendo di nomine che riguardavano la procura dalla quale sarebbe stato processato e lo stava facendo con un magistrato che stava attivamente cercando di screditare il suo stesso accusatore, il sostituto procuratore Ielo.

Un altro parlamentare del PD è coinvolto in questo caso, e mostra quanto possano essere fluidi e girevoli i rapporti tra magistratura e politica. Il deputato Cosimo Ferri, ex sottosegretario alla Giustizia, è anche magistrato ed ex leader di “Magistratura Indipendente” (diversi giornali scrivono che esercita ancora una forte influenza all’interno della corrente). Ferri è entrato in politica nel 2013, quando durante il governo Letta fu nominato sottosegretario al ministero della Giustizia in quota Forza Italia, incarico rinnovato poi nel corso del governo Renzi.

Ferri – che è stato poi candidato ed eletto nelle liste del PD alle politiche del 2018 – risulta presente agli incontri di Lotti con i magistrati in cui si discuteva della nomina del procuratore di Roma (il procuratore di Firenze che avrebbe dovuto sostituirlo secondo Palamara e Lotti è un esponente di “Magistratura Indipendente”, la stessa corrente di Ferri). I giornali scrivono che il segretario del PD Nicola Zingaretti avrebbe chiesto a Ferri di dimettersi dal suo incarico in commissione Giustizia alla Camera. Ferri, che è deputato del PD ma non iscritto al partito, avrebbe risposto di no, minacciando di iscriversi al gruppo misto e di rimanere in commissione se il partito dovesse espellerlo dal gruppo.

Rif:https://www.ilpost.it/2019/06/10/csm-palamara-anm-dimissioni/

Magistratura messa in dubbio dalla condotta degli stessi giudici, lo ammette il presidente del Consiglio di Stato

L’attendibilità dei giudici messa a rischio dalla loro stessa condotta. A lanciare l’allarme, il presidente del Consiglio di StatoFilippo Patroni Griffi, in occasione del discorso di apertura del primo congresso nazionale della giustizia amministrativa italiana. Niente esternazioni che ne possano pregiudicare l’imparzialità, niente frequentazioni che possano avere ripercussioni negative sull’attività giudiziaria. Questo il monito emesso in un periodo in cui l’immagine dei giudici, agli occhi dei cittadini, appare spesso compromessa.

“Un giudice all’altezza dei tempi – afferma Patroni Griffi nella ricostruzione dell’Ansa – deve saper accettare, proprio in ossequio a un’etica pubblica collegata alla funzione, alcune limitazioni anche alla propria sfera di libertà“, Un intervento che recepisce i timori di molti italiani – dei quali L’Eco del Sud si è fatto più volte voce – circa il ruolo di una magistratura spesso propensa a invadere la sfera di competenza degli altri poteri dello Stato, arrivando a insinuare dubbi sull’operato del Governo, come è stato per il caso Diciotti, o a criticare apertamente leggi legittimamente approvate dal Parlamento. Come, per esempio, quella sulla legittima difesa. Minando il principio di imparzialità che ne dovrebbe contraddistinguerne l’operato e alimentando il pericolo di un assetto corporativo.

A gettare ombre pesanti sono anche fatti come quelli emersi a proposito della corsa alla guida della Procura di Roma, scaturiti in nell’inchiesta che vede indagato per corruzione Luca Palamara, ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati e già componente del Consiglio superiore della magistratura. Proprio l’autogoverno dei magistrati, secondo Patroni Griffi, non deve scadere nel corporativismo: “Il governo autonomo della magistratura è un ‘privilegio’ di noi magistrati che deve assicurare il fine istituzionale per cui la Costituzione lo contempla: garantire l’indipendenza interna ed esterna, della magistratura nel suo complesso e del singolo magistrato. Guai a servirsene per finalità meramente sindacali sganciate da ogni logica istituzionale”. Secondo il presidente del Consiglio di Stato ciò implicherebbe il pericolo “di un governo ‘corporativo’” della magistratura, “che è esattamente il contrario di ciò che indusse il Costituente prima, e il legislatore poi, a istituire la funzione di autogoverno, aperta alla partecipazione di estranei alla magistratura”.

