Palamara indagato per corruzione. Ecco i rapporti con la Cosmec srl di Centofanti

presunti rapporti «illeciti» con l’imprenditore Fabrizio Centofanti portano il pubblico ministero di Roma Luca Palamara, ex presidente dell’Anm, nel registro degli indagati della Procura della Repubblica di Perugia, competente a indagare sui magistrati della Capitale. L’accusa di corruzione è dovuta a una informativa della Guardia di finanza, che ha ricostruito i contatti di Centofanti – arrestato nel febbraio del 2018 – non solo con Palamara ma anche con una serie di soggetti del “potere” giudiziario che con lui erano in contatto. Il procedimento è una costola della più ampia indagine sulla presunta corruzione al Consiglio di Stato.

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Le perquisizioni di aprile 2017: il ruolo della Cosmec
L’indagine, coordinata dal procuratore Luigi De Ficchy, come detto nasce da una informativa delle Fiamme gialle contenuta nell’indagine “madre”, che riguardava la presunta corruzione dell’ex presidente di sezione del Consiglio di Stato Riccardo Virgilio. Nel documento sono ricostruiti i collegamenti di Palamara anche dopo l’aprile del 2017, quando la Procura di Roma eseguì delle perquisizioni a carico di Centofanti. Quella perquisizione, all’epoca dei fatti coordinata dai procuratori aggiunti Paolo Ielo, Giuseppe Cascini e Rodolfo Sabelli, portò alla luce una «ramificata» rete di rapporti tra Centofanti e ambienti della magistratura. Il 6 aprile 2017, infatti, gli investigatori trovano degli elenchi con nomi e cognomi di importanti magistrati della Corte di Cassazione, del Consiglio di Stato e delle Commissioni tributarie. È il mondo della magistratura, che svolge il ruolo di comitato scientifico di Cosmec srl e dell’associazione culturale Cosmec controllate da Centofanti. Tra quei nomi c’è anche l’allora presidente dell’Anm Luca Palamara. 

La doppia veste della Cosmec
Nell’estate del 2018 il fascicolo finisce per competenza a Perugia, competente a indagare sui magistrati della Capitale. Il ruolo della Cosmec assume rilievo nel carteggio investigativo, alla luce delle rielaborazioni della Guardia di finanza. Perché secondo gli inquirenti si tratta di uno strumento che aveva lo scopo di mantenere saldi i rapporti con «politica e magistratura». Un particolare riassunto in una intercettazione dell’autista di fiducia di Centofanti, che a un dipendente dice: «Un’altra società invece che cura l’organizzazione di eventi che è quella che gli permette, appunto, di tenere i contatti, insomma, con il mondo della politica e della giustizia». Entrambe erano riconducibili a Centofanti, imprenditore legato a sua volta a Maurizio Venafro, ex capo di gabinetto alla Regione Lazio del governatore e segretario del Partito democratico Nicola Zingaretti.

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Accertamenti disciplinati della Cassazione
Il Pg della Cassazione Riccardo Fuzio avvierà accertamenti disciplinari sull’ex consigliere del Csm
Luca Palamara indagato dalla procura di Perugia. «Una
pre-istruttoria ci sarà – ha detto Fuzio rispondendo ad una domanda a margine di una tavola rotonda – come accade per tutte le notizie di reato che riguardano i magistrati e che vengono comunicate alla Procura generale e al Csm». 

Palamara: chiedo di essere sentito
«Apprendo dagli organi di stampa di essere indagato per un reato grave e infamante per la mia persona e per i ruoli da me ricoperti. Sto facendo chiedere alla Procura di Perugia di essere immediatamente interrogato perché voglio mettermi a disposizione per chiarire, nella sede competente a istruire i procedimenti, ogni questione che direttamente o indirettamente possa riguardare la mia persona» afferma in una nota l’ex consigliere del Csm Luca Palamara.

Rif: https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-05-29/palamara-indagato-corruzione-ecco-rapporti-la-cosmec-srl-centofanti-115643.shtml?uuid=AC7nQ7J

Palamara, longa manus nel Csm: tangenti per nomine e dossieraggi sui pm “nemici”

Era bastato un anello da 2mila euro e qualche viaggio in giro per il mondo, per «danneggiare» la credibilità professionale del pm di Siracusa Marco Bisogni, “colpevole” di essersi messo contro gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore e il faccendiere Fabrizio Centofanti, grandi orchestratori della compravendita di sentenze nel Consiglio di Stato.

Il pm Luca Palamara, ex consigliere del Csm, era diventato la presunta longa manus di un «sistema di potere» penetrato all’interno dell’organo di autogoverno della magistratura, al punto da veicolare le nomine con tangenti da 40mila euro e infangare gli altri magistrati che avevano individuato suoi contatti «illeciti», come il caso del procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo.

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Longa manus criminale nel Csm
Sono gli atti dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Perugia a restituire retroscena agghiaccianti del potere di penetrazione «criminale» che ci sarebbe stato all’interno del Consiglio superiore della magistratura, anche attraverso il consigliere indagato Luigi Spina. La lettura dei capi d’imputazione delinea un presunto asservimento di Palamara agli interessi del trio Amara-Colafiore-Centofanti, che negli anni avevano sviluppato rapporti di alto livello con la magistratura. Il Sole24Ore ha già avuto modo di illustrare il “sistema Cosmec”, l’associazione culturale presieduta da Centofanti, attraverso cui erano organizzati convegni giuridici. Una struttura che, secondo gli inquirenti, aveva lo scopo di tenere stretti i rapporti «con il mondo della magistratura e della politica» ma anche di pagare tangenti. Con Cosmec collaborava Palamara, ma anche l’ex presidente della IV sezione del Consiglio di Stato Riccardo Virgilio, accusato dai pm di Roma di aver intascato mazzette da Amara e Calafiore per veicolare procedimenti amministrativi. 

