Mattarella indice le elezioni per sostituire i togati dimissionari del Csm: “Voltare pagina”

Mattarella indice le elezioni per sostituire i togati dimissionari del Csm:

Mattarella non scioglie il Csm, ma indice elezioni suppletive per sostituire due dei tre togati che si sono dimessi dopo l’inchiesta sulle nomine dei vertici delle procure rimaste vacanti. Il presidente Sergio Mattarella ha scelto di indire le supplettive a ottobre perché la richiesta di scioglimento anticipato del Csm contrasterebbe con la necessità di cambiare le procedure elettorali da più parti richieste. Lo sottolineano fonti qualificate del Quirinale. Per il capo dello Stato, questo è il primo passo per “voltare pagina” e restituire alla magistratura “il prestigio e la fiducia che le note vicende hanno incrinato”.

Si tratta di eleggere due pm per sostituire Luigi Spina e Antonio Pepe, che si sono dimessi. I posti riservati al Csm ai pubblici ministeri sono quattro. E alle elezioni dell’anno scorso per il rinnovo dell’intero Consiglio superiore si erano presentati giusto quattro candidati: di qui l’esigenza delle suppletive per la sostituzione dei due consiglieri. Il discorso è diverso per i giudici: in questa quota le candidature erano più numerose dei seggi disponibili. Così esiste un bacino di non eletti al quale attingere per sostituire i consiglieri dimissionari. Al posto di Gianluigi Morlini, da oggi tornato a fare il giudice a Reggio Emilia, entrerà Giuseppe Marra. Con la conseguenza che cambiano i rapporti di forza all’interno del Csm. Con l’uscita di Morlini Unicost perde un consigliere a vantaggio di Autonomia e Indipendenza, la corrente a cui appartiene Marra e che ha come punto di riferimento Piercamillo Davigo.

Oggi la notizia delle dimissioni dal Consiglio superiore della magistratura anche Antonio Lepre, il togato di Magistratura Indipendente, autosospeso – insieme ad altri tre colleghi – dopo che il suo nome era comparso nelle carte dei pm di Perugia che indagano su Luca Palamara. Nella lettera con cui ha comunicato a David Ermini la sua scelta di lasciare si legge: “Respingo con fermezza ogni paragone o accostamento a chi si è reso responsabile di attività illecite o trame occulte e sottolineo di aver sempre agito nell’interesse dell’Istituzione, tentando di realizzare, fin dall’inizio del mio impegno consiliare, quanto promesso in campagna elettorale”.

Lepre: “Mai partecipato a trame occulte”. Ma il pg della Cassazione spiega: “Sua presenza agli incontri comprovata e ritenuta indispensabile da Ferri e Palamara”

Secondo i magistrati di Perugia, Lepre avrebbe partecipato ad incontri clandestini che avevano l’obiettivo di decidere a tavolino le nomine per i vertici delle procure rimaste vacanti. Sulla questione l’ormai ex togato del Csm dice: “Ogni circostanza a me attribuita è frutto di fatti assolutamente occasionali, non programmati, ancorché inopportuni”.

Sostiene un’altra tesi il procuratore generale della Cassazione, Riccardo Fuzio: “L’identificazione e la presenza di Antonio Lepre” all’incontro notturno del 9 maggio scorso con altri quattro consiglieri del Csm, il pm Luca Palamara e i deputati Pd Luca Lotti e Cosimo Ferri, “risultano pienamente comprovate dagli atti a disposizione di questo Ufficio”, si legge nel documento con cui ieri ha motivato l’avvio dell’azione disciplinare a carico di Lepre e degli altri togati. “Nella telefonata preparatoria della riunione (conversazione dell′8 maggio delle 19.13, ndr) intercorsa tra Palamara e Ferri – si rileva ancora – la presenza del dottor Lepre è ritenuta per un verso indispensabile”. Palamara, infatti, secondo gli atti, avrebbe affermato: “E ma Lepre… l’importante che Lepre segue, su tutto”. A quel punto ferri risponde: “No, Lepre mi ha delegato, mi ha detto che non c’è problema”). Pur di far partecipare il togato ai loro incontri, gli organizzatori erano disposti a scegliere di svolgerli in un posto che fosse per lui facile da raggiungere: “Se la facciamo in albergo da me, provo a dire a Lepre se scende dalla camera”).

Rif: https://www.huffingtonpost.it/entry/antonio-lepre-si-dimette-dal-csm-si-era-autosospeso-dopo-la-notizia-dellinchiesta-della-procura-di-perugia_it_5d0244e5e4b0dc17ef051c3e

Caos procure, si è dimesso il consigliere Antonio Lepre

Perugia, indagato per corruzione l'ex presidente dell'Anm Palamara: patto per prendere la Procura di Roma

Terremoto al Csm, colpito dalla bufera sulle nomine nelle procure. Si è dimesso il terzo consigliere in due giorni: Lepre, dopo Spina e Morlini. Per tutti e tre, insieme ai togati Cartoni e Criscuoli (che si sono autosospesi) il ministro Bonafede ha chiesto la procedura disciplinare. Lotti: “Mai minacce o costrizioni per le nomine dei capi di alcune procure. Non ho commesso reati”. Mattarella ha indetto le elezioni del Csm.

La difesa di Lotti – “In questi anni ho incontrato decine di magistrati, per i motivi più svariati. Ma mai sono venuto meno ai doveri imposti dalla Costituzione e dalle leggi”. Lo ha scritto su Facebook il deputato del Pd Luca Lotti, rispondendo a quanti lo hanno accusato di aver favorito la nomina del Pg di Firenze Marcello Viola a procuratore di Roma. Lotti ha inoltre sottolineato che “in un incontro ho espresso liberamente le mie opinioni: parole in libertà, non minacce o costrizioni”. “Deve essere chiara una cosa: qualunque siano i futuri vertici della Procura di Roma la mia udienza davanti al Gup è già in corso e verrà definita come è giusto che sia, senza alcuna interferenza. Detto in altre parole: anche se il futuro il Procuratore di Roma dovesse essere mio fratello, la richiesta di rinvio a giudizio è già stata fatta e sto affrontando il procedimento penale”, prosegue Lotti. “Non c’è alcun collegamento tra la nomina del Procuratore di Roma (che certamente non può dipendere da me) e il mio procedimento. Questa è la pura e semplice verità”, continua. “Ho fatto pressioni in merito al futuro della Procura di Roma per avere dei vantaggi personali, come qualcuno sostiene? Assolutamente no. Qualcuno ha addirittura scritto che una mia opinione personale avrebbe potuto condizionare il processo Consip! Niente di più falso, niente di più assurdo. Come sarebbe stato possibile?”.

Lotti a Zingaretti: “Non ho potere di fare nomine” – “Ringrazio Zingaretti per aver ricordato che non ho commesso nessun reato e che va respinta e condannata ogni forma di processo sommario. Detto questo, senza fare nessuna polemica con Nicola, sono un po’ sorpreso che lo stesso segretario abbia sentito poi la necessità di dire che il suo Pd non si occupa di nomine di magistrati: perché anche io faccio parte del ‘suo’ Pd e – come ho personalmente detto a lui e spiegato in una nota – non ho il potere di fare nomine, che come noto spettano al Csm”, ha spiegato Luca Lotti in una nota.

Zingaretti: “Il Pd non si occupa di nomine” – Le parole di Lotti sono infatti una replica a Zingaretti. “L’oggetto delle indagini non sono le frequentazioni ma il loro merito. Attendiamo per questo che si faccia piena luce. Agli esponenti politici del Pd protagonisti di quanto è emerso non viene contestato alcun reato. Per questo, ogni processo sommario celebrato sulla base di spezzoni di intercettazioni va respinto. Ma il Pd – ha spiegato Zingaretti – non ha mai dato mandato a nessuno di occuparsi degli assetti degli uffici giudiziari. Dal punto di vista dell’opportunità politica il partito che ho in mente non si occupa di nomine di magistrati. La politica valuta, interloquisce, si confronta, esprime opinioni ma non dà consigli o né si dedica ad organizzare maggioranze nel Csm”.