Un giudice, dichiara Patroni Griffi, “non può liberamente manifestare il proprio pensiero, se questo pensiero sia riferibile alla propria attività giudiziaria o se possa essere letto, o anche strumentalizzato, in modo che ne risulti appannata la sua terzietà”. Considerazioni che non possono non richiamare le considerazioni espresse pubblicamente, proprio dall’Anm, a proposito dell’approvazione della legge sulla legittima difesa. Opinioni in totale contrasto con il principio costituzionale per il quale un magistrato deve unicamente applicare la legge, che gli piaccia o no, senza commentarla.

Proprio di oggi è la notizia di un tabacchiere di Ivrea indagato per eccesso colposo di legittima difesa, dopo avere ucciso un ladro sorpreso a tentare di derubarlo. Ora, l’uomo dovrà affrontare un procedimento. Quale sarà il suo stato d’animo? Si interrogherà sull’orientamento di chi lo dovrà giudicare? Si chiederà se è favorevole o contrario alla nuova normativa? Se, nella seconda ipotesi, si rivarrà su di lui? “Occorre resistere alla tentazione di fare delle uscite pubbliche istituzionali”, – sostiene il presidente dell’organo posto sul gradino più alto della giustizia amministrativa, convinto dell’inopportunità di “esprimere visioni del mondo opinabili, soggettive e di carattere politico, che trasmodino dall’analisi puntuale dei problemi dell’organizzazione giudiziaria e del processo” o “che si discostino dai valori giuridici positivi di riferimento propri doverosamente di ciascun giudice”.

Il principio costituzionale di terzierà, secondo Patroni Griffi, può altresì essere messo a repentaglio dalle stesse frequentazioni dei magistrati. Ma non solo. Proprio le limitazioni alla sfera delle libertà dei giudici, è opinione di chi scrive, dovrebbero essere estese ai divieto di fare politica. La separazione dei poteri dello Stato deve essere una garanzia, non per i giudici, ma per i cittadini. Non si può condurre un’azione giudiziaria contro un’intera classe dirigente, come fu per Antonio Di Pietro durante Tangentopoli, per esempio, per poi sfidare ciò che ne rimane, fondando un partito proprio, ricoprendo incarichi di governo e facendosi eleggere in Parlamento, approfittando della popolarità conseguita e, soprattutto, minando la fiducia del popolo circa l’obiettività del proprio operato.

Rif: https://www.lecodelsud.it/magistratura-messa-in-dubbio-dalla-condotta-degli-stessi-giudici-lo-ammette-il-presidente-del-consiglio-di-stato#prettyPhoto

Eni,PM Paolo Ielo e Pignatone

l Fatto Quotidiano scrive di un presunto conflitto tra l’attività inquirente di due magistrati con quella professionale dei loro fratelli, entrambi avvocati di grido. Repubblica rivela che Perugia indaga sull’ex presidente Anm Palamara per corruzione e rapporti con Centofanti e Amara

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Una vera e propria bufera investe la Procura di Roma. Al centro, come accade ormai da oltre un anno, la posizione e le conoscenze dell’avvocato siracusano Piero Amara e la collaborazione dello stesso con Eni.

La Procura di Perugia su Palamara. La Procura perugina, competente per le indagini sui magistrati di Roma, sta indagando per corruzione Luca Palamara, ex consigliere del Consiglio Superiore della Magistratura (Csm, l’organo di autogoverno della magistratura) ed ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (Anm). Secondo Repubblica, Palamara è sospettato di aver sviluppato rapporti inopportuni con Fabrizio Centofanti (ex capo delle relazioni istituzionali di Francesco Bellavista Caltagirone) arrestato nel febbraio 2018 per frode fiscale e in affari con Piero Amara, avvocato coinvolto nell’inchiesta della Procura di Roma (oltre che Messina e Milano) per il suo ruolo nelle sentenze “aggiustate” della magistratura amministrativa. L’obiettivo dell’intera operazione, sostiene Repubblica, sarebbe prendere il controllo del Csm, organo responsabile di scegliere il nuovo procuratore di Roma, incarico rimasto vacante l’8 maggio scorso con il pensionamento di Giuseppe Pignatone per raggiunti limiti di età.

