Processi aggiustati a Catanzaro: Petrini resta in carcere, l’amante ai domiciliari

Per il gip “le versioni fornite dagli indagati negli interrogatori di garanzia appaiono del tutto collidenti col compendio investigativo acquisito”

“Non risultano sopravvenuti elementi nuovi che siano idonei ad incidere in senso favorevole sul quadro cautelare già valutato. Le versioni fornite dagli indagati negli interrogatori di garanzia, allo stato degli atti, appaiono del tutto collidenti col complessivo compendio investigativo acquisito e inidoneo a far ritenere affievolito il quadro cautelare, oltre che indiziario già posto da questo Ufficio a fondamento di provvedimenti restrittivi”.  Il gip del Tribunale di Salerno Giovanna Pacifico non ha accolto le richieste difensive di scarcerazione o di alleggerimento della misura cautelare a carico del giudice del presidente di sezione della Corte di appello di Catanzaro Marco Petrini, 56 anni, di Lamezia Terme, dell’avvocato del foro di Catanzaro Francesco Saraco, 40 anni, di Santa Caterina dello Jonio, dell’ex consigliere regionale Giuseppe Tursi Prato, detto “Pino”, 66 anni, residente a Castrolibero;  Giuseppe Caligiuri, 49 anni, di Cariati; Vincenzo Arcuri, alias “u fungiu”, 68 anni di Cariati (Cs); Luigi Falzetta, 53 anni, residente a Crucoli;  il legale del foro di Locri Maria Tassone detta Marzia, 33 anni, di Catanzaro, finiti nell’inchiesta sui “processi aggiustati”. Il giudice del Tribunale di Salerno Giovanna Pacifico, terminati gli interrogati, anche quelli effettuati per delega dai gip competenti per territorio, ha confermato il carcere per i primi sei indagati e i domiciliari per Tassone, così come disposto nell’ordinanza eseguita dalla Guardia di finanza quindici giorni fa”.  (g. p.)

Rif: https://www.zoom24.it/2020/01/24/processi-aggiustati-a-catanzaro-petrini-resta-in-carcere-lamante-ai-domiciliari/

Tutte le sentenze del giudice “corrotto” al vaglio della Procura di Salerno

L’hanno chiamata “Genesi” che tradotto dal greco significa origine. E’ la clamorosa inchiesta coordinata dalla Procura di Salerno che ha portato all’arresto di otto persone e tra queste anche il giudice della Corte d’Appello Marco Petrini. Un’inchiesta tutt’altro che chiusa. Lo stesso nome dato all’indagine fa pensare a sviluppi altrettanto clamorosi nei prossimi mesi. Come dire: non è finita qui e questo potrebbe solo essere l’inizio.

Le perquisizioni. I magistrati salernitani non intendono infatti fermarsi all’operazione di ieri e hanno dato mandato ai finanzieri che hanno condotto sul campo l’inchiesta di sequestrare nell’ambito della raffica di perquisizioni effettuate anche negli uffici del tribunale di Catanzaro ogni documento relativo a cause civili, penali e tributarie seguite da Petrini. Atti, pareri, sentenze e documenti in generale destinati ad ampliare il faldone dell’inchiesta perché il sospetto degli inquirenti è che il sistema messo in atto dagli indagati possa essere molto più esteso e possa coinvolgere altri professionisti “insospettabili”.

La parole di Mantella. Per questo motivo l’intenzione è quella di sentire altri magistrati della Corte d’Appello sfiorati dall’inchiesta e con loro segretari, funzionari e cancellieri. La Procura di Salerno vuole vederci chiaro e sotto la lente di ingrandimento sono quindi finite le varie sentenze emesse in ambito civile e penale da Marco Petrini. Verdetti relativi anche a processi di ‘ndrangheta con ribaltamenti clamorosi rispetto alle condanne emesse in primo grado dai vari tribunali del distretto di Catanzaro. Al vaglio degli inquirenti anche le dichiarazioni di Andrea Mantella, i cui verbali sono già confluiti nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip del Tribunale di Salerno Giovanna Pacifico. Il pentito vibonese parla di Petrini e lo descrive come un giudice “corrotto” e un “massone deviato”, propenso a ricevere regalie in cambio di “decisioni favorevoli” nei giudizi di secondo grado. Mantella fa anche un elenco di avvocati che avrebbero avuto “canali privilegiati per accedere al dottor Petrini”. Fa i nomi ma nessuno di questi, al momento, risulta indagato nel procedimento aperto a Salerno.

