Csm, il pm corrotto (Longo) ha incontrato la presidente del Senato Casellati per una raccomandazione

Csm, il pm corrotto ha incontrato la presidente del Senato Casellati per una raccomandazione

Giuseppe Longo parla degli incontri con la presidente di Palazzo Madama «per una promozione». E spunta il ruolo chiave del suo consigliere. Nei verbali anche il nome di Legnini, ex numero 2 del Csm: «L’ho visto nel suo ufficio»

Lo scandalo che ha investito i vertici della magistratura italiana, mutilato il Csm, colpito esponenti di peso del Partito democratico è esploso, lo sappiamo, grazie alle intercettazioni effettuate dalla procura di Perugia sul cellulare di Luca Palamara, il pm che temeva – fossero venute alla luce le sue manovre sulle procure – di essere poi considerato il regista «della P5, quello delle nomine» .

In pochi ricordano che lo tsunami è partito da lontano. Da una piccola procura siciliana, quella di Siracusa. Il frangente ha preso origine dal minuscolo ufficio al secondo piano di un misconosciuto pubblico ministero, Giuseppe Longo. Buon amico di Palamara, il cinquantenne appassionato di fitness ha venduto – come lui stesso ha ammesso patteggiando una condanna a cinque anni di carcere – la sua funzione pubblica agli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore. I due imprenditori, elargendo mazzette e favori, hanno pilotato le sentenze del pm, che proteggeva i loro interessi e quelli dei loro clienti. Gli obiettivi erano plurimi: mettere le mani su appalti importanti, evitare ostacoli giudiziari, e persino aprire inchieste farlocche (come quella su presunti ricatti ai vertici dell’Eni) per mettere i bastoni tra le ruote all’istruttoria della procura di Milano, che da anni sta conducendo una delicata inchiesta per corruzione internazionale sul colosso petrolifero.

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Le nuove rivelazioni choc dell’inchiesta. Il pm indagato per corruzione: «Ho parlato di Roma, di Lo Voi, di Creazzo: possono dire che sono quello che fa le nomine». Le mire dei congiurati: «Ridimensionare» la procura di Napoli e ricattare Pignatone. «È un matto vero, uno stronzo. Tu devi solo fargli capì che finisce male». Il pm Sirignano a Palamara: «Uccidere questa gente significa andare a mettere le pedine nei posti giusti» 

È dunque da Longo (che collabora da tempo con gli inquirenti, dai quali è considerato attendibile) e dal cosiddetto “Sistema Siracusa” scoperto nel 2017 che parte l’onda destinata, due anni dopo, a travolgere i vertici della magistratura italiana.

La storia, però, non è finita. E ogni giorno ha il suo colpo di scena. L’Espresso ha adesso scoperto che il pm corrotto nei suoi verbali ha fatto il nome anche del presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. E quello dell’ex vicepresidente del Csm Giovanni Legnini.

Longo ha infatti raccontato ai magistrati di Messina (e poi a quelli di Perugia) che lui – nella primavera del 2016 – sarebbe riuscito a incontrare sia la Casellati, allora potente membro del Csm in quota Forza Italia, sia l’allora numero due di Palazzo Marescialli, esponente del Pd. E che a entrambi ha chiesto una raccomandazione per essere promosso a capo di una procura. Non di Gela, ma di Ragusa.

ERAVAMO TRE AMICI AL BAR
Andiamo con ordine, partendo dall’incontro con l’avvocato berlusconiano sedutasi un anno fa sulla poltrona più prestigiosa di Palazzo Madama. «L’incontro è avvenuto nel bar fuori al Csm», conferma Longo all’Espresso, spiegando di voler parlare solo di contenuti «attinenti» ai suoi interrogatori. «Ho parlato con la Casellati della mia candidatura a Ragusa. Lei ha preso copia della mia domanda con i pareri di professionalità».

