Csm, le intercettazioni tirano in ballo anche il Pg di Cassazione: l’incontro con Palamara

Dalle intercettazioni emerse dall’indagine per corruzione a carico dell’ex presidente dell’Anm, Luca Palamara, emergono nuovi dettagli sul caso che ha fatto scoppiare lo scandalo Csm e che stavolta tirano in ballo alcuni magistrati di punta della giustizia italiana, arrivando fino a Riccardo Fuzio, procuratore generale della Corte di Cassazione, lo stesso che poi ha firmato gli atti di incolpazione proprio di Palamara e degli altri magistrati presenti con lui nell’ormai nota riunione notturna in hotel assieme a Luca Lotti e Cosimo Ferri.

A maggio Palamara non era solo impegnato a caldeggiare la candidatura di Marcello Viola alla procura di Roma, ma anche a scoprire a che punto fossero le indagini su di lui a Perugia. Come riporta il Corriere della sera, la notte del 16 maggio Palamara si mette in contatto con il consigliere Csm Luigi Spina, che l’avvisa della sua iscrizione nel registro degli indagati a Perugia: «Ci stanno i viaggi…». Palamara si sfoga: «È una porcata». 

Rif:https://www.open.online/2019/06/17/csm-le-intercettazioni-tirano-in-ballo-anche-il-pg-di-cassazione-l-incontro-con-palamara/

Palamara e le richieste di aiuto al pg della Cassazione. “Riccardo che fa?”

Riccardo che fa?”. I tentativi di Palamara di chiedere aiuto al pg della Cassazione

Palamara e le richieste di aiuto al pg della Cassazione. "Riccardo che fa?"

Ci sono i colloqui tra il pubblico ministero Luca Palamara e altri interlocutori per la spartizione delle nomine ai vertici degli uffici giudiziari, ma anche i tentativi dello stesso Palamara di avere informazioni sull’inchiesta per corruzione avviata proprio da Perugia nei suoi confronti. Altre centinaia di intercettazioni sono state trasmesse dalla Procura di Perugia al Consiglio superiore della magistratura, come scrive Il Corriere della Sera. Tre giorni fa gli inquirenti hanno deciso di mettere a disposizione dell’organo di autogoverno le nuove registrazioni fino al 29 maggio (non più solo fino al 16 maggio), il giorno precedente la perquisizione a Palamara. Svelano il contenuto degli incontri con almeno altri due componenti del Csm, di altre riunioni e conversazioni di Palamara con Lotti e Ferri, di quanto accaduto nei giorni prima e dopo la votazione del 23 maggio che nella commissione Direttivi del Csm aveva fatto prevalere il loro candidato alla Procura di Roma, Marcello Viola, con quattro preferenze, mentre Francesco Lo Voi e Giuseppe Creazzo ne avevano ottenuta una ciascuno.

In quei giorni Palamara è concentrato su due fronti, come riporta Il Corriere della Sera: far vincere Viola a Roma per garantire “discontinuità” con la gestione di Giuseppe Pignatone, ma anche sapere come procede l’inchiesta su di lui. Lo scopre la notte del 16 maggio, quando il consigliere suo amico Luigi Spina lo avvisa che Perugia lo ha iscritto nel registro degli indagati e gli racconta i dettagli dell’informativa della Guardia di finanza: “Ci stanno i viaggi…”. Palamara sbotta, dice che è “una porcata”, si informa in quali commissioni è stata mandata la relazione.

Spina: «Il comitato di presidenza ha mandato in busta chiusa ai presidenti della Quinta e della Prima».

Palamara: «Eh, ma perché alla Quinta?».

Spina: «E che c… ne so. Anche dalla Quinta… secretata».

Palamara: «Ah, allora…».

Spina: «Non può passa…».

Palamara: «Allora Riccardo ma che c… ha fatto».

Spina: «Non c’è Riccardo… c…, Riccardo non c’è è questo il punto… Riccardo non ci sta, io l’ho avvisato… Riccardo non ci sta … sta all’estero».

Palamara: «Ah, allora è grave… dai questo è grave».

Secondo gli inquirenti – scrive ancora Il Corriere della Sera – il Riccardo citato è Fuzio, membro di diritto del Csm in quanto pg della Cassazione, aderente a Unità per la Costituzione, la stessa corrente di Palamara e Spina e amico di entrambi. In quei giorni il pg si trovava effettivamente all’estero, ma dopo il suo rientro Palamara riesce comunque a incontrarlo. Il colloquio — ancora coperto dalla secretazione imposta dagli inquirenti — viene captato dal «trojan» il 27 maggio.

Tre giorni dopo l’inchiesta viene svelata con la perquisizione e con l’avviso di garanzia a Spina per violazione del segreto e favoreggiamento, ma anche al pm romano Stefano Fava per aver rivelato a Palamara che l’indagine nei suoi confronti «è partita dall’analisi delle tue carte di credito», e di avergli consegnato in anticipo l’esposto contro Pignatone e il procuratore aggiunto Paolo Ielo. Altra mossa di quella strategia che Palamara aveva pianificato per «screditare gli avversari» e far prevalere i magistrati amici nei posti chiave. E invece lo ha travolto provocando uno scandalo nelle istituzioni di cui non si riesce ancora a immaginare le ulteriori conseguenze.

Rif:http://www.affaritaliani.it/cronache/csm-riccardo-che-fa-i-tentativi-di-palamara-di-chiedere-aiuto-al-pg-dell-610848.html?refresh_ce

Csm, tutte le trame di Palamara, Lotti & Co.: «Se mi intercettano, diranno che sono la P5»

Le nuove rivelazioni choc dell’inchiesta. Il pm indagato per corruzione: «Ho parlato di Roma, di Lo Voi, di Creazzo: possono dire che sono quello che fa le nomine». Le mire dei congiurati: «Ridimensionare» la procura di Napoli e ricattare Pignatone. «È un matto vero, uno stronzo. Tu devi solo fargli capì che finisce male». Il pm Sirignano a Palamara: «Uccidere questa gente significa andare a mettere le pedine nei posti giusti».