rif: https://www.zoom24.it/2020/01/16/tutte-le-sentenze-del-giudice-corrotto-al-vaglio-della-procura-di-salerno/

Il giudice corrotto e l’intercettazione: “La causa l’ha vinta al 1000 per 1000”

ono diversi i processi che Petrini sarebbe riuscito a “sistemare” o avrebbe tentato di “aggiustare” favorendo gli “amici degli amici” 

Soldi, gioielli, prestazioni sessuali in cambio di favori per “aggiustare” processi in ambito penale, civile e, persino, cause tributarie. Al centro dell’inchiesta la figura di Marco Petrini, 56 anni, nato a Foligno ma residente a Lamezia Terme. Non un giudice qualsiasi ma il presidente di sezione della Corte d’Appello di Catanzaro e il presidente della Commissione provinciale tributaria. Un insospettabile “smascherato” dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Salerno che hanno coordinato la clamorosa inchiesta culminata con il suo arresto. Sono diversi i processi che Petrini sarebbe riuscito a “sistemare” o avrebbe tentato di “aggiustare” favorendo gli “amici”, gli “amici degli amici” e le sue presunte amanti. Non a caso corruzione in atti giudiziari è l’accusa che la Procura di Salerno gli contesta e per la quale è finito in carcere.

Il vitalizio di Tursi Prato. Dalle carte dell’inchiesta emerge quella che gli inquirenti definiscono “una sistematica attività corruttiva” nei confronti del magistrato. Se c’era uno che si faceva corrompere, altri agivano in concorso tra di loro per corromperlo. Dall’ordinanza firmata dal gip di Salerno emerge tra questi l’ex consigliere regionale Giuseppe Tursi Prato, detto Pino, coadiuvato nel ruolo di intermediario dall’ex dipendente dell’Asp di Cosenza Emilio Santoro, detto Mario. Le indagini partono proprio da qui, dal 2018. Tursi Prato pretende il ripristino del suo assegno vitalizio regionale quale ex consigliere, studia quindi il piano per arrivare all’obiettivo e come “agganciare” il giudice Petrini. Il “tramite” per arrivarci sarebbe Emilio Santoro. “Mario – dice il magistrato parlando proprio con quest’ultimo in un colloquio intercettato – dì all’amico tuo che è amico mio che il giorno 12 si fa” ed ancora “lui la causa l’ha vinta al 1000 per 1000″”. L’amico in questione sarebbe Tursi Prato e la decisione favorevole sul suo ricorso porterebbe un’ulteriore utilità per il giudice: “un soggiorno gratuito presso una struttura alberghiera della Valle d’Aosta”. Gli incontri si susseguono come le regalie nei confronti del giudice: soldi, formaggi, gamberoni, gioielli, persino un agnello. Tutto documentato dagli investigatori fino al 6 febbraio del 2019.

La causa dei Saraco. L’ex dipendente dell’Asp di Cosenza Emilio Santoro è protagonista di un altro episodio. Riguarda una causa alla quale tiene molto Francesco Saraco, avvocato del foro di Catanzaro, anche lui arrestato nell’inchiesta della Procura di Salerno. Nello studio del legale i due discutono della vicenda giudiziaria che vede coinvolto il padre Antonio Saraco. E’ il processo di Appello “Itaca Free Boat” ed è qui che entra in gioco il giudice Petrini che si offre per “sistemare” tutto. Il prezzo? Una “macchina” e “somme di denaro a cadenza mensile”. Tutto inutile, almeno in questo caso. Il tentativo fallirà ma per i magistrati salernitani è il modus operandi della combriccola “aggiusta processi”. E siccome secondo l’accusa Antonio Saraco sarebbe un affiliato della cosca di ‘ndrangheta dei “Gallace-Gallelli” di Guardavalle, al giudice viene contestata anche l’aggravante mafiosa.

rif: https://www.zoom24.it/2020/01/15/il-giudice-corrotto-e-lintercettazione-la-causa-lha-vinta-al-1000-per-1000/

Catanzaro, i verbali sul giudice corrotto: “Corte d’Appello trasformata in un suq”