Lotti intercettato – Spunta intanto una nuova intercettazione di Lotti durante la riunione del 9 maggio con Palamara, Ferri e 5 togati. “Però qualche messaggio a Ermini va dato…”, dice Lotti. “Si è determinato l’oggettivo risultato che la volontà di un imputato abbia contribuito alla scelta del futuro dirigente dell’ufficio di procura deputato a sostenere l’accusa nei suoi confronti”, così il Pg della Cassazione, Riccardo Fuzio, riferendosi a Luca Lotti nell’atto di incolpazione dei consiglieri del Csm.

M5s: Intercettazioni di Lotti inquietanti – “Emergono inquietanti intercettazioni sulla bufera che sta coinvolgendo Csm e Pd. Negli atti si parla di interferenze illecite di Luca Lotti in “un centro di potere” esterno al Csm che decideva sulle nomine. In particolare tra le manovre “palesi quanto illecite da parte di soggetto rivestente la qualità di imputato, scrive il Gico, quella per la Procura di Roma dove, dice Lotti, “si vira su Marcello Viola”. Lotti avrebbe quindi provato a condizionare le nomine dei Procuratori e, in particolare, del Procuratore di Roma che sosterrà l’accusa nei suoi confronti nel caso Consip. E Zingaretti che fa? Lo tiene ancora dentro al Partito? Il Pd c’è dentro fino al collo ma nessuna parola da parte di un segretario fantasma che non ci vuole né vedere né sentire. Questo silenzio è gravissimo e imbarazzante”. Lo dichiara Michele Gubitosa, portavoce del Movimento 5 Stelle alla Camera dei deputati.

I provvedimenti del Csm – All’interno del Csm sono partite anche le azioni disciplinari, promosse dal Pg della Cassazione, Riccardo Fuzio nei confronti dei quattro consiglieri togati del Consiglio che si sono autosospesi, per la vicenda degli incontri con l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara e i deputati del Pd Cosimo Ferri e Luca Lotti, sulla nomina del nuovo procuratore di Roma. 

La posizione del Quirinale – Coinvolto nello scandalo da Giancarlo Longo, il Colle ha preso le distanze dalla vicenda: non ha mai parlato con alcuno di nomine di magistrati né è mai intervenuto per esse. La comunicazione avviene dopo le parole di Longo secondo il quale fu il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in persona, con un intervento “diretto”, a bloccare la sua nomina alla guida della procura di Gela. Longo, che ha lasciato la magistratura a dicembre 2018, dopo aver patteggiato una pena di 5 anni e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, avrebbe riferito questo episodio in un interrogatorio alla procura di Messina e riportato nel decreto di perquisizione eseguito dalla procura di Perugia, nei confronti di Luca Palamara, ex segretario dell’Anm e consigliere del Csm, indagato dalla procura umbra per corruzione.

Bonafede: “Istituzioni siano compatte” – “Voglio che sia chiaro è che la situazione è chiaramente grave, e questa gravità va affrontata dalle istituzioni che devono rimanere compatte”. Lo ha detto il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. “La magistratura italiana – ha detto – è di un livello altissimo, una delle migliori magistrature al mondo, sicuramente c’è un sistema delle correnti, un sistema contro cui in tanti ci siamo impegnati,anche la magistratura stessa,a combattere”.

L’appello di Forza Italia a Mattarella – “L’attuale Csm è gravato da ombre troppo serie per poter svolgere la sua funzione con la necessaria autorevolezza e imparzialità. Ci rivolgiamo dunque al Capo dello Stato, massimo garante delle regole democratiche, con un rispettoso ma accorato appello affinchè proceda al più presto allo scioglimento del Csm. Nello stesso tempo sosterremo con forza in sede parlamentare la proposta di una Commissione di inchiesta su quanto è accaduto e sta accadendo nel Consiglio Superiore”. E’ quanto si legge in una nota del Comitato di Presidenza di Forza Italia, riunito a Roma, sotto la Presidenza di Silvio Berlusconi. Pertanto il partito azzurro annuncia che chiederà nei prossimi giorni al Presidente della Repubblica “un’udienza per manifestargli, anche proprio nella sua qualità di Presidente del Csm, le nostre preoccupazioni e l’urgenza di un intervento all’altezza della gravità della situazione”.

Rif: https://www.tgcom24.mediaset.it/politica/csm-si-dimette-pure-antonio-lepre_3214326-201902a.shtml

Csm, consigliere Morlini si dimette dopo azione disciplinare per lui e i togati che incontrarono Lotti

Csm, consigliere Morlini si dimette dopo azione disciplinare per lui e i togati che incontrarono Lotti

Nel frattempo, rischia di ricominciare da zero l’iter per la nomina del nuovo procuratore di Roma, dopo la bufera che ha investito il Consiglio superiore della magistratura sull’onda dell’inchiesta di Perugia. Cioè da una nuova deliberazione della Commissione per gli incarichi Direttivi.

Il consigliere del Csm Gianluigi Morlini, che nei giorni scorsi ha lasciato Unicost, che ha presentato le dimissioni anche dal Csm. Il procuratore generale della CassazioneRiccardo Fuzio, ha promosso l’azione disciplinare nei suoi confronti e nei confronti degli altri tre consiglieri togati del Csm, che si sono autosospesi, per la vicenda degli incontri con l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara e i deputati del Pd Cosimo Ferri e Luca Lotti, sulla nomina del nuovo procuratore di Roma. In questo quadro rischiano il trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale e funzionale lo stesso Palamara e Stefano Rocco Fava, pm romani indagati dalla procura di Perugia. La prima commissione del Csm potrebbe prendere una decisione già nei prossimi giorni, anche domani, secondo le agenzie di stampa. Al vaglio della Commissione presieduta dal laico di Forza Italia Alessio Lanzi c’è anche la posizione dell’ex consigliere del Csm Luigi Spina, che si è dimesso dopo il caos di queste settimane e che invece è indagato a Perugia per rivelazione di segreto e favoreggiamento.

Azione disciplinare per i 4 consiglieri – Rimane dunque in bilico il futuro dei togati di Magistratura Indipendente Corrado Cartoni, Antonio Lepre, Paolo Criscuoli. I tre e Morlini si erano impegnati a decidere, entro la fine della settimana, se tornare al Csm, come vorrebbero e come gli chiede di fare la corrente di Magistratura Indipendente, o se dimettersi, come sollecita l’Anm. Morlini si era già dimessi dalla Sezione Disciplinare come aveva fatto Criscuoli. Domani è convocato un plenum straordinario del Csm per provvedere alla elezione di chi dovrà sostituirli. L’avvio dell’azione disciplinare  non comporta automaticamente la sospensione dal Csm che in questi casi è facoltativa. Si tratta però di una nuova tegola che può rendere più difficile la resistenza dei consiglieri alle pressioni per dimettersi.

