Forse si è svegliato Mattarella e prende a picconate la magistratura

Forse si è svegliato Mattarella e prende a picconate la magistratura

Mattarella non è Cossiga. Non è neanche Pertini. Non gli piace alzare la voce, fare clamore. Noi nel titolo abbiamo scritto “picconate”, per ricordare il vecchio Presidente che voleva far circondare Palazzo dei Marescialli (cioè la sede del Csm) dai carabinieri, e tutti gli davano del pazzo ma aveva ragione lui; però è chiaro che Mattarella il piccone non lo sa usare e non gli piace: usa il fioretto, al massimo tira un ceffone.

Beh, stavolta un ceffone l’ ha tirato. In piena faccia alla magistratura. È stato il momento più importante e forte del suo discorso di insediamento pronunciato ieri pomeriggio a Montecitorio, durato 38 minuti e interrotto 52 volte dagli applausi. Ha usato parole dolci ma che assomigliano molto alle frustate. C’è una frase che non è stata notata, ma che è una frase di granito: ha chiesto che sia ristabilita “la certezza del diritto”. Avete presente tutti quelli che si impancano e strappano l’applauso chiedendo a ogni pié sospinto la certezza della pena? La certezza della pena è un’idiozia, spesso in contrasto col diritto. Lui ha detto invece ”certezza del diritto”, e di sicuro non gli è sfuggito il valore polemico di queste tre parole, perché Mattarella spesso è stato molto pauroso su questi temi, ma di diritto, questo è certo, ci capisce.

Martedì abbiamo aperto il giornale con un titolo un po’ furioso. Diceva così: “Il Mattarella bis pietra tombale sulla riforma della giustizia”. Forse – probabilmente – ci sbagliavamo. Comunque questo discorso di ieri del Presidente ci fa pensare che ci sbagliavamo, e noi, con tutta la nostra anima, speriamo che sia proprio così. Cioè speriamo che il Mattarella-due sia molto diverso dal Mattarella-uno, che prenda di petto i problemi che ieri, sobrio ma deciso, ha segnalato uno ad uno. Quali problemi?

Primo, la perdita di credibilità della magistratura. Secondo la rottura del rapporto di fiducia con la gente. Terzo, il rischio di sentenze ingiuste. Quarto, l’interesse eccessivo dei magistrati per il potere che sovrasta l’interesse per la giustizia. Quinto, il non funzionamento del Csm, travolto dalle correnti. Non è poco. E poi ha aggiunto, seppure con parole rapide, la sua denuncia sullo stato delle carceri, sovraffollate e – questo chiunque lo sa – sovraffollate soprattutto perché zeppe di persone imprigionate senza processo dai magistrati.

Poi Mattarella ha voluto anche concedere qualcosa. Ma pure in questo passaggio è stato prudente. Ha ricordato che l’indipendenza e l’autonomia della magistratura sono un bene prezioso, ma ha anche aggiunto che questa indipendenza va conquistata e difesa. E addirittura ha detto che non la si può difendere se non si riconquista la fiducia del popolo. Mi ha colpito questo discorso, perché non me lo aspettavo. Immaginavo che Mattarella avrebbe fatto, come ha fatto, uno splendido discorso sulle grandi questioni sociali, sul lavoro, sulle persone, sulla dignità, sulla violenza contro le donne (un po’ meno esplicito è stato sull’immigrazione, dove, forse per non indispettire la Lega, non ha mai usato la parola accoglienza), ma non speravo che potesse mettere la lancia in resta sulla giustizia. Quello che più mi ha stupito, però, è stata la reazione del Parlamento.

Questo è il Parlamento che non ha mai fatto un fiato per contestare lo strapotere della magistratura. È sempre stato coniglio. Soprattutto nella sua componente di sinistra. Succube delle procure e dei 5 Stelle. È il Parlamento che ancora non ha pronunciato neppure una vocale per fermare la persecuzione dell’ex parlamentare Giancarlo Pittelli. Eppure ieri è scattato in piedi e ha tributato il più lungo dei suoi applausi alle sferzate di Mattarella alla magistratura. Entusiasta. Persino i 5 Stelle lì a spellarsi le mani. Come è possibile? Ora possiamo sperare che il Parlamento si muova per riportare sotto controllo la magistratura? Era silenzioso e acquattato solo per la paura blu che nutre verso le procure, ma pronto alla rivolta? La copertura offertagli dal Quirinale gli è bastata? Beh, se sarà così, noi del Riformista, che siamo tra i pochi che lo hanno criticato, gli facciamo un monumento a Mattarella. Proprio qui a via Pallacorda.