Catanzaro, i verbali sul giudice corrotto: "Corte d'Appello trasformata in un suq"

Marco Petrini conferma in tribunale le accuse per cui è agli arresti: “Mi servivano soldi per i debiti”. Emerge un “sistema a trazione massonica per ammorbidire la giustizia”

È stato arrestato per aver trasformato la Corte d’appello di Catanzaro in un suq dove ogni sentenza era acquistabile. E adesso è lo stesso giudice Marco Petrini a confermare quel mercato, non solo raccontando gli innumerevoli episodi di corruzione di cui è stato protagonista, ma fornendo particolari su quella che sempre più appare una macchina del falso per addomesticare la giustizia nel distretto di Catanzaro.

Dichiarazioni che si incrociano con quelle del suo faccendiere, Mario Santoro, e del pentito Andrea Mantella. Tutti concordi nel dire che al giudice Petrini bastava poco per piegare le sentenze ai desiderata degli imputati. Cassette di mandarini che nascondevano soldi in contanti, gamberoni, litri d’olio, orologi preziosi, pronunce addomesticate per le donne con cui aveva relazioni. Dal dissequestro dei beni di famiglie di mafia, all’annullamento di sanzioni milionarie in commissione tributaria, dietro pagamento il giudice “sistemava” tutto. E lo ammette.

Cerca di giustificarsi. Quei soldi, sostiene, servivano “per far fronte all’indebitamento che avevo accumulato a seguito dalla separazione dalla mia prima moglie, per il mantenimento dei miei figli ed in parte per condurre una vita piacevole. A queste spese vanno aggiunte quelle, non indifferenti, che ho sostenuto per le cure di cui necessita il figlio della mia attuale moglie”. Ma sembra parlare solo di quello che non può negare perché gli investigatori lo hanno ascoltato e videoregistrato per mesi, nel corso delle perquisizioni hanno trovato assegni e carte a riscontro dei pagamenti.

Tuttavia è dai verbali di interrogatorio del suo coindagato, il faccendiere Mario Santoro,  e soprattutto dalle dichiarazioni del pentito Mantella, che viene fuori il sistema a trazione massonica che serviva per “ammorbidire” la giustizia. In Corte d’appello di Catanzaro succedeva di tutto, spiega Santoro. Perizie assegnate a consulenti complici, dissequestri di beni mafiosi su commissione, e anche in commissione tributaria, bastava pagare per far cambiare le sentenze nottetempo. Lui era il principale canale ma – ammette – ce n’erano altri. Commercialisti e avvocati, di Catanzaro, Lamezia Terme, della Locride.

Tutti o quasi massoni. Ed è proprio fra “fratelli” – fa emergere l’inchiesta – che maturavano certi legami. Lo conferma anche il pentito Andrea Mantella, ex killer del clan Lo Bianco e oggi gola profonda che sta facendo tremare la ‘ndrangheta vibonese e non solo. Ai magistrati, il collaboratore racconta che Petrini “apparteneva alla massoneria deviata”. E negli stessi circuiti gravitavano noti avvocati. A
nche per questo – spiega il pentito – bastava nominate certi legali per avere la certezza di poter addomesticare le sentenze. Fra loro c’è Giancarlo Pittelli, noto penalista nonché ex senatore di Forza Italia, poi passato a Fdi, di recente arrestato come “riservato” del clan Mancuso,
ma anche Salvatore Staiano, il difensore storico di Mantella, di recente rinviato a giudizio per le perizie false con cui avrebbe fatto scarcerare alcuni clienti. “Staiano era nelle mani di Nicolino Grande Aracri, – dice Mantella – però era il pupillo di Vincenzo Gallace e praticamente all’interno dello studio dell’avvocato Staiano lavorava come avvocato un fratello di Nicolino Grande Aracri… comunque attraverso fiumi di denaro cercavano di aggiustare dei processi, ci provavano in tutti i sensi”.  E della sua capacità di condizionare i giudici, il pentito ne ha avuto prova concreta.
“Mi ha detto: entro 15 giorni io ti faro? scarcerare. Al quindicesimo giorno, alle 13 e qualcosa, la telefonata dell’avvocato Staiano come se fosse che il discorso era già fatto. Praticamente io uscii dal carcere… gli ho dovuto dare i soldi subito subito. L’avvocato Staiano mi disse che con quella cifra stavo tranquillo, con quei soldi stavo tranquillo” racconta il pentito ai pm di Salerno. Si pagava quasi sempre in contanti ma con “qualche Cartier, qualche Rolex, qualcosa e alla fine…un po’ di pazienza e ce la fai ad uscire dal carcere”.
E poi Mantella fa il nome di cinque magistrati che a suo dire erano sensibili alle lusinghe di Stajano ed altri avvocati. “A me – specifica – la frase corrompere non me l’ha detta mai. Mi ha detto ‘tu mi devi dare questi soldi e stai tranquillo’. Ma mica siamo bambini… io i soldi, come sono rimasto con lui, glieli ho dati dopo il provvedimento di scarcerazione”. C’era Petrini, chiaramente, ma anche altre quattro toghe su cui adesso si procederà ad approfondire. Forse soggetti già nel mirino della procura di Salerno che attualmente ha sette distinti fascicoli sui magistrati del distretto di Catanzaro. Secondo indiscrezioni erano aperti prima delle dichiarazioni di Mantella e adesso si stanno arricchendo di altri particolari. Inclusi diversi elementi che arrivano dalle  intercettazioni fra Petrini e il suo faccendiere. Da cui sembrano emergere i contatti di diversi magistrati del distretto con  l’ex consigliere regionale Pino Tursi Prato, già in passato condannato per associazione mafiosa.