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Plurime e reiterate dazioni
Ed è proprio nell’ambito dell’inchiesta sul giudice Virgilio che gli inquirenti capitolini individuano rapporti tra Palamara e Centofanti che, all’epoca dei fatti, apparivano solo equivoci. A parlare di questi contatti è stato Calafiore, che «nel corso di molteplici audizioni – si legge negli atti – lambiva più volte il rapporto di amicizia e conoscenza in essere tra Centofanti e Palamara». Un dato poi suffragato da prove documentali: gli investigatori hanno individuato, infatti, «plurime e reiterate dazioni di utilità dal 2011 al 2017 in favore di Palamara». Ed è per questo che nell’estate del 2018 il procuratore aggiunto Paolo Ielo dispone la trasmissione degli atti alla Procura di Perugia, competente a indagare sui magistrati della Capitale. 

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Screditare il pm. Le conversazioni con Lotti e Ferri
D’un tratto Ielo diventa il nemico. L’obiettivo principale era di screditarlo, in quanto avendo individuato i suoi rapporti con gli indagati nell’inchiesta sul Consiglio di Stato, aveva inviato gli atti alla Procura di Perugia. Ed è in questo contesto «illeciti» che gli inquirenti scoprono sospette macchinazioni per infangare il magistrato. Operazioni basate su un esposto fatto al Csm dal sostituto procuratore Stefano Fava, che accusava sia l’ex procuratore capo Giuseppe Pignatone sia Ielo di «anomalie» nella gestione dell’indagine sul Consiglio di Stato. «Siccome un angelo custode ce l’ho io… sei spuntato te, m’è spuntato Stefano che è il mio amico storico…» dice Palamara in una intercettazione con Spina. Secondo i pm, il magistrato voleva utilizzare l’esposto presentato da Fava come «strumento per screditare il procuratore aggiunto che ha disposto, all’epoca, la trasmissione degli atti a Perugia». Al punto che della vicenda ne parla anche in una intercettazione ambientale in cui sono finiti due parlamentari, Luca Lotti e Cosimo Ferri. «Avrai la tua rivincita su chi ti sta fottendo», dice in una conversazione Spina a un Palamara agguerrito, pronto a ogni cosa pur di colpire chi lo aveva fatto finire sotto inchiesta. Nel registro degli indagati è finito anche lo stesso pm Fava. Secondo i magistrati di Perugia, il pm «violando i doveri inerenti la sua funzione», avrebbe «comunicato a Palamara (…) come gli inquirenti fossero giunti a lui, specificandogli che gli accertamenti erano partiti dalla carte di credito di Fabrizio Centofanti». 

La nomina di Longo e lo stop di Mattarella
Ma veniamo agli altri capi d’imputazione. Palamara, quale componente del Csm, «riceveva da Calafiore e Amara (…) la somma pari a 40mila euro per compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio, ovvero agevolare e favorire» la nomina del pm Giancarlo Longo «nell’ambito della procedura del procuratore di Gela alla quale aveva preso parte Longo». Questi è l’ex pm di Siracusa, arrestato su mandato della Procura di Messina per associazione per delinquere, falso e corruzione in merito alla gestione «illecita» di procedimenti penali di interesse di Amara e dell’avvocato Giuseppe Colafiore. Stando all’interrogatorio dello stesso Longo, la sua nomina sarebbe stata bloccata dopo l’intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Almeno questo è un aspetto che avrebbe riferito Palamara.

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«Danneggiare il pm Bisogni»
Un’altra accusa riguarda il tentativo di «danneggiare» il pm Marco Bisogni della Procura di Siracusa. Stando all’imputazione Palamara «quale consigliere del Csm» riceveva «varie e reiterate utilità da Centofanti consistenti in viaggi e vacanze a suo beneficio e a beneficio di familiari e conoscenti, ed anche un anello non meglio individuato, del valore pari a euro 2mila, in favore dell’amica Adele Attisani». Secondo le accuse dei pm di Perugia, Bisogni aveva indagato sull’avvocato Amara. Per questo il legale, assieme a Calafiore, aveva tentato più volte di farlo mettere sotto procedimento disciplinare dal procuratore generale di Catania, ma inutilmente. Così si rivolge a Palamara, che tenta di influire sul Csm, ma inutilmente.