L’informativa del Gico della Guardia di Finanza è un pozzo senza fondo. Letta dall’inzio alla fine, disegna un sistema mefitico di intrallazzi e operazioni oscure che hanno un solo obiettivo: la gestione assoluta del potere. In particolare, del potere giudiziario in Italia. Fuori ogni canone costituzionale. Fuori ogni logica democratica.

Protagonisti della storia, come sappiamo dalle cronache delle ultime due settimane, toghe di primo livello della magistratura italiana, e alcuni politici che tramano – insieme a loro – per piazzare uomini graditi in cima agli uffici giudiziari più delicati del Paese. Regista indiscusso del film horror sulle nomine, almeno a leggere le trascrizioni delle registrazioni effettuate dal trojan piazzato dal Gico della Guardia di Finanza nel suo cellulare, è Luca Palamara.

Il boss della corrente centrista di Unicost, indagato a Perugia in merito a una presunta corruzione per alcuni viaggi e utilità che avrebbe ricevuto dall’imprenditore Fabrizio Centofanti, è stato ascoltato per mesi.

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Magistratura dipendente, al servizio dei politici

Corruzione diffusa. Guerre di potere per sistemare amici e proteggere la propria cricca, a Roma ma non solo. Così le toghe sono finite nel fango 

E le sue conversazioni con i piddini Luca Lotti e Cosimo Ferri (magistrato in aspettativa e influente esponente di Magistratura indipendente), con alcuni membri del Consiglio superiore della magistratura e pm assortiti stanno terremotando l’intero sistema giudiziario nazionale.

Finito d’improvviso nel gorgo di una crisi morale ed etica che ha pochissimi precedenti nella storia repubblicana (cinque componenti del Csm si sono già dimessi, e ieri lo scandalo ha travolto il sindacato della categoria, l’Anm: ne ha fatto le spese il presidente Pasquale Grasso, di Mi, che ha lasciato l’incarico; al suo posto è stato eletto Luca Poniz, della corrente di sinistra Area).

Già sappiamo che i congiurati, in un incontro notturno avvenuto lo scorso 9 maggio in un hotel romano, discutevano – in un clima a metà tra mercato delle vacche e riunione carbonara – delle nomine delle più importanti procure italiane.

Sappiamo anche che per Roma il preferito del gruppetto era Marcello Viola, di cui Palamara voleva diventare braccio destro, in modo da provocare una «discontinuità» (scrive il Gico) rispetto alla gestione di Giuseppe Pignatone. Sappiamo soprattutto che Lotti (imputato nel caso Consip) ragionava di alcuni dossier da usare contro Paolo Ielo, cioè il pm che lo ha rinviato a giudizio per favoreggiamento. Sappiamo infine che molti astanti si informavano su altre carte che avrebbero potuto inguaiare la candidatura di Giuseppe Creazzo, il procuratore di Firenze che ha fatto arrestare qualche mese fa i genitori di Matteo Renzi.

«DIRANNO: IO SONO LA P5»
Ma il pozzo, come detto, è senza fondo. E se il pm Giuseppe Cascini ha invocato la P2, la loggia massonica guidata da Licio Gelli, le nuove intercettazioni pubblicate ora dall’Espresso descrivono comportamenti allarmanti da parte di pubblici ufficiali. Ricatti incrociati, minacce, veleni, dossieraggi contro i nemici. Fughe di notizie, e un uso strumentale dei giornali. Condotte che per qualcuno (a oggi il fascicolo sulle nomine non ha indagati, ma sono una dozzina i magistrati finiti nel fango etico dell’inchiesta di Perugia) potrebbero essere al limite dell’eversione.

Per bocca degli stessi protagonisti dell’affaire, infatti, le manovre appaiono delineare una sorta «di P5».
La definisce così proprio Palamara, quando – parlando con Stefano Fava, l’amico pm che ha depositato un esposto al Csm contro Ielo e Pignatone, in merito a presunti confitti d’interesse per alcuni contratti avuti da rispettivi fratelli, due avvocati professionisti) – inizia a temere di essere stato intercettato per lungo tempo.

Fava: «Penso che ti ha intercettato, sto pezzo…»
Palamara: «Io non lo escludo più»
Fava: «Io non ho mai visto un’indagine fatta da Perugia… su un magistrato romano… mai!»
Palamara: «Eh! Beh! L’informativa è del Gico… è di coso…»
Fava: «Del Gico… Ovviamente è sicuro questo… perché ovviamente il Gico indagava nel nostro procedimento»
Palamara: «Liguori mi ha detto… che ero archiviato… però a questo punto secondo me non è vero».

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Lo scandalo delle nomine inquinate ha travolto il Csm. Ma alcune delle soluzioi proposte sembrano solo metodi per minare l’indipendenza delle toghe. Parla Gherardo Colombo, ex magistrato di Milano che ha scoperto la loggia massonica

Palamara sa che la notizia dall’indagine su di lui è arrivata al Csm.

Palamara: «Ma io, se mi chiama qualcuno in Prima Commissione (del Csm, ndr) devo dire: “Signori, voi mi chiamate qui… io purtroppo conosco questa storia… ve la dico oggi… la so da un anno e mezzo…»
Fava: «Eh»
Palamara: «Vediamo, come dici tu… per il fascicolo loro mi fanno vedere le intercettazioni? Ci dovrebbero… mi dovrebbero dare pure quelle… e che teoricamente sono irrilevanti ai fini dell’ipotesi principale no? Perché se io parlo… se a Roma viene Lo Voi, o Creazzo…»
Fava: «Vabbè certo… certo»
Palamara: «Eh… però loro ti possono dire che io sono la P5… che sono quello che fa le nomine!»
Fava: «Certo! Certo!»
Palamara: «E quindi in teoria mi possono… è pazzesco… capisci che ti voglio dire?»

UN LIBRO CONTRO PIGNATONE
Palamara è arrabbiato. Sa che l’inchiesta per presunta corruzione dei pm di Perugia rischia di farlo finire nella polvere, e di far saltare tutta l’operazione. Che sembra essere composta da due fasi diverse: da un lato, spingere il suo candidato per Roma (Marcello Viola) nella commissione del Csm che deve scremare con un voto i 13 candidati (la speranza è che lui stesso poi diventi il suo braccio destro) e lavorare per trovare un buon successore del procuratore De Ficchy a Perugia.