“Apprendo dagli organi di stampa di essere indagato per un reato grave e infamante per la mia persona e per i ruoli da me ricoperti – dice – Sto facendo chiedere alla Procura di Perugia di essere immediatamente interrogato perché voglio mettermi a disposizione per chiarire, nella sede competente a istruire i procedimenti, ogni questione che direttamente o indirettamente possa riguardare la mia persona”.

Esposto del Pm Fava a Roma contro i colleghi. E intanto Il Fatto Quotidiano scrive di un presunto conflitto tra l’attività inquirente di due magistrati con quella professionale dei loro fratelli, entrambi avvocati di grido, che sta spaccando la Procura di Roma. Roberto Pignatone, 61 anni, professore associato di Diritto tributario con studio a Palermo, ha ottenuto nel 2014 un incarico da Piero Amara, poi destinatario di una richiesta di arresto della Procura di Roma.

Il sostituto procuratore di Roma Stefano Rocco Fava, 52 anni, ha scritto al Csm per segnalare il comportamento del suo ex capo Giuseppe Pignatone, da poco andato in pensione, che non si è astenuto. Nell’esposto di Fava è citato anche il caso dell’aggiunto Paolo Ielo, tuttora a capo del pool reati amministrativi della Capitale. Domenico Ielo, 49 anni, titolare di un suo studio associato con sede a Milano, ha fatto (legittimamente) il consulente per l’Eni, società finita nel mirino della Procura perché i Pm hanno scoperto pagamenti per decine di milioni da Eni a una società di nome Napag.

Secondo il pm Fava quella società sarebbe stata riferibile allo stesso Amara ma il titolare di Napag – Francesco Mazzagatti – e Amara negano. All’esposto sono allegate le carte, provenienti da altre indagini di Siracusa, che documentano i rapporti del fratello minore di Pignatone. Fava – si legge sul Fatto – voleva proseguire le indagini su Amara (nonostante il patteggiamento a 3 anni con l’assenso della Procura) convinto che la storia non fosse finita lì e l’aveva puntato per i presunti affari tra Napag ed Eni. Amara è indagato per induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria e per autoriciclaggio perché avrebbe stipulato un “fittizio contratto di compravendita” di 25 milioni di euro tra l’Eni e la Napag, società a lui riconducibile, in cambio del silenzio sul “coinvolgimento dei vertici Eni nell’attività di inquinamento probatorio”.

Fava voleva proseguire su questo filone (poi finito a Milano) ma Pignatone, confortato da Ielo e da altri aggiunti, ha stoppato il sostituto prima negando il suo assenso alle richieste e poi togliendogli il fascicolo. Al centro dell’esposto di Fava c’è una riunione del 5 marzo scorso convocata da Pignatone nel suo ufficio per discutere dell’eventuale sua astensione in ragione dei rapporti professionali del fratello, che riferisce di non aver mai conosciuto Amara, con Eni.

Una storia che continua a evolversi sempre più e che non pare avere una conclusione, piena di intrecci e di personaggi di spicco che lasciano un alone di sospetto su ogni cosa. Una storia infinita, che vede al centro sempre lui: l’avvocato Piero Amara.

Rif: http://www.siracusanews.it/siracusa-eni-amara-intrecci-infiniti-bufera-sulla-procura-roma/

Trent’anni di morale ai politici e i magistrati si scoprono corrotti

«Siamo di fronte a un passaggio delicato: o sapremo riscattare con i fatti il discredito che si è abbattuto su di noi o saremo perduti»: così martedì 4 giugno David Ermini, vicepresidente del Consiglio superiore della Magistratura ha concluso il suo intervento davanti a quel che resta dell’organo di autogoverno dei giudici. Infatti, in seguito all’inchiesta partita dalla procura di Perugia, ben quattro componenti si sono autosospesi. Ermini è il numero due del Csm perché va ricordato che il presidente è per legge il presidente della Repubblica e quindi Sergio Mattarella. Quindi è facile pensare che le parole del vice riportassero il pensiero del Quirinale.