Morlini (Unicost): “Unico modo per tutelare Istituzione”
“Le dimissioni sono l’unico modo per tutelare l’Istituzione, anche se, in questo momento davvero terribile, ritengo umiliante essere accomunato a chi ha fatto anche solo alcune delle cose che si leggono – scrive nella lettera di dimissioni inviata al vicepresidente del Csm David Ermini – Siamo tutti consapevoli del terribile momento che sta vivendo l’Istituzione consiliare, e ciascuno di noi è quindi chiamato a fare quanto può per preservarla – aggiunge -. Ciò posto, ribadisco innanzitutto di essere del tutto estraneo alle diverse questioni delle quali si è parlato sui media(vicenda Siracusa, Amara e Calafiore, rapporti con Centofanti, esposto del dottor Fava, reati di rivelazione del segreto d’ufficio e favoreggiamento personale, biglietti per partite della Lazio ed incontri con Lotito, incontri a casa della sorella di un exconsigliere). So però di avere compiuto un errore dovuto a leggerezza: casualmente ed in modo non programmato, in quanto invitato solo pochi minuti prima da un collega del quale mi fidavo, ho raggiunto ad un dopo cena alcuni magistrati consiglieri ed ex consiglieri del Csm; all’incontro è successivamente e per me inaspettatamente intervenuto l’onorevole Lotti (poi da me mai più visto né incontrato), senza che io lo sapessi o lo potessi prevedere; pur essendomi congedato prima che la serata terminasse, non mi sono immediatamente allontanato, nonostante tutti noi parlassimo di questioni consiliari. Per tale motivo, essendo stato proposto nei miei confronti un procedimento disciplinare, per senso di responsabilità istituzionale e per potere difendermi al meglio nelle sedi opportune, ritengo necessario presentare le mie dimissioni da Consigliere“.

Procura Roma, verso azzeramento iter – Nel frattempo, rischia di ricominciare da zero l’iter per la nomina del nuovo procuratore di Roma, dopo la bufera che ha investito il Csm sull’onda dell’inchiesta di Perugia. Cioè da una nuova deliberazione della Commissione per gli incarichi Direttivi, commissione che intanto è stata rinnovata nella sua composizione con la sostituzione di due dei consiglieri togati che avrebbero partecipato fuori dal Csm a incontri sul futuro assetto della procura capitolina con l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara – ora indagato a Perugia – Cosimo Ferri e Luca Lotti. Ma ci vorrà tempo, prima che la pratica sia ripresa in mano. Sembra dunque destinata a languire la proposta approvata il 23 maggio scorso dalla vecchia Commissione a favore del Pg di Firenze Marcello Viola, che ha ottenuto 4 voti, contro un voto ciascuno ricevuto dal procuratori di Palermo e Firenze, Francesco Lo Voi e Giuseppe Creazzo. Proposta che per approdare in plenum avrebbe bisogno di motivazioni, che non sono state scritte. L’intenzione è far decantare il caso prima di riprendere in mano la pratica. Tanto più dopo che ieri la Commissione ha stabilito di procedere alle nomine dei dirigenti degli uffici giudiziari a partire da quelle caselle scoperte da più tempo. E Roma non è ai primi posti in questa classifica.

“Amico di Amara ma trattò processo”. Csm rimuove pm –Intanto, sempre la sezione disciplinare del Csm ha rimosso dalla magistratura Maurizio Musco. Ex pm di Siracusa, poi trasferito a Sassari, Musco è accusato di aver violato “consapevolmente e reiteratamente” l’obbligo di astenersi dalla trattazione di un procedimento penale. Il procedimento riguardava familiari e clienti dell’avvocato Pietro Amara, al quale Musco – secondo l’accusa – era legato da un rapporto di amicizia e anche da relazioni economiche. A febbraio Amara ha patteggiato una condanna a 3 anni di carcere nell’ambito dell’inchiesta su sentenze “pilotate” al Consiglio di Stato: è l’uomo al centro dell’inchiesta su Palamara che si è poi estesa fino al Csm. Già nel 2012 il ministero della giustizia aveva mandato gli ispettori alla procura di Siracusa per indagare su Musco, che poi sarà condannato in via definitiva nel 2017 per abuso d’ufficio.

Rif:https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/12/csm-consigliere-morlini-si-dimette-dopo-azione-disciplinare-per-lui-e-i-togati-che-incontrarono-lotti/5250215/

Caos procure, Mattarella convoca elezioni Csm

Caos procure, Mattarella convoca elezioni Csm

lezioni suppletive per sostituire i due membri togati del Csm dimissionari, Luigi Spina e Antonio Lepre, rappresentanti della componente dei pm, in quanto non sostituibili con i primi dei non eletti, per “voltare pagina, restituendo alla magistratura prestigio e fiducia” incrinati per le vicende delle ultime settimane. E’ questa la motivazione alla base della decisione del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha indetto le elezioni suppletive per i prossimi 6 e 7 ottobre dopo il caso procure.

Per il Capo dello Stato si tratta di un primo passo, al quale ne dovranno e ne potranno seguire altri, come ad esempio la modifica dei criteri di scelta dei membri del Csm. Proprio per questo, fanno notare fonti qualificate del Quirinale, Mattarella ha preferito indire le elezioni suppletive, “doverosamente” come recita il comunicato ufficiale del Colle, e non procedere allo scioglimento immediato del Consiglio. Questo infatti avrebbe comportato nuove elezioni con i criteri attuali, in contrasto con la volontà espressa da diverse parti politiche di arrivare ad un cambiamento delle procedure elettorali. In ogni caso occorreva dare subito un segnale, per restituire alla magistratura quella fiducia e quel prestigio incrinati dalle vicende emerse nelle ultime settimane. Considerazioni che il Presidente della Repubblica ha condiviso con i vertici del Csm e con il ministro della Giustizia, con i quali è stato ed è in continuo contatto.

Rif:https://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/2019/06/13/caos-procure-attivate-procedure-disciplinari_yVdZZvztCu5En4vNTN7eRI.html?refresh_ce

sm, Robledo: “Magistratura si faccia esame coscienza. Ma non ne ha la forza, per anni ha tollerato questo”

Caos procure e Csm? Sì, siamo assolutamente di fronte a una situazione grave e pericolosa per le istituzioni. Non c’è dubbio”. Così, ai microfoni di “24 Mattino”, su Radio24, l’ex procuratore aggiunto di Milano, Alfredo Robledo, commenta lo scandalo sul Csm e le ultime intercettazioni, registrate da un trojan nel cellulare dell’ex presidente di Anm, Luca Palamara, indagato a Perugia per corruzione, e riguardanti le conversazioni tra lo stesso Palamara, alcuni consiglieri del Csm (togati del Csm autosospesi Antonio Lepre, Corrado Cartoni e Paolo Criscuoli e i dimissionari Gianluigi Morlini e Luigi Spina) , il deputato Pd Cosimo Ferri e l’ex ministro Luca Lottisulla nomina del successore dell’ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone.Dalle intercettazioni è emerso che uno dei candidati, il procuratore capo di Firenze Giuseppe Creazzo, è stato escluso, perché indagava sui genitori di Matteo Renzi.

Robledo si sofferma in particolare sulle affermazioni di Palamara: “Il riferimento che viene fatto da lui, sia pure indirettamente, al Quirinale, mi pare una mossa difensivatesa a mettere in difficoltà le alte istituzioni dello Stato, riparandosi sotto l’ombrello di confusione, di preoccupazioni, di notizie false e di paure. Mi pare una manovra diversiva, né più, né meno. Il fatto poi che Palamara possa dire che sapeva di essere intercettato mi pare molto improbabile, continuando a comportarsi in maniera palesemente contraria alla legge.E mi chiedo: com’è possibile che ci siano dei magistrati, che non hanno proprio scrupoli ormai nel vendere la propria funzione e il Csm, organo di rilevanza costituzionale che dovrebbe difendere l’autonomia dei magistrati, mettendolo in una piazza del mercato a simile livello di dignità? E’ incredibile. D’altra parte – continua – ci sono magistrati aderenti alla corrente di Magistratura Indipendente che tollerano che il riferimento della loro corrente sia un politico come Cosimo Ferri (ex Forza Italia, ora Pd, ndr), il quale ha attraversato diversi governi in una posizione chiave. Ma l’autonomia dei magistrati dov’è? Qui c’è un filo inaccettabile con la politica governativa. Come fanno i miei ex colleghi di Magistratura Indipendente a sostenere il nome di Ferri? Forse nella denominazione della loro corrente va aggiunto un punto interrogativo”.