Rif: https://www.ilriformista.it/forse-si-e-svegliato-mattarella-e-prende-a-picconate-la-magistratura-278191/

Undici magistrati indagati, la Procura di Milano sta crollando 

Mai così tanti, nemmeno ai tempi di Tangentopoli quando una parte del pool di «Mani Pulite», a cominciare da Antonio Di Pietro, finì dall’olimpo degli eroi alla dannazione degli accusati, perfino di corruzione, il reato per cui quei magistrati misero a soqquadro il Paese a metà degli anni Novanta. Sono nove i pubblici ministeri di Milano, e diventano undici considerando la fresca pensionata Ilda Boccassini, tra poco in libreria con le sue memorie, e l’ex, proprio del pool, Piercamillo Davigo, a essere indagati dalla Procura di Brescia che per competenza territoriale si occupa delle presunte violazioni di legge dei vicini colleghi. Un numero esorbitante tanto più che per anni non ce ne sono praticamente stati, se non in casi molto particolari, come quello del pm Ferdinando Esposito, indagato e condannato per induzione indebita. Quasi tutti i procuratori che hanno guidato Brescia sono ex di Milano e, questa è sempre stata la considerazione comune tra gli addetti ai lavori, forse non molto inclini a mettere sotto inchiesta toghe di loro diretta conoscenza.

Anche questa volta il capo è un ex, Francesco Prete, ma le condizioni sono cambiate con la «casa» della Procura di Milano che sta crollando, distrutta prima di tutto dalle faide interne. Il grosso degli indagati rientra nel procedimento nato dai verbali dell’avvocato Pietro Amara sulla presunta Loggia Ungheria, dal procuratore Francesco Greco, agli aggiunti Fabio De Pasquale e Laura Pedio, ai sostituti Sergio Spadaro (da qualche settimana assegnato alla neonata Procura europea) e Paolo Storari, le cui dichiarazioni hanno inguaiato i colleghi. I reati per loro sono, a vario titolo, omissione d’atti d’ufficio e rivelazione di segreto d’ufficio. In più c’è l’ex Dottor Sottile del pool, Davigo, a cui un avvocato milanese, Jacopo Pensa, ha dedicato una poesia diventata virale in cui lo sbeffeggia per il suo «antigarantismo» («Io non godo proprio mai / se qualcuno sta nei guai / ma se lui da sempre dice / che l’avviso fa felice / perché è come una malia / a tutela della garanzia / io aderisco al sentimento / e anch’io sono contento»).

Poi ci sono quattro pm iscritti nel registro bresciano per altri fatti. Alberto Nobili, responsabile dell’antiterrorismo, è indagato, assieme alla ex moglie Ilda Boccassini, per abuso d’ufficio in relazione a un incidente automobilistico mortale che coinvolse la figlia dei due. Per questa vicenda Brescia ha già chiesto l’archiviazione. Sempre quest’estate si è saputo che i pm esperti in reati finanziari Stefano Civardi, Giordano Baggio e Mauro Clerici sono indagati per omissione in atti d’ufficio perché non avrebbero approfondito abbastanza la posizione di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, ex vertici di Mps, in una delle tante indagini sulle difficoltà della banca senese.

Rif: https://www.iltempo.it/attualita/2021/09/23/news/magistrati-procura-milano-indagati-brescia-reati-distruzione-crollo-faide-interne-greco-davigo-28783966/

Come difendersi contro i giudici corrotti?

Come i normali cittadini, anche i giudici possono essere corrotti. Tuttavia, sussiste una sorta di rispetto quasi servile che la politica e i singoli tributano a chi esercita la funzione giudiziaria.

Ciò, sicuramente, accresce, anziché tenere a bada, la corruzione in ambito giudiziario. In questo articolo affronteremo la questione relativa al “come difendersi contro i giudici corrotti”. Cioè, il normale cittadino ha strumenti per difendersi contro un giudice che abusa della sua funzione, facendo della stessa una specie di scambio, vantaggio-favori o danaro-favori?