Ma come ha fatto Longo a entrare in contatto con la Casellati? Il pm ha raccontato che all’appuntamento non andò da solo. Ma che fu accompagnato da un uomo assai vicino all’attuale presidente del Senato. Si tratta di Filippo Paradiso, un dirigente della polizia di Stato che – come vedremo – ha rapporti di alto livello con il mondo della magistratura italiana. E qualche guaio con la giustizia. Fu lui, secondo Longo, a organizzare il meeting tra i tavolini del bar. E fu sempre Paradiso, e questa è una certezza, che riuscì a entrare nell’ottobre 2018 nello staff del gabinetto della presidente del Senato.

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Per ottenere l’appoggio della Casellati – sostiene Longo – «sono andato insieme a Paradiso, che mi era stato presentato un paio di settimane prima da Giuseppe Calafiore. Con la Casellati, (Paradiso) era in ottimi rapporti… lei comunque non mi ha garantito nulla». E al cronista che gli chiede se davvero non fu preso alcun impegno per la sua sponsorizzazione per la promozione a Ragusa, Longo chiarisce secco: «Guardi, è evidente che promesse esplicite non ne sono state fatte. Ma se organizzo un incontro con dei consiglieri (del Csm, ndr) attraverso persone considerate a loro vicine, diciamo che qualche aspettativa poteva essere implicita».
Le speranze di promozione naufragarono presto, visto che Longo subì di lì a qualche tempo un procedimento disciplinare per il caso Eni, mentre ipotesi su una sua incompatibilità ambientale bloccarono sul nascere qualsiasi salto di carriera. Non sapremo mai, dunque, se l’incontro con la Casellati (e quello con Legnini) avrebbe dato i frutti sperati.

Fosse confermato il resoconto dell’ormai ex magistrato, però, bisognerebbe capire come mai, e a che titolo, la Casellati si fidasse di Paradiso – che non aveva alcun incarico nel Csm – tanto da incontrare il pm che il “mediatore” voleva farle conoscere.

Anche perché il dirigente del ministero dell’Interno che lei stessa ha voluto al Senato come suo consulente risulta, almeno a leggere altri verbali, assai vicino alla cricca di Siracusa. Il 6 luglio del 2018, ai pm messinesi e romani che gli domandavano di quali fossero «altre realtà istituzionali permeate da attività di lobbying illecita» posta dal gruppetto capeggiato da Amara, Calafiore chiarisce: «Una cosa del genere la faceva Amara con Paradiso, funzionario che lavorava presso il ministero dell’Interno. Egli svolgeva funzioni di pubbliche relazioni per conto di Amara, che lo dotava di una carta di credito e in un’occasione gli ha dato anche dei soldi, 2100 euro».

Dichiarazioni da verificare (Paradiso ha ammesso di conoscere Amara, ma di non aver mai ricevuto somme di denaro), ma all’Espresso risulta che il dirigente del ministero di Salvini sia ancora indagato a Roma. Non per corruzione, ma per traffico di influenze. Il sospetto degli inquirenti capitolini, dunque, è che Amara e i suoi volessero sfruttare le sue conoscenze nel mondo della politica e della magistratura. Vedremo se le ipotesi di reato verranno confermate.

IL PARADISO DELLA CASELLATI
Come mai Casellati ha scelto proprio un poliziotto come suo consulente a Palazzo Madama? «Paradiso è vicepresidente del comitato esecutivo del “Salone della Giustizia” e avrebbe dovuto occuparsi di organizzare eventi in materia di sicurezza», spiegano dallo staff della presidente del Senato, citando l’ente presieduto da Carlo Malinconico e che nel comitato scientifico vanta, come presidente, Guido Alpa, il mentore del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. «L’incarico di Paradiso in Senato si è concretizzato dopo il Salone dell’anno scorso, a cui partecipò anche la Casellati».