È un giudizio che non nasconde la gravità di quello che è accaduto. «Gli eventi di questi giorni sono una ferita profonda e dolorosa alla magistratura e al Consiglio superiore», ha detto Ermini.« L’associazionismo giudiziario è stato un potente fattore di cambiamento e di democratizzazione della magistratura. E ancora oggi svolge un ruolo prezioso. Ma consentitemi di dire che nulla di tutto ciò vedo nelle degenerazioni correntizie, nei giochi di potere e nei traffici venali di cui purtroppo evidente traccia è nelle cronache di questi giorni. E dico che nulla di tutto ciò dovrà in futuro macchiare l’operato del Csm».

Rif: http://www.bergamopost.it/cambiare-rotta/trentanni-morale-ai-politici-magistrati-si-scoprono-corrotti/

Giudici tributari corrotti evasi 15 milioni di tasse

Un sistema ben congegnato, dove tutti gli indagati parlavano in codice, stando attentissimi a non farsi scoprire.

Nonostante ciò, e grazie ad una indagine svoltasi in tempi rapidissimi, la guardia di finanza, su richiesta della Procura della Repubblica di Salerno, ha arrestato 14 persone accusate di corruzione in atti giudiziari.

Gli indagati sono due giudici tributari della locale sezione distaccata della Commissione tributaria regionale della Campania (dei quali al momento non è stato ancora fornito il nome), due dipendenti amministrativi presso lo stesso ufficio, sei imprenditori e quattro consulenti fiscali, tra i quali un avvocato fiscalista.

Secondo l’accusa avevano costituito un «efficace» sistema per pilotare l’iter procedimentale e condizionare a favore degli imprenditori corruttori l’esito di procedimenti tributari originati da accertamenti dell’agenzia delle entrate della Guardia di Finanza di Salerno.

«Si tratta – ha commentato il procuratore della Repubblica vicario, Luca Masini – solo della punta di un iceberg. Andremo avanti con ulteriori accertamenti».

Le indagini hanno consentito di riprendere i trasferimenti di denaro che, tramite i due dipendenti amministrativi che trattenevano la loro quota, venivano successivamente consegnate ai due giudici tributari.

Uno dei due aveva la «fama di fame di soldi».

Il passaggio di denaro avveniva sempre in contanti il giorno prima della decisione della commissione tributaria regionale e in luoghi come l’ascensore della commissione, la casa dei giudici o in altri posti ritenuti sicuri. In un caso il giudice non soddisfatto aveva persino preteso un’integrazione della somma già ottenuta, minacciando un provvedimento non in linea con le aspettative del corruttore.

Gli importi pagati ai due giudici per ottenere sentenze favorevoli andavano dai 5 mila ai 30 mila euro, anche se in alcuni casi sono state promesse altre dazioni, come l’assunzione del figlio di un giudice da parte di una delle società coinvolte oppure la concessione in uso gratuito di un appartamento in città.

Gli accertamenti svolti hanno anche consentito di individuare 10 procedure il cui iter è stato condizionato dalla corruzione e verificare che tutte sono state decise con sentenze favorevoli ai contribuenti corruttori, con l’azzeramento delle somme dovute al fisco per le imposte evase, interessi maturati e le sanzioni comminate.

Complessivamente, da una prima stima, le imposte evase, gli interessi maturati e le sanzioni amministrative annullate con le decisioni condizionate dalla corruzione, ammontano a circa 15 milioni di euro.

Gli imprenditori erano tutti del Salernitano, tranne uno dell’Avellinese.

Una società di Siano ha ottenuto, ad esempio, la cancellazione di un debito di oltre 8 milioni; per un’altra di Salerno, invece, la somma contestata ed annullata raggiungeva quasi il milione. Sono state eseguite anche perquisizioni negli uffici delle commissioni e della commissione tributaria e negli studi di altri professionisti indagati, la cui posizione è in corso di valutazione. Ad uno dei due dipendenti della commissione tributaria sono stati trovati in casa oltre oltre 50mila euro in contanti.