Rif:https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-05-30/palamara-longa-manus-csm-tangenti-nomine-e-dossieraggi-pm-nemici-195456.shtml?uuid=ACcJkiK

Il Colle congela il Csm: “Ora nuove regole”

Mattarella convoca le elezioni suppletive. Bonafede: azione disciplinare

L'ex ministro Luca Lotti (Imagoeconomica)

Roma, 14 giugno 2019 –  Il Colle muove, a tutela dell’istituzione Csm, e, nonostante le richieste di Forza Italia Fratelli d’Italia di scogliere un Csm in piena bufera giudiziaria, il presidente della Repubblica – proprio perché convinto della necessità di una riforma di Palazzo dei Marescialli – indice per il 6 e 7 ottobre le elezioni suppletive per i magistrati dimissionari, che avverranno con le vecchie regole. La sostituzione dei dimissionari è il primo passo perché “si volti pagina”, trapela dal Quirinale. L’obiettivo del Presidente Mattarella è quello di restituire alla magistratura indipendenza, prestigio e fiducia che le note vicende hanno “incrinato” tra i cittadini. Ma indire elezioni generali adesso riproporrebbe con ogni probabilità le stesse criticità che le indagini stanno portando a galla. 

“Lo scioglimento immediato del Csm – spiegano fonti del Quirinale – comporterebbe la rielezione dei suoi membri con i criteri attuali mentre diverse forze politiche auspicano un cambiamento e chiedono una riforma delle norme di elezione“. Bisogna dare tempo al Parlamento di fare la riforma, ma al tempo stesso sostituire i dimissionari. Da qui, dopo settimane di contatti con i vertici di palazzo dei marescialli e con il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, la scelta delle suppletive. 

La mossa di Mattarella arriva dopo una nuova giornata convulsa, con le dimissioni di un terzo consigliere, Antonio Lepre. E con la mossa del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che ha avviato l’azione disciplinare nei confronti dei cinque consiglieri del Csm Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli, Antonio Lepre, Luigi Spina e Gianluigi Morini che incontrarono l’ex ministro Luca Lotti, rinviato a giudizio a Roma per Consip assieme al capo dell’Anm Luca Palamara e all’onorevole Pd (e magistrato) Cosimo Ferri

Una riunione che per il pg della Cassazione Riccardo Fuzio “è di cristallina evidenza” non fosse casuale, nella quale si parò di nomine “e che determinò l’oggettivo risultato che la volontà di un imputato (Lotti, ndr) abbia contribuito alla futura scelta del dirigente dell’ufficio di procura deputato a sostenere l’accusa nei suoi confronti”. “Condividendo appieno il provvedimento del pg della cassazione – ha scritto Bonafede – ho avanzato ulteriori contestazioni”. 
Dopo un lungo silenzio, Luca Lotti ha scritto su Facebook la sua verità. “Basta fango. In queste ore ho letto di tutto: rapporti tra magistratura e poltica, incontri segreti, cupole, verminai. Niente che abbia a che fare con la verità. In questi anni ho incontrato decine di magistrati. Se è reato incontrare un giudice non ho problemi a fare l’elenco di quelli che ho incontrato, in qualsiasi sede. Ma mai sono venuto meno ai doveri imposti dalla Costituzione e delle leggi”.

Il deputato parla di “un incontro che si è svolto in un dopocena: ho espresso liberamente le mie opinioni, parole in libertà, non minacce o costrizioni” sulle nomine. “E’ stato scritto – prosegue Lotti – che lì sarebbero stati decise le nomine di capi di alcune procure, ma la scelta spetta al Csm, che ha un plenum di 26 persone”. Troppe per condizionarle, secondo il braccio destro di Renzi.

“Quindi ho commesso reati? Assolutamente no. Ho fatto pressioni o minacce? Assolutamente no”. E Lotti si duole anche, e parecchio, “delle intercettazioni senza rilievo penale finite ai giornali”. Tra le molte, quella in cui Lotti, nella riunione con i cinque magistrati, dice del vicepresidente del Csm David Ermini: “Qualche messaggio gli va dato forte”.

Rif: https://www.quotidiano.net/politica/csm-magistratura-news-1.4645223

Consiglio di Stato, il candidato alla vicepresidenza è indagato per corruzione in atti giudiziari

Consiglio di Stato, il candidato alla vicepresidenza è indagato per corruzione in atti giudiziari

Sergio Santoro domani potrebbe diventare il numero 2 di Palazzo Spada. Il suo nome nell’inchiesta sulle sentenze amministrative aggiustate a suon di mazzette.

ROMA – C’è un nome che scotta nel lungo elenco di consiglieri di Stato, imprenditori e avvocati che da anni pilotavano le sentenze amministrative in Italia. È quello di Sergio Santoro, indagato per corruzione in atti giudiziari. La Procura di Roma ha chiesto per lui una proroga di indagine. La vicenda è quella che riguarda una serie di sentenze amministrative aggiustate a suon di mazzette. Un’inchiesta, alla quale lavorano sia i pm capitolini sia quelli messinesi, per la quale, un anno fa, sono finite in carcere 15 persone e molte altre sono state inquisite. Avvocati, imprenditori e magistrati accusati di aver aggiustato processi in favore dei clienti dello studio guidato da Piero Amara e Giuseppe Calafiore, considerati le menti del sistema. Chi si rivolgeva a loro, era quasi sicuro di avere una pronuncia favorevole, pagata profumatamente.

