Giustizia truccata, imprenditore D’Introno: «A Bari ho parlato di altri magistrati»

«Per altri magistrati sono stato ascoltato dalla Procura di Bari». Flavio D’Introno lascia cadere lì, durante una delle ultime udienze dell’incidente probatorio davanti al gip di Lecce, Giovanni Gallo, l’ennesimo indizio sulle nuove indagini partite dal fascicolo sulla giustizia svenduta nel Tribunale di Trani. Quelle nate dallo stralcio di alcuni atti che il procuratore Leonardo Leone de Castris e i pm Roberta Licci e Giovanni Gallone hanno trasferito, per competenza, ad altre sedi giudiziarie.

Sul fascicolo aperto a Bari c’è, ovviamente, massimo riserbo. «Questo non è il luogo in cui si può riferire una circostanza di questo genere», ha tagliato corto il pm Gallone per interrompere il racconto di D’Introno in sede di controinterrogatorio, il 6 giugno, davanti al gup di Lecce. L’incidente probatorio riprende stamattina con Antonio Savasta, l’ormai ex pm che ha confessato di aver accettato soldi da D’Introno per manomettere fascicoli di indagine. Ma, nel frattempo, l’inchiesta va avanti.
Lo stralcio di Bari potrebbe riguardare la gestione di alcuni procedimenti davanti alla giustizia tributaria, procedimenti che hanno riguardato lo stesso D’Introno e in particolare le cartelle esattoriali emesse nei suoi confronti per circa 8-9 milioni: queste cartelle furono annullate dalla Commissione tributaria provinciale, in primo grado, sulla base di un’eccezione di inesistenza delle notifiche, ma l’appello dell’Agenzia delle Entrate ribaltò la sentenza poi confermata in Cassazione.

’Introno ne ha parlato, nel corso dell’esame del 6 giugno, rispondendo alle domande di Francesco Paolo Sisto, difensore di Simona Cuomo, l’ex avvocato dell’imprenditore di Corato sottoposta a interdizione dall’attività professionale. A Mario Malcangi, difensore di Luigi Scimè, l’altro ex pm di Trani coinvolto nell’incidente probatorio (D’Introno dice di aver pagato anche lui, l’interessato smentisce), l’imprenditore ha raccontato «delle minacce da parte di un altro magistrato» di cui avrebbe parlato «presso la Procura di Bari». Una situazione intricatissima, nella quale si inserisce anche delle dichiarazioni che lo stesso D’Introno avrebbe reso il 4 febbraio, raccontando ai carabinieri di Barletta delle minacce a suo dire ricevute da un noto avvocato della città ed in qualche modo riconducibili all’episodio delle cartelle esattoriali.

D’Introno è per il momento il perno dell’accusa agli indagati che rispondono di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari: ha raccontato di aver dato due milioni di euro all’ex gip Michele Nardi (che è in carcere) e a Savasta (ai domiciliari), ma anche – in un secondo momento – di 75mila euro dati a Scimè, oltre al coinvolgimento di altri magistrati i cui nomi sono al momento coperti da omissis negli atti depositati. Anche per questo le difese si sono concentrate, oltre che nel far emergere alcune incongruenze nel lunghissimo racconto dell’imprenditore, anche di minare la sua stessa credibilità: facendo emergere che D’Introno è in cura presso il Sert di Andria per problemi di alcolismo che sarebbero esplosi dopo la sentenza di condanna in Appello per l’usura. Sentenza poi divenuta definitiva (cinque anni e mezzo) e finora non eseguita proprio per via del trattamento in corso.

Dell’esistenza di nuove indagini, del resto, c’è traccia nell’ordinanza con cui il gip Gallo ha prorogato di altri tre mesi, al 14 ottobre, le misure cautelari a carico di Nardi, Scimè e dell’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro (anche lui in carcere). Dopo gli arresti di gennaio, ha scritto il gip, sono state presentate denunce «da altri soggetti (imprenditori del luogo e avvocati) che hanno riferito di vicende di natura corruttiva coinvolgenti gli indagati, sui quali sono in corso riscontri particolarmente complessi anche in considerazione dell’epoca remota di datazione dei fatti». Alcuni fatti sembrerebbero essere prescritti, ma in ogni caso – nell’impostazione della Procura di Lecce – dimostrerebbero l’esistenza di un accordo stabile tra i magistrati per svendere la loro funzione in cambio di denaro regali.
Oggi dunque toccherà a Savasta, che nella scorsa udienza ha detto di essere stato «incastrato» da Nardi cui ha dato la colpa di aver inventato il sistema corruttivo.

Rif: https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/home/1151825/giustizia-truccata-imprenditore-d-introno-a-bari-ho-parlato-di-altri-magistrati.html

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