Il magistrato puntualizza: “Il punto non sta nelle modalità di scelta dei consiglieri, perché ogni metodo risponde o può rispondere a certi interessi. Il problema sta nella moralità dei magistrati, nel loro modo di essere. Se manca quell’humus comune alla qualità di magistrato, e cioè di una persona aderente a un ordine dello Stato che deve tutelare la legalità, questo non può che essere un mondo chiuso alle influenze esterne, perché senza autonomia e indipendenza non c’è controllo di legalità. Le discussioni sulle modalità di scelta o sul sorteggio non sono utili. Non è il metodo che può modificare un costume, non è per legge che si possono modificare situazioni e riportarle all’ambito della legalità“.

E ammonisce: “I magistrati devono fare un grande e incredibile esame di coscienza. Io sono convinto che non ci sia una soluzione formale e giuridica a questo problema. Serve una rigenerazione, ma non so come possa accadereIo non credo che la magistratura abbia la forza di farlo, perché per anni ha tollerato questo sistema“.

Robledo cita con toni critici il governo Renzi: “Con la sua legge sulla diminuzione improvvisa dell’età pensionabile la situazione si è aggravata. E’ la stessa cosa che ha fatto Orban in Ungheria. Successivamente i colleghi della magistratura fecero ricorso alla Corte Costituzionale ungherese, che diede loro ragione, dicendo che il provvedimento era illegittimo, perché così si favoriva l’avanzata di una classe dirigente di magistrati vicina al governo. Anche la Commissione Europea fece un ricorso autonomo alla Corte di Giustizia, la quale disse che questa modalità di abbassamento dell’età pensionabile era incompatibile con le regole europee. Renzi lo fece lo stesso. E’ successo, quindi, che 450 e passa magistrati si sono trovate aperte carriere impensabili fino al giorno prima, così c’è stata la corsa alla raccomandazione per avere quel posto. E tutti i partiti, anche quelli di opposizione, furono d’accordo con quella legge, perché ognuno partecipava a certe indicazioni”.

L’ex procuratore menziona il suo caso personale, che coinvolse Palamara e comportò l’intervento di Giorgio Napolitano. E chiosa sulle “nuove generazioni” di magistrati: “Hanno una fibra morale più morbida. Oggi io vedo che i giovani magistrati sono più attenti alle carriere e ai rapporti “inter-correntizi”. Questo è il male vero della magistratura. Come si fa a sradicarlo con un rimedio ordinamentale? Ritornando alla valutazione di merito? Ma qui siamo al ‘Quis custodiet ipsos custodes?’. Ci sono oggi persone in grado di fare questo, cioè essere maestri e punti di riferimento per i giovani? In realtà – conclude – i giovani magistrati sono accalappiati subito dalle correnti, appena vengono nominati uditori.Quindi, è evidente che nascono in un sistema e non ne vedono altri. Questo è il pericolo reale. Ed è più di un pericolo”.

Rif:https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/13/csm-robledo-magistratura-si-faccia-esame-coscienza-ma-non-ne-ha-la-forza-per-anni-ha-tollerato-questo/5253431/

La cena dei magistrati con Lotti: “Ora mettiamo paura a Creazzo”

La frase dell’ex ministro intercettata: «Si vira su Viola, sì ragazzi». Il dossier contro il procuratore di Firenze.

La frase di Luca Lotti, immortalata dalla microspia nel cellulare di Luca Palamara, l’ex presidente dell’Anm, toglie ogni dubbio su come andò la riunione carbonara tra alcuni membri del Csm durante la quale si pianificò la nomina del futuro procuratore capo di Roma. Riunione durata 40 minuti, non poco: «Si vira su Viola, sì ragazzi». I «ragazzi» erano il fior fiore della magistratura eletta dalla categoria per l’autogoverno: c’era Gianluigi Morlini, presidente della commissione nomine.

Rif:https://www.lastampa.it/2019/06/13/italia/la-cena-dei-magistrati-con-lotti-ora-mettiamo-paura-a-creazzo-NjBan6J5Vv2Ne72ntQac3H/premium.html

Csm, coinvolti altri consiglieri nel caso delle nomine pilotate

Ci sono altri consiglieri del Csm coinvolti nella trattativa per la nomina dei procuratori di Roma, Perugia e Brescia, che ha già fatto esplodere la bufera su Palazzo dei Marescialli portando alle dimissioni di Luigi Spina, l’unico indagato del Csm, e all’autosospensione di Corrado Cartoni, Antonio Lepre, Paolo Criscuoli e Gianluigi Morlini, intercettati mentre discutevano della successione a Giuseppe Pignatone con i parlamentari del Pd Luca Lotti e Cosimo Ferri. Mentre le dimissioni, invocate da più parti, tranne dalla corrente di Magistratura Indipendente, tardano ad arrivare, altre notizie scuotono il Consiglio superiore della magistratura, travolto da una crisi istituzionale senza precedenti.

L CELLULARE
Nuove indiscrezioni sulle conversazioni registrate attraverso il trojan, collocato dal 7 al 16 maggio nel telefonino dell’ex presidente dell’Anm e membro del Csm Luca Palamara, indagato a Perugia per corruzione. Quel microfono ha svelato alla Guardia di finanza il coinvolgimento, anche a loro insaputa, di altre persone nelle conversazioni sulla trattativa per le nomine ai vertici degli uffici giudiziari di Roma, Perugia e Brescia. Durante i dialoghi sulle strategie da adottare per portare Marcello Viola alla guida dei pm di Roma, Luca Lotti millantava contatti e rapporti anche con il Quirinale. Così come lo stesso pm, indagato per corruzione dalla procura umbra, avrebbe sostenuto di essere stato informato delle intercettazioni a suo carico proprio da ambienti vicini al Colle.
Ma, come emerge dagli atti, l’interesse di Palamara riguardava anche la procura di Perugia: il suo obiettivo era vedere indagato il collega Paolo Ielo. Affrontava spesso la questione, ne discuteva anche con il sostituto della direzione nazionale Antimafia Cesare Sirignano. Nella conversazione intercettata il 7 maggio, Palamara parla del candidato che può soddisfare il suo desiderio di vendetta nei confronti di Ielo, sul quale il collega Stefano Fava aveva già presentato un esposto al Csm: «Chi glielo dice che deve fare quella cosa lì – dice a Sirignano – Deve aprire un procedimento penale su Ielo…cioè stiamo a parlà di questo… non lo farà mai». Il magistrato in questione era Giuseppe Borrelli, attualmente aggiunto a Napoli, che si è candidato, insieme ad altri diciannove colleghi come capo della procura di Perugia. Sirignano avrebbe risposto di avere già affrontato l’argomento con Borrelli che sarebbe stato disponibile a procedere.
Per questo, nei giorni scorsi, l’aggiunto di Napoli ha consegnato una relazione di servizio al procuratore Giovanni Melillo, che ha trasmesso il documento a Perugia, titolare del fascicolo. Nell’esaminare le varie candidature utili al suo obiettivo, Palamara valutava quelle di colleghi che non fossero vicini a Paolo Ielo. Così, nelle sue conversazioni, prendeva in considerazione anche l’ipotesi di Francesco Prete, attuale procuratore di Velletri, ed Erminio Amelio, pm di Roma, entrambi candidati a Perugia.

LE REAZIONI
In serata Giuseppe Borrelli ha diffuso una nota: «Apprendo con sorpresa e indignazione che mi sono state attribuite affermazioni mai pronunciate e intenzioni mai nutrite, nell’ambito di una vicenda alla quale sono completamente estraneo. Da giorni ho provveduto a depositare al procuratore della Repubblica la documentazione comprovante la mia più totale estraneità a quei fatti, per l’inoltro della stessa agli organi competenti. Ho già dato mandato per tutelare in ogni sede giudiziaria la mia onorabilità di uomo e magistrato». Sulla stessa linea Erminio Amelio: «Apprendo con stupore – dichiara – che venisse fatto il mio nome da parte di una persona con la quale non ho avuto nulla a che fare (Palamara ndr) e tutelerò la mia onorabilità in tutte le sedi competenti. Non sono mai stato nemico di Ielo con il quale sto ancora lavorando e lo stesso Ielo qualche mese fa, d’iniziativa, ha espresso parole lusinghiere sulla mia professionalità a colleghi anche del Csm».

