Corruzione, patteggiano il parlamentare Gennuso e i due magistrati De Lipsis e Caruso

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Hanno patteggiato la pena il parlamentare regionale sospeso Giuseppe Gennuso, l’ex presidente del Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia Raffaele Maria De Lipsis e l’ex consigliere della Corte dei Conti, Luigi Pietro Maria Caruso coinvolti nell’inchiesta per corruzione della Procura di Roma. L’esponente politico, difeso dall’avvocato Carlo Taormina ha rimediato un anno ed 8 mesi, 2 anni e 6 mesi per gli altri.

Secondo i magistrati, Gennuso avrebbe pagato una tangente da 80 mila euro per vincere il ricorso al Cga di Palermo ed ottenere una nuova tornata elettorale, in 9 sezioni tra Pachino e Rosolini, a seguito della sparizione parziale dal palazzo di giustizia di Siracusa delle schede relative alle consultazioni del 2012. Il giudizio favorevole del Cga consentì in effetti all’esponente politico di ottenere un seggio all’Ars a scapito dell’attuale sindaco di Priolo, Pippo Gianni. A mediare con i giudici, secondo la ricostruzione dell’accusa, sarebbero stati gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore, coinvolti in diverse inchieste dei magistrati di Messina, Roma e Milano, che li accusano di essere al centro di un sistema corruttivo in grado di orientare sentenze per favorire i loro clienti o gruppi imprenditoriali vicini.

I due professionisti, un paio di mesi fa, hanno patteggiato a Roma la pena per le presunte sentenze pilotate al Consiglio di Stato: 3 anni di reclusione per Amara e a 2 anni e nove mesi per Calafiore. «Io avrei fatto la causa fino in fondo – dice l’avvocato Carlo Taormina, legale di Gennuso – ma ci sono stati dei contrattempi e degli equivoci per cui Gennuso era sfibrato ed è stato preso per stanchezza. Francamente mi spiace molto, perché dal punto di vista della sostanza e della qualificazione giuridica io ritengo che non ci siano gli elementi per essere ritenuti responsabili. Faremo, comunque, ricorso in Cassazione in merito alla qualificazione giuridica.

Mi sono riservato questa possibilità». Le rivelazioni di Calafiore avrebbero permesso ai magistrati romani di comprendere le modalità di pagamento della presunta tangente: «40 mila lui li ha dati – ha detto Calafiore nel corso dell’interrogatorio – prima della sentenza, quella relativa all’annullamento delle elezioni…» ma secondo quanto prospettato dall’accusa, i soldi sarebbero finiti nelle mani di Caruso, indicato come l’anello di congiunzione con De Lipsis. Gennuso ha sempre sostenuto di aver versato quei soldi a Calafiore ma per la sua attività professionale di avvocato. Oltre ai due professionisti siracusani, il castello accusatorio della Procura di Roma è stato eretto grazie alle dichiarazioni di un imprenditore siracusano, Alessandro Ferraro. «Amara mi aveva detto – ha spiegato Ferraro – che aveva fatto tutto Calafiore… era sottinteso che si erano messi d’accordo per rifare le elezioni proprio in quelle sezioni dove Gennuso era molto più forte».

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