Può accadere, infatti, che un giudice accetti un favore (danaro o altra utilità) per ribaltare una sentenza, allungare i tempi di un processo. O trasmettere delle informazioni a favore di una parte.

A fronte di ciò, cosa è possibile fare?

Anzitutto, specifichiamo che, in ipotesi, il giudice risponde della sua condotta al Consiglio Superiore della Magistratura. E quest’ultimo ha il potere di comminare sanzioni disciplinari.

Di conseguenza, se si vogliono far valere condotte illecite, si può presentare un esposto al CSM, che aprirà un procedimento disciplinare con udienza pubblica. Tuttavia, si può anche direttamente andare sul pesante e denunciare il giudice per corruzione.

Tale scelta, però, presuppone che si possa provare quanto si sostiene in merito alla corruzione. E ciò, non è sempre facile. In siffatta ipotesi, la denuncia dovrà essere presentata alla Procura della Repubblica. Così come si fa nei confronti di un qualunque altro cittadino che abbia commesso un reato.

Comunque, tra la prima e la seconda ipotesi c’è una differenza, considerato che dinanzi al CSM si possono far valere tutti i tipi di illecito posti in essere dal giudice, mentre innanzi alla Procura, soltanto le condotte integranti reato.

Reato di corruzione

Sicché, alla domanda: “come difendersi contro i giudici corrotti?”, occorre preliminarmente chiarire quando ricorra, tecnicamente, la corruzione, sul piano penale.

Ebbene, il reato di corruzione in atti giudiziari, ex art. 319 ter del c.p., si ha quando il giudice, in qualità di pubblico ufficiale (quindi nell’esercizio delle sue funzioni) riceve indebitamente per sé o per un terzo, del denaro o altra utilità o ne accetti la promessa, al fine di danneggiare una delle parti in un processo civile, penale o amministrativo, compiendo un atto contrario ai suoi doveri.

Ne deriva che il giudice è corrotto quando accetta una mazzetta, una vacanza o un qualsiasi regalo, promettendo, in cambio, di alterare le carte di un processo, di rinviare un’udienza o di omettere l’emanazione di un atto dovuto.

Inoltre, è tale anche quello che accetti soltanto la promessa di uno dei vantaggi appena descritti.

Quindi, è sufficiente che si possa provare che lo stesso aveva accettato “l’affare”.

La pena stabilita per detto reato, è quella della reclusione da 6 a 12 anni. Quando il magistrato ha agito per favorire o danneggiare una parte.

Se, invece, dal comportamento illecito del giudice, deriva un’ingiusta condanna del cittadino, con pena inferiore a 5 anni, il magistrato rischia la reclusione da 6 a 14 anni.

Infine, se la pena a cui viene condannato ingiustamente il cittadino, superi i 5 anni o arrivi all’ergastolo, la pena per il giudice varia dagli 8 ai 20 anni.

Questi sono i dati alla mano ma, di fatto, anche di fronte a enormi abusi, si tende sempre a occultare i reati, o comunque, gli illeciti commessi da siffatta categoria.

Quanti cittadini, infatti, hanno finora avuto il coraggio di denunciare l’abuso di un giudice?

Rif: https://www.proiezionidiborsa.it/come-difendersi-contro-i-giudici-corrotti/

Giustizia, la credibilità calpestata da chi giudica: ecco la magistratura italiana

 Toghe

l mugnaio Arnold insistette fino a Berlino, per trovare un giudice che fosse capace di fare giustizia. L’amministrazione della giustizia è una delle funzioni centrali della vita civile, da sempre. E ci si fa ricorso per questioni essenziali. Vita o morte? Sì, ma anche vita o morte economica, familiare, d’impresa. Il racconto ambientato nella seconda metà del Settecento, al quale si attribuisce verità storica, oppone un uomo del popolo a un aristocratico tedesco, il barone von Gersdorf. Questi era capace di controllare l’amministrazione della giustizia nel suo territorio, anche contro le buone ragioni. Il nobiluomo deviò un corso d’acqua per alimentare la propria pesciera, a tutto danno del mulino, che non poté più essere alimentato e utilizzato. Dopo aver visto respinte le sue istanze dai giudici locali Arnold decise di rivolgersi al giudice supremo, il sovrano Federico il Grande, andando fino a Berlino. Esaminando il caso, Federico diede ragione al mugnaio e incarcerò i giudici corrotti dal barone. Se il giudice supremo è il sovrano, c’è da augurarsi che la dinastia abbia prodotto un buon frutto. Ma quando il giudice supremo è stato nominato in modo illecito? Vantaggi e svantaggi delle Istituzioni democratiche. Il potere giudiziario distinto dal potere esecutivo è principio di libertà. A patto che non ci si trovi nella condizione in cui è piombata la Corte di Cassazione, l’organo al vertice della giurisdizione ordinaria italiana.