L’indagine che aveva già coinvolto altre toghe: l’ex presidente di sezione del Consiglio di Stato Riccardo Virgilio, il suo collega Nicola Russo e il pm di Siracusa Giancarlo Longo. Ora se ne aggiunge una, di peso. Santoro, ex capo di gabinetto del sindaco Alemanno e discusso presidente dell’Autorità dei contratti pubblici, chiusa e assorbita dall’Anac di Cantone, sta per giocare l’ennesima partita di potere della sua vita. Da attuale presidente della sesta sezione del Consiglio di Stato, giusto domani è certo di ottenere almeno la vicepresidenza di palazzo Spada. È l’unico candidato in lizza perché la quarta commissione, presieduta dal collega Oberdan Forlenza, lo ha già indicato come il giudice più adatto eliminando altri due concorrenti, l’ex ministro Franco Frattini Giuseppe Severini, ex consigliere giuridico alla Difesa. La sua, quindi, è una nomina ormai certa.

Ha tentato in tutti i modi di diventare presidente del Consiglio di Stato, prima contestando la designazione dell’ex capo Alessandro Pajno e poi quella dell’attuale Filippo Patroni Griffi. Ha lavorato per ottenere almeno la vice presidenza e potrebbe ottenerla domani giocando la carta della sua anzianità. Ma le sei pagine firmate il 21 dicembre del 2018 dal procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo sembrano destinate a gettare nel cestino l’ultima aspirazione di una vita trascorsa alla caccia di incarichi di prestigio, tra cui quello di consigliere dell’ex premier Berlusconi per garantire la trasparenza legislativa. In bella evidenza, sin dalla prima pagina, il suo nome spicca al numero 9 di un elenco di 31 indagati: “Santoro Sergio, nato a Roma il 22 aprile del 1951”. Massimo riserbo su quello che gli viene contestato, su quali siano gli episodi che hanno messo in allarme gli inquirenti. Il decreto fa solo riferimento al reato: 319 ter, ovvero, appunto, corruzione in atti giudiziari.

È un uomo chiacchierato Santoro. Sicuramente di lui non parla affatto bene l’attuale presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone, autore anche di un esposto alla procura di Roma. Da testimone al processo su Mafia capitale, nel settembre 2016 disse che sui contratti irregolari con le cooperative l’Avcp di Santoro, pur sapendo, non fece nulla. Cantone definisce “una vicenda inquietante” quella avvenuta a cavallo degli anni 2010 e 2011 quando l’Avcp venne meno al suo dovere di vigilanza sui contratti omettendo di denunciare le irregolarità nella gestione degli appalti affidati alle cooperative, tra cui quelle di Buzzi e Carminati, emersi solo con l’inchiesta di Mafia capitale.

Fece discutere anche la presa di posizione nel caso di Francesco Bellomo, il collega destituito a gennaio dell’anno scorso dopo lo scandalo dei sexy corsi. All’adunanza generale di Palazzo Spada finì con 75 voti contro Bellomo, uno a favore e 5 astenuti. Tra questi, appunto, c’era anche Santoro. La ricerca di posti di potere lo ha portato a occupare la presidenza della Gse, la società di gestione dei servizi elettrici, che dispone di 16 miliardi all’anno di incentivi alle fonti rinnovabili. Nell’autunno 2018 il suo nome veniva fatto tra quelli dei papabili alla presidenza.

Inchiesta Csm, quelle carte che lambiscono il Quirinale

Fino a lambire il Quirinale. Ormai il telefonino di Luca Palamara è una mina vagante e un pericolo per le istituzioni.

Si dice che i pm di Perugia, che avevano installato un trojan nel cellulare dell’ex presidente dell’Anm, siano rimasti sconcertati dalla lettura del colossale tomo consegnato dal Gico della Guardia di finanza. Si deve decidere in che direzione procedere e non è facile quando i primi assaggi, pubblicati ieri da Repubblica e Corriere della sera, tirano in ballo su diversi versanti il Colle. Le carte, in partenza nei prossimi giorni per il Csm, raccontano le presunte, tortuose manovre di Luca Lotti. L’ex ministro, infuriato con la procura di Roma che ha chiesto il suo rinvio a giudizio, spiega al suo interlocutore di essere andato a sfogarsi al Quirinale, dipingendosi come vittima di una sorta di persecuzione. Non solo, avrebbe confidato a Palamara, nei loro incontri carbonari in piena notte, un progetto sconsiderato: salire di nuovo al Quirinale per cercare una sponda nella guerra in corso per la nomina del nuovo capo della procura di Roma. Insomma, fra indiscrezioni e notizie tutte da verificare, il complotto dentro la magistratura afferra con i suoi tentacoli la presidenza della Repubblica.

E questo mentre le scosse provocate dalle carte già arrivate a Palazzo dei Marescialli continuano inarrestabili.

Il procuratore generale della Cassazione apre un’indagine disciplinare sul poker di consiglieri coinvolti nei meeting organizzati da Palamara con Cosimo Ferri e Luca Lotti e uno dei quattro, Gianluigi Morlini, di provenienza Unicost, si dimette dal Csm spaccando il fronte degli irriducibili, incollati alle loro poltrone. Gli altri tre – Corrado Cartoni, Antonio Lepre, Paolo Criscuoli – hanno però in più la benedizione della loro corrente, Magistratura indipendente, che li esorta a non mollare la sedia e a non seguire Morlini e, prima ancora, Luigi Spina, costretto alla resa perché indagato. E così Criscuoli abbandona la Sezione Disciplinare, mossa improcrastinabile, e in questo modo blinda la permanenza nel Consiglio.

Siamo in un ginepraio ad alto rischio di delegittimazione. E ogni mossa può avere pesanti contraccolpi. Il vicepresidente David Ermini, interpellato dal Giornale, allarga le braccia: «Dobbiamo aggiornarci minuto per minuto», in un susseguirsi sfibrante di voci e colpi di scena.

