Dossier contro i pm nemici e viaggi regalati al pm corrotto, così agiva il clan dei Corvi siciliani

A guardarli dall’esterno, a vederli sorridenti e abbracciati nei frame dei video ripresi dai finanzieri che indagavano su di loro, a sentire le battute al vetriolo contro i magistrati “nemici”, a osservarli mentre trovavano e smontavano microspie e telecamere puntate su di loro, si percepisce che le stagioni dei Corvi siciliani non finiscono mai. Rispetto ai tempi di Giovanni Falcone, però, quella che viene fuori adesso, dall’inchiesta coordinata dalle Procure di Messina, Roma e Milano, è un’organizzazione molto affiatata e determinata, che aveva un solo obiettivo: fare soldi, il più possibile, tanti, tantissimi soldi. Pilotando processi e inchieste a favore dei clienti degli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore, il primo finito in carcere su ordine dei Gip di Roma e Messina, l’altro attualmente all’estero ma atteso, al rientro, dalla cella.

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CHI SONO GLI ARRESTATI

La doppia operazione dei Nuclei di polizia economico-finanziaria, già tributaria, di Messina e Roma, con la collaborazione dei colleghi di Palermo (Milano, dove l’ad di Eni Claudio Descalzi è già stato rinviato a giudizio per le tangenti Nigeria, non ha eseguito misure cautelari, solo perquisizioni) ha portato in carcere pure l’ex pm Giancarlo Longo e gli imprenditori Alessandro Ferraro e Fabrizio Centofanti. Ai domiciliari Ezio Bigotti, imprenditore già coinvolto nell’inchiesta romana sulla Consip (in cui è indagato anche il padre di Matteo Renzi); e poi Luciano Caruso, Giuseppe “Pino” Guastella, 73 anni, giornalista pubblicista originario di Vittoria (Ragusa), Davide Venezia, Mauro Verace, Salvatore Maria Pace, Gianluca De Micheli, Vincenzo Naso, Francesco Perricone, detto Corrado, e Sebastiano Miano. Respinta la richiesta dei pm romani di arrestare il magistrato amministrativo in pensione Riccardo Virgilio, già presidente del Consiglio di giustizia amministrativa siciliano e di una sezione del Consiglio di Stato.

PROCESSI PILOTATI

Virgilio risponde di corruzione in atti giudiziari: nel 2013, quando era al Cga (organo di appello rispetto al Tar siciliano), il collegio da lui presieduto accolse il ricorso della Open Land, società della compagna dell’avvocato Calafiore, Concetta Rita Frontino, assegnandole un risarcimento milionario ai danni del Comune di Siracusa. Il suo nome era venuto fuori pure in relazione ad alcune operazioni finanziarie, dell’importo di 750 mila euro, che avrebbe compiuto all’ombra della Investment Eleven Ltd., società di diritto maltese, “investimenti in qualche modo riconducibili alla cosiddetta operazione Teletouch”, una compagnia telefonica di cui è socio anche l’avvocato Amara.

DOSSIER CONTRO I PM NEMICI

Nelle indagini c’è di tutto: gente abituata alla bella vita, come Davide Venezia, 33 anni, prestanome in varie aziende, controllato dai carabinieri, nell’arco di qualche anno, a Palermo e a Siracusa, a bordo di una Bmw serie 7, di una Maserati e di una Porsche Cayenne. Gente pronta a tutto per difendere lo status quo: anche a parlare in maniera sibillina con un pm uomo e con un giudice donna, lasciando intendere che le loro vite private erano al centro dell’attenzione del “gruppo”, che aveva fatto una “prima sintesi” su di loro. In altre parole, un dossier.

VIAGGI E BENEFIT REGALATI

Longo, molto amico di Amara e Calafiore e della compagna di quest’ultimo, l’imprenditrice Concetta Frontino, detta Rita, erede di aziende che valgono una fortuna e che vincono appalti dappertutto, non si sarebbe fatto problemi, nell’accettare doni e denaro. «Totalmente asservito», lo definiscono i pm messinesi, ai due avvocati siracusani, che lo avrebbero comprato con denaro contante, viaggi, benefit: 88.100 euro in contanti, versati sui propri conti dal pm quasi subito dopo che erano stati fatti prelievi di somme quasi esattamente corrispondenti – sempre in contanti – da dipendenti di aziende o emissari dei due avvocati. In più, secondo quanto era emerso da un filone dell’indagine svolto dalla Procura di Roma, erano stati spesi per Longo circa 12 mila euro per un viaggio a Dubai con tutta la famiglia (assieme a Calafiore e Amara e relative famiglie) e, per il Capodanno 2016, all’hotel Vanvitelli di Caserta. A pagare, l’imprenditore di Colleferro Centofanti.

MANI SUGLI AFFARI LOCALI

Il clan agiva, sostiene l’accusa, sul fronte Eni, ma anche per mettere le mani su grossi affari che si svolgevano in sede locale. Con metodi pirateschi, come quelli di inventarsi del tutto verbali e incarichi a consulenti compiacenti. Longo si sarebbe prestato a tutte le esigenze di Amara e Calafiore, dalle autoassegnazioni dei fascicoli, per controllare le indagini dei colleghi, alle verbalizzazioni fasulle. Accadde per la già ricordata controversia tra il Comune di Siracusa e la società Open Land, oggetto la realizzazione del centro commerciale Fiera del Sud: dopo il primo intervento – nel 2013 – del Cga, presieduto dal giudice Virgilio, due anni dopo la quantificazione del risarcimento a carico dell’amministrazione comunale, prima 20 milioni, poi due milioni e ottocentomila euro, fu affidata da un altro collegio dello stesso Consiglio di giustizia (stavolta presieduto da Raffaele Maria De Lipsis, già indagato in altre vicende di Palermo) al perito Salvatore Maria Pace. Il commercialista, benché fosse stato legato da rapporti professionali ed economici col consulente di parte – nella stessa causa – Giuseppe Cirasa, aveva ottenuto l’incarico in virtù di sue pregresse quanto presunte “esperienze di consulente della Procura di Siracusa”. In effetti aveva avuto un solo incarico, ma neppure quello: i pm messinesi hanno scoperto che il verbale con cui Longo glielo aveva affidato era del tutto falso, perché il relativo file sarebbe stato creato circa otto mesi dopo. Per la cronaca, passato di mano il procedimento e cambiata ancora la composizione del Cga, l’organo di appello era tornato sui propri passi, revocando il risarcimento. Sul presunto favore a Frontino e Calafiore c’è un filone d’indagine a Palermo.

UN GIORNALISTA COINVOLTO

Nella storia è coinvolto anche il pubblicista Pino Guastella, solo omonimo del giornalista del Corriere: scrivono gli inquirenti messinesi, basandosi sulle indagini dei finanzieri, che il suo lavoro non sarebbe stato «disinteressato». Nei suoi articoli, pubblicati su un periodico locale, il «Diario», Guastella avrebbe più volte criticato i pm Marco Bisogni e Tommaso Pagano, che indagavano sui clienti degli avvocati Calafiore e Amara. E quest’ultimo, in particolare, sarebbe stato generoso, versando a Guastella (accusato pure lui di associazione per delinquere) somme che arrivavano fino a 35 mila euro in un anno, per attività – fra l’altro – di «internet reputation».

rif:https://www.lastampa.it/cronaca/2018/02/06/news/dossier-contro-i-pm-nemici-e-viaggi-regalati-al-pm-corrotto-cosi-agiva-il-clan-dei-corvi-siciliani-1.33976605?refresh_ce

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