Catanzaro, magistrato arrestato: prestazioni sessuali, soldi e vacanze in resort in cambio di favori

Catanzaro, magistrato arrestato: prestazioni sessuali, soldi e vacanze in resort in cambio di favori

L’accusa è corruzione. Otto provvedimenti dei magistrati salernitani, coinvolti anche due avvocati

Un magistrato in servizio alla Corte d’Appello di Catanzaro, Marco Petrini, e due avvocati, uno del foro di Catanzaro e l’altro di Locri sono stati arrestati dalla Guardia di Finanza su disposizione della Dda di Salerno per corruzione in atti giudiziari. L’accusa parla di “azioni corruttive per far riottenere il vitalizio a un ex politico calabrese”  e per “agevolare futuri avvocati per il superamento del concorso”. Nell’inchiesta si legge di “gamberi, vacanze in resort e champagne” e di “prestazioni sessuali” in cambio di provvedimenti giudiziari.

Sempre secondo le ipotesi degli inquirenti: “Un medico in pensione stipendiava il giudice per garantirsi le sue funzioni”. I destinatari dei provvedimenti sono otto, sette dei quali con custodia cautelare in carcere e uno ai domiciliari. Le indagini, avviate nel 2018 e coordinate dalla Dda di Salerno, hanno permesso di ricostruire “una sistematica attività corruttiva” nei confronti del magistrato. Nell’abitazione del giudice sono stati trovati seimila euro in una busta.

Denaro contante, oggetti preziosi, altri beni e utilità tra le quali anche prestazioni sessuali. Era quanto gli indagati nell’inchiesta della Dda di Salerno promettevano e consegnavano al magistrato, presidente di sezione della Corte d’Appello di Catanzaro nonché presidente della Commissione provinciale tributaria del capoluogo calabrese, in cambio del suo intervento “per ottenere, in processi penali, civili e in cause tributarie – è detto in un comunicato – sentenze o comunque provvedimenti favorevoli a terze persone  concorrenti nel reato corruttivo. In taluni casi i provvedimenti favorevoli richiesti al magistrato e da quest’ultimo promessi e/o assicurati erano diretti a vanificare, mediante assoluzioni o consistenti riduzioni di pena, sentenze di condanna pronunciate in primo grado dai tribunali del distretto, provvedimenti di misure di prevenzione, già definite in primo grado o sequestri patrimoniali in applicazione della normativa antimafia, nonché sentenze in cause civili e accertamenti tributari”.

Marco Petrini è magistrato  della Corte d’Appello di Catanzaro, nonché presidente della Commissione provinciale tributaria. I magistrati documentano “una situazione di ‘sofferenza bancaria’ dovuta al mancato pagamento di alcuni finanziamenti, ed una quasi costante scopertura di conto corrente”. Gli investigatori, “tenuto conto delle ripetute consegne di somme di denaro in contanti al Petrini, documentate nel corso delle indagini, hanno proceduto ad approfonditi accertamenti bancari e patrimoniali, finalizzati a ricostruire le disponibilità economiche in capo allo stesso Petrini”.