Se il magistrato corrotto sostiene di aver incontrato l’allora componente del Csm grazie a Paradiso già nel 2016, in Senato sottolineano come il dirigente abbia comunque lavorato con loro per pochi mesi, e a titolo del tutto gratuito. Inoltre, affermano che «l’incarico stesso non è mai stato di fatto svolto». Dall’1 novembre 2018, infatti, la presidente del Senato ha voluto come suo consigliere giuridico l’ex membro togato del Csm, Claudio Maria Galoppi. «La gestione degli eventi è passata a lui», concludono dallo staff della Casellati. «Tanto che a gennaio 2019 Paradiso ha risolto il rapporto in maniera formale con noi». Gennaio non è un mese qualunque: è allora che i giornali accennano per la prima volta al fatto che Paradiso (che veniva indicato dagli articoli solo come collaboratore della segreteria del gabinetto di Matteo Salvini) è coinvolto in un’inchiesta della procura di Roma.
Al netto dell’opportunità di incontrare un pm che cercava una spintarella in un bar usando i buoni uffici del suo amico Paradiso, Casellati poteva certamente essere all’oscuro delle attività corruttive di Longo, Amara e Calafiore, e del fatto che l’ex poliziotto avesse rapporti cordiali con la cricca. Però il motivo per cui la presidente del Senato – nonostante la notizia dell’arresto di Longo campeggiasse sulle pagine di tutti i giornali già all’inizio del 2018 – abbia ugualmente nominato lo scorso ottobre Filippo Paradiso (cioè l’uomo che gli aveva presentato Longo due anni prima) come suo consigliere e consulente di fiducia resta un mistero.

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Sappiamo solo che il poliziotto, oltre alla vicepresidenza del Salone della giustizia, ha eccellenti rapporti con molti magistrati di peso, che conosce bene il potente capo di gabinetto del presidente di Palazzo Madama (il magistrato Nitto Palma, con cui ha collaborato quando era sottosegretario all’Interno), che ha lavorato al dicastero dell’Agricoltura ai tempi del ministro Saverio Romano (che lo mise nel cda di una società partecipata, la Agecontrol), e che ha pubblicato un libro intitolato “La nuova normativa in materia di corruzione e concussione”.

Torniamo ai verbali di Longo. Il pm conferma all’Espresso che chiese aiuto, per la sua carriera, anche a Palamara, che oggi è indagato dai pm di Perugia con l’accusa di aver intascato 40 mila euro da Amara e Calafiore, denaro a lui girato per agevolare e favorire, come membro del Csm, la promozione del pm a capo della procura di Gela.

Gli avvocati degli indagati hanno smentito con forza, e a oggi non sappiamo se l’accusa troverà riscontri. «Palamara non mi promise nulla», aggiunge adesso Longo. «Mi diede solo qualche consiglio sulle successive domande. Ovvero puntare su procure piccole del centro Nord, considerata la mia giovane età… pur avendo ottimi pareri»

Ma c’è di più. Longo ci conferma che, per ottenere i buoni uffici di pezzi grossi del Csm e farsi promuovere capo della procura di Ragusa, ha chiesto sostegno non solo alla Casellati, ma anche a Legnini. Cioè all’ex vicepresidente del Csm in quota Pd, che ha guidato Palazzo dei Marescialli dal 2014 al 2018, e che qualche mese fa è stato il candidato (sconfitto) del centrosinistra alle elezioni regionali abruzzesi.

Legnini – secondo quanto ha raccontato l’ex pm – avrebbe incontrato l’uomo di Amara «nel suo ufficio al Csm». Anche in questo caso Longo non si è mosso da solo: a preparare il rendez-vous con l’allora vertice del Consiglio superiore della magistratura è stato un altro intermediario. «Ha organizzato l’incontro il professor Dell’Aversana», ribadisce oggi Longo.

Siamo sempre nella primavera del 2016. I tre, stavolta, si incontrano non in un bar, ma in una sede ufficiale. «Neppure Legnini mi ha garantito alcunché. A lui e alla Casellati ho parlato di Ragusa perché Gela era stata assegnata».

LEGNINI E IL PROFESSORE
Il “professore” che ha portato il magistrato al soldo di Calafiore e Amara davanti alla scrivania di Legnini per sponsorizzare la sua candidatura sarebbe, dice Longo, Pasquale Dell’Aversana. Un vecchio dirigente dell’Agenzia delle entrate (dove lo chiamano «dottore», mai professore), da oltre vent’anni fondatore e presidente di un’associazione culturale chiamata “Aprom” (acronimo di Associazione per il progresso del Mezzogiorno, un anno fa ha cambiato nome e logo nel complicato “Eur.a.pro.mez”).

Rif: https://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2019/06/28/news/csm-elisabetta-casellati-giovanni-legnini-1.336400

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