Due consiglieri fuori, tre nel limbo dell’autosospensione, almeno altri due, anche se non se ne conoscono ancora i nomi, risucchiati nel vortice del telefonino di Palamara. E, sullo sfondo, il capitolo più spinoso che porta al Quirinale.

Le chiacchiere di Lotti. E quelle di Palamara che, attraverso una persona a lui vicina già identificata dagli inquirenti, avrebbe saputo da una talpa piazzata al Quirinale di essere «spiato» dai pm di Perugia. Ma, per un mistero incomprensibile, non avrebbe smesso di parlare a destra e sinistra, infilandosi in un mare di guai.

Tornano alla memoria le quattro telefonate intercettate fra Nicola Mancino e Giorgio Napolitano nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, oggetto di mille speculazioni e poi distrutte dopo un lungo braccio di ferro per ordine della Consulta. Fra l’altro, ironia della storia, a sentire l’ex pm Antonio Ingroia, prima di giungere allo scontro davanti alla Corte costituzionale sarebbe balenato, come possibile mediatore, il nome dell’onnipresente Palamara.

Sembra di stare in una fiction. E ci si muove su un terreno scivolosissimo, mentre fonti del Quirinale rimandano al mittente le insinuazioni: Mattarella non ha mai trattato le nomine; Lotti è stato sul Colle per l’ultima volta il 6 agosto 2018. Quando ha lasciato l’incarico di ministro.

rif:http://www.ilgiornale.it/news/politica/inchiesta-csm-quelle-carte-che-lambiscono-quirinale-1710192.html

Csm, Mattarella indice elezioni suppletive. Lotti intercettato: «A Ermini qualche segnale va dato»

Dalle intercettazioni effettuate tramite la microspia inserita nel cellulare del giudice Luca Palamara emerge chiaramente quanto l’ex ministro Luca Lotti si muovesse come regista del risiko per la nomine nel Csm durante una delle riunioni serali in hotel per decidere il futuro procuratore capo di Roma, là dove dice: «Si vira su Viola, ragazzi».

Alla riunione del 6 maggio, durata 40 minuti, partecipavano il «fior fiore della magistratura», come riporta La Stampa. I «ragazzi» a cui si riferisce Lotti sono Gianluigi Morlini, presidente della commissione per le promozioni ai ruoli direttivi, da ieri sotto procedimento disciplinare e già dimesso. Poi c’erano quattro consiglieri del Csm: Luigi Spina, indagato e dimissionario, Antonio Lepre, Corrado Cartoni e Paolo Criscuoli. Infine il deputato del Pd Cosimo Ferri.

rif: https://www.open.online/2019/06/13/l-intercettazione-che-inguaia-lotti-palamara-e-i-togati-del-csm/

Csm, Bonafede attiva azione disciplinare per consiglieri autosospesi. Mattarella: “Elezioni suppletive per dimissionari”

Csm, Bonafede attiva azione disciplinare per consiglieri autosospesi. Mattarella: “Elezioni suppletive per dimissionari”

Il ministro ha firmato l’avvio della procedura per Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli, oltre che Luigi Spina e Gianluigi Morlini, che però si sono già dimessi. Oggi ha fatto un passo indietro anche Antonio Lepre. Ieri era stato il procuratore generale della Cassazione, Riccardo Fuzio, a promuovere l’azione disciplinare nei confronti dei membri di Palazzo dei Marescialli che incontravano l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara – sotto inchiesta per corruzione – e i deputati del Pd.

Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha firmato la richiesta di procedura disciplinare nei confronti dei consiglieri del Csm che hanno incontrato Luca Lotti. Si tratta dei consiglieri autosospesi Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli Antonio Lepre che ha presentato oggi le sue dimissioni, oltre che Luigi Spina e Gianluigi Morlini, che avevano già lasciato l’incarico. “Il Guardasigilli, condividendo a pieno il provvedimento del procuratore generale della Corte di Cassazione, ha avanzato ulteriori contestazioni e continua a muoversi nel solco di quella compattezza delle istituzioni che ha promosso fin dall’inizio della vicenda che sta investendo il Csm”, si legge in una nota di via Arenula. In serata, poi, il capo dello Stato Sergio Mattarella in qualità di presidente del Csm ha “doverosamente indetto”, come si legge in una nota del Colle, l’elezione suppletiva per i due dimissionari, informando il vice presidente del Cdm e il ministro. La sostituzione dei dimissionari, sottolineano fonti del Quirinale, è il primo passo perché “si volti pagina” rispetto a quello che è successo restituendo alla magistratura indipendenza e prestigio. Prestigio che le ultime vicende hanno “incrinato” tra i cittadini. Mattarella ha scelto di indire le supplettive a ottobre perché la richiesta di scioglimento anticipato contrasterebbe con la necessità di cambiare le procedure elettorali da più parti richieste.