Rif: https://www.ilmessaggero.it/italia/csm_nomine_pilotate_palamara-4551516.html
 

TOGHE SPORCHE ALLA CORTE PD: I CORROTTI LIBERI, LA “SPIA” TORNA A FARE IL PM

SCANDALO AL CSM SULLA CASTA INTOCCABILE:
L’EX PM LONGO SI DA’ AL FITNESS DOPO LA CONDANNA
PER LE MAZZETTE ENI-CONSIP DELL’AVVOCATO AMARA
CHE ORA INGUAIA L’EX PRESIDENTE ANM PALAMARA
L’indagato Spina si dimette dal Csm ed è reintegrato in Procura
Incontri proibiti dei magistrati coi deputati Pd Ferri e Lotti
già interrogato sul caso del giudice arrestato Antonio Savasta

Un magistrato può patteggiare 5 anni per corruzione in atti giudiziari, restare a piede libero e reinventarsi istruttore di fitness? Certo che può: basta che viva e lavori in Italia. Meglio ancora a Roma dove la bufera su presunte tangenti per la manipolazione delle nomine ha gettato altro fango sull’istituzione più imbarazzante della Repubblica Italiana: il Consiglio Superiore della Magistratura.

Il Palazzo dei Marescialli sede del Csm a Roma

La melma che imbratta le toghe di alti esponenti del CSM si aggiunge a quella già grondata sullo stesso organismo per le stragi di Capaci e di Via d’Amelio in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, silurato, isolato e messo sotto inchiesta dallo stesso CSM, ed il giudice Paolo Borsellino, vittima di un attentato dinamitardo poi oggetto del «più grave depistaggio della storia giudiziaria italiana», come sancito dalla Corte d’Assise di Caltanisetta nel processo Borsellino quater. Una vicenda, quest’ultima, che ha sollevato le vibranti proteste di Fiammetta Borsellino, figlia del giudice ucciso, per l’ormai imminente archiviazione determinata dal troppo tempo trascorso dalla tragedia: «Il Csm sul piano disciplinare non ha fatto nulla e quando si è mosso non l’ha fatto di sua iniziativa ma solo su input di noi familiari e questo per me è abominevole».

Oggi l’indagine della magistratura perugina pare aver scoperchiato un letamaio di sospetti intrighi tra esponenti del Csm, avvocati già condannati insieme a un magistrato per corruzione in atti giudiziari, e parlamentari del Partito Democratico vicini a Matteo Renzi: tra cui l’immancabile ex ministro Luca Lotti, già chiamato in causa, come semplice testimone per un incontro, in una precedente inchiesta che portò all’arresto del giudice romano Antonio Savasta.

I CONSIGLIERI DEL CSM NELL’OCCHIO DEL CICLONE

Il sostituto procuratore Luca Palamara, ex consigliere del Csm e già presidente dell’Anm

L’inchiesta della Procura di Perugia ruota tutta intorno al sostituto procuratore romano Luca Palamara, ex pm della Procura di Reggio Calabria, già consigliere del Csm nonché presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (da cui si è già autosospeso), indagato per corruzione in merito al tentativo di manipolazione di alcune nomine per le procure di Roma, Gela e Perugia, e coinvolge anche l’altro magistrato Luigi Spina, subito dimessosi da consigliere Csm, nei confronti dei quali le ipotesi di reato sono rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento personale.

Al centro delle indagini ci sono anche i nomi di due figure della malagiustizia già finite in manette per loschi affari: l’avvocato Piero Amara e l’ex sostituto procuratore di Siracusa, Giancarlo Longo. Pizzicati con le mani sulle bustarelle per manipolare i processi e costretti da prove incontrovertibili a patteggiare entrambi la pena per corruzione in atti giudiziari. Longo ho concordato 5 anni di pena e dopo essersi dimesso da magistrato è diventato istruttore di fitness in una palestra di Roma.

Amara, con il collega Calafiore, ha patteggiato 3 anni ed è anch’egli a piede libero, braccato da vari pubblici ministeri italiani in quanto sospettato di altri episodi delittuosi, tra cui proprio la dazione a Palamara di 40mila euro per la nomina di Longo a Procuratore capo di Gela, al fine, ritengono gli inquirenti, di poter pilotare in modo benevolo i procedimenti penali sul caso Eni di cui lo stesso Amara era consulente esterno.

Longo, in realtà, al Plenum del Csm non ottenne nemmeno un voto perché la sua nomina «venne stoppata dal presidente Mattarella» avrebbe dichiarato lo stesso ex pm in un interrogatorio. Ma il tentativo di corruzione sarebbe stato oggetto di vari approfondimenti dei Gico della Guardia di Finanza che avrebbero indagato sulle presunte regalie e sugli interessamenti di Palamara e di alcuni politici Pd alle sorti della Procura di Roma, anche attraverso intercettazioni ambientali.

L’avvocato pluriindagato per mazzette ai giudici Piero Amara

Longo ed Amara sono stati condannati ma restano in libertà anche grazie a quel Decreto Svuotacarceri che ha innalzato fino a 4 anni di pena il tetto della carcerazione e fu predisposto dal ministro di Giustizia Andrea Orlando con l’aiuto del sottosegretario Cosimo Maria Ferri, ex magistrato, oggi deputato democratico. Una riforma approvata dal Governo Gentiloni ormai scaduto e dopo la sconfitta elettorale del Partito Democratico alle elezioni politiche del 4 marzo 2018.

Il magistrato Cosimo Maria Ferri con il premier Paolo Gentiloni quando fu riconfermato Sottosegretario al Ministero della Giustizia prima di essere eletto deputato Pd

E anche Ferri, sottosegretario alla Giustizia in tutti i Governi targati Pd benedetti dai presidenti della Repubblica di tale schieramente, Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella, avrebbe incontrato Palamara insieme ad altri componenti del Csm tra cui il già menzionato Luigi Spina.

Ciò è emerso dalle intercettazioni raccolte dagli investigatori delle Fiamme Gialle tramite un trojan inoculato nel telefonino del magistrato. Ferri non ha negato gli incontri bensì minimizzato coi giornalisti: «Gli incontri con Palamara e Lotti? Niente di male: di sera uno puà fare ciò che vuole».

Ma quei vertici, secondo le registrazioni della Gdf, sarebbero avvenuti per discutere del successore del procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone: un magistrato che ha lasciato il segno con l’inchiesta su Mafia Capitale ma anche con quella sviluppata dal procuratore aggiunto Paolo Ielo sul maxi-appalto truccato del Consip, l’ente del Ministero dell’Economia e Finanze incaricato della selezione dei fornitori per la pubblica Amministrazione.

Il deputato ed ex ministro del Pd Luca Lotti, uomo di fiducia di Matteo Renzi

Per rivelazioni ad alcuni indagati dell’inchiesta Consip, in violazione del secreto istruttorio, l’attuale deputato democratico Luca Lotti, ex ministro allo Sport e braccio destro del premier Matteo Renzi, è sottoposto a richiesta di rinvio a giudizio.

Anche Lotti, sebbene parlamentare indagato proprio dalla Procura di Roma, avrebbe preso parte a quegli incontri notturni avvenuti tra il 9 ed il 16 maggio in un hotel della capitale. In virtù della netta distinzione tra politica e giustizia sancita dalla Costituzione si tratta di meeting assolutamente proibiti nei quali, i condizionali sono d’obbligo, magistrati ed esponenti di partito si sarebbero incontrati per pilotare le nomine di procuratori amici in sedi importanti: non solo Roma ma anche Perugia, cui compete la giurisdizione territoriale sulle indagini a carico di magistrati capitolini come nel caso di Palamara.