In secondo ordine distruggere – attraverso dossier e veleni sparsi a piene mani – quelli che considera i suoi avversari: a partire da Creazzo, che con Lo Voi e Viola è il più accreditato successore di Pignatone, fino ai suoi nemici mortali. Cioè lo stesso Pignatone e Paolo Ielo, i due che hanno osato inviare a Perugia, che ha competenza a indagare sui reati dei magistrati capitolini, la storia dei presunti viaggi pagati da Centofanti.

Sul tentato dossieraggio a Ielo l’Espresso ha già scritto negli scorsi giorni. Il report del Gico, però, mostra anche l’odio feroce che Palamara sembra nutrire verso Pignatone. I rapporti un tempo tra i due, ricorda Luca a Spina che non si capacita, erano un tempo più che buoni. Ora, secondo il pm, il suo capo (oggi in pensione) è diventato il perno di un oscuro complotto contro di lui. Per questo, dunque, bisogna punirlo:

Palamara: «… E soprattutto quel matto di Pignatone. Perché il matto vero è Pignatone…»
Spina: «E che c’ha da capì»
Palamara: «Perché tu… dopo tutte ste cose che sappiamo…»
Spina: «Luca… ma come che c’è da capire… ancora non hai capito. Il potere! Luca…»
Palamara: «Esatto. Ma qualcuno ha ricattato Pignatone… Pignatone…»
Spina: «Eh ma…è ricattabile Pignatone…»
Palamara: «Lo Voi (il procuratore capo di Palermo, ndr) lo fa Pignatone…. il ricorso di Guido Lo Forte (ex procuratore che nel 2015 fece ricorso al Tar e al Consiglio di Stato contro la designazione di Lo Voi, vincendo in primo grado e perdendo al secondo)… c’è pure Pignatone in mezzo… vabbè è meglio che non ti racconto… loro sono dei matti perché Peppe, Peppe…»
Spina: «È soltanto potere»
Palamara: «Scherza col fuoco… tu devi solo fargli capì… secondo me, se gli fate rode il culo finisce male»

Leggendo la trascrizione del Gico, dunque, Palamara suggerisce a Spina di andare a fare pressioni su “Peppe” (cioè Pignatone). Se non lo lasciano stare, se non mollano la presa, questa sembra essere l’antifona, lui potrebbe vendicarsi. Non si sa con quali mezzi. Né è chiaro che cosa c’entri la vecchia nomina di Lo Voi a Palermo.
Quella nomina decisa dal Csm, infatti, fu contestata sia da Lo Forte sia dal collega Sergio Lari. In primo grado il Tar diede ragione a questi ultimi, ma il Consiglio di Stato ribaltò poi la decisione, confermando Lo Voi al suo posto.
La sentenza a Palazzo Spada fu firmata dal presidente Riccardo Virgilio e da Nicola Russo, come ha scritto il Fatto Quotidiano qualche giorno fa. Il primo è stato indagato e il secondo è finito in carcere proprio a seguito di un’inchiesta della procura di Roma (e di Messina) su una sospetta compravendita di sentenze, ordita dall’imprenditore Piero Amara.

Csm, le trame tra Lotti e Palamara su Ielo: «Il dossier va spinto». «Sì, così li ammazzo» 

L’Espresso ha letto le nuove intercettazioni. Stavolta l’ex ministro e il pm indagato per corruzione sono soli a cena. Il renziano contro Ielo: «Su di lui a noi la decisione. Che si fa? Si spinge? Una volta fatti anche i procuratori aggiunti». Il magistrato: «Fava è un matto. Siccome non mi frega un cazzo di nessuno, ora vado fino in fondo»

Torniamo a Palamara. Parlando con Spina, è ancora un fiume in piena.

Palamara: «A Stefano (Fava probabilmente, ndr) gli raccontavo i fatti, e lui diceva, allora c’è qualcosa che non va…”guarda che ti vogliono inculare, occhio che lo utilizzano (Centofanti, ndr) come arma di ricatto”, mi faceva “dimmi la verità, hai fatto qualche processo e l’hai aiutato”. “Stefano, mai: perché non stavo in ruolo, nel 2011 ero nel pieno dell’Anm”…e allora (Stefano) ha iniziato a dire, viene fuori il fratello di Pignatone, di Ielo… mi ha detto “fottitene,vai in fondo, qualsiasi cosa ti fanno, li vendi”»

“Li vendi”. Palamara, che si autodefinisce «la P5», dice proprio così. Minaccia e sbraita, ipotizza apertura di fascicoli e intimidazioni assortite e poi, con una capriola logica, definisce in un’altro colloquio con Fava i suoi nemici «dei banditi…ricattatori di professione». L’idea finale dei due amici è quella di scrivere un libro contro di loro. Contro Pignatone, in particolare.

Palamara: «Cioè qui la cosa… è capire se pure Sebastiano (presumibilmente Ardita, pm e consigliere attuale del Csm della corrente di Davigo, ndr) capisce che cazzo c’è dietro. Sebastiano è forse l’unico che può capì sti ricatti»
Fava: «ma ora, ieri, ha chiamato a Erminio…»
Palamara: «Però dopo lo sai che facciamo, facciamo un libro, io faccio un libro, no non sto scherzando»
Fava: …(ride)…
Palamara: «… Na specie de ricatto…tu mi dai le co..eh..e tutto… è diciamo quello che cazzo è successo»
Fava: «Il titolo è “Ricatto alla Palermitana”…”Ricatto” punto “alla Palermitana»
Palamara: «alla Palermitana…»

DAVIGO E ARDITA, «I NOSTRI ALLEATI»
Le intercettazioni sul trojan mostrano manovre e operazioni di ogni tipo. In qualche caso i protagonisti parlano di strategie che mettono a punto in prima persona. Altre volte, invece, si discute di soggetti apicali della magistratura e delle istituzioni italiane, si ipotizzano alleanze con assenti e si millantano entrature nei Palazzi (come quella che Lotti vanta con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha smentito categoricamente di aver mai parlato con il renziano, o con chicchessia, di nomine di giudici.

Dunque, le parole degli intercettati su persone terze vanno prese con le pinze.