Dalle verifiche eseguite sui conti correnti bancari riconducibili a Petrini “emergeva -scrivono i giudici- una situazione di ‘sofferenza bancaria’ dovuta al mancato pagamento di alcuni finanziamenti, ed una quasi costante scopertura di conto corrente, coperta con versamenti di somme in contante che, nell’anno 2018, ammontavano ad euro 20.400,00; dato quest’ultimo che, da subito appariva anomalo, visto che il Petrini, pubblico dipendente, riceve i propri emolumenti unicamente attraverso bonifici”.

Insieme a Petrini sono stati  arrestati: Vincenzo Arcuri, Giuseppe Caligiuri, Luigi Falzetta, Emilio Santoro, Francesco Saraco e Giuseppe Tursi Prato) . L’avvocato Marzia Tassone è ai domiciliari e ci sono  altri 16 indagati. Tutti potranno replicare alle accuse nei successivi passaggi del procedimento. La difesa potra chiedere al Tribunale del Riesame l’annullamento dell’ordinanza cautelare

L’accusa per tutte le persone coinvolte nell’inchiesta é corruzione in atti giudiziari.

Le indagini sono coordinate dal pm Vincenzo Senatore, dal procuratore aggiunto Luigi Alberto Cannavale e dal procuratore reggente Luca Masini. Sono in corso perquisizioni a Catanzaro e acquisizione di atti presso la Corte d’Appello della città calabrese.

Mantella, le confessioni di Petrini e le informative del Ros: tremano i giudici “corrotti”

Tutti gli indizi lasciano presagire che presto sul tribunale di Catanzaro si abbatterà un vero e proprio tsunami giudiziario

Genesi”. Un nome che già dice tutto. Significa origine e potrebbe essere solo l’inizio di un qualcosa di davvero sconvolgente. Tutti gli indizi lasciano presagire che presto sul tribunale di Catanzaro si abbatterà un vero e proprio tsunami giudiziario. Il verbale “esplosivo” di Andrea Mantella, ex boss della ‘ndrangheta vibonese, oggi collaboratore di giustizia di punta dalla Dda di Catanzaro (LEGGI QUI), non è il solo a chiamare in causa le presunte “toghe sporche” presenti nel distretto giudiziario catanzarese.

Le confessioni di Santoro e Petrini. C’è di più, però, a disposizione dei magistrati della Procura di Salerno (titolari delle indagini su ipotesi di reato che coinvolgono i colleghi catanzaresi), dove nelle prossime ore si insedierà il nuovo procuratore capo, Giuseppe Borrelli, già aggiunto a Catanzaro fino a qualche anno fa prima di transitare con lo stesso ruolo a Napoli. A far tremare avvocati, giudici, politici e “colletti bianchi” che a vario titolo hanno favorito o preso soldi dai clan della ‘ndrangheta per “aggiustare”, “addomesticare” o “addolcire” processi penali, civili e tributari, ci sono ora anche le confessioni di alcuni dei principali indagati dell’inchiesta “Genesi”: il “faccendiere” Emilio Santoro, detto “Mario” e, addirittura, il giudice Marco Petrini. Entrambi collaborano con il procuratore vicario di Salerno Luca Masini e i loro verbali sono pieni di nomi, fatti, circostanze ma, soprattutto, omissis. Il giudice avrebbe riempito due verbali di interrogatorio coperti al momento da segreto istruttorio che promettono sviluppi clamorosi perché svelano – come lo stesso pm Masini ha rivelato –  “una caterva di episodi corruttivi” che riguarderebbero politici e avvocati.

Giudici a cena da Pittelli. A Salerno sono finite anche tre informative inviate dai carabinieri del Ros nell’ambito delle indagini che hanno portato all’operazione “Rinascita-Scott” e che ricostruiscono i contatti tra l’avvocato Giancarlo Pittelli e alcuni magistrati del distretto giudiziario di Catanzaro. Tra gli atti inviati dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ai colleghi salernitani c’è anche l’ormai famosa cena che si sarebbe svolta a casa di Pittelli nel maggio del 2018 e alla quale avrebbero partecipato otto magistrati e altri professionisti, tra i quali anche un alto ufficiale dell’Arma dei Carabinieri. Una cena “intercettata” dalle cimici piazzate dai carabinieri del Ros che, oltre all’elenco dei partecipanti, avrebbero annotato sui loro taccuini una serie di dialoghi ora al vaglio degli inquirenti.

