“Aiutata dal pm in cambio di favori sessuali”, patteggia l’avvocato di Lecce

Ho subito un processo mediatico”, è quanto dichiarato da Benedetta Martina, l’avvocatessa 32enne di Copertino, Comune in provincia di Lecce, finita nell’inchiesta che ha coinvolto il pm Emilio Arnesano arrestato su ordine della procura di Potenza per corruzione.

In manette è finita anche la giovane avvocatessa che, stando all’accusa, cedeva alle lusinghe sessuali del pubblico ministero in cambio di favori. Ora la giovane donna si trova agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione in atti giudiziari. Martina ha patteggiato la pena di due anni e otto mesi che sconterà in libertà, perché il giudice ha apprezzato lo spirito di collaborazione avuto sin dall’inizio dell’inchiesta, secondo quanto si legge sul giornale on line “LeccePrima“.

L’avvocatessa ha scelto il rito alternativo e non sosterrà nessun processo anche perché sostiene di averlo già subito un processo, quello, in molti casi più difficile da sostenere psicologicamente, sui mass media. “Sono stata condannata, quando ancora c’erano solo ipotesi di reato. Sono state divulgate foto di momenti della mia vita privata senza il minimo rispetto, senza un minimo di sensibilità per una donna che è prima di tutto mamma di una bambina molto piccola. Ho vissuto momenti drammatici che hanno lasciato in me segni profondi” ha dichiarato al quotidiano locale.

Stando all’accusa, la giovane avvocatessa avrebbe ottenuto vantaggi dal magistrato Arnesano durante i processi di alcuni suoi assistiti. Tornando alle dichiarazioni della donna, però, quelli in causa non erano suoi assistiti in quanto lei si è sempre occupata del tribunale di sorveglianza. E ha specificato che i rapporti intercorsi tra lei e il pubblico ministero, un uomo di 61 anni, erano solo di natura personale e non lavorativa.

L’unico favore che Arnesano avrebbe fatto a Martina, sempre secondo il racconto dell’avvocatessa, sarebbe stato nei confronti di un’amica di lei, Federica Nestola, anche lei 32enne di Leverano (sempre nel Leccese). Quest’ultima avrebbe superato l’esame di abilitazione alla professione forense nel 2017 grazie all’aiuto del magistrato.

Rif:http://www.ilgiornale.it/news/cronache/lecce-patteggia-lavvocatessa-finita-nellinchiesta-corruzione-1662418.html