Rif: https://www.ladige.it/news/cronaca/2019/05/15/giudici-tributari-corrotti-evasi-15-milioni-tasse

Non basta Palamara per spiegare i guai seri della magistratura

Sarebbe bello poter dire che la credibilità dei magistrati è stata aggredita solo dai traffici relativi al futuro della procura di Roma. Giudici mediatici e pm politicizzati: spunti per discutere di un problema serio, senza altre false ipocrisie

L’incredibile guerra tra bande che si è manifestata a cielo aperto tra le correnti della magistratura a colpi di pizzini sui giornali, indagini a orologeria ed esposti in procura ha rimesso al centro del dibattito pubblico un tema che periodicamente riaffiora ogni volta che si prova a ragionare su quello che oggi è uno dei principali punti di debolezza del mondo della magistratura italiana: la capacità di ciascun pm e di ciascun giudice di evitare ogni comportamento capace di compromettere il paese.

Rif: https://www.ilfoglio.it/giustizia/2019/06/10/news/non-basta-palamara-per-spiegare-i-guai-seri-della-magistratura-259417/

Magistrati indagati, gli incontri notturni di Palamara con Lotti&Co. per pilotare le nomine dei procuratori capo

Molto spesso in albergo, qualche volta a casa della sorella di Cosimo Maria Ferri, sottosegretario alla giustizia nei governi Pd. Tanti incontri, almeno tre documentati, specie dal 7 al 16 maggio. Sempre di notte, sempre gli stessi, per decidere a tavolinole nomine dei procuratori capi, spostando voti all’interno del Csm con l’obiettivo di individuare ed eleggere magistraticontrollabili politicamente. Il capotavola è Luca Palamara, gli altri commensali sono i consiglieri del Csm Luigi SpinaCorrado ArtoniAntonio LepreGianluca Morlini e Paolo Criscuoli. Il braccio politico della comitiva sono i parlamentari del Pd Luca Lotti e Cosimo Maria Ferri. E c’è un convitato di pietra, una presenza per certi versi inspiegabile: Claudio Lotito, amico di Palamara, presidente della Lazio, elargitore di biglietti in tribuna vip per le partite dei biancocelesti, come la finale di Coppa Italiadel 15 maggio scorso, a cui assiste Luigi Spina dalla tribuna autorità. L’ultimo incontro in un hotel, in cui Palamara con gli altri “fa la conta dei voti per il procuratore di Roma”, dopo l’uscita di Pignatone. “Obiettivo: Marcello Viola (procuratore generale di Firenze – ndr) capo dell’ufficio della Capitale“.

Csm, così le correnti si dividono le nomine (a braccetto con la politica): il Nazareno in toga e l’uomo-cerniera Ferri

Secondo quanto scritto da Corriere della SeraRepubblica Messaggero, sono questi i particolari che emergono dalle carte dell’inchiesta condotta dalla Procura di Perugia, dove Palamara è indagato per corruzione e Spina per favoreggiamento eviolazione di segreto. Spina si è dimesso dal suo ruolo nel Consiglio superiore della magistratura, Artoni, Lepre, Morlini e Criscuoli si sono autosospesi: iniziative che rappresentano la prima, vera conseguenza reale di una vicenda destinata ad allargarsi. Ad altri pm e ad altri fatti.

Magistrati indagati, intercettato con Palamara anche un pm dell’Antimafia

Tra gli altri fatti, ad esempio, c’è la ristrutturazione della casa romana in cui vive in affitto Luca Palamara: lavori affidati ad una ditta di Fabrizio Centofanti, lobbista, nonché colui che pagava week end e regali all’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati. Lo stesso Palamara, poi, era spesso in contatto con Cesare Sirignano, pm napoletano della Direzione nazionale antimafia, con cui discutono del possibile successore di Luigi De Ficchy a capo della Procura di Perugia, ufficio competente per i reati commessi dai magistrati romani. Palamara, è il ragionamento degli inquirenti, è convinto che un procuratore capo pilotato può essere una garanzia nel prosieguo dell’indagine contro di lui. Scrivono i quotidiani che Palamara è “intercettato mentre discute di un candidato a Perugia che potesse aprire un fascicolo a carico dell’aggiunto di Roma Paolo Ielo“, che con Pignatone aveva inviato a Perugia gli atti sull’ex presidente Anm. Ma non è l’unico motivo per cui parla con Sirignano. Quest’ultimo, infatti, è legato sentimentalmente a Ilaria Sasso Del Verme, segretaria della quinta commissione del Csm, quella che si occupa di redigere i pareri sui vari magistrati candidati agli incarichi di vertice negli uffici giudiziari di tutta Italia: stando alle intercettazioni, a Palamara interessava conoscere le dinamiche di uno dei gangli più strategici dell’autogoverno della magistratura.

