Anm è un’associazione di clan incostituzionale, Palamaragate ha scoperchiato sistema corrotto e illegale

Anm è un’associazione di clan incostituzionale, Palamaragate ha scoperchiato sistema corrotto e illegale

Se esistesse ancora il premio Stalin (che temo sia stato abolito nel 1956) l’edizione del 2020 avrebbe un vincitore sicuro: il Csm.Cioè l’organo di autogoverno della magistratura, presieduto dal presidente della Repubblica. Il Csm ha celebrato in un tempo brevissimo, e quindi battendo ogni record di rapidità, il processo disciplinare a Luca Palamara, che in passato è stato uno degli dei della magistratura italiana: lo ha svolto senza accettare i testimoni a difesa, senza prove, fondandosi su pochissime intercettazioni ottenute coi Trojan (sono state accettate solo le intercettazioni illegali), negando ogni diritto della difesa e rifiutandosi di svolgere una inchiesta su ciò che Palamara ha denunciato, e cioè un sistema corrotto che domina la magistratura, ne stabilisce le gerarchie, determina la distribuzione dei poteri e – purtroppo – anche l’esito di molti processi, facendo strame dei diritti degli imputati e dell’esigenza di diritto e verità.

rif:https://www.ilriformista.it/anm-e-unassociazione-di-clan-incostituzionale-palamaragate-ha-scoperchiato-sistema-corrotto-e-illegale-166875/

Liquidato un Palamara se ne fa un altro, ecco perché è stato radiato il re delle nomine

Liquidato un Palamara se ne fa un altro, ecco perché è stato radiato il re delle nomine

Da oggi pomeriggio, è una certezza, i problemi che affliggono da anni la magistratura italiana, ad iniziare dalla lottizzazione degli incarichi da parte delle correnti, saranno tutti risolti: Luca Palamara, l’ex potente presidente dell’Associazione nazionale magistrati, sarà radiato dalla sezione disciplinare delCsm. Il processo a suo carico è stato rapidissimo: meno di un mese. Un record assoluto. Chi ha avuto modo di parlare con Palamara in questi giorni l’ha sentito sereno. E non è una frase di circostanza. Palamara da tempo aveva capito che il suo destino era segnato. Ha provato a difendersi, assistito dal consigliere di Cassazione Stefano Giame Guizzi, uno dei magistrati più esperti di questioni disciplinari al Csm. Una difesa a 360 gradi che ha sollevato anche diverse eccezioni di costituzionalità. Ma tutto è stato vano. Quello che è successo non poteva essere archiviato con un semplice “buffetto” da parte della disciplinare del Csm, normalmente ben predisposta nel perdonare i magistrati che inciampano in qualche illecito. Il danno di immagine è stato senza precedenti per poter chiudere un occhio.

rif:https://www.ilriformista.it/liquidato-un-palamara-se-ne-fa-un-altro-ecco-perche-e-stato-radiato-il-re-delle-nomine-166325/

“Fatti gravissimi, unici nella storia italiana, Palamara sia rimosso dalla magistratura”

“Fatti gravissimi, unici nella storia italiana, Palamara sia rimosso dalla magistratura”

Via dalla magistratura. Come previsto, anche dall’interessato Luca Palamara, ieri l’avvocato generale della Cassazione Piero Gaeta ha chiesto il massimo della sanzione disciplinare, la “rimozione” per l’ex presidente dell’Anm ed ex consigliere del Csm che solo fino a maggio 2019 era tra i magistrati più ossequiati d’Italia, uomo forte del correntismo con codazzo di toghe […]

Rif:

Palamara radiato dalla magistratura, il Csm lo condanna alla sanzione massima prevista

Bufera procure, Stefano Palamara radiato dalla magistratura

Luca Palamara è stato radiato dalla magistratura. La Sezione disciplinare del Csm lo ha condannato alla sanzione massima prevista, accogliendo la richiesta della Procura generale della Cassazione. Palamara è il primo ex consigliere del Csm ed ex presidente dell’ Associazione magistrati ad essere rimosso dall’ordine giudiziario.