NOMINA ILLEGITTIMA
E’ notizia di pochi giorni fa. Il Consiglio di Stato ha giudicato illegittima la nomina del presidente della Corte Suprema, e del suo vice. Pietro Curzio e Margherita Cassano sono stati nominati dal Csm un anno e mezzo fa, nel luglio 2020. Le scelte adottate dal Csm sono state definite “irragionevoli e gravemente carenti”. Siamo in una situazione senza precedenti. Il vertice della magistratura risulta illegittimo. Che immagine riceve la Giustizia, quando chi deve giudicare è stato giudicato illegittimo? E quali conseguenze dovrebbe sostenere chi ha fatto nomine “irragionevoli”?

NUOVA BATTAGLIA
Un’accusa forte al Csm, che sta attraversando un momento di criticità evidente. Consiglieri sotto inchiesta e dimissionari, nomine illegittime, l’organo di autogoverno dei giudici ha provato a resistere contro la sentenza del Consiglio di Stato, ribadendo la nomina di Curzio e Cassano, per consentire di avviare oggi l’anno giudiziario. Nessuno si augura di assistere a una nuova battaglia di corsi e controricorsi come quella che segnò la fine di Michele Prestipino alla Procura di Roma. A quale privato cittadino è consentito di fare ricorso contro il Consiglio di Stato? Eppure, il Csm ritiene di poter andare oltre il massimo grado della giustizia amministrativa. Di certo è che uno scontro rinnovato tra le più alte cariche dello Stato è un attentato troppo forte alla credibilità della Magistratura e della sua ormai mal dissimulata “guerra per bande”. In questi anni non si è avvertita nemmeno la presenza del sommo arbitro, il Capo dello Stato, che è presidente di diritto del Csm. Tutto è accaduto senza un suo intervento. Che Paese ci aspetta, se chi è chiamato a vigilare sulla legittimità non sa amministrare sé stesso e le sue competenze nel rispetto delle norme e delle leggi? Se fossimo marziani potremmo sorridere, ma siamo immersi nella realtà della contraddizione. Ne va di mezzo la vita dei cittadini, delle famiglie, delle imprese. Ne va di mezzo la credibilità delle Istituzioni. 

rif: https://www.liberoquotidiano.it/news/economia/30180466/giustizia-credibilita-chi-giudica-magistratura.html

Indagato Patroni Griffi. E spunta il solito Amara

Finora il Consiglio di Stato, il tempio della giustizia amministrativa, era rimasto ai margini del gorgo di veleni che ruota intorno all’avvocato Piero Amara, il legale siciliano divenuto la «gola profonda» di almeno tre Procure della Repubblica. Un magistrato contabile era finito sotto accusa, ma i vertici non erano stati chiamati in causa. Ieri a colmare la mancanza arriva lo scoop del Domani che racconta come nel mirino delle rivelazioni di Amara sia finito anche il massimo rappresentante del Consiglio di Stato: il primo presidente, Filippo Patroni Griffi, che si ritrova indagato dalla Procura di Roma per induzione indebita.

Come spesso accade, c’è di mezzo una gentile signora cara all’alto magistrato: Giada Giraldi, una amica che Patroni Griffi fa assumere in una azienda controllata da Amara, la Dagi srl. Stipendio, quattromila euro. Sarebbe solo una cortesia, magari un po’ irrituale, se di mezzo non ci fossero le cause che nello stesso periodo approdano sulla scrivania di Patroni Griffi – che allora presiedeva la quarta sezione del Consiglio – e che riguardavano la Exitone, una azienda assistita proprio da Amara.

Davanti alle notizie di stampa, ieri dagli ambienti del Consiglio di Stato si fa presente che in realtà Patroni Griffi prese una decisione contraria alla azienda di Amara, la Exitone, ribaltando un provvedimento assunto dal giudice Riccardo Virgilio, già finito nella rete. Ma il risultato non cambia, la posizione di Patroni Griffi sembra traballare, anche perché a fare da tramite tra lui e Amara sarebbe stato l’imprenditore Fabrizio Centofanti, già salito alle cronache come amico di Luca Palamara e (secondo le accuse) finanziatore di alcune sue spese.