Spina, che secondo la Procura di Perugia avrebbe fatto soffiate al collega Palamara per avvertirlo delle indagini a suo carico, per ora ha evitato il peggio: si è dimesso il primo giugno da consigliere del Csm e tre giorni dopo è stato subito reintegrato nel ruolo di sostituto procuratore presso il Tribunale di Castelveteri. In Italia, infatti, un cittadino non è colpevole sino al Terzo grado di giudizio. Una logica che vale quasi sempre per i magistrati, soprattutto se vicini alla sinistra, ed un po’ meno per i politici, soprattutto se di destra…

IL CSM TRA DOSSIER SECRETATI E “TRAFFICI VENALI”

L’ex ministro Luca Lotti ad un evento a Valdarno “scortato” dall’onorevole David Ermini

Il Comitato di Presidenza del Csm, guidato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ex deputato Pd come il vicepresidente avvocato David Ermini, nel confermare l’inchiesta di Perugia ha rilasciato il seguente comunicato: «Si impone oggi un confronto responsabile tra tutti i componenti per la forte riaffermazione della funzione istituzionale del CSM a tutela dell’intera Magistratura. E’ convocato, pertanto, un Plenum straordinario per martedì 4 giugno, alle ore 16.30, nel corso del quale verrà anche preso atto delle sopravvenute dimissioni del Consigliere Luigi Spina».

Ma lo stesso Consiglio Superiore della Magistratura non ha ovviamente dato notizia della secretazione dell’Odg n. 2893 ex art. 70 del 22 maggio 2019 per il procedimento 1/CA/2019 che aveva come relatore proprio Spina. La si trova nascosta tra gli ordini del giorno nel sito web ufficiale del CSM insieme al fascicolo 12/AE/2018 in merito all’«annullamento in autotutela della Delibera consiliare del 22 maggio 2019 di applicazione extradistrettuale Corte d’Appello di Reggio Calabria» concernente incarichi di urgenza ad alcuni magistrati per le croniche carenze di tale sede giudiziaria. Un annullamento che induce subito ad inferire qualcosa di assai grave connesso alle indagini in corso…

Quale attinenza abbiano questi procedimenti secretati con la bufera sulle nomine pilotate è uno dei tanti misteri sepolti tra milioni di carte burocratiche di un sistema giudiziario in mano ad una casta che mira prima di tutto alla propria autodifesa a discapito dalla crescente sfiducia dell’opinione pubblica. il 7 dicembre 2018 il ministro di Grazia e Giustizia Alfonso Bonafede (M5Stelle) lanciò l’allarme sul fatto che «un italiano adulto su tre negli ultimi due anni ha rinunciato a far valere i suoi diritti» anche «per la scarsa fiducia nella magistratura, ma non per colpa della magistratura che lavora benissimo».

Il post del ministro di Grazia e Giustizia Alfonso Bonafede pibblicato su Facebook venerdì 7 dicembre

Parole evocatrici di disgrazia e smentite oggi dal vicepresidente del CSM che usa frasi lapidarie proprio contro i magistrati sotto inchiesta intrigati con i suoi colleghi del Pd: «Sono emersi traffici venali, degenerazioni correntizie e giochi di potere – denuncia l’ex deputato democratico Ermini nel suo intervento al Plenum straordinario – Gli eventi di questi giorni sono una ferita profonda e dolorosa alla magistratura e al Consiglio superiore. Il Csm e la magistratura hanno al loro interno gli anticorpi necessari per poter riaffermare la propria legittimazione agli occhi di quei cittadini nel cui nome sono pronunciate le sentenze. Siamo di fronte a un passaggio delicato: o sapremo riscattare con i fatti il discredito che si è abbattuto su di noi o saremo perduti». E proprio Ermini, in una delle intercettazioni, sarebbe stato definito «inaffidabile» dal compagno di partito Lotti per le sue resistenze…

SPINA INDAGATO TORNA SUBITO A FARE IL PUBBLICO MINISTERO

il magistrato Luigi Spina, consigliere del Csm dimissionario

Ma alle parole seguono fatti ben differenti: il Plenum ha subito accolto la richiesta del consigliere indagato e dimissionario Luigi Spina di tornare a fare il Pubblico Ministero. Il CSM proprio il 4 giugno, nel giorno in cui Ermini tuonava contro il vulnus tra le toghe, ha infatti deliberato «il richiamo nel ruolo organico della magistratura» del dottor Spina «magistrato ordinario che ha conseguito la V valutazione di professionalità, e la riassegnazione dello stesso alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Castelveteri con funzione di sostituto procuratore».

Spina, che come Palamara è esponente di Unicost, la corrente di centro delle toghe, avrebbe rivelato al suo collega notizie relative all’inchiesta di Perugia, apprese proprio grazie al suo ruolo nel Csm. Una conversazione dello scorso 9 maggio «tra Spina, Palamara e due parlamentari (…) dimostra che lo stesso Palamara – riporta Rai News in merito agli atti dell’inchiesta – era “già consapevole del suo procedimento pendente a Perugia, tanto da parlarne con un parlamentare imputato”».

«I virus inoculati dalla Guardia di Finanza nei telefoni di Luca Palamara e di altri indagati sono riusciti a risalire indietro nel tempo, documentando anche il lato oscuro del Csm in carica fino all’anno scorso – scrive Luca Fazzo su Il Giornale – È il Csm che – come ricorda Franco Roberti, ex procuratore nazionale antimafia – ridisegnò quasi per intero gli organigrammi della magistratura, dopo che Matteo Renzi aveva mandato in pensione d’autorità tutti gli ultrasettantenni, liberando decine di posti chiave. Ne scaturì una spartizione senza precedenti, davanti alla quale – dice Roberti – “Il caso Palamara è solo la punta dell’iceberg”. Una intera generazione di procuratori e presidenti di tribunale eletti in quei mesi rischia di essere investita dallo scandalo».

Le parole dell’avvocato Ermini, uno dei primi a minimizzare lo scandalo Consip quando era responsabile parlamentare alla Giustzia nel Partito Democratico, riecheggiano in quelle dell’eurodeputato piddino Franco Roberti e sembrano voler tracciare una netta trincea tra la gestione Renzi e quella successiva che il Pd si trova ad affrontare. Una demarcazione su cui pesa come un macigno, però, la nomina della moglie dello stesso Palamara quale dirigente esterna della Regione Laziosotto la presidenza di Nicola Zingaretti, il nuovo segretario del Partito Democratico.

ATTACCO ALLE TOGHE PER LE INCHIESTE SUI POTENTI

Il procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo, responsabile del dipartimento reati contro la Pubblica Amministrazione e titolare dell’inchiesta Consip

«Alla Procura di Roma, da quando è andato in pensione l’ex capo Giuseppe Pignatone, le tensioni che già c’erano sono esplose e sembra tirare un’aria da resa dei conti – scrive l’agenzia Adnkronos – Dietro i nomi dei tre pretendenti alla guida del più importante ufficio giudiziario d’Italia si combatte infatti una ‘guerra’ fra toghe più che fra correnti. Gli ‘umori’ dicono che chi vuole dare un più forte segno di continuità con la gestione Pignatone sponsorizzi il procuratore di Palermo Franco Lo Voi mentre dall’altra parte ci sarebbero quelli che puntano su Marcello Viola, procuratore generale di Firenze. Il terzo ‘incomodo’, una figura considerata intermedia, è quella del procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo. Ad infiammare lo scontro fra toghe è stato il sostituto procuratore Stefano Rocco Fava che ha scritto al Csm per segnalare il presunto conflitto di interessi di Pignatone e dell’aggiunto Paolo Ielo in merito ad alcune importanti inchieste giudiziarie a causa dell’attività professionale dei loro fratelli. Per tutta risposta, ha denunciato Fava, gli è stato tolto il fascicolo sul caso Amara e sulle presunte sentenze pilotate nell’ambito della giustizia amministrativa. A confermare l’aria tesa che tira in Procura sono alcuni magistrati titolari di inchieste che hanno chiamato in causa politici locali e nazionali e che rivendicano di aver dato fastidio ai ‘potenti’». C’è già chi parla apertamente di “una guerra che ha l’obiettivo di depotenziarci”.