Magistrati indagati, Csm a pezzi. Ermini: “Emersi traffici venali e giochi di potere”. Cascini: “Vicenda simile alla P2”

Rif: https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/05/magistrati-indagati-gli-incontri-notturni-di-palamara-con-lottico-per-pilotare-le-nomine-dei-procuratori-capo/5232995/

Bufera procure: all’Associazione nazionale magistrati si apre la crisi

Dopo la bufera senza precedenti che ha travolto il Consiglio superiore della magistratura per l’affare nomine, all’Anm, l’Associazione nazionale magistrati si apre la crisi. Area, Unicost e Autonomia e Indipendenza hanno chiesto la «convocazione urgente» di una riunione con all’ordine del giorno il rinnovo della giunta guidata da Pasquale Grasso. La ragione è il documento approvato ieri dalla corrente del presidente dell’Anm, Magistratura Indipendente, che ha invitato i consiglieri autosospesi per lo scandalo nomine a rientrare al Csm. Una presa di posizione in contrasto con il documento approvato da tutta l’Anm qualche giorno fa che invece ne aveva chiesto le dimissioni.

La mozione di sfiducia nei confronti della giunta guidata da Grasso sarà discussa probabilmente domenica prossima, 16 giugno, dal Comitato direttivo centrale dell’Anm. Contestualmente si procederà all’elezione della nuova giunta, con tutte le correnti della toghe ad esclusione di Magistratura Indipendente.

Perquisita la casa del pm di Roma Palamara, indagato per corruzione

«Il documento adottato all’unanimità dall’Assemblea nazionale di Magistratura Indipendente, tenuta ieri a Roma – si legge nel documento che sfiducia la giunta guidata da Grasso – si pone in netta contrapposizione con il documento deliberato dal Comitato Direttivo Centrale dell’Anm ed esclude la possibilità di proseguire l’esperienza dell’attuale Giunta che vede la presenza e la presidenza di Magistratura Indipendente».

GUARDA IL VIDEO -Corsa per la Procura di Roma, indagato ex presidente Anm Palamara

La richiesta ai Consiglieri del Csm di M.I. autosospesi di riprendere la loro attività – continua ancora il testo – «crea un incidente istituzionale senza precedenti e potrebbe condurre all’adozione di riforme dell’Organo di autogoverno dal carattere “emergenziale” con il rischio di alterarne il delicato assetto voluto dalla Costituzione a garanzia dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura senza risolvere i problemi posti dalle gravi recenti vicende». «Magistratura Indipendente – accusano i Componenti del Comitato Direttivo centrale di AreaDG, Unicost ed Autonomia e Indipendenza – si assume di fronte alla magistratura ed al Paese la grave responsabilità di quanto sta accadendo».

Rif:https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-06-09/bufera-procure-all-associazione-nazionale-magistrati-si-apre-crisi-174021.shtml?uuid=ACyFWUP

Csm, tutte le correnti dell’Anm contro MI e la difesa dei consiglieri autosospesi. E Grasso lascia Magistratura indipendente

Magistratura Indipendente blinda i suoi consiglieri dentro al Consiglio superiore della magistratura, ma si ritrova isolata dentro l’Anm e perde anche Pasquale Grasso, il numero uno dell’associazione magistrati che era espressione della lista. Dopo essersi astenuto sul voto del documento a supporto dei consiglieri finiti sotto i riflettori per l’inchiesta di Perugia, votato dalla sua corrente, Grasso ha deciso di compiere un passo indietro e ha lasciato Mi: “A volte arriva un momento in cui la casa natale ci sta stretta – ha scritto in una nota domenica sera – e si rischia di litigare inutilmente pur se tutti animati dal bene della famiglia. Si iniziano a vedere le cose in modo diverso. È nella natura delle cose umane”.