Processo “Favori&Giustizia”: sul magistrato Arnesano franano nuove accuse

Posti di lavoro per suo figlio. Per la figlia di una avvocatessa che per telefono lo chiama amore. E per un concittadino di Carmiano. Grazie ai rapporti che avrebbe intessuto con i coimputati Ottavio Narracci, 59 anni, di Fasano, direttore generale della Asl di Lecce. E con il primario di Medicina del Lavoro del Vito Fazzi, Carlo Siciliano, 63 anni, di Lecce. Ed una raccomandazione per un medico aspirante primario nell’ospedale di Gallipoli.
Un nuovo spaccato dei rapporti che il pubblico ministero Emilio Arnesano, 62 anni, in servizio prima a Brindisi e poi a Lecce fino al 6 dicembre dell’anno scorso quando fu arrestato (la sua stanza intanto è stata assegnata ad un altro magistrato), avrebbe intrattenuto con i vertici della Asl, emerge dalle 53 pagine di intercettazioni ambientali e telefoniche depositate dal procuratore di Potenza, Francesco Curcio, nel processo per corruzioni in atti giudiziari in corso davanti ai giudici della sezione B del Tribunale lucano.
Quegli atti a firma del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Lecce entrano nel processo perché l’accusa vuole dimostrare quali fossero i rapporti fra gli imputati coinvolti nelle medesime vicende contestate come corruzione in atti giudiziari. Come l’assoluzione chiesta da Arnesano nel processo in cui Narracci rispondeva di avere usato l’auto blu della Asl per spostamenti personali e la barca di undici metri acquistata dal magistrato da Siciliano, ritenuto amico di Narracci, al costo di 28mila euro invece che di 45mila euro.
Fatti ormai noti, ma per i quali la Procura di Potenza scopre ora nuove carte per cercare di dimostrare i rapporti fra le parti rimasti ancora in ombra. In queste carte ci sono, ad esempio, messaggi e telefonate fra Arnesano e Narracci che invece non erano noti nell’ordinanza di custodia cautelare: messaggi tramite il telefono dell’amica avvocatessa. Messaggi comunque in codice, nel timore, esternato con veemenza, di essere intercettati: famiglia, la parola chiave, preceduta dal nome di battesimo di chi inviava il messaggio. I messaggi inviati da un dipendente di un’impresa affidataria di appalti della Asl, per chiedere e poi ottenere il prolungamento del suo contratto. Ed incontro con il magistrati: «Nel solito posto». Davanti all’ingresso di un hotel in periferia.
Le nuove carte dell’inchiesta dicono anche che Arnesano si sarebbe speso in prima persona per fare ottenere l’assunzione a tempo determinato al figlio nella Igeco costruzioni: 1200 euro al mese con la formula garanzia giovani. Facendo anche presente di avere pendente un fascicolo su questa impresa nel suo ufficio. Il tramite sarebbe stato Carlo Siciliano, medico del lavoro di quell’impresa. L’occasione, l’11 luglio del 2014 durante la cerimonia di assegnazione dalla The Yatch Harbour Association delle Cinque ancore al porticciolo turistico Marina di Brindisi, costruito e gestito dalla Igeco. Arnesano ne parlò nella sua Mercedes E250 la mattina del 6 ottobre dell’anno scorso, con un amico ingegnere, sostenendo anche di avere ricevuto un regalo dal primario di Neurologia Giorgio Trianni, anch’egli imputato nello stesso processo (pende una richiesta di patteggiamento ad un anno ed undici mesi di reclusione), Arnesano: «Le grandi opere che ho fatto, un riconoscimento. C’era invitata un sacco di gente. C’erano un sacco di persone, c’era un casino», la descrizione della cerimonia al Marina di Brindisi. «Ed io giustamente gli dissi, glielo, diciamo quella cosa per …? Ed andammo».
I rapporti con Ottavio Narracci. Rafforzano la tesi dell’accusa per i dati estrapolati dallo smartphone del direttore della Asl Lecce. I messaggi via Whatsapp, ad esempio, del 19 giugno dell’anno scorso (a due anni dall’assoluzione di Narracci). Arnesano: «Auguri, non vorrei disturbare, ma ti chiedo un appuntamento di 10 minuti. Appena puoi». Narracci: «Martedì prossimo?». Arnesano: «Ok, 9.30, solito posto va bene?». Narracci: «Ingresso Lecce?». Poi fa il nome dell’hotel. Arnesano: «Sì. Scusami, ma sono in udienza e tengo il telefono silenzioso e non sento i messaggi».
E.M.

rif:https://www.quotidianodipuglia.it/lecce/il_pm_voleva_posti_di_lavoro_nuove_accuse_contro_arnesano-4411736.html

Il pm Arnesano davanti al giudice: «Ho sbagliato, non sono un mostro»