Rif:http://palamara_radiato_magistratura_sentenza_csm_ultime_notizie_associazione_magistrati_cosa_e_successo_oggi

Magistratopoli, uno schifo così non l’avevo neanche immaginato

Magistratopoli, uno schifo così non l’avevo neanche immaginato

No, non è il mio album di famiglia, quello che sto sfogliando con un po’ di disgusto e che racconta storie di giornalisti e magistrati. Il disgusto è dovuto prima di tutto al fatto che si tratta di intercettazioni, cioè di colpi alle spalle nei confronti di persone che intrattengono conversazioni personali. Mi dà fastidio leggerle, è un’intrusione nei fatti altrui. Il secondo motivo dei miei sentimenti così negativi è dato dalla volgarità d’animo che emerge dal mondo della magistratura più politica e sindacalizzata. Che nel “mondo dei Palamara” si svolgessero intrallazzi, tradimenti, complotti e attacchi alla giugulare, non so perché, ma non mi stupisce. Noi lo chiamiamo il “Partito dei pm”, e ovviamente non riguarda solo il dottor Luca Palamara, che in questa storia, soprattutto nella sua parte giudiziaria, è forse più vittima che carnefice. Ma forse l’abbiamo nobilitato, il “mondo dei Palamara”, dandogli la denominazione di partito. Forse la parte più inedita di queste conversazioni carpite da uno strumentino che si chiama trojan e che ricorda metodi da Ovra, non è la lotta politica, furibonda, che si svolge tra magistrati alla vigilia elettorale delle nomine, ma proprio la volgarità.

La risata grassa, il darsi di gomito come fanno certi uomini al passare di una bella ragazza di cui non è il viso la parte che interessa. La bella ragazza di queste intercettazioni sul “mondo dei Palamara” è proprio il giornalista. Leggere quel che i togati dicono tra loro sul mondo dell’informazione, sullo spregiudicato uso che loro ne fanno e intendono farne, è ancora più imbarazzante di quanto non sia apprendere quante volte si vedono e si sentono e concordano gli articoli da far uscire i pubblici ministeri con i loro amici cronisti. Io stessa ho svolto per molti anni la mia attività di giornalista al Palazzo di giustizia, in gran parte a Milano, un poco anche a Roma. Anzi, ho cominciato a scrivere su un giornale proprio come cronista giudiziaria. È normale che nel posto di lavoro, nel luogo dove vai ogni giorno si costruiscano rapporti, nascano amicizie. A volte anche storie d’amore. Poi va anche detto che la prima fonte delle notizie che riguardano la giustizia è il magistrato, il pubblico ministero, per la precisione. Poi naturalmente ci sono gli avvocati, le forze dell’ordine, i cancellieri, i segretari, eccetera eccetera. Ma il pubblico ministero è il dominus, la bocca della verità, il miele di ogni cronista giudiziario. E ogni pm sa di contare qualcosa solo nel momento in cui i giornalisti cominciano a bussare alla sua porta, e sa di esser diventato un divo quando si sposta nei corridoi del palazzo di giustizia inseguito dal codazzo dei cronisti.

Ricordo, molti anni fa, un pubblico ministero arrivato dal sud d’Italia. Era serio e riservato. Poi un giorno, un suo collega con cui avevo preso ad avere un po’ di confidenza, mi raccontò che quel magistrato aveva appuntamento con un sarto. “Sai, gli aveva confidato, ora dovrò vestirmi meglio, perché con questa nuova inchiesta che sto conducendo dovrò incontrare i giornalisti”. Mi aveva fatto tenerezza, ma anche un po’ paura, quasi un certo mondo stesse per cambiare. Cambiò davvero tutto, con gli anni di Tangentopoli e l’arrivo di Di Pietro, nel 1992, mentre io mi avviavo a fare un altro mestiere in Parlamento e lasciavo definitivamente il Palazzaccio di Milano. Cambiò tutto, e oggi ci risiamo, daccapo. Leggere le conversazioni tra giornalisti, alcuni dei quali famosi, e un magistrato intercettato, conoscere le loro trame per orientare l’informazione per un verso piuttosto che per l’altro, e i siluri tra colleghi e le spiate, tutto questo lascia sconcertati. Ma fa venir voglia di scappare a gambe levate senza poter nascondere il disgusto per il chiacchiericcio volgare tra magistrati.

Quando dicono che quel giornalista lì è uomo dei servizi segreti, che quell’altro è legato ai poteri forti, che quella è avvicinabile, e si chiedono se non sia meglio scavalcare il cronista e puntare ai vertici del quotidiano. Per quale scopo? Per rendere l’informazione prigioniera una volta di più del potere giudiziario. E il giornalista è posto in totale passività, come l’inconsapevole bella ragazza che passava per strada davanti a un gruppo di maschi voraci. No, non è il mio album di famiglia. Ho fatto la cronista giudiziaria per tanti anni, sono stata amica di molti magistrati e di avvocati. Sempre con reciproco rispetto. Uno schifo così non l’avevo neanche immaginato. Però voglio proprio raccontarvela questa storia di giornalisti e magistrati che ho visto e vissuto da molto vicino per vari decenni.

