Lo squallore dei casi di mala giustizia

Tutti abbiamo letto e a tutti sono tremati i polsi.
Pensavamo che una parte della magistratura fosse malata, come aveva già detto durante una bella trasmissione anche il bravo Bruno Vespa, contestando a Davigo che, non solo gli imprenditori sono dei furbastri, ma anche taluni magistrati. Ma non avevamo affatto compreso la reale portata della questione.

Non vogliamo dilungarci troppo sulle ormai arcinote questioni nazionali, che hanno colpito la ANM e addirittura la prestigiosa Cassazione, o della vergognosa intercettazione nella quale Palamara candidamente ammette di aver fatto carriera sol perché ha fatto fuori Berlusconi.
Ma invece riflettere di quanto sta succedendo in Puglia, al netto dello scandalo, davvero incredibile, che ha riguardato i magistrati di Trani.
Nella nostra regione davvero troppi e pesantissimi sono gli errori giudiziari. Il corto circuito tra ‘pm e giudici’, gip e gup, ci pare sia segno di un sistema di potere ben collaudato. E che deve essere urgentemente modificato.

Ma basterà la separazione delle carriere? Come si può infatti pensare che colui che con te condivide l’ufficio o lo stesso piano del palazzaccio, poi all’atto pratico, ti bocci l’impianto
accusatorio? A quali tentazioni dovrebbe resistere il gip?
Le statistiche ci dicono che quasi mai il gip dia torto ai pm e non parliamo poi dei giudici del riesame, che sono gli stessi gip passati ad altro ruolo. Un team.
Insomma alla fine i pm diventano giudici e viceversa. Come si fa ad avere fiducia?

Guarda caso questi team ben oliati, sono partecipati a rotazione quasi sempre dalle stesse persone che quasi sempre confermano le tesi della Procura, al fine di vedere sempre confermati i teoremi, spesso suggestivi e basati sul nulla, della Procura. Una falange macedone inscalfibile solo a danno dei malcapitati.
La clamorosa sentenza del tribunale di Milano con la quale è stato assolto Fabio Riva dell’Ilva dalla accusa di bancarotta perché il fatto non sussiste spiega bene quel sistema di cui abbiamo testé detto.
Adesso si scopre infatti che il crac dell’Ilva che ha portato la famiglia Riva al disastro a causa dell’esproprio dell’azienda, è frutto di un errore della Procura di Taranto. Autore di questo capolavoro il procuratore Sebastio che aveva sequestrato l’impianto.
Uscito dalla magistratura Sebastio si era candidato a sindaco di Taranto nelle file di Rifondazione (dove sennò?). Era stato bocciato ma aveva comunque ottenuto la carica di assessore su indicazione di chi? Ovviamente del padrone della Puglia, Michele Emiliano. 

Possiamo dire che una parte della magistratura faccia business dopo tutto quello che abbiamo letto in questi giorni? Secondo noi sì. Grave è utilizzare per raggiunger lo scopo la falange macedone sempre a disposizione del padrone. 
L’Ilva nel 2016 a seguito del sequestro degli impianti era stata dichiarata insolvente e posta in
amministrazione straordinaria. Nessun telegiornale, figurarsi Sky, che più a sinistra di così si muore, ha dato la giusta enfasi su questo ennesimo caso di un imprenditore, di una famiglia, di una azienda che vale l’1% del PIL nazionale spazzati via dai vari Palamara che ci pare siano mossi solo da una sete di potere mai soddisfatta. I giornalisti sono funzionali alla falange.
Per i vari Palamara la legge non esiste, la legge sono loro. La opinione pubblica è obnubilata dalla voglia neogiustizialista e questi Torquemada mossi da una invidia sociale obbrobriosa, stanno asfissiando il Paese e ogni giorno perdiamo i nostri valori fondanti. 
È proprio vero che giustizia non c’è.

Rif:https://www.metropolinotizie.it/lo-squallore-dei-casi-di-mala-giustizia/

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