Come quelle su Davigo (membro del Csm e capo della corrente di Autonomia e Indipendenza) fatte da Ferri («cioè il nostro alleato è Davigo, più Davigo di Ermini», dice il deputato Pd; Davigo, è un fatto, ha votato a favore di Viola, ma può certamente averlo fatto per convinzione personale).

E come i tanti apprezzamenti che il gruppo, nel famoso incontro del 9 maggio, fa nei confronti di Ardita, neo membro del Csm in Prima Commissione (dove è finito l’esposto di Fava contro Ielo) e davighiano di ferro.

Spina: «Cè coso che vuole spingere… Sebastiano… digli di stare calmo..»
Ferri: «Ti volevo dire… scusami… ma voleva convocare Ielo?»
Spina: «No, voleva convocare Fava…per farsi…»
Corrado: «Calma, calma, calma…»
Spina: «Calma… più sta quella pratica meglio è»
Ferri: «Però Ardita lo inizio a rivalutare»
Palamara: «Sì»
Ferri: «È tosto… e nostro alleato è diventato… sai cosa, io l’ho capito Ardita… lui vuole rientrare e prendere in mano Magistratura indipendente politicamente… come segreteria, perché lui il cuore ce lo ha lì, dai»
Spina: «È più a destra di tutti Ardita, ragazzi…»
Ferri: «E poi lui gli piace la politica, perché è uno che ragiona… cioè lui non è un coglione».

Anche Palamara lo stima molto. Tanto che, qualche giorno dopo, discettando con Fava dei suoi problemi giudiziari (anche questi finiti davanti alla Prima Commissione del Csm), dice: «Questo ormai è un rica… è una storia pazzesca… poi a chi va a finire in prima commissione, per fortuna che c’è Sebastiano Ardita…».

IL CASO NAPOLI
I magistrati Palamara e Spina parlano di nomine e magheggi anche in auto. Non sanno che il Gico li sta intercettando. Ricordano di quando dovevano «inculà (Francesco, ndr) Cananzi». Palamara letteralmente spiega che «a Napoli abbiamo dato una marea di inculate… Cananzi ha iniziato a dare le botte contro il muro… ad urlà come un pazzo… perché il patto tra me, Massimo e Alberto… era il ridimensionamento di Napoli… quella era la mia politica precostituita».

Poi i due parlano di Cesare Sirignano, importante pm antimafia, anche lui – vedremo – intercettato dal trojan di Palamara.

Palamara: «Ognuno di Napoli si scredita con l’altro. Cioè, la Sica dice che Sirignano non conta un ca… Sirignano dice che la Sica non conta un ca… Sirignano su Napoli è l’unica carta che ci possiamo giocare…in questo momento mi fido di più di Sirignano».

In effetti, il pm indagato per corruzione e Sirignano (magistrato che contribuì ad arrestare il sanguinario boss Giuseppe Setola e che interrogò per primo Antonio Iovine, capo dei Casalesi) in un dialogo captato il 7 maggio sembrano davvero in ottimi rapporti.
Anche loro discutono di nomine e di pedine da muovere sul tavolo della scacchiera del potere giudiziario (in particolare Palamara voleva mettere a Perugia Giuseppe Borrelli, magistrato napoletano che – secondo l’indagato e Sirignano – avrebbe potuto gestire la denuncia contro Ielo di Fava; Borrelli ha però smentito duramente le parole intercettate di Sirignano, inviando una relazione di servizio al suo procuratore capo Giovanni Melillo).
Ma, soprattutto, parlano di possibili vendette.

Palamara: «Eh no tu hai detto Borrelli… Borrelli non ce l’hai?
Sirignano: «Borrelli è come hai detto tu… viene dopo di Maresca…. perché Maresca (presumibilmente Catello, ndr) è Unicost sicuramente, Borrelli mezzo e mezzo…»
Palamara: «E quindi che facciamo su Perugia? Tu mi hai chiesto che volevi… che bisognava dargli quello»
Sirignano: «Si perché tu non hai alternative… perché non puoi fare andare Antonio D’Amato come si prospettava»
Palamara: «Non si può Viola a Roma e D’Amato, no»

E quando Palamara chiede se Borrelli è in grado, una volta diventato capo a Perugia, di aprire un’inchiesta penale contro Ielo, Sirignano sembra capire al volo di che sta parlando il sodale:

Sirignano: «Ma quella cosa lì di quale, di Fava? … E quindi che cosa significa quella cosa lì deve andare avanti contro questi qua?
Palamara: «Eh… deve aprire un procedimento penale su Ielo… cioè stiamo a parlà di questo… non lo farà mai!»
Sirignano: «Io non lo so se Ielo è amico di Melillo… Se sono della stessa parte… tieni conto che Melillo e lui stanno in contrasto però»
Palamara: «Melillo e Borrelli?»
Sirignano: «Se voi non li uccidete questi qua…»
Palamara: «…non lo faremo mai…»
Sirignano: «…è chiaro che questa cosa non si fa»
Palamara: «Esatto»
Sirignano: «Uccidere questa gente significa andare a mettere le pedine nei posti giusti…significa dare visibilità alle vostre scelte».

Qualche giorno fa Sirignano, dopo la pubblicazione di poche frasi del dialogo rispetto a quelle che leggete ora, ha spiegato di non essere indagato, di essere estraneo a manovre di ogni sorta e ad accordi opachi di ogni genere. Chissà se poteva immaginare mai che l’amico Palamara, intercettato, era quello che si autodefiniva quello della «P5».