Lepre: “Fatti assolutamente occasionali”
“Consapevole della forte tensione istituzionale venutasi a creare in questi giorni, tengo innanzitutto a ribadire con forza che ogni circostanza a me attribuita è frutto di fatti assolutamente occasionali, non programmati, ancorché inopportuni. Respingo con fermezza – si legge nella lettera di Lepre – ogni paragone o accostamento a chi si è reso responsabile di attività illecite o trame occulte e sottolineo di aver sempre agito nell’interesse dell’Istituzione, tentando di realizzare, fin dall’inizio del mio impegno consiliare, quanto promesso in campagna elettorale come i cd. standard di rendimento, i carichi esigibili e la semplificazione e trasparenza delle valutazioni di professionalità, per i quali si era un passo dall’approvazione”.

Azione disciplinare del pg della Cassazione
Ieri era stato il procuratore generale della CassazioneRiccardo Fuzio, a promuovere l’azione disciplinare nei confronti dei membri di Palazzo dei Marescialli che incontravano l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara – sotto inchiesta per corruzione – e i deputati del Pd Cosimo Ferri e Luca Lotti, per discutere di alleanze e strategie da segunomina del nuovo procuratore di Roma. In questo quadro rischiano il trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale e funzionale lo stesso Palamara e Stefano Rocco Fava, pm romani indagati dalla procura di Perugia. La prima commissione del Csm potrebbe prendere una decisione già nei prossimi giorni. Al vaglio della Commissione presieduta dal laico di Forza Italia Alessio Lanzi c’è anche la posizione dell’ex consigliere del Csm Spina, che si è dimesso dopo il caos di queste settimane e che invece è indagato a Perugia per rivelazione di segreto e favoreggiamento.  

Csm, le manovre di Lotti e Palamara sul pm che ha arrestato i genitori di Renzi: “Creazzo? Gli va messa paura. Liberi Firenze”

Nel frattempo il plenum del Consiglio superiore della magistratura ha preso atto delle dimissioni del togato Gianluigi Morlini, e lo ha ricollocato in ruolo con le funzioni ho giudice al tribunale di Reggio Emilia, incarico che ricopriva prima di essere eletto al Consiglio. Morlini prima si era autosospeso, insieme ad altri tre togati, Antonio Lepre, Paolo Criscuoli e Corrado Cartoni. Poi ieri ha comunicato le sue dimissioni in una lettera al vicepresidente David Ermini.

Via Morlini, eletto Giuseppe Marra
È legato alla sue dimissioni il rientro in servizio in magistratura (lavorerà alla Corte di Cassazione) di Giuseppe Marra, il primo dei non eletti tra i togati del Csm, nella quota riservata ai giudici. Marra è attualmente fuori ruolo al ministero della Giustizia, dove ricopre il ruolo di Direttore generale degli affari giuridici. Il rientro in ruolo è un passaggio necessario perché possa subentrare al Csm al posto lasciato libero da Morlini. E infatti ritorno in ruolo è stato deliberato dal plenum del Csm, subito dopo aver preso atto delle dimissioni di Morlini. Il plenum di Palazzo dei Marescialli ha anche votato all’unanimità Giovanni Zaccaro (Area) e Michele Ciambellini (Unicost) nella sezione disciplinare del Csm.

Rif: https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/13/csm-bonafede-attiva-azione-disciplinare-per-consiglieri-autosospesi-mattarella-elezioni-suppletive-per-dimissionari/5253108/

Csm, le “interferenze” di Lotti per la procura di Roma: “Si vira su Viola”. Palamara: “Creazzo? Gli va messa paura”

Csm, le “interferenze” di Lotti per la procura di Roma: “Si vira su Viola”. Palamara: “Creazzo? Gli va messa paura”

“Le interferenze illecite” di Luca Lotti in “un centro di potere” esterno al Csm che decideva sulle nomine. È quanto si legge negli atti del Gico della Guardia di finanza, depositati alla Procura di Perugia e al Csm, sull’indagine Palamara. Tra le manovre “palesi quanto illecite da parte di soggetto rivestente la qualità di imputato”, scrive il Gico, quella per la Procura di Roma dove, dice Lotti, “si vira su Marcello Viola”.

Negli atti, pubblicati in parte ieri sera dal Sole 24 Ore, si legge che un ruolo diretto lo avrebbe giocato anche Pierluigi Morlini che ieri ha inviato una lettera di dimissioni al vicepresidente Ermini in cui ammette che nell’incontro notturno con Ferri-Lotti-Palamara e altri colleghi togati si è parlato di “attività consiliari”, cioè della nomina del procuratore di Roma, dopo il pensionamento di Pignatone. Secondo il Gico Morlini parla di altri voti da raccogliere su Viola. Si parla anche di Giuseppe Creazzo, il procuratore di Firenze, altro candidato contrapposto al procuratore di Palermo Francesco Lo Voi ritenuto “in continuità” con Giuseppe Pignatone: “Gli va messa paura”, dice Palamara.

Sia Morlini che gli altri presenti all’incontro, Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli Antonio Lepre, da ieri sono sotto procedimento disciplinare promosso dal Pg della Cassazione Riccardo Fuzio. A quanto risulta al Fatto, vengono loro contestati “comportamenti abitualmente o gravemente scorretti” nei confronti degli altri consiglieri. Nell’ennesima, convulsa, giornata di ieri è protagonista anche il Quirinale che ha smentito articoli di stampa: “ Quanto alla notizia che Lotti si sarebbe lamentato con il Quirinale dell’inchiesta di Roma a suo carico, si precisa che il capo dello Stato lo ha incontrato il 6 agosto scorso per un saluto di congedo dei ministri”. Inoltre, il presidente Mattarella “non è mai intervenuto sulle nomine se non con interventi per richiamare il rispetto rigoroso dei criteri e delle regole”.