La memoria va all’inchiesta su Salvatore Buzzi e Massimo Carminati per Mafia Capitale che smascherò un sistema di appalti, in particolare nella gestione dell’emergenza migranti. trasversale a vari esponenti politici. Ma l’attualità riporta soprattutto al caso Consip ora pendente davanti al Giudice dell’Udienza Preliminare per le richieste di rinvio a giudizio formulate dal procuratore aggiunto Paolo Ielo, responsabile del dipartimento Reati contro la Publica Amministrazione, per turbativa d’asta a carico di tredici imprenditori e manager delle aziende coinvolte: tra i quali l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo, amministratore della Romeo Gestioni, e i manager di Manutencoop, Cns, Cofely, Manital, Gestione Integrata, Siram e infine la Sti, già implicata in una precedente inchiesta sull’avvocato Amara di cui parliamo più avanti.

L’accusa è di avere stretto accordi sotterranei per vincere le gare, in spregio alla libera concorrenza. Gli indagati sono accusati di “collusioni consistite in accordi preordinati alla ripartizione” degli appalti. Mentre l’ex ministro Lotti è accusato di aver informato l’ex ad della Consip. Luigi Marroni, dell’esistenza delle cimici vanificando così le ulteriori indagini della Procura.

Dal calderone delle battaglie tra magistrati non si salvano nemmeno quelli di Firenze dove sono ormai molteplici i fascicoli aperti dalla Procura nei confronti di parenti dell’ex premier Matteo Renzi: da quelli sui genitori Tiziano Renzi e Laura Bovoli per bancarotta fraudolenta a quelli per appropriazione indebita del cognato Andrea Conticini e fratelli per i fondi Unicef finiti nei conti correnti privati anziché in servizi per i bimbi africani. Il procuratore capo Giuseppe Creazzo, in corsa proprio per la guida della Procura di Roma, insieme al suo collega Luca Turco, è stato di recente bersagliato da un esposto a Genova in cui si contesta la gestione di alcune indagini nel campo sanitario.

Ma lo stesso pm Fava, grande accusatore contro i colleghi romani, si trova ora invischiato nell’inchiesta su Palamara: anch’egli è indagato per favoreggiamento e rivelazione del segreto di ufficio in concorso (con Spina – ndr). Altri quattro togati, componenti del Consiglio Superiore della Magistratura, si sono autosospesi: due dei quali perché avrebbero preso parte agli incontri notturni coi parlamentari piddini Lotti e Ferri, gli altri due anche se avrebbero rinunciato all’ultimo momento alla riunione.

L’IMPRENDITORE DEI REGALI A PALAMARA

«Nel registro degli indagati, con l’accusa di corruzione, i pm di Perugia hanno iscritto anche Fabrizio Centofanti, l’imprenditore dei ‘regali’, e gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore – riferisce Rai News – Dalle indagini emergono viaggi e vacanze per Palamara (all’epoca consigliere del Csm) e famiglia: un’attività corruttiva messa in atto, secondo la procura di Perugia, “per fare in modo che Palamara mettesse a disposizione, a fronte delle utilità, la sua funzione di membro del Csm, favorendo nomine di capi degli uffici cui erano interessati Amara e Calafiore”. Tra i regali, anche un anello “del valore di duemila euro in favore dell’amica Adele Attisani”, oltre a un soggiorno a Taormina. E poi viaggi per lo stesso Palamara, o la sorella, in Toscana, a Madonna di Campiglio, a Dubai e Favignana».

«Sulla mia persona si stanno abbattendo i veleni della Procura di Roma, ma ho la tempra forte e non mi faccio intimidire. Sto chiarendo punto per punto tutti i fatti che mi vengono contestati perchè ribadisco che non ho ricevuto pagamenti, né regali, né anelli e non ho fatto favori a nessuno» ha invece ribattuto lo stesso Palamara al termine dell’interrogatorio durato più di 4 ore negli uffici di una caserma della Guardia di Finanza durante al quale era assistito dagli avvocati Benedetto e Mariano Marzocchi Buratti e Michele Di Lembo. «Ribadisco che non ho ricevuto soldi né regali e non ho fatto favori a nessuno. Chi conosce le dinamiche consiliari sa benissimo che non ho mai parlato di Giancarlo Longo (ex pm di Siracusa, ndr) ne’ tantomeno ho danneggiato qualche altro collega, trattandosi di un organo collegiale che come tale ha bisogno della partecipazione di tutti i suoi membri» ha aggiunto l’ex presidente Anm spiegando di aver esibito «le ricevute dei pagamenti dei viaggi e altro mi riservo di farlo nel prosieguo dell’interrogatorio».

Il sostituto procuratore romano, secondo i pm perugini, quando rivestiva il ruolo di componente del Csm, avrebbe anche ricevuto 40 mila euro dagli avvocati Calafiore e Amara per favorire la nomina di Giancarlo Longo, poi arrestato nel febbraio 2018 per corruzione a Messina. Ma è proprio da quell’inchiesta per corruzione in atti giudiziari che giungono le accuse di oggi.

IL MAGISTRATO CONDANNATO E’ LIBERO E SI DA’ AL FITNESS

«Da pubblico ministero a istruttore di fitness. Giancarlo Longo, smaltiti i veleni del “Sistema Siracusa”, ha deciso di rifarsi una vita a Roma. Dopo aver patteggiato 5 anni di pena con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e aver consegnato le dimissioni dalla magistratura (con annesso “sacrificio” del Tfr), l’ex pm ha deciso di ricominciare da quella che da sempre è stata la sua passione: lo sport». A raccontare la storia di Longo come in un gossip è il sito Siracusa News che mostra anche una foto del magistrato in tenuta da palestra.

«L’ex pm era accusato di corruzione in atti giudiziari davanti il Tribunale di Messina nell’ambito del “Sistema Siracusa”. Inchiesta che ha al centro due avvocati, Piero Amara e Giuseppe Calafiore, che per anni avrebbero pilotato inchieste e fascicoli al tribunale di Siracusa per avvantaggiare loro clienti di peso – scrive Siracusa News – Longo, dal canto proprio, in cambio di mazzette e regali, avrebbe messo a disposizione la propria funzione di magistrato condizionando le inchieste, aprendo fascicoli ad hoc per favorire gli assistiti dei due legali o per sviare le indagini, come sarebbe accaduto nel caso Eni-Descalzi».

Un incontro tra l’ex pm Giancarlo Longo e l’avvocato Giuseppe Calafiore che hanno patteggiato per corruzione in atti giudiziari

Un sistema rodato che ha visto gli avvocati Amara e Calafiore sotto accusa anche per le sentenze pilotate presso il Consiglio di Stato. Per la corruzione in atti giudiziari i due legali nel febbraio scorso avevano patteggiato davanti al Gup di Roma, Alessandro Arturi, una pena a 3 anni di reclusione per il primo (con 75mila euro di multa) e a 2 anni e nove mesi per il secondo (con 32,5mila).

Ma restano entrambi in attesa di conoscere l’esito della richiesta di patteggiamento in continuazione del reato proprio per il filone siciliano riferito alla corruttela di Longo e pendente davanti al Tribunale di Messina (prossima udienza 25 giugno). Secondo fonti giornalistiche i due avvocati, pur di guadagnarsi il parere favorevole della Procura di Roma ai patteggiamenti, sarebbero diventati collaboratori di giustizia vuotando il sacco sulla vicenda Palamara.