Rif:http://espresso.repubblica.it/palazzo/2019/06/17/news/csm-intercettazioni-luca-palamara-luca-lotti-p5-1.336056

Csm, nelle intercettazioni anche il pg Fuzio. Palamara: “Diranno che sono la P5”. Gli insulti ad Ardita: “È un talebano”

Csm, nelle intercettazioni anche il pg Fuzio. Palamara: “Diranno che sono la P5”. Gli insulti ad Ardita: “È un talebano”

La procura di Perugia ha inviato a Palazzo dei marescialli un altro faldone d’intercettazioni, che contiene le registrazioni dal 16 al 29 maggio, cioè il giorno prima che Palamara venisse perquisito e la notizia dell’indagine ai suoi danni diventasse pubblica. Il 27 maggio il pm sotto inchiesta avrebbe incontrato il procuratore generale della Cassazione, che qualche giorno fa ha avviato l’azione disciplinare per i cinque consiglieri che parteciparono alle riunioni con Lotti. Nelle registrazioni anche insulti al consigliere del Csm della corrente di Davigo: “Per lui è tutto bianco o nero”

C’è anche la voce di Riccardo Fuzio, il procuratore generale della Cassazione, nelle intercettazioni della procura di Perugia su Luca Palamara. A riportare la notizia sono i principali quotidiani nazionali: da Repubblica al Corriere della Sera. Sul pm indagato per corruzione, infatti, sono arrivate dall’ufficio inquirente umbro una nuova mole d’intercettazioni. Finora al Csm erano state inviate le trascrizioni operate col trojan installato sul cellulare di Palamara fino al 16 maggio. Sono quelle che documentano l’incontro tra l’8 e il 9 maggio per discutere le manovre da seguire per nominare il nuovo procuratore di Roma tra il pm, i deputati del Pd Luca LottiCosimo Ferri (il primo imputato dalla procura di Roma, il secondo magistrato in aspettativa e storico leader di Magistratura Indipendente) e cinque consiglieri del Csm: sono Corrado CartoniAntonio LepreLuigi SpinaGianluigi Morlini – che si sono già dimessi – e Paolo Criscuoli, che è solo autosospeso.

Per i cinque consiglieri che parteciparono all’incontro Fuzio ha avviato l’azione disciplinare, utilizzando giudizi pesantissimi nell’atto d’incolpazione. Adesso, però, la procura di Perugia ha inviato al Csm un altro faldone d’intercettazioni, che contiene le registrazioni dal 16 al 29 maggio, cioè il giorno prima che Palamara venisse perquisito e la notizia dell’indagine ai suoi danni diventasse pubblica. Nelle nuove carte – riportate anche dal sito del settimanale Espresso– si riporta l’esistenza di una conversazione risalente al 27 maggio tra lo stesso Palamara e Fuzio. Per gli inquirenti il pg della Cassazione viene citato anche in un’altra conversazione, quando Palamara parla con Spina, l’ormai ex consigliere del Csm che gli aveva rivelato di essere sotto inchiesta a Perugia. Spina sta raccontando a Palamara che a Palazzo dei Marescialli sono arrivate le carte dell’indagine umbra.  

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Spina: “Il comitato di presidenza ha mandato in busta chiusa ai presidenti della Quinta e della Prima”.
Palamara: “Eh, ma perché alla Quinta?”.
Spina: “E che c… ne so. Anche dalla Quinta… secretata”.
Palamara: “Ah, allora…”.
Spina: “Non può passa…”.
Palamara: “Allora Riccardo ma che c… ha fatto“.
Spina: “Non c’ è Riccardo…c…, Riccardo non c’ è è questo il punto… Riccardo non ci sta, io l’ ho avvisato… Riccardo non ci sta … sta all’ estero”.
Palamara: “Ah, allora è grave… dai questo è grave”.

Per gli investigatori il Riccardo citato è Fuzio, pg della Cassazione e dunque membro di diritto del Csm, esponente di Unità per la Costituzione, la stessa corrente di Palamara e Spina. Quando i due vengono intercettati effettivamente Fuzio è all’estero. Poi, però, riesce a incontrare Palamara il 27 maggio: il colloquio è ancora top secret.
In un’altra conversazione, Palamara discute con Stefano Fava, il pm autore dell’esposto al Csm contro Giuseppe Pignatone e Paolo Ielo. Fava è indagato per rivelazione di segreto e favoreggiamento perché avrebbe rivelato a Palamara i dettagli dell’indagine ai suoi danni.

Fava: “Penso che ti ha intercettato, sto pezzo…
Palamara: “Io non lo escludo più”
Fava: “Io non ho mai visto un’indagine fatta da Perugia… su un magistrato romano… mai!”
Palamara: “Eh! Beh! L’informativa è del Gico… è di coso…”
Fava: “Del Gico… Ovviamente è sicuro questo… perché ovviamente il Gico indagava nel nostro procedimento”
Palamara: “Liguori mi ha detto… che ero archiviato… però a questo punto secondo me non è vero”.

Il pm sotto inchiesta sa già che il fascicolo su di lui è arrivato al Csn,

Palamara: “Vediamo, come dici tu… per il fascicolo loro mi fanno vedere le intercettazioni? Ci dovrebbero… mi dovrebbero dare pure quelle… e che teoricamente sono irrilevanti ai fini dell’ipotesi principale no? Perché se io parlo… se a Roma viene Lo Voi, o Creazzo…”
Fava: “Vabbè certo… certo”
Palamara: “Eh… però loro ti possono dire che io sono la P5... che sono quello che fa le nomine!”
Fava: “Certo! Certo!”
Palamara: “E quindi in teoria mi possono… è pazzesco… capisci che ti voglio dire?”

Anm, eletto il nuovo presidente: è Luca Poniz di Area: “Gigantesca questione morale. Grati ai pm di Roma e Perugia”

In un altro passaggio delle intercettazioni, invece, Palamara cita il procuratore nazionale Antimafia, Federico Cafiero De Raho. “Questo discorso che ti sto facendo l’ho fatto non solo a Sirignano, ma anche a Cafiero. Sapeva tutto della situazione di Roma e di quello che mi volevano fare e mi ha detto: “Hai perfettamente ragione sul ridimensionamento di Pignatone”. A Repubblica, Cafiero De Raho ha replicato: “Quello che mi viene attribuito è pura millanteria”.