Rifhttps://www.zoom24.it/2020/02/09/mantella-le-confessioni-di-petrini-e-le-informative-del-ros-tremano-i-giudici-corrotti/

Toghe sporche in Calabria: dall’inchiesta su Petrini spuntano i nomi di altri magistrati

Dagli atti dell’inchiesta di Salerno sul giro di corruzione a Catanzaro, in una conversazione intercettata saltano fuori i nomi di Eugenio Facciolla e Mario Spagnuolo. Nicola Gratteri voleva ascoltare Tursi Prato in merito a vicende che avrebbero potuto lambire anche i due giudici. E questo avrebbe creato tensioni con il pg Otello Lupacchini

Che l’inchiesta della procura di Salerno minacciasse di travolgere altri magistrati è stato evidente fin dall’arresto del presidente di sezione di Corte d’Appello, Marco Petrini. Lo si leggeva tra le righe dell’ordinanza di custodia cautelare che ha svelato come aule di giustizia e commissione tributaria regionale fossero state trasformate in un suq, in cui ogni sentenza si poteva comprare. Lo dicevano le voci, più o meno preoccupate, che hanno iniziato a rincorrersi nei corridoi e nelle aule di giustizia di Catanzaro e non solo. Ma adesso, dalle prime carte depositate, emergono i primi dati, sfuggiti alla valanga di omissis con cui si stanno coprendo gli approfondimenti in corso. E sembrano dare anche indicazioni sulle vicende che hanno motivato l’allontanamento di alcuni magistrati del distretto, a partire dall’ex procuratore di Castrovillari, Eugenio Facciolla, sul cui capo a Salerno pende una richiesta di rinvio a giudizio per corruzione e per questo è stato trasferito a Potenza, con provvedimento confermato dal Tar.

L’interrogatorio del faccendiere

Il primo indizio al riguardo emerge da uno degli interrogatori del faccendiere Mario Santoro. Nella lunghissima trascrizione di quella conversazione, una domanda del procuratore Luca Masini sopravvive alla valanga di omissis. «È il Tursi che le fa le confidenze che riguardano Facciolla?» chiede il magistrato. E Santoro non esita a dire sì. In quelle carte non c’è di più. Ma nell’informativa di recente depositata agli atti dell’inchiesta di Salerno qualche ulteriore particolare emerge.


Tutto passava da Tursi Prato

È una conversazione del 28 gennaio 2019. Il giudice Petrini e Santoro parlano senza sospettare di essere intercettati. Discutono di come e per quanto denaro aggiustare sentenze, poi passano ad un argomento più delicato. Alla base, c’è la causa da addomesticare per permettere all’ex consigliere regionale Pino Tursi Prato di mettere in salvo il vitalizio. «Ci vuole un po’ di tempo, ci vuole ancora un pò di tempo … è un po’ complicato, un po’ complicato … però abbiamo fiducia» dice Petrini. Santoro fa pressione, chiede se la cosa si possa definire nel giro di poco tempo, «un mese». Perché evidentemente c’è qualcosa che sembra preoccuparlo. Gli inquirenti sembrano tornati a essere molto interessati a Tursi Prato. «Nicola Gratteri vuole sentire a Tursi Prato», confida Santoro al giudice e la cosa – lascia intendere – sembra essere anche alla base delle tensioni con il procuratore generale Otello Lupacchini. Il faccendiere non specifica la sua fonte, forse si tratta dello stesso ex consigliere regionale, ma sa dare coordinate molto precise.

Confidenze delicate

A quanto riferisce, Tursi Prato dovrebbe essere sentito su vicende che potrebbero toccare anche diversi magistrati. Mario Spagnuolo, di cui però null’altro si dice, e  l’ex procuratore di Castrovillari, Facciolla. Lo riferisce Santoro e, quanto meno per il secondo, Petrini sembra essere in grado di completare la frase ancor prima che il faccendiere finisca. Come se fosse un dato pacifico. Poi i due si lasciano andare a commenti sul magistrato. Le accuse sono pesantissime. «Ne ha fatte di mille e una notte» riferisce Santoro, «ha preso denari da IGreco», «il padre faceva l’usuraio». Il faccendiere sembra rendersi conto di aver fatto al giudice una confidenza assai delicata, «ti devi stare zitto» gli intima.