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Indagato a Catania per corruzione e “premiato” con il Tar del Lazio

Indagato a Catania per corruzione e “premiato” con il Tar del Lazio

È indagato per corruzione in atti giudiziari ma il giudice del Tar di Catania Dauno Trebastoni è riuscito a evitare un trasferimento per incompatibilità ambientale e a farsi trasferire dove voleva: al Tar del Lazio, a Roma, sezione seconda bis, sia pure fino a dicembre. È stato il plenum del Cpga, il Csm del Consiglio […]

rif:https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/04/04/indagato-a-catania-per-corruzione-e-premiato-con-il-tar-del-lazio/5085576/

Sentenze vendute, indagato il giudice del Tar di Catania Dauno Trebastoni


La Guardia di finanza ha perquisito i suoi uffici della sezione etnea. E’ accusato di corruzione in atti giudiziari nell’ambito dell’inchiesta che vede coinvolti anche gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore (che collaborano con gli inquirenti)

l giudice del Tar di Catania Dauno Trebastoni è stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Catania. Il magistrato è indagato per corruzione in atti giudiziari nell’ambito dell’inchiesta che vede già coinvolti gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore che, come è noto, stanno collaborando con gli inquirenti. La notizia è emersa dopo che in mattinata i finanzieri avevano effettuato una perquisizione negli uffici del Tar di Catania. Notizia che era stata rivelata da Live Sicilia Catania e che la Procura etnea ha confermato.

Due lettere, una destinata al Procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, e l’altra al Presidente del Tar Catania Pancrazio Savasta sono partite – a quanto si apprende – da Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato a Roma. Le lettere sono volte ad ottenere elementi utili per l’adozione di eventuali iniziative di competenza del Presidente del Consiglio di Stato o dell’Organo di autogoverno della magistratura amministrativa (Cpga), in relazione alle notizie di stampa sull’indagine e la perquisizione a carico di Trebastoni.

rif:https://www.lasicilia.it/news/catania/216223/sentenze-vendute-indagato-il-giudice-del-tar-di-catania-dauno-trebastoni.html

Potenza, soldi per corrompere un giudice: da Catanzaro arriva il sequestro per l’avvocato De Bonis

Potenza, ex dirigente Corte d'Appello e assistente arrestati per peculato -  La Gazzetta del Mezzogiorno

Il fatto è emerso in un contesto investigativo più ampio di reati contro la pubblica amministrazione che hanno visto indagato l’avvocato. Nel corso delle indagini sono state acquisite immagini relative a incontri tra De Bonis ed il suo cliente nei quali sono state riportate comunicazioni in cui espressamente si faceva riferimento ai 23.000 euro, da dare in diverse ‘tranches’ e da usare per la presunta corruzione del giudice.

La somma di 23.000 euro è stata sequestrata a un avvocato del foro di POTENZA, Raffaele De Bonis Cristalli, dalla squadra mobile di POTENZA, in un’indagine della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, in esecuzione di una misura cautelare di sequestro preventivo per l’ipotesi di reato di traffico di influenze illecite. L’avvocato è indagato per aver chiesto soldi ad un suo cliente in una causa civile pendente presso la Corte d’appello di POTENZA a titolo di remunerazione a favore di un magistrato onorario che aveva composto il collegio davanti al quale la controversia era stata trattata, con esito favorevole per il suo cliente. L’indagine è partita da alcune intercettazioni riguardanti la posizione di un giudice ausiliario in servizio presso la Corte d’Appello di POTENZA e gli atti sono stati trasmessi dalla Procura di POTENZA a quella di Catanzaro. Il fatto è emerso in un contesto investigativo più ampio di reati contro la pubblica amministrazione che hanno visto indagato l’avvocato. Nel corso delle indagini sono state acquisite immagini relative a incontri tra De Bonis ed il suo cliente nei quali sono state riportate comunicazioni in cui espressamente si faceva riferimento ai 23.000 euro, da dare in diverse ‘tranches’ e da usare per la presunta corruzione del giudice. Dalle indagini, però, il giudice onorario è risultato completamente estraneo alla vicenda. Il valore del sequestro è pari alla somma consegnata all’avvocato.