Il comunicato è arrivato dopo una giornata in cui tutte le altre correnti – di sinistra e di centro – in una nota congiunta avevano accusato la lista che per anni è stata guidata da Cosimo MariaFerri, ora deputato del Pd. Le mancate dimissioni dei tre membri del Csm in quota Mi (Corrado CartoniAntonio Criscuoli e Paolo Lepre) e la “rinnovata fiducia” nonostante siano stati confermati gli incontri (notturni, in albergo) con lo stesso Ferri e l’ex ministro Luca Lotti hanno spinto Unicost(centristi), Area (di sinistra) e Autonomia e Indipendenza(guidata da Piercamillo Davigo) a una nota congiunta che accusa Magistratura Indipendente di creare “un incidente istituzionale senza precedenti” che potrebbe condurre “all’adozione di riforme dell’Organo di autogoverno dal carattere ‘emergenziale’ con il rischio di alterarne il delicato assetto voluto dalla Costituzione a garanzia dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura senza risolvere i problemi posti dalle gravi recenti vicende”.

Per questo motivo le tre correnti chiedono di rinnovare i vertici dell’Anm che attualmente è presieduta da Grasso, fino a poche ore fa esponente di Magistratura Indipendente, che però sabato – nell’assemblea della sua associazione – si è astenuto sul documento con cui di fatto Mi ha “assolto” i suoi tre esponenti dentro il Csm, invitandoli anzi a tornare al lavoro. Per tutte le restanti correnti di Anm, insomma, Magistratura Indipendente “si assume di fronte alla magistratura ed al Paese la grave responsabilità di quanto sta accadendo” e quindi serve il prima possibile una riunione del comitato direttivo per rinnovare le cariche di vertice.

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La mozione di sfiducia alla giunta guidata da Grasso sarà discussa probabilmente domenica 16 giugno dal Comitato direttivo centrale dell’Anm. Contestualmente si procederà all’elezione della nuova giunta, con tutte le correnti della toghe ad esclusione di Magistratura Indipendente. Appena qualche giorno fa l’intero parlamentino dell’Anm aveva approvato all’unanimità un documento di segno diametralmente opposto a quello di Magistratura Indipendente: si parlava di “gravissime violazionidi natura etica e deontologica” e si chiedeva ai consiglieri di lasciare il loro incarico di cui “non appaiono degni“.

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E ancora prima che cominciasse la riunione, Grasso, esponente di Mi ma soprattutto presidente dell’Associazione nazionale magistrati, aveva detto che “se confermate le notizie di stampa, si tratta di una cosa gravissima” e “serve un passo indietro nella misura in cui abbiano attuato le condotte inappropriate che gli vengono attribuite”. Un segnale che evidentemente la sua corrente non ha colto, spingendolo così a lasciare la corrente.

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“Unicost sta valutando con grande attenzione e preoccupazione il nuovo scenario che si è aperto con l’assemblea di Magistratura Indipendente”, ha detto il segretario corrente Mariano Sciacca. Ancora più netto il pm Eugenio Albamonte (Area): “Il deliberato di MI è sicuramente una violazione dell’accordo associativo alla base della giunta”. Albamonte definisce “tartufesca” la posizione di Magistratura Indipendente. “Sia pure a ranghi ridotti, Magistratura Indipendente aveva contribuito alla redazione del testo del Comitato direttivo centrale dell’Anm, che è stato poi votato da due suoi esponenti, uno dei quali è il presidente dell’Anm. Poi ieri ha votato un testo opposto all’unanimità. E’ una posizione quantomeno equivoca, anche perché non sconfessano nemmeno Grasso”.

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Anche Sciacca evidenzia il “contrasto” tra i due deliberati e rimarca che “la posizione di Unicost resta quella espressa nel documento approvato dal Comitato direttivo centrale dell’Anm e votato anche da Magistratura Indipendente”. Si pone dunque “un problema oggettivo di valutazione della situazione politica interna all’Anm”, anche alla luce delle assemblee dei magistrati che ci sono state nei vari distretti dalle quali sono emersi “la rabbia e il turbamento dei colleghi, a cui bisogna rispondere in modo lucido”.

Rif: https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/09/csm-tutte-le-correnti-dellanm-contro-mi-e-la-difesa-dei-consiglieri-autosospesi-e-grasso-lascia-magistratura-indipendente/5242887/