A proposito di nomine, il consigliere dimissionario Morlini era presidente della Quinta commissione, che si occupa proprio degli incarichi dei magistrati, ed era tra i quattro autosospesi. Ieri, la decisione di dimettersi, dopo la notizia del procedimento disciplinare.

Criscuoli si è dimesso da giudice supplente della sezione disciplinare, ma non da consigliere, quindi resta autosospeso, come Lepre e Cartoni. Tutti e tre si sarebbero lamentati di non aver potuto leggere le carte che li riguardano.

Nella lettera a Ermini, Morlini parla di un errore di “leggerezza”. Racconta di essere stato invitato da un collega “di cui mi fidavo” a un dopo cena con “alcuni consiglieri ed ex consiglieri del Csm (Ferri e Palamara, ndr). All’incontro, è successivamente e per me inaspettatamente intervenuto l’onorevole Lotti. Pur essendomi congedato prima che la serata terminasse, non mi sono immediatamente allontanato, nonostante tutti noi parlassimo di questioni consiliari”. Morlini, però, rivendica di aver agito per tutte le nomine, compresa Roma, “senza condizionamento politico o esterno”.

Morlini era di Unicost, la corrente centrista, Cartoni, Criscuoli e Lepre, sono di MI, la corrente conservatrice che sabato scorso li aveva invitati a revocare la loro autosospensione e a riprendere l’attività consiliare.

A oggi, Cartoni, Criscuoli e Lepre restano autosospesi, ma rischiano una sospensione formale, se non si dimettono prima, perché il Pg della Cassazione sembra intenzionato a chiederla ai giudici disciplinari del Csm. Se accolgono l’eventuale richiesta, scatterà automaticamente. Il Consiglio, dunque, è costretto a funzionare in forma ridotta, con due togati dimissionari e 3 autosospesi su 16. A bocce ferme, Morlini, giudice di merito, sarà sostituito dal primo dei non eletti, Giuseppe Marra.

Rif:https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/06/13/le-interferenze-di-lotti-a-roma-si-vira-su-viola/5251858/

Palamara, nella guerra dei veleni spunta il consigliere giuridico del Quirinale

Due giorni dopo, Luca Palamara sarebbe stato perquisito e i veleni dell’inchiesta di Perugia, che hanno investito il Consiglio superiore della magistratura e la procura di Roma, sarebbero diventati pubblici. Ma intanto l’ex consigliere del Csm parlava con il parlamentare Cosimo Ferri. Un’intercettazione ambientale, captata poco prima della discovery, registra la conversazione nella quale il deputato informa Palamara che nel suo telefono è stato piazzato un trojan, un virus che trasforma il cellulare in un microfono, come prevede la nuova legge spazzacorrotti.

A riferire la notizia riservata, dice Ferri, sono dei consiglieri del Csm, che gli hanno spifferato quell’informazione avvalorandola anche con l’indicazione di una fonte illustre: Stefano Erbani, il consigliere giuridico del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. La conversazione è stata fatta ascoltare a Palamara (che poco prima aveva detto: «Sapete già di Erbani») durante il suo interrogatorio in due round dai pm di Perugia. Una circostanza rispetto alla quale il magistrato non ha avuto molto da aggiungere, dicendo di non aver mai avuto nulla da nascondere, perché i suoi incontri con i colleghi, anche per discutere delle future nomine, non costituivano un reato. Palamara ha precisato, ovviamente, di non conoscere Erbani. Netta la smentita del consigliere giuridico di Mattarella, dopo la precisazione diffusa ieri dal Quirinale che ha smentito di disporre di informazioni relative alle indagini. «Sono estraneo a questi fatti – ha dichiarato Erbani attraverso i canali ufficiali del Colle – e sono pronto a denunciare per calunnia chiunque li riferisca e li abbia riferiti».
Aumenta così la tensione con registrazioni, atti e dichiarazioni che travolgono la magistratura e fanno crescere l’imbarazzo istituzionale. Adesso la procura punta a individuare i due consiglieri, per stabilire come una simile fuga di notizie si possa essere verificata. Intanto la Guardia di Finanza ha depositato altri atti che presto dovrebbero essere trasmessi al Csm.