«Evita di parlare»

I passaggi successivi sono poco chiari, fra incomprensibili e frasi smozzicate. Però si capisce quale sia il comportamento che entrambi ritengono più conveniente. «Gli ho detto “se puoi evitare evita”» dice Santoro e Petrini concorda «sì, sì è meglio». Parole in libertà o indicazioni concrete? Di certo, tutti elementi da verificare con estrema attenzione, mettendo a confronto il dato intercettato, le dichiarazioni dei protagonisti di quelle chiacchierate – ancora tutte da vagliare – ed eventuali riscontri oggettivi. E dalle carte depositate a Salerno, anche su questo fronte sembra si stia lavorando.

rif: https://lacnews24.it/cronaca/petrini-toghe-sporche-si-allarga-il-cerchio_110221/

Soldi e sesso in cambio di favori, così Gratteri ha “smascherato” il giudice corrotto

L’inchiesta che ha portato all’arresto di Marco Petrini e di altre sette persone è partita dagli uffici della Dda di Catanzaro che ha trasmesso gli atti a Salerno

Tutto è partito da Catanzaro. Dagli uffici della Procura distrettuale antimafia. E’ stato Nicola Gratteri a mettere la firma su un fascicolo “bollente” inviato per competenza a Salerno. Da quegli atti si è sviluppata la clamorosa inchiesta che ha portato all’arresto del giudice Marco Petrini, un suo collega che lui stesso conosceva e che capitava di incrociare nei corridoi del tribunale di Catanzaro, divisi da un solo piano. Appena saputo del coinvolgimento del magistrato nell’indagine condotta dalla Finanza su un presunto caso di corruzione in atti giudiziari aggravato dal metodo mafioso, Gratteri ha quindi ha trasmesso tutta la documentazione alla Direzione distrettuale antimafia di Salerno.

La genesi dell’inchiesta. L’origine dell’inchiesta denominata “Genesi” che ha portato all’arresto del giudice Marco Petrini e di altre sette persone nasce infatti da un procedimento datato 2 agosto del 2018 che si è sviluppato in modo clamoroso e del tutto inaspettato. Gli investigatori della Guardia di Finanza erano dapprima sulle tracce di tre soggetti: Luigi Falzetta, Emilio Santoro, detto Mario, e Giuseppe Tursi Prato, detto Pino. L’indagine riguarda inizialmente solo loro ma le intercettazioni successive aprono altri scenari, ben più inquietanti. “L’ascolto di quelle intercettazioni – scrive il gip Giovanna Pacifico nell”ordinanza – faceva emergere uno scenario investigativo di ben maggiore ampiezza, attraverso la speculare estensione delle operazioni intercettive, via via autorizzate da questo ufficio, rispetto agli originari ‘bersagli’”.  Le conversazioni captate rivelano con il passare dei giorni un quadro indiziario grave. Tra un’intercettazione ed un altra, i finanzieri giungono all’identificazione di un giudice in servizio nel distretto giudiziario di Catanzaro e l’indagine diventa inquietante. Quel giudice è Marco Petrini, addirittura il presidente di sezione della Corte d’Appello di Catanzaro. Alla polizia giudiziaria non resta altro che redarre l’informativa shock che il 15 ottobre del 2018 arriva sulla scrivania di Nicola Gratteri e dei suoi sostituti procuratori che coordinano l’inchiesta originaria. Alla Dda di Catanzaro, invece, non rimane che trasmettere gli atti alla Procura di Salerno competente per territorio. Di mezzo c’è, coinvolto a pieno titolo nell’indagine, spunta un magistrato del distretto giudiziario catanzarese. Non si può fare altrimenti. Tocca ad altri andare avanti e sviluppare la clamorosa attività investigativa.