Ma non solo. Perché oltre agli sfoghi, alle trame e alle manovre sul Csm, il trojan di Palamara registra anche insulti. Il bersaglio è Sebastiano Ardita, integerrimo magistrato eletto al Csm da Autonomia e Indipendenza, la corrente creata da Piercamillo Davigo dopo la scissione di Magistratura indipendente, la componente di Ferri. È l’ex consigliere Spina a definire Ardita “un talebano“. Per lui – dice Ferri “è bianco o è nero“. Ardita viene citato perché fa parte della prima commissione, dove era finito l’esposto di Fava contro Pignatone e Ielo.
Spina: “Cè coso che vuole spingere… Sebastiano… digli di stare calmo..”.
Ferri: “Ti volevo dire… scusami… ma voleva convocare Ielo?”.
Spina: “No, voleva convocare Fava…per farsi…”.
Cartoni : “Calma, calma, calma…”.
Spina: “Calma… più sta quella pratica meglio è”.

Per i consiglieri vicini e a Lotti e Ferri la volontà di Ardita di convocare Fava non è positiva: l’esposto deve rimanere nei cassetti del Csm, come una sorta di spada di Damocle su Ielo. Per Spina, dunque, Ardita è “un talebano”.”Uno che non si fa i fatti suoi”, dice un altro partecipante alla riunione. Ferri insiste e ricorda i tempi della comune militanza in Magistratura Indipendente. Racconta che Ardita voleva rinnovare il gruppo ed emarginare i “vecchi ” e chi avrebbe tenuto condotte discutibili. “Mi soffocava” aggiunge il deputato del Pd per spiegare la fine dei loro rapporti e della militanza comune in Magistratura Indipendente. L’ex sottosegretario, tra l’altro, non nasconde il timore che Ardita voglia tornare a riprendersi la corrente per fare il segretario.
Ferri: “È tosto… sai cosa, io l’ho capito Ardita… lui vuole rientrare e prendere in mano Magistratura indipendente politicamente… come segreteria, perché lui il cuore ce lo ha lì, dai”.
Spina: “È più a destra di tutti Ardita, ragazzi…”. Anche Palamara conferma l’inavvicinabilità di Ardita: non riesce ad avere accesso diretto ad Ardita per la sua domanda di aggiunto a Roma e chiede a Fava come può arrivarci. ”Qualcuno ci ha parlato con Sebastiano?”.

rif:https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/17/csm-nelle-intercettazioni-anche-il-pg-fuzio-palamara-diranno-che-sono-la-p5-gli-insulti-ad-ardita-e-un-talebano/5261130/

Inchiesta procure: plenum straordinario del Csm il 21 giugno, presiede Mattarella

Ci sono altre centinaia di intercettazioni trasmesse dalla Procura di Perugia al Consiglio superiore della magistratura, che chiamerebbero in causa anche altri nomi di rilievo.

La bufera che ha colpito il Csm e la magistratura non si placa: ci sono altre centinaia di intercettazioni trasmesse dalla Procura di Perugia al Consiglio superiore della magistratura, che chiamerebbero in causa anche altri nomi di rilievo, compreso quello del Pg della Cassazione Riccardo Fuzio, impegnato in un colloquio con il ‘solito’ Palamara. A conferma che la situazione è parecchio grave c’è la comunicazione fatta dal vicepresidente David Ermini: venerdì ci sarà un plenum straordinario che sarà presieduto dal capo dello Stato Sergio Mattarella. Formalmente all’ordine del giorno ci sono l’insediamento dei nuovi componenti del Csm, l’indizione delle elezioni suppletive dei due componenti del Consiglio tra i pm e la nomina dell’Ufficio elettorale centrale presso la Corte di Cassazione. Ma è evidente che la presenza del presidente della Repubblica ha un significato che va ben oltre la necessità di completare i passaggi tecnici che seguono le dimissioni dei consiglieri coinvolti nell’inchiesta di Perugia. Insomma, il caso non sembra scemare e le nuove indiscrezioni sono un macigno nell’aula del Plenum di palazzo dei Marescialli, convocato in via straordinaria per una seduta lampo per la presa d’atto delle dimissioni e il ricollocamento in ruolo degli ex consiglieri Corrado Cartoni e Antonio Lepre, anche loro finiti nelle carte dell’inchiesta di Perugia. Tornano ai loro uffici di provenienza: Lepre alla procura di Paola e Cartoni al tribunale civile di Roma. Al suo posto, come membro effettivo della Sezione disciplinare subentra Paola Braggion, di Magistratura Indipendente, votata all’unanimità  dai colleghi consiglieri. Pesano dunque le nuove indiscrezioni sui colloqui captati dal trojan innestato sul telefonino di Luca Palamara, tra il 16 e il 29 maggio, a cavallo del voto nella Commissione incarichi direttivi del Csm sul Procuratore di Roma e fino al giorno della perquisizione a casa dell’ex consigliere ordinata dai pm di Perugia. Conversazioni che ricostruiscono una fitta rete di rapporti, febbrili telefonate, scambi di giudizi sui colleghi. Palamara avrebbe anche cercato un incontro con il Pg della Cassazione Riccardo Fuzio che la scorsa settimana ha avviato l’azione disciplinare contro di lui e i cinque consiglieri del Csm che hanno partecipato alla riunione notturna in un albergo romano, ovvero Cartoni, Lepre, Paolo Criscuoli, Gianluigi Morlini, Luigi Spina. Secondo quanto scrivono i quotidiani, nelle carte vi sarebbe anche la trascrizione di un colloquio tra i due intercettato. “Temo che il caso Palamara non sia isolato”, è l’amara constatazione dell’ex procuratore Antimafia Franco Roberti, oggi deputato del Pd, sostenitore della linea dell’intransigenza sui rapporti tra politica e magistratura: “rapporti incestuosi”, dice, che sono “diretti a piegare la funzione del Csm a interessi personali”. Il segretario del Pd Nicola Zingaretti oggi si è detto convinto che “quanto avvenuto confermi che è giunto il tempo di una riforma dell’organismo costituzionale: dobbiamo affrontare questa vicenda e abbiamo fatto bene a tenere il punto e credo che l’indagine spinga la politica alla riforma del Csm e noi dobbiamo vigilare perché la politica non mini l’autonomia della magistratura”. Poi ha dato atto a Lotti dell’autosospensione giudicandola un gesto di “grande responsabilità”.  “Mi rifiuto di credere che queste situazioni siano usuali e se lo sono state andrebbero colpite identicamente”, dice invece il nuovo presidente dell’Anm, Luca Poniz, che nella sua prima uscita in tv, ad Agorà, conferma la linea dura sul caos che ha travolto il Csm e torna a prendere le distanze dal suo predecessore Pasquale Grasso. “Tutto questo non c’entra con il rapporto politica-magistratura: è una patologia di questo rapporto, che io continuerò a censurare in ogni occasione”, precisa.