I FASCICOLI A CASA
Per quanto riguarda le indagini su Palamara gli investigatori stanno cercando di capire perché il pm avesse a disposizione alcuni atti della procura di Roma che non erano di sua competenza. I militari li hanno sequestrati al momento della perquisizione. In sede di interrogatorio, il magistrato ha chiarito che si trattava per lo più di documenti che gli venivano mandati, insieme alla richiesta di aiuto su come affrontare vicende giudiziarie, da parte di conoscenti. Fascicoli di nessun peso, dei quali non si è mai interessato. Ma i finanzieri indagano anche su un appunto trovato nell’ufficio del pm in cui, sotto a un numero di procedimento, c’era scritto: «Non fissare».
L’inchiesta non si ferma e se dal punto di vista penale potrebbero emergere altri elementi, di certo sono già annunciati atti che, dal punto di vista istituzionale, creeranno ulteriore imbarazzo. Nelle intercettazioni, infatti, emerge che nel risiko delle nomine tra consiglieri e magistrati, pronti a promuovere accordi per decidere i vertici delle procure di Roma, Perugia e Brescia, sono coinvolte altre toghe. Veleni che non si arrestano e si diffondono ancora. La nomina di Marcello Viola, attuale procuratore generale di Firenze, voluta da tre correnti, Unicost, Magistratura Indipendente e Autonomia e indipendenza di Piercamillo Davigo, doveva avviare una nuova era all’insegna della discontinuità con la gestione di Giuseppe Pignatone negli uffici della Capitale. Ma nella partita erano entrati anche componenti esterni alla magistratura, come Luca Lotti, mandato a processo proprio da Pignatone per rivelazione del segreto istruttorio e favoreggiamento nell’ambito dell’inchiesta Consip. Dall’altra parte, solo una corrente, quella di sinistra, Area, auspicava l’arrivo di Francesco Lo Voi, capo dei pm di Palermo e naturale successore di Pignatone. La guerra è cominciata così. A margine, il desiderio da parte di Palamara di vendicarsi del collega Paolo Ielo, l’aggiunto che aveva mandato a Perugia gli atti sui suoi rapporti con l’imprenditore Fabrizio Centofanti.

Rif: https://www.ilmattino.it/primopiano/cronaca/palamara_indagato_csm_cosimo_ferri_stefano_erbani-4554777.html

Palamara conservava fascicoli a casa Il Colle: mai intervenuti sulle nomine

Luca Palamara

Qualcuno avvisò il magistrato Luca Palamara che nel suo telefono c’era un trojan. È proprio lui a parlarne in una conversazione intercettata con il parlamentare del Pd Cosimo Ferri che dice di averlo saputo da alcuni componenti del Csm, a loro volta, sostengono, informati dal consigliere giuridico del Quirinale Stefano Erbani. Non è l’unica volta in cui il Colle viene citato nei colloqui finiti agli atti dell’inchiesta di Perugia. Luca Lotti — anche lui deputato del Pd, imputato a Roma per la vicenda Consip — racconta a Palamara di essere stato ricevuto al Quirinale proprio per discutere della sua vicenda giudiziaria. E di poterci tornare «quando voglio».

«Mai intervenuti»

La smentita che arriva dal Colle è netta: «Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non ha mai parlato di nomine di magistrati né è mai intervenuto per esse. La presidenza della Repubblica non dispone di notizie su indagini giudiziarie e dal Colle non sono uscite informazioni al riguardo. Gli interventi messi in atto sono stati di carattere generale, per richiamare il rispetto rigoroso dei criteri e delle regole preposte alle funzioni del Csm. Per quanto riguarda invece Luca Lotti, l’ultimo incontro risale al 6 agosto 2018 quando è cessato dalla carica di ministro».

«Calunnie gravi»

La vicenda del trojan emerge nell’interrogatorio di Palamara del 31 maggio scorso, il giorno dopo la perquisizione nel suo ufficio e nel suo appartamento. «A Roma girava voce che fossi intercettato, ma io non ho niente da nascondere», dichiara. I pm chiedono chiarimenti e lui aggiunge: «Se ne parlava alle cene». A quel punto gli viene contestata la conversazione con Ferri e lui esclama: «Allora già sapete di Erbani». Adesso si cercherà di scoprire chi tra i consiglieri del Csm possa aver raccontato a Ferri che Erbani sapeva del trojan, ma intanto il diretto interessato reagisce seccamente: «Chi ha fatto il mio nome in questa vicenda risponderà di calunnia. Si tratta di una circostanza falsa, si colpisce me per colpire il presidente. Tutte le informazioni che ho avuto su questa vicenda le ho avute quando erano di pubblico dominio, evidentemente da parte di queste persone c’è un risentimento nei miei confronti e per questo cercano di coinvolgermi in una vicenda alla quale sono totalmente estraneo».

«Non farla fissare»

L’indagine delegata alla Guardia di Finanza riguarda centinaia di colloqui intercettati per «pilotare» le nomine dei procuratori di Roma, Perugia e altre grandi città; le manovre che proprio Palamara avrebbe messo in atto per bloccare l’arrivo nella Capitale di Francesco Lo Voi, ritenuto «in continuità» con il predecessore Giuseppe Pignatone. Ma adesso si concentra pure su quanto è stato sequestrato durante le perquisizioni compiute il 30 maggio scorso. Nell’appartamento del magistrato sono stati infatti trovati alcuni fascicoli processuali che non erano a lui assegnati e anche un biglietto con elencati alcuni numeri di procedimento e un’annotazione: «Non farla fissare». Il riferimento è all’udienza di un processo che doveva essere celebrato in appello e questo ha fatto nascere il sospetto che Palamara abbia influito sui suoi colleghi proprio per orientare le loro scelte in merito alle indagini e all’esito dei dibattimenti. «Non avevo questo potere, mi limitavo a ricevere documenti da persone che conoscevo ma poi non facevo nulla», si è difeso durante l’interrogatorio come confermano i suoi avvocati Mariano e Benedetto Buratti. Ma per verificarlo i pm di Perugia hanno già disposto il controllo su tutti i fascicoli ritrovati nella sua casa.

Rif:https://roma.corriere.it/notizie/politica/19_giugno_12/palamara-conservava-fascicoli-casa-colle-mai-intervenuti-nomine-bdcbeb34-8d4c-11e9-98ba-037337dafe50.shtml