Un’ora e un quarto davanti al giudice e al pm per affrontare tutte le questioni che lo hanno portato in carcere. Tanto è durato l’interrogatorio di garanzia di Emilio Arnesano, il sostituto procuratore di Lecce finito nei guai nell’ambito dell’inchiesta su un presunto sistema di scambi di favori – condito anche da prestazioni sessuali – che ha fatto tremare non solo il Palazzo di giustizia, ma soprattutto la Asl di Lecce. Un faccia a faccia serrato, durante il quale Arnesano palesa tutto il suo malessere per la piega presa dagli eventi ma allo stesso tempo cerca di allontanare da sé i sospetti sui reati che gli vengono contestati.
Il lato umano del magistrato caduto in disgrazia traspare spesso nelle carte, e attraversa tutto il suo racconto quando parla della barca pagata a un prezzo di favore, della battuta di caccia, dei processi sospetti. Arnesano si difende, in qualche modo: «Non sono il mostro che mi descrivono qui dentro. Qualche leggerezza l’ho fatta – ammette – non dico che non l’ho fatta per questa storia delle donne…». Leggerezze, certo, ma il fulcro dell’inchiesta – ovvero i favori ricevuti in cambio di un interessamento alle sorti processuali degli amici – viene fortemente respinto. «Lei si è messo a disposizione», gli contesta il procuratore capo di Potenza Francesco Curcio. «No, no – protesta Arnesano – nego questo fatto. Nego il nesso di causalità. Questo non c’era. Il problema era l’amicizia che mi legava a questa persona, a queste persone». E anche nel rapporto con l’avvocatessa Benedetta Martina, assicura il pm leccese, «io mi sono prestato per amicizia».
All’interrogatorio, condotto dal giudice per le indagini preliminari Amerigo Palma, era presente, oltre al procuratore Curcio, anche il sostituto Veronica Calcagno. Arnesano è incalzato da una serie di domande che lo colpiscono anche nel privato, soprattutto quando la discussione si sposta sui rapporti sessuali intrattenuti con le avvocatesse che chiedevano il suo intervento per le ragioni più disparate. Ma Arnesano ammette: «La prima cosa che farò: chiedere scusa a mia moglie e a mio figlio. Ho sbagliato. Io ho detto, se mi credete, se mi date atto, io da oggi, da ieri anzi, ho detto basta. Se mia moglie mi vorrà ancora, le chiederò scusa, perdono». «Ho sempre lavorato tanto – aggiunge più avanti -. Ultimamente mi ha preso questa mano qua di queste benedette ragazze. Ma adesso basta. Non ne voglio più sapere né di ragazze e né di quei galantuomini».
Su un punto in particolare Arnesano appare sicuro: il suo rapporto con il direttore generale della Asl Ottavio Narracci e l’iter che lo ha portato a seguire il suo processo. Secondo l’accusa, Arnesano avrebbe esplicitamente chiesto che gli venisse assegnato il fascicolo relativo a un processo per peculato a carico del dirigente sanitario. La sua ricostruzione è diversa: «Io non conoscevo Narracci né mai Carlo Siciliano (dirigente del dipartimento di Medicina del lavoro e Igiene ambientale, ndr) mi ha parlato di Narracci. La questione del processo Narracci avviene in questi termini: io capito in un’udienza penale per processi che seguo io in cui c’è anche questo processo Narracci della dottoressa Mignone, che aveva istruito la dottoressa Mignone». Arnesano spiega poi che successivamente avrebbe chiesto al procuratore aggiunto se stesse appunto seguendo la vicenda Narracci, e che la Mignone gli avrebbe risposto negativamente, invitando lui a seguirlo. Stando alla ricostruzione dell’accusa, il processo al dirigente Asl sarebbe stato viziato da uno scarso impegno di Arnesano: da qui il sospetto che il pm avesse voluto favorire Narracci chiedendone poi l’assoluzione. In particolare, gestendo in maniera insufficiente un testimone. Glielo contesta il procuratore capo: «Fa due domande. Due paginette! Un processo di peculato a un alto dirigente dello Stato si fa così?».
Insomma, nel corso dell’interrogatorio viene passato al setaccio più in generale il rapporto di Arnesano con tutti i dirigenti Asl coinvolti: non solo con Narracci e Siciliano, dunque, ma anche con Giuseppe Rollo, primario di Ortopedia, e Giorgio Trianni, primario di Neurologia, entrambi al Fazzi. In ogni caso, Arnesano nega il nesso di causalità tra favori ricevuti ed eventuali (e presunti) aiuti di carattere giudiziario. Una difesa strenua, quella di Arnesano. Che nel finale si lascia andare: «Procuratore, signor giudice: restituitemi alla mia famiglia. Non mi lasciate qui dentro». Poche settimane dopo gli vengono concessi gli arresti domiciliari.

rif: https://www.quotidianodipuglia.it/lecce/il_pm_arnesano_davanti_al_giudice_ho_sbagliato_non_sono_un_mostro-4321202.html

Lecce, pm arrestato per corruzione: sesso anche per pilotare l’esame da avvocato in programma l’11 dicembre

Lecce, pm arrestato per corruzione: sesso anche per pilotare l’esame da avvocato in programma l’11 dicembre

all’ordinanza che ha portato in carcere Emilio Arnesano emerge il tentativo di influenzare la prova dei prossimi giorni. Moneta di scambio nella corruzione, secondo l’accusa, sesso e favori anche spiccioli, come scatole di viagra gratis

L’aiuto durante l’esame da avvocato presumibilmente a fronte della richiesta di rapporti sessuali. Il pm della Procura di Lecce, Emilio Arnesano, da giovedì 6 dicembre nel carcere di Potenza, stava “di recente programmando di interferiresullo svolgimento delle prove scritte”, fissate per la prossima settimana, dall’11 al 13 dicembre. È questo che ha spinto la Procura lucana ad accelerare nella richiesta di custodia cautelare in carcere per il magistrato salentino accusato di corruzione. Dietro le sbarre anche un dirigente della Asl di Lecce, Carlo Siciliano, ritenuto il “trait d’union tra il comitato d’affari della sanità leccese e il magistrato infedele”. Gli interrogatori di garanzia per loro si sono tenuti stamattina, mentre slitteranno a lunedì quelli degli indagati finiti ai domiciliari, il direttore generale Asl Ottavio Narracci, due primari e un’avvocata.