Dalle origini al blitz. Inizia qui quella che verrà denominata in codice l’inchiesta “Genesi”. Il fascicolo passa nelle mani del pm salernitano Luca Masini e le indagini vengono svolte sul campo dai reparti specializzati della Guardia di Finanza. E’ il 7 novembre del 2018 e il gip autorizza le intercettazioni telefoniche ed ambientali. Petrini finisce sotto inchiesta, pedinato, intercettato, a casa e nel suo ufficio. L’ascolto delle conversazioni fa venire fuori quello che gli inquirenti definiranno una “sistematica attività corruttiva”. Tutto ruota intorno al magistrato di origini umbre che vive a Lamezia. Gli accertamenti bancari fanno il resto e gli investigatori scoprono le “difficoltà finanziare” del giudice. Il cerchio intorno a Petrini si stringe sempre di più e, contemporaneamente, le indagini si allargano coinvolgendo le sue presunte amanti (due avvocatesse) in quello che sarà l’aspetto più piccante e pruriginoso della vicenda. Sul registro degli indagati vengono iscritte complessivamente quattordici persone. Per otto di queste il gip di Salerno ravvisa le esigenze cautelari. L’ex consigliere regionale Pino Tursi Prato e suoi presunti “intermediari” Emilio Santoro e Luigi Falzetta finiscono in carcere insieme ad una serie di professionisti. Tra questi anche quattro avvocati. E’ il 15 gennaio del 2020, il giorno del blitz. Storia dei giorni nostri. Una storia che non è ancora finita e che promette ulteriori, clamorosi risvolti perché tra le 120 pagine dell’ordinanza si celano ipotesi investigative in via di sviluppo. Come una serie tv in attesa di un’altra puntata.

Rif:https://www.zoom24.it/2020/01/16/soldi-e-sesso-in-cambio-di-favori-cosi-gratteri-ha-smascherato-il-giudice-corrotto/

Il magistrato Marco Petrini accusato di corruzione in cambio di soldi e sesso

n Calabria è esploso il caso relativo a Marco Petrini, presidente della terza sezione civile della Corte d’appello di Catanzaro e della Commissione provinciale tributaria. Secondo l’accusa il magistrato avrebbe venduto la propria funzione per aggiustare processi, sentenze e concorsi: in cambio non solo soldi, ma anche prestazioni sessuali che sarebbero state concesse da alcune avvocatesse per avere il giudice dalla loro parte. Petrini è stato arrestato insieme ad altre sei persone: tutti sono indagati per corruzione in atti giudiziari e, per alcuni di essi, è stata contestata l’aggravante del metodo mafioso.

Per approfondire leggi anche: “Assunto a mia insaputa”

Franco Bechis su Il Tempo fa però notare un dettaglio non da poco: “Petrini non aveva molta presenza pubblica, quindi tutti i giornali hanno pubblicato una sua immagine tratta da un unico evento di cui fu protagonista. Si trattava della presentazione di un libro a Lamezia Terme. L’immagine è però tagliata, perché allargandola appare un altro personaggio, quel Nicola Gratteri che è il mito della giustizia in Calabria”. Ovviamente il Procuratore di Catanzaro non c’entra nulla con lo scandalo di soldi e sesso, ma per Bechis quella foto era “una notizia, perché fa capire di quale fiducia godeva Petrini nell’ambiente, era riuscito ad ingannare anche le persone con le quali lavorava fianco a fianco. Aver censuratoquella foto – chiosa Bechis – è stato un cattivo servizio all’informazione”.

rif:https://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/13553835/marco-petrini-magistrato-sesso-soldi-calabria-foto-nicola-gratteri-censura.html

l giudice corrotto e l’intercettazione: “La causa l’ha vinta al 1000 per 1000”

Sono diversi i processi che Petrini sarebbe riuscito a “sistemare” o avrebbe tentato di “aggiustare” favorendo gli “amici degli amici”

Soldi, gioielli, prestazioni sessuali in cambio di favori per “aggiustare” processi in ambito penale, civile e, persino, cause tributarie. Al centro dell’inchiesta la figura di Marco Petrini, 56 anni, nato a Foligno ma residente a Lamezia Terme. Non un giudice qualsiasi ma il presidente di sezione della Corte d’Appello di Catanzaro e il presidente della Commissione provinciale tributaria. Un insospettabile “smascherato” dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Salerno che hanno coordinato la clamorosa inchiesta culminata con il suo arresto. Sono diversi i processi che Petrini sarebbe riuscito a “sistemare” o avrebbe tentato di “aggiustare” favorendo gli “amici”, gli “amici degli amici” e le sue presunte amanti. Non a caso corruzione in atti giudiziari è l’accusa che la Procura di Salerno gli contesta e per la quale è finito in carcere.

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