Rif:https://www.ilmattinodifoggia.it/news/basilicata-free/50869/potenza-soldi-per-corrompere-un-giudice-da-catanzaro-arriva-il-nuovo-sequestro-per-l-avvocato-de-bonis.html

Corruzione, avvocato (ed ex europarlamentare dell’Udeur) indagato: “Soldi al giudice per far scarcerare 3 boss di ‘ndrangheta”

Corruzione, avvocato (ed ex europarlamentare dell’Udeur) indagato: “Soldi al giudice per far scarcerare 3 boss di ‘ndrangheta”

Denaro in cambio della libertà, sentenze comprate e giudici pagati per far scarcerare boss e gregari della cosca Bellocco di Rosarno. L’ennesimo terremoto giudiziario è scritto nero su bianco nelle undici pagine dell’avviso di conclusione indagini notificato nei giorni scorsi dalla Dda di Catanzaro. Secondo gli inquirenti il giudice Giancarlo Giusti (oggi deceduto) ha accettato 120mila euro per far scarcerare tre esponenti della ‘ndrangheta che erano stati arrestati dalla Procura di Reggio Calabria.

Tra gli indagati c’è pure l’avvocato Armando Veneto, 85 anni, originario di Palmi, ex deputato ed ex parlamentare europeo dell’Udeur, già sindaco di Palmi con il Partito popolare. Il procuratore Nicola Gratteri, l’aggiunto Vincenzo Capomolla e il sostituto procuratore Elio Romano lo accusano di corruzione in atti giudiziariaggravata dall’agevolazione alla ‘ndrangheta. Lo stesso reato viene contestato ad altri sei indagati: Domenico Bellocco, alias “Micu u Longu”, Vincenzo Puntoriero, Gregorio Puntoriero, Vincenzo Albanese, Giuseppe Consiglio e Rosario Marcellino.

Per ogni scarcerazione il giudice avrebbe intascato 40mila euro. Complessivamente, quindi, per annullare tre ordinanze di arresto il magistrato Giusti sarebbe stato pagato 120 mila euro. I fatti risalgono all’agosto 2009 quando gli indagati avrebbero dato danaro o comunque avrebbero svolto il ruolo di intermediari nella dazione di soldi a Giusti. Il magistrato era giudice relatore ed estensore del Tribunale del Riesame di Reggio Calabria e aveva annullato le ordinanze di misura cautelare emesse dal gip su richiesta della Dda reggina nei confronti di Rocco Bellocco, Rocco Gaetano Gallo e Domenico Bellocco.

Sono loro tre, quelli che i pm, definiscono i “corruttori” del giudice. Gli intermediari, invece, sarebbero stato i due Puntoriero e l’avvocato Armando Veneto. Il noto penalista, infatti, è accusato di essere stato il trait d’union tra i mafiosi e il magistrato poi morto suicida nel 2015 dopo essere stato coinvolto in due inchieste antimafia.

Secondo i pm di Catanzaro, competenti sulle indagini che riguardano i magistrati reggini, la corruzione sarebbe avvenuta “per avvantaggiare la cosca Bellocco – è scritto nel capo di imputazione – in un momento di particolare difficoltà generato dall’esecuzione di numerose ordinanze di custodia cautelare in carcere”.

L’avvocato Veneto e gli altri indagati, inoltre, sono accusati di concorso esterno con la ‘ndrangheta. Il penalista e Domenico Puntoriero, infatti, “in forza del rapporto di amicizia con Giancarlo Giusti, – è scritto nell’avviso di conclusione indagini – fornivano un concreto apporto al rafforzamento, alla conservazione e alla prosecuzione dell’attuazione del programma associativo criminoso della cosca Bellocco, nella sua articolazione territoriale operante a Rosarno, Emilia Romagna e Lombardia”

Secondo gli inquirenti, quindi, pur non facendone parte Veneto e Puntoriero avrebbero favorito la cosca Bellocco che, grazie alla loro intermediazione, è riuscita a “riaffermare e rafforzare il potere della stessa attraverso la ripresa operativa sul territorio dei ruoli che ciascuno dei tre soggetti posti in libertà vi ricopriva”. Adesso gli indagati hanno 20 giorni di tempo per chiedere di essere interrogati o depositare memorie alla Dda di Catanzaro. Subito dopo, il procuratore Gratteri e i pm potranno decidere se chiedere il rinvio a giudizio o archiviare. Di solito la chiusura indagini è il prologo della prima opzione.

Rif: https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/06/01/corruzione-avvocato-ed-ex-europarlamentare-delludeur-indagato-soldi-al-giudice-per-far-scarcerare-3-boss-di-ndrangheta/5821167/

Quanti trucchi e sotterfugi nella fabbrica delle nomine

L’ex leader di Unicost tesseva la sua trama tra caffè, cene e ballottaggi pilotati. In 84 casi ha fatto centro

A Luca Palamara non piaceva perdere. Peraltro gli succedeva di rado: come abbiamo raccontato ieri, nei casi in cui nel plenum del Consiglio superiore della magistratura le correnti andavano allo scontro su una nomina, vinceva quasi sempre lui: ottantaquattro tra procuratori, presidenti e vicepresidenti di tribunale, procuratori generali, non sarebbero oggi nei loro posti se Palamara avesse puntato su un altro cavallo.