Un’inchiesta che va però presa con la massima cautela poiché gli avvocati giungono da quella Sicilia che è stata fucina di pentitismo finalizzato ai depistaggi giudiziari. Ma in quegli episodi di corruzione in atti giudiziari c’è l’anello di congiunzione tra le inchieste sulle tangenti Eni e una branca del già citato scandalo Consip.

DALL’ENI AL CONSIP: LE MAZZETTE DELL’AVVOCATO

«L’avvocato Piero Amara sapeva come fare: mazzette da 5.000 euro messe in una busta e lasciate nel bagno di un palazzo di giustizia, viaggi a Dubai e soggiorni in hotel di lusso per un pm “asservito alla sua causa”, l’ex sostituto procuratore di Siracusa Giancarlo, generosi mensili passati a consulenti e oscuri personaggi, verbali di interrogatorio fasulli scritti di suo pugno e finiti in fascicoli giudiziari. E il geniale metodo del procedimento “specchio” per attrarre in Sicilia inchieste giudiziarie che nulla avevano a che fare con la Sicilia, ma che qui potevano essere aggiustati per garantire gli interessi di due clienti preziosi». E’ quanto scritto dalla giornalista Alessandra Ziniti su Repubblica lo scorso 22 febbraio.

«C’è tutto questo nell’ultima tranche dell’inchiesta sulla lunga catena di corruttela capace di pilotare le sentenze della giustizia amministrativa del Consiglio di Stato e del Cga siciliano che all’alba di oggi ha visto finire agli arresti domiciliari il noto imprenditore piemontese Ezio Bigotti, presidente del gruppo Sti, aggiudicatario di numerose ed importanti commesse della Consip, la centrale acquisti del Tesoro, fermato nella sua casa di Pinerolo, e Massimo Gaboardi, ex tecnico petrolifero dell’Eni, arrestato a Milano. L’Eni ha però spiegato con una nota che “da un esame degli archivi aziendali disponibili non risulta che il signor Massimo Gaboardi sia mai stato dipendente di Eni né di società del gruppo”» rimarcava sempre il quotidiano Repubblica.

Duplice l’obiettivo dell’intervento corruttivo di Amara. In primo luogo ostacolare l’attività di indagine della procura di Milano sulle tangenti Eni in Algeria e Nigeria, avviando un filone parallelo d’inchiesta per avvalorare l’ipotesi di un complotto internazionale ai danni dell’amministratore delegato Claudio Descalzi ordito utilizzando come pedina il tecnico petrolifero Gaboardi.

In contemporanea creare un “fascicolo specchio” con documenti creati ad hoc per consentire all’ex pm di Siracusa Longo di attrarre i fascicoli per reati fiscali aperti a Torino e Roma nei confronti di Bigotti e quindi produrre consulenze addomesticate per chiedere l’archiviazione della posizione dell’imprenditore permettendogli una pacificazione fiscale per una delle sue società del gruppo Sti sottoposta ad accertamenti dell’Agenzia delle Entrate.

L’EX MINISTRO PD E L’INCONTRO CON IL PM POI ARRESTATO

L’ex pm di Trani poi giudice a Roma Antonio Savasta

Alla luce di questi precedenti sviluppi l’inchiesta della Procura di Perugia su Palamara pare assumere una rilevanza maggiore soprattutto per la figura politica che sempre aleggia dietro le quinte: quella dell’ex ministro renziano Luca Lotti. Sotto inchiesta per le rivelazioni nel caso Consip si ritrova invischiato anche negli incontri notturni con i consiglieri del Csm indagati ma è anche comparso in un’ulteriore indagine che ha portato addirittura dietro le sbarre l’ex pm di Trani e poi giudice a Roma Antonio Savasta.

Nella primavera 2018 Lotti fu interrogato dai pm di Lecce (competenti per territorio sui reati commessi nella Procura di Trani) ed affermò di non ricordare quell’incontro a Palazzo Chigi del giugno 2015: «Ho una conoscenza superficiale di Antonio Savasta – spiegò l’ex ministro ai magistrati – sicuramente me l’hanno presentato ma non ricordo chi né in quale occasione».

A chiamarlo in causa fu il re degli outlet pugliesi, Luigi Dagostino, che per ottenere indagini aggiustate in modo a lui favorevole pagò ben 53mila euro all’ex sostituto della Repubblica di Trani, secondo l’ordinanza di arresto. Ma non si limitò a questo.

Dagostino, oggi a giudizio a Firenze insieme a Tiziano Renzi e Laura Bovoli per una presunta maxi-fattura gonfiata, avrebbe pure favorito, secondo la Procura di Lecce, gli incontri di Savasta, che ambiva ad essere trasferito a Roma, con alcuni politici influenti come l’ex ministro Lotti e l’ex sottosegretario del Partito Democratico nei governi Letta e Renzi, Giovanni Legnini, poi divenuto vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura. Un’ulteriore vecchia storia che fa calare altre ombre sul Palazzo dei Marescialli e riporta alla mente il titolo del saggio di storia politico-giudiziaria dell’ex magistrato del pool antimafia Giuseppe Ayala: “Troppe coincidenze”…

Rif: https://www.gospanews.net/2019/06/08/toghe-sporche-alla-corte-pd-i-corrotti-liberi-la-spia-torna-a-fare-il-pm/

Valzer Procure, dopo la bufera Salerno diventà la priorità del Csm


Potrebbe essere solo questione di giorni e Salerno potrebbe avere il nuovo procuratore capo. La bufera che si è abbattuta sul Consiglio superiore della magistratura avrebbe un po’ cambiato l’ordine delle priorità dei magistrati di palazzo dei Marescialli. Sarebbe stato adottato un rispetto rigoroso del criterio cronologico per le nomine ai vertici di procure e tribunali, partendo da quegli uffici giudiziari la cui casella di comando è scoperta da più tempo e non più in base alla grandezza della ufficio interessato dalla nuova nomina. Travolto proprio dallo scandalo nomine, il Csm è al lavoro per recuperare credibilità. La Commissione per gli incarichi direttivi, da ieri all’opera con un nuovo presidente Mario Suriano (Area) – in sostituzione di Gianluigi Morlini, uno dei quattro togati che si sono autosospesi – ha deciso di cambiare metodo. Rispettare sempre e comunque il calendario delle scoperture è la nuova parola d’ordine. Il che vuol dire, basta con la pratica delle selezioni che facilita gli accordi spartitori tra le correnti della magistratura. Un approccio che ha conseguenze immediate: la lista delle nomine nelle procure vede balzare ai primi posti Salerno, che è senza capo da 9 mesi. 

Intanto la sezione distrettuale dell’Associazione Nazionale Magistrati, proprio in relazione ai gravissimi episodi su cui indaga la procura di Perugia, al termine di una partecipata assemblea, con soli quattro voti contrari, ha approvato il documento del Comitato direttivo centrale dell’Anm con il quale si censurano gli incontri, avvenuti al di fuori della sede istituzionale del consiglio e aventi ad oggetto anche la nomina dei procuratori di Roma e Perugia, ai quali hanno partecipato consiglieri in carica, due deputati, uno dei quali magistrato in aspettativa e l’altro imputato nell’ambito di un procedimento trattato dalla Procura della Repubblica di Roma ed un ex consigliere, aspirante all’incarico semidirettivo di procuratore aggiunto di Roma in quanto rappresentano una evidente interferenza nel corretto funzionamento dell’organo di Autogoverno attestandone una inaccettabile ed ingiustificabile degenerazione avverso la quale si impone una immediata e ferma reazione.

Rif:https://www.ilmattino.it/salerno/csm_salerno_procura_nomina_ufficio-4551076.html