Rif:http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Inchiesta-procure-plenum-straordinario-del-Csm-il-21-giugno-presiede-Mattarella-a29d32d3-5b74-449c-9822-78436e8511ad.html

Csm, il silenzio del procuratore Fuzio sulle richieste di Palamara. E ai giornalisti: “Mi costringete ad andare via…”

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Tra le nuove intercettazioni trasmesse dalla Procura di Perugia al Consiglio superiore della magistratura, che raccontano i colloqui del pubblico ministro Luca Palamara e le sue manovre in merito alla spartizione delle nomine ai vertici degli uffici giudiziari e per ottenere informazioni in merito all’inchiesta per corruzione a suo carico avviata da Perugia, c’è anche la registrazione di un incontro – ancora secretato, ndr, – in cui lo stesso Palamara ha cercato di chiedere aiuto al procuratore della Cassazione, Riccardo Fuzio. Ovvero, lo stesso procuratore che ha poi avviato l’azione disciplinare contro di lui, oltre che contro i cinque consiglieri del Csm che hanno partecipato alla riunione notturna in un albergo romano.

Presente a un convegno a Roma, all’assemblea di “Assolavoro”, Riccardo Fuzio non ha però voluto commentare quanto emerso, né fornire chiarimenti. Anzi, scortato e infastidito dalla presenza dei cronisti, ha tagliato corto: “Sono qui per altro, mi costringete ad andare via…“.

Né ha replicato alle domande sull’ipotesi di un suo possibile passo indietro. Il colloquio tra Palamara e Fuzio è stato captato dal “trojan” nel cellulare dello stesso Palamara e risale allo scorso 27 maggio.

PRIMA DI CONTINUARE

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Rif:https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/17/csm-il-silenzio-del-procuratore-fuzio-sulle-richieste-di-palamara-e-ai-giornalisti-mi-costringete-ad-andare-via/5261043/

Toghe sporche, al Csm nuove carte su Lotti, Ferri e il pg di Cassazione (Fuzio)

Nelle intercettazioni un colloquio tra Fuzio e Palamara. Le manovre per la Procura di Perugia: l’obiettivo è il pm Ielo.

ROMA – Avviso ai naviganti. Il calvario non è finito. Dalla Procura di Perugia è partito alla volta del Csm un nuovo robusto faldone di carte. Si tratta delle trascrizioni di quel che restava delle conversazioni captate dal software spia “Trojan” installato nell’Iphone di Luca Palamara fino al 29 maggio scorso, giorno in cui è stato disattivato. E, per quanto se ne sa, sarà una nuova onda destinata a travolgere ciò che resta politicamente dei….

Rif:https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2019/06/16/news/toghe_sporche_al_csm_nuove_carte_su_lotti_ferri_e_il_pg_di_cassazione-228935865/?refresh_ce

Csm, Palamara cercò l’aiuto del pg della Cassazione (Riccardo Fuzio)

Csm, Palamara cercò l'aiuto del pg della Cassazione

Diceva di avere la benedizione di magistrati di primo piano, nelle strategie per gestire le nomine ai vertici delle procure più importanti d’Italia, prima tra tutte quella della Capitale. E quando aveva scoperto dell’inchiesta a suo carico avrebbe cercato di avere informazioni dal pg della CassazioneRiccardo Fuzio, lo stesso che pochi giorni fa ha aperto il procedimento disciplinare a suo carico. «Cafiero sapeva tutto della situazione di Roma e di quello che mi volevano fare, mi ha detto: Hai perfettamente ragione sul ridimensionamento di Pignatone». A parlare, intercettato, è il pm di RomaLuca Palamara, finito sotto inchiesta a Perugia per corruzione sulla base di un’informativa inviata ai colleghi umbri proprio dall’ex capo dei pm di Roma.

Rif:https://www.ilmessaggero.it/italia/palamara_inchiesta_diretta_pg_cassazione_oggi_ultime_notizie-4561713.html

In casa di Palamara fascicoli processuali non assegnati a lui “udienza da non fissare”

Luca Palamara è un magistrato, già membro del Consiglio Superiore della Magistratura (Csm, l’organo costituzionale di autogoverno presieduto dal presidente della Repubblica ) ed ex presidente dell’Anm, l’associazione cui aderisce la maggioranza dei magistrati. Sostituto procuratore a Roma, è indagato dalla Procura di Perugia per corruzione in atti giudiziari. L’inchiesta, che si è avvalsa della legge cosiddetta “Spazzacorrotti”, ha messo in campo anche un virus-spia che ha infettato il cellulare di Palamara consentendo di captare le sue conversazioni. E portando alla luce un centro di potere esterno/interno al Csm che di fatto provava a disegnare la mappa giudiziaria del Paese.

Come si dice in questi casi, il Csm, competente in tema di assunzioni, trasferimenti, promozioni e misure disciplinari nei confronti dei magistrati, è nella bufera. Dalle immancabili cene romane finite all’orecchio degli inquirenti è emerso un quadro certo non nuovo per l’Italia delle trame a cavallo tra magistratura e politica. Ma non per questo il caso è meno grave.
Anzi, un dettaglio (non captato via smartphone) deve far riflettere. Quello che risalta dalla perquisizione nell’abitazione di Palamara, dove sono stati sequestrati diversi fascicoli processuali di cui l’ex presidente dell’Anm non era titolare. Con tanto però di appunti dello stesso Palamara su processi in corso in Tribunale e Corte d’appello: “udienza da non fissare”, è scritto in una nota.

Dunque ci sono fascicoli processuali (e questo è un fatto) che non dovevano stare a casa Palamara, magistrato non competente che però si muove come una sorta di “smistatore” del traffico giudiziario. «Io non facevo poi nulla», si è difeso, e si vedrà quanto reggerà quest’affermazione. Però quelle carte non dovevano stare a casa sua. Chi le ha passate, e per conto di chi il magistrato forniva i suoi suggerimenti e accendeva il semaforo rosso o verde?