In attesa degli sviluppi dell’indagine, l’inchiesta su Patroni Griffi sembra confermare quanto si ipotizza da tempo: e cioè che i verbali resi in segreto da Piero Amara e tuttora coperti da segreto istruttorio, sono ormai in circolazione in tutta Italia, nelle mani di diverse procure, e costituiscono un tesoretto di rivelazioni pronte a deflagrare. Secondo gli atti depositati dalla Procura di Perugia, che ha ricevuto anche lei una parte dei verbali di Amara, sebbene coperti da ampi omissis, gli interrogatori cruciali dell’avvocato siciliano sono stati resi in più riprese a Milano, davanti al sostituto procuratore Paolo Storari, nell’ambito di un procedimento penale aperto già dal 2017. In questo contesto, nell’autunno 2019 Storari interroga Amara per quattro volte di fila: il 18 e 24 novembre, poi il 5 e il 16 dicembre. Il 29 gennaio successivo, i vertici della Procura trasmettono una parte delle dichiarazioni di Amara a Fabio De Pasquale, procuratore aggiunto del processo Eni: in mezzo agli omissis ci sono le accuse lanciate da Amara contro il presidente del tribunale che celebra il processo, Marco Tremolada. De Pasquale, che teme che Tremolada intenda assolvere i vertici di Eni, cerca invano di fare entrare i verbali di Amara nel processo. A quel punto il fascicolo, come era doveroso, viene trasmesso alla Procura di Brescia che archivia tutto: quelli di Amara contro Tremolada sono veleni senza sostanza.

Ma di nomi, nei verbali raccolti da Storari, ce ne sono molti altri. I termini massimi per le indagini preliminari sono scaduti da tempo, e quali siano le intenzioni del pm milanese per chiudere l’inchiesta non si sa. Ma intanto i verbali inviati per competenza qua e là per l’Italia sono oggetto di una sorta di gossip giudiziario, sul loro contenuto e sulle persone che vi vengono chiamate in causa circolano voci incontrollate e incontrollabili. Pare che circolino anche copie anonime, forse apocrife. Ieri si apprende che uno dei nomi finora coperti da omissis era Patroni Griffi. Chi sarà il prossimo?

Rif: https://www.ilgiornale.it/news/politica/indagato-patroni-griffi-e-spunta-solito-amara-1941431.html

Consiglio di Stato, “indagato il presidente Patroni Griffi per induzione indebita. Per i pm ha fatto pressioni per favorire un’amica”

Consiglio di Stato, “indagato il presidente Patroni Griffi per induzione indebita. Per i pm ha fatto pressioni per favorire un’amica”

l quotidiano ‘Domani’ riferisce dell’iscrizione del registro degli indagati dell’ex ministro del governo Monti da parte della Procura di Roma. Secondo l’accusa, avrebbe indotto l’avvocato Piero Amara (indagato con la stessa ipotesi di reato) a non licenziare Giada Giraldi, sua amica.

Indagato per induzione indebita ‘a dare o promettere utilità’”. È questa l’accusa con cui Filippo Patroni Griffi, presidente del Consiglio di Stato, è stato iscritto dalla procura di Roma nel registro degli indagati. La notizia viene riportata dal quotidiano il Domani, in cui si legge che l’ex ministro del governo Monti, capo del più importante organo della giustizia amministrativa, nel 2017, quando era presidente della quarta sezione di palazzo Spada, avrebbe indotto l’avvocato Piero Amara(indagato con la stessa ipotesi di reato) a non licenziare Giada Giraldi, un’amica dell’alto magistrato. Esperta in relazioni istituzionali – si legge sul quotidiano – Giraldi sarebbe stata assunta tempo prima in un’azienda di Amara, la Da.gi srl. Amara le avrebbe fatto un contratto da circa 4-5mila euro al mese, dopo una raccomandazione arrivata da un suo socio in affari, Fabrizio Centofanti,imprenditore finito sui giornali celebre perché accusato di aver corrotto il pm Luca Palamara. Secondo i pm, però, sarebbe stato proprio Patroni Griffi a sollecitare Centofanti (al tempo socio di Amara) affinché trovasse un posto di lavoro alla ragazza”.