Nei pochi casi in cui andava sotto, riusciva a fare sentire la sua voce: come quando nel 2016 si rende conto che per la presidenza della Corte d’appello di Brescia è in testa Claudio Castelli, leader storico di Magistratura democratica. Cosa fa Palamara? Lascia che i suoi quattro colleghi di corrente (Unicost, il gruppo di centro delle toghe) insistano sul loro candidato. Ma lui vota per Castelli, in modo da mettere la firma sulla nomina.

Analizzare gli andamenti del plenum tra il 2014 e il 2018, quando Palamara faceva parte del Csm, fa restare quasi ammirati davanti alle astuzie di Palamara. Come in un’altra sconfitta apparente, la nomina di Francesco Lo Voi alla Procura di Palermo. Palamara vota per un altro candidato, Guido Lo Forte. Ma è un voto di facciata: in realtà ha lavorato per Lo Voi, d’intesa con il procuratore uscente Giuseppe Pignatone: di cui, raccontano oggi le chat, era la longa manus dentro il Csm.

Le chat illuminano anche altre imprese di Palamara. Come il 22 novembre 2017, quando il Csm elegge il presidente del tribunale di Palmi. Alla prima votazione Palamara finge di votare un nome di bandiera, tale Samperi. Ma al secondo giro porta tutti i suoi voti sulla candidata della destra, Concettina Epifanio, che vince. Ora si scopre che la Epifanio aveva bussato a lungo alla porta di Palamara: «Volevo sapere e quando posso venirti a parlare a tu per tu… ti voglio un mondo di bene», gli scrive in giugno.

Altra nomina in bilico, quella per il presidente del tribunale di Firenze. Una corsa a tre, Palamara spinge per Marilena Rizzo ma in plenum(novembre 2015) la partita è aperta. Lui prima tira dalla sua la consigliere di sinistra Paola Balducci, poi al secondo turno ribalta l’alleanza e porta sulla Rizzo i voti della destra di Magistratura Indipendente. Ora dalle chat si scopre che i rapporti tra Palamara e la Rizzo sono così stretti che negli anni successivi lui riceve da lei le indicazioni per toghe fidate da piazzare negli uffici giudiziari toscani.

Altra nomina in bilico fino all’ultimo, la presidenza della sezione lavoro del tribunale di Bari. In Csm il 15 novembre 2017, la prima votazione finisce alla pari, 10 a 10. Riccardo Fuzio, procuratore generale della Cassazione e come tale membro di diritto del Csm, al voto risulta «assente». Ma Palamara fa il miracolo, al momento del ballottaggio si materializza Fuzio e passa la candidata di Palamara, Maria Luisa Traversa. Anche di Fuzio le intercettazioni hanno poi rivelato il filo diretto con Palamara.

Nei retrobottega del Csm il leader di Unicost, raccontano questi verbali, si muove come un Richelieu. A fine 2015. bisogna scegliere il procuratore di Sassari, anche stavolta il primo voto si inchioda sul pareggio. Un consigliere laico, il grillino Alessio Zaccaria, si è astenuto. Beh, nei pochi istanti tra un voto e l’altro Zaccaria cambia idea: e al ballottaggio vota Giovanni Caria, il candidato di Palamara. Vittoria.

E così via, in un tripudio di pause caffè, di cene, di messaggini in cui a volte le manovre di Palamara incoronano magistrati di valore, a volte mezze figure destinate altrimenti alla sconfitta. Fino alla riunione cruciale del 21 febbraio 2018, in ballo ci sono sette nomine in Cassazione, tutte di primo piano. Area, la sinistra, si presenta in plenum con una serie di candidature pesanti, incamera le due nomine più importanti e si avvia a fare il pienone, anche Uliana Armano – l’ultima candidata superstite di Unicost – sembra destinata a soccombere. Nel gruppo di Unicost è il panico, «se perdiamo dico che mi devo allontanare – scrive in diretta a Palamara la sua collega Maria Rosaria Sangiorgio – non possiamo perdere anche l’Armano, sarebbe una debacle». Ma Palamara non molla, fa ritirare la Armano da uno scontro diretto, e la porta allo scontro con un candidato più debole. E la Armano passa, col voto del solito Fuzio. Chapeau.

Rif:https://www.ilgiornale.it/news/politica/quanti-trucchi-e-sotterfugi-nella-fabbrica-delle-nomine-1867296.html