I tempi, le riforme che tardano, la giustizia inefficiente. Un sistema con troppi buchi e anomalie. Poi, non meravigliamoci se a casa di un magistrato succede quello che succede.

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C’era anche Ermini (vicepresidente del Csm – Pd) ai vertici segreti per gestire le nomine nelle Procure.

Magistratura, anno zero. E ora anche la sinistra deve smettere di santificare i giudici

Alla fine si è dimesso anche Pasquale Grasso, presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, dopo avere toccato con mano la sfiducia dei suoi, nonostante confidasse in maggiore solidarietà. Le sue parole sono chiare: «Vi rispetto molto più di quanto abbiate dimostrato di rispettare me. Lo faccio serenamente, dicendo no a me stesso» ha detto alla fine al comitato direttivo centrale. E poi, per non farci mancare un po’ di pathos, ha deciso pure di citare Pasolini (che si sa, sta bene un po’ su tutto): «Nel ricordo di un grande intellettuale del passato, che ricordava che i moralisti dicono no agli altri, l’uomo morale dice no a se stesso», ha detto Grasso. Intanto il Csm continua nel suo percorso di decimazione con le varie correnti che sparano contro le altre in un tutti contro tutti che ricorda più un litigio da cortile che un dibattito maturo tra quelli che dovrebbero invece essere i sacerdoti della misura e della giustizia, in uno stillicidio di intercettazioni (che viene dosato a favor di stampa in un modo che, anche quello, lascia parecchi interrogativi). Appaiono sempre di più preoccupati all’autopreservazione del proprio potere e a brigare con i propri amici (e contro i propri nemici).

Perché, diciamolo, il quadro generale della magistratura che esce dalle parole intercettate fa schifo. Fanno schifo i toni, i modi, le accuse incrociate, i veti personali, il rapporto malato con la politica e fa schifo che in questa guerra senza quartiere sia coinvolto uno dei più importanti organi dello Stato democratico, ovvero quel Csm che ha un potere immenso (e misconosciuto ai più) e che dovrebbe essere uno dei capisaldi tra gli organi di garanzia della Repubblica. Dico, ti aspetteresti che lì dentro ci siano persone di spessore ragguardevole, discussioni “alte” e i meritevoli di considerare con attenzione l’enorme responsabilità che si portano dietro.

Il quadro generale della magistratura che esce dalle parole intercettate fa schifo. Fanno schifo i toni, i modi, le accuse incrociate, i veti personali

Sentire invece Palamara che si sfoga con Lotti per distruggere la figura del Procuratore di Roma Pignatone come se fosse un avversario di calcetto dà l’idea dello sfregio istituzionale. Dice Palamara: «Il rapporto con lui… lui si è seduto a tavola con te… lui ha voluto parlà con Matteo (forse Renzi, ndr)… lui ha voluto fa’ quelle cose… lui crea l’affidamento… mi lascia col cerino in mano… io mi brucio, loro si divertono…». E lancia il sospetto di inchieste condotte con due pesi e due misure: «La vicenda Siri… fidate… Siri veniva arrestato in condizioni normali! De Vito (presidente del Consiglio comunale grillino, ndr) è stato arrestato per molto meno! È una trattativa, che vogliono fare con Salvini, fidati… io non mi sbaglio». L’idea di una magistratura che “tratti” con il potere, gettando fango sul Procuratore della Capitale è qualcosa che se fosse compreso pienamente, in tutta la sua gravità, soprattutto perché accade all’interno del Csm vedrebbe migliaia di persone in piazza a chiedere chiarezza e ad augurarsi una magistratura migliore e gestita con più senso dello Stato.

E forse sarebbe anche ora di dirsi senza troppe remore che per difendere la magistratura (dagli orridi) attacchi del berlusconismo forse si è finiti a sinistra per santificare un organo che invece andrebbe sorvegliato e messo in discussione come tutto il potere, con la stessa pervicacia e con la stessa attenzione. E invece si è finiti per santificarlo facendo di tutta l’erba un fascio come se davvero potesse esistere un’intera categoria senza sfumature, tutta di buoni e nemmeno un cattivo, come se la magistratura con tutti i suoi rivoli e le sue correnti fosse immune dai vizi terribilmente umani dev’invidia e dello scavalcamento. Forse sarebbe ora, una volta per tutte, che si dica che fa terribilmente paura un Paese dove a giudicare chi giudica ci sono quelle persone di cui leggiamo nelle cronache di questi giorni, forse sarebbe anche ora di dire che per dare man forte all’antiberlusconismo ci si è spinti a un eccesso di difesa che ha sfiorato la santificazione. E questi sono i risultati.

Stiamo assistendo allo svelamento di un rapporto tra magistratura e politica che è gravemente malato da ambo le parti, con la differenza che mentre la politica è sotto osservazione ogni secondo dell’opinione pubblica la magistratura riesce a rimanere nell’ombra

Il “festival dell’ipocrisia” di questi giorni (citando Antonello Racanelli, segretario di Magistratura indipendente, procuratore aggiunto a Roma che ieri ha presentato le sue dimissioni irrevocabili dall’incarico) a cui stiamo assistendo è lo svelamento di un rapporto tra magistratura e politica che è gravemente malato da ambo le parti, con la differenza che mentre la politica è sotto osservazione ogni secondo dell’opinione pubblica la magistratura riesce a rimanere nell’ombra (o nel disinteresse, se non addirittura sotto una certa cappa di protezione da parte di alcuni pezzi di informazione).

In tutto questo, tra l’altro, ci piacerebbe sapere cosa ha da dire Mattarella, nel suo ruolo di garante degli istituti democratici che si stanno sgretolando in questi giorni. Perché la riforma della magistratura che ha in mente è davvero poca cosa rispetto al caos che sta succedendo e perché forse dal suo scranno potrebbe prendersi l’impegno di rassicurare anche i cittadini. Sì i cittadini che forse in questi giorni, ancora di più, hanno il diritto di essere sfiduciati per una giustizia che non gode certo di buona salute.

rif:https://www.linkiesta.it/it/article/2019/06/17/magistratura-csm-grasso-palamara-lotti/42552/