Rif: https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/04/23/consiglio-di-stato-indagato-il-presidente-patroni-griffi-per-induzione-indebita-per-i-pm-ha-fatto-pressioni-per-favorire-unamica/6175237/

Magistratura, l’alta toga Patroni Griffi indagata: “Ha favorito un’amica”, duro colpo al Consiglio di Stato

Pure Palazzo Spada – sede autorevole del Consiglio di Stato – rischia di finire sotto i riflettori per una vicenda che riguarda in prima persona uno dei suoi vertici. Notizia di qualche giorno fa è quella che riguarda l’iscrizione nel registro degli indagati, da parte dei pm della Procura di Roma, proprio del presidente dell’organo costituzionale (il più importante della giustizia amministrativa), Filippo Patroni Griffi. Il caso, riportato dal quotidiano Domani, vede l’alto magistrato ed ex ministro della Pubblica amministrazione del governo Monti «indagato per induzione indebita “a dare o promettere utilità”» nei confronti di una donna, sua conoscente.

rif: https://www.liberoquotidiano.it/news/italia/27007595/magistratura-alta-toga-patroni-griffi-indagata-favorito-amica-duro-colpo-consiglio-stato.html

Dopo Palamara non è cambiato nulla: “Spartizioni e clientele, toghe sempre uguali”

Dopo Palamara non è cambiato nulla: “Spartizioni e clientele, toghe sempre uguali”

Che cosa è cambiato nella magistratura e nel suo organo di autogoverno a distanza di oltre due anni dallo scoppio del Palamaragate? La risposta è semplice: nulla. «Anche se appare incredibile, non si profila all’orizzonte alcuna efficace riforma e quelle che si profilano costituiscono un rischio di aggravamento della situazione». Lo scrivono i magistrati “dissidenti” di Articolo 101, il gruppo nato per contrapporsi alla strapotere delle correnti, in una mozione, poi non ammessa, presentata all’ultima assemblea dell’Associazione nazionale magistrati.

«La vicende accadute negli ultimi anni hanno reso manifesto a tutti il livello di degenerazione del Consiglio superiore della magistratura da lungo tempo denunciato da alcuni degli addetti ai lavori e agli osservatori attenti della materia», esordiscono i giudici Giuliano Castiglia, Stefania Di Rienzo, Ida Moretti e Andrea Reale. La spartizione degli incarichi, infatti, non è un tema recente. Sono anni che i gruppi della magistratura associata si spartiscono le nomine al Csm. Il Palamaragate ha soltanto contribuito a rendere di pubblico dominio un sistema rodato e collaudato. Nel mirino delle toghe antisistema è finita la “raccomandazione”, in proprio o da parte di terzi. Le chat contenute nel telefono di Palamara sono il migliore esempio possibile di come funziona il meccanismo: un pressing fortissimo sul consigliere del Csm per ottenere un incarico. Raccomandazione, poi, fa rima con ricerca del consenso. Il ragionamento sul punto è molto lineare.

Il Csm si è trasformato da organo di garanzia a organo di rappresentanza delle correnti e della gestione degli equilibri interni della magistratura, dando vita a un sistema clientelare che è habitat ideale per le pressioni dall’esterno.
Le toghe di Articolo 101 hanno anche fatto un elenco delle decisioni del Csmche sono maggiormente oggetto di condizionamento esterno: oltre agli incarichi direttivi e i “fuori ruolo”, i posti di consigliere di Cassazione, di sostituto procuratore generale e di addetto al Massimario. A tal proposito le toghe di Articolo 101 sottolineano le decisioni del giudice amministrativo che bocciano le scelte del Csm. Gli ultimi casi sono le nomine dei componenti del Comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura di Scandicci e dei procuratori aggiunti di Napoli. «La Commissione ha deciso prima il nominativo da proporre, sulla base di inesplicate ragioni, e successivamente ha confezionato la relativa motivazione predisponendo il testo da sottoporre al Plenum», aveva scritto il Tar a proposito degli aggiunti napoletani. Tutto ciò ha come conseguenza di indebolire l’esercizio della giurisdizione.

