Etruria, le tante amnesie del pm Roberto Rossi sulla Boschi family

C’è chi vuole risentirlo nella commissione d’inchiesta sulle banche, come il capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta. Chi invece vuole chiudere per sempre la pratica su Banca Etruria, come il vice presidente del Partito democratico Mauro Maria Marino, che annuncia che non verrà ascoltato Federico Ghizzoni (ma la decisione per stabilire il calendario delle audizioni, anche quella dell’ex numero uno di Unicredit, è prevista per il 6 dicembre). C’è chi infine sta preparando una relazione da portare al Consiglio superiore della magistratura per un nuovo procedimento di incompatibilità: a questo ci sta pensando il senatore di Idea Andrea Augello perché al momento al Csm non è ancora arrivato nulla. Roberto Rossi, procuratore capo di Arezzo, è di nuovo nell’occhio del ciclone come nel 2015, quando l’istituto di credito dove era vice presidente Pier Luigi Boschi, padre del sottosegretario Maria Elena, fu commissariato dal ministero dell’Economia e dalla Banca d’Italia.

MOLTO ATTIVO IN POLITICA. Rossi è un magistrato molto impegnato politicamente. Fu membro della giunta dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) tra il 2007 e il 2008, durante la presidenza di Simone Luerti, storico leader di Unicost, travolto dall’inchiesta Why Not di Luigi De Magistris: Luerti si dimise dopo pochi mesi per lasciare il posto a Luca Palamara. In sostanza Rossi non è un magistrato qualunque: lo definiscono ambizioso, forse un po’ timido, ma comunque attento a quello che dice.

GIÀ ACCUSATO DI RETICENZA. Eppure proprio come allora, era la fine del 2015, il magistrato aretino si ritrovò a difendersi, questa volta a Palazzo dei Marescialli, dalle accuse di reticenza o di presunte amnesie sempre su papà Boschi. Le insinuazioni erano le stesse: sta proteggendo il padre dell’ex ministro per le Riforme? Ne nacque un dibattito acceso che durò fino all’estate del 2016 con una semi archiviazione da parte della prima commissione del Csm (quella che si occupa delle presunte incompatibilità ambientali) e con il rinvio degli atti alla procura generale della Cassazione dove il fascicolo si è probabilmente perso sulla scrivania del procuratore generale Pasquale Ciccolo, in scadenza di mandato a fine anno: non si hanno più notizie di quella pratica.
Di sicuro nel 2015 il problema era più evidente. Rossi infatti dal 2013 (governo di Enrico Letta) era stato assunto come consulente di Palazzo Chigi «nell’ambito del dipartimento per gli Affari giuridici e legislativi». Poi rinnovò altri due anni con il governo Renzi, nel pieno delle inchieste su Banca Etruria, quando la procura indagava proprio su Boschi. Ne venne fuori una polemica infuocata sempre legata al Giglio magico renziano.

CONSULENZA RETRIBUITA O NO? Del resto Rossi si ritrovò a collaborare con l’ufficio giuridico diretto da Antonella Manzione, vicinissima anche all’attuale ministro per lo Sport Luca Lotti, ma soprattutto ex capo dei vigili di Firenze, quando era sindaco Renzi. Allo stesso tempo proprio in prima commissione rispose spesso in un modo – soprattutto secondo il consigliere laico Pierantonio Zanetti – “ambiguo”, per poi precisare di nuovo nelle settimane successive, come del resto è accaduto questa volta nella commissione d’inchiesta sulle banche. Anche allora sfuggirono dei dettagli, per esempio sul fatto che il contratto di consulenza fosse retribuito o meno, oppure di aver conosciuto in passato la famiglia Boschi.

CONTRADDIZIONI SUL “COMITATO OMBRA”. In ogni caso non è la prima volta che Rossi si ritrova a dover fare precisazioni. Il 28 dicembre 2015 fu proprio Zanettin a domandare in prima commissione al Csm se Boschi senior faceva parte del cosiddetto “comitato ombra” dell’istituto di credito. Il procuratore rispose di no. Peccato che la volta successiva, di fronte a una relazione di Bankitalia che diceva il contrario, «ha dovuto precisare che in realtà era componente di una commissione consigliare informale», ha ribadito proprio Zanettin in un’intervista a il Giornale.

DISSE DI NON CONOSCERE I BOSCHI. Non solo. Sempre quel 28 dicembre Rossi disse di fronte al Csm di non conoscere nessuno della famiglia Boschi, ma riconvocato per la terza volta ammise di aver indagato in passato sul padre dell’ex ministro delle Riforme. Stranezze, verrebbe da dire. Anche se poi si disse che nessuno gli aveva domandato esplicitamente se aveva indagato su di lui.

In ogni caso durante quella audizione al Csm Rossi si dimenticò di ben 10 procedimenti giudiziari a carico di papà Boschi, dal 2010 al 2015, tutti nella procura di Arezzo. Erano indagini di natura fiscale, più una di estorsione per la vicenda dlla Fattoria di Dorna. Di questi 10 quattro erano materialmente nelle mani di Rossi, sin dal 2010, quando il procuratore capo era Carlo Maria Scipio. Furono tutti archiviati. Non solo. In quei mesi concitati venne pure fuori un convegno sulla legalità il 31 ottobre del 2015, proprio ad Arezzo, dove erano presenti il ministro Boschi e lo stesso procuratore Rossi. A precisa domanda spiegò che non si trattava di un incontro istituzionale e non pensava di compromettersi.

PRATICA SPARTITA AL CSM. In quest’ultimo anno, poi, c’è stata l’ennesima stranezza al Csm. Durante la presidenza di Giuseppe Fanfani, già esponente del Pd e avvocato di Banca Etruria, in prima commissione una pratica carico del procuratore di Arezzo è praticamente scomparsa. Si tratta di quella relativa a un presunto appartamento o garçonnière, che avrebbe avuto a disposizione il magistrato, coinvolto come parte offesa in un processo a carico di Antonio Incitti, poliziotto un tempo in servizio presso la squadra di polizia giudiziaria della procura di Arezzo, accusato di induzione alla corruzione. Proprio il 5 dicembre Rossi era in procura di Genova per essere ascoltato dai magistrati. Si spera, questa volta, non ci sia bisogno di precisazioni nei prossimi giorni.
Rif: https://www.lettera43.it/rossi-boschi-banca-etruria/

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