Rif: https://www.ilriformista.it/dopo-palamara-non-e-cambiato-nulla-spartizioni-e-clientele-toghe-sempre-uguali-249050/?refresh_ce

Corruzione in tribunale: chiesto il processo per il giudice Galiano e altri 20 imputati

BRINDISI – La procura di Potenza ha chiesto il rinvio a giudizio di 21 persone, tra cui il giudice civile di Brindisi, Gianmarco Galiano, accusate a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari, abuso d’ufficio, riciclaggio, autoriciciclaggio, falso in atto pubblico. L’udienza preliminare è fissata per il 10 novembre prossimo. Galiano era stato arrestato il 28 gennaio scorso insieme ad altre cinque persone: il consulente, ritenuto suo braccio destro, Oreste Pepe Milizia, l’imprenditore del settore surgelati Massimo Bianco, l’ex moglie e avvocata, Federica Spina, l’avvocato Francesco BiancoAnnalisa Formosi, presidente dell’ordine degli Ingegneri di Brindisi. Gli ultimi tre erano stati posti ai domiciliari, i primi in carcere. In tempi diversi sono tutti ritornati in libertà. Per alcuni di loro sono state disposte prescrizioni.

Le accuse

Secondo quanto emerso dalle indagini dei militari della guardia di finanza di Brindisi, coordinati dal procuratore di Potenza Francesco Curcio e dal sostitutoSarah Masecchia, il giudice Galiano avrebbe ricevuto per sé parte dei risarcimenti del danno concessi dalle assicurazioni in due cause civili: una del 2007, che si era occupata della morte di una ragazza di 23 anni, e un giudizio su bambino nato con traumi permanenti per colpa medica. Nel primo caso 300.000 euro sarebbero stati messi a disponibilità del giudice attraverso il conto intestato alla suocera. Nel secondo, l’importo ricevuto ammonterebbe a 150.000 euro. Le indagini si sono anche concentrate su un giro di sponsorizzazioni ruotate attorno ad alcune imprese sportive della barca di Galiano e a un consistente numero di consulenze concesse a professionisti ritenuti amici, nell’ambito dell’attività della sezione fallimentare del tribunale di Brindisi. Quattro le persone offese indicate: si tratta dei familiari del bambino disabile che potranno decidere se costituirsi o meno parte civile. Le difese sono sostenute dagli avvocati Raul Pellegrini, Domenico Attanasi, Giancarlo Camassa, Fabio Di Maria, Francesco Paolo Sisto, Riccardo Mele, Serena Tucci, Massimo Manfreda, Lorenzo Bullo, Michele Laforgia, Pasquale Fistetti, Sebastiano Flora.

Corruzione in Tribunale, chiesti 20 rinvii a giudizio. Scoperchiato a Brindisi un business illecito intorno ai fallimenti

Brindisi Galiano

Chiesti dalla procura di Potenza i rinvii a giudizio del giudice del Tribunale di Brindisi, Gianmarco Galiano (nella foto), e di altre 19 persone, tutti coinvolti in un’inchiesta su alcune procedure fallimentari che il 28 gennaio scorso portò a una serie di arresti. Tredici indagati, tra i quali il giudice e il commercialista ritenuto il suo braccio destro, Oreste Pepe Milizia, di Francavilla Fontana, sono accusati di aver costituito un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di più delitti di corruzione in atti giudiziari.

Galiano, ritenuto al vertice dell’organizzazione criminale, è accusato anche di essersi appropriato di parte dei risarcimenti riconosciuti a due coppie di genitori, una che aveva perso una figlia di 23 anni in un incidente stradale e l’altra per un figlio disabile in seguito a colpa medica. A decidere sarà il giudice per l’udienza preliminare il prossimo 10 novembre.

Restando poi sempre in Puglia e sempre sul fronte della corruzione in toga, è iniziata davanti al gup di Lecce l’udienza preliminare nei confronti di 9 persone, tra cui l’ex gip di Bari, Giuseppe De Benedictis, e l’ormai ex penalista Giancarlo Chiariello, e sia la Presidenza del Consiglio dei Ministri che il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Bari hanno chiesto di costituirsi parte civile. Gli imputati sono accusati di corruzione in atti giudiziari, ovvero di aver preso tangenti in cambio di scarcerazioni. Imputato anche un appuntato dei carabinieri in servizio nella sezione di polizia giudiziaria della Procura di Bari.

rif: https://www.brindisireport.it/cronaca/caso-galiano-chiesto-rinvio-giudizio-giudice.html