Il rischio di influenzare la prova per l’abilitazione alla professione forenseavrebbe fatto il paio con il presunto condizionamento di un procedimento disciplinare, la cui discussione in seno all’Ordine degli Avvocati era in programma per ieri. Anche in questo caso, promessa di sesso in cambio di una raccomandazione al presidente del collegio di disciplina. Non solo. Secondo l’accusa, il pm stava tentando di allungare le mani su processi nella titolarità dei colleghi, per aggiustarli. E “recenti captazioni danno proprio atto di un ulteriore e recente accordo corruttivo tra il magistrato e un medico che gli fornisce gratuitamente medicinali (viagra) per pilotare, secondo il consolidato metodo di sostituzione in udienza, l’ennesimo procedimento penale, a carico del figliocciodel sanitario”. Tutto da provare. Sono queste, però, le motivazioni alla base dell’ordinanza di custodia cautelare emanata dopo appena quattro mesi di indagini. Che ora sono destinate ad allargarsi, “con l’emersione di ulteriori protagonisti di questo sistema di corruttela (ad es. altri sanitari per condizionare ulteriori processi penali, avvocati per avvantaggiare propri praticanti nel superamento delle imminenti prove scritte)”. “Verosimilmente, i procedimenti emersi in questi pochi mesi come oggetto di scambi corruttivi – scrive, infatti, il gip Amerigo Palma – potrebbero non essere gli unici ad aver subito gli effetti destanti e rovinosi del metodo delinquenziale con cui Arnesano ha svolto le funzioni di pm”.

Tanti gli episodi riportati, alcuni recentissimi. Tra i più significativi, ci sono proprio quelli relativi all’imminente esame di abilitazione alla professione forense. Il 27 novembre scorso, viene registrata la conversazione tra il pm Arnesano e un avvocato, G.G.: il legale chiede al magistrato di poter intervenire per far superare l’esame ad una sua praticante. Arnesano gli risponde che ha appena fatto lo stesso all’esame orale con una donna raccomandata da una sua conoscente, cioè l’avvocata Benedetta Martina, con la quale intrattiene rapporti intimi. “Un’ammissione di pubblico dominio, nei confronti di terzi non coinvolti direttamente in tale vicenda, particolarmente grave per la lesione dell’immagine della magistratura, professandosi appunto come sicuro riferimento per quanti volessero indebitamente ottenere vantaggi in cambio di rapporti sessuali”, è quanto annotano gli inquirenti lucani. Aggiunge, infatti, Arnesano che “aveva accettato la richiesta di aiuto a condizione che potessero concedersi a lui sia l’avvocato in questione che la candidata all’esame”, effettivamente poi superato. Nel caso della raccomandazione proposta da G.G., il magistrato chiede di incontrare la giovane, “verosimilmente per accertare di persona le fattezze di questa”. Dopo averla conosciuta, si dimostra ben disposto “ad avvicinare uno dei commissari”, un suo collega. Come fare a influenzare l’esame? Il metodo è rodato, a quanto pare: G.G. confida ad Arnesano di essere già riuscito in passato “a intervenire sulla prova scritta di alcuni candidati, facendo loro scrivere, sull’elaborato, delle frasi concordate che permettevano al commissario di turno da lui avvicinato di poter riconoscere le persone”.

La sponsorizzazione di una donna all’esame orale, poi, riempie diverse pagine dell’ordinanza. È, come detto, amica dell’avvocato Martina (finita ieri ai domiciliari), quest’ultima professionista che “non esita ad avere plurimi rapporti sessuali con l’Arnesano – scrive il gip – pur ammettendo esplicitamente con F.N. (la candidata) la propria ripugnanza fisica per il magistrato”. Anche per F.N. il baratto sarebbe dovuto consistere in un rapporto intimo e quando chiede a Martina come comportarsi con lui, lei le risponde: “Vattene conciata, tieni conto che Arnesano si butta eh (…) ogni volta per evitarlo che schifo perché poi è viscido, che schifo”. Tante, insomma, le ombre proiettate dall’inchiesta lucana su colui che viene definito come un “sostituto procuratore del tutto privo di qualsiasi frenoinibitorio” e che “si rendeva responsabile, a getto continuo, di molteplici episodi di corruzione e abuso, prostituendo l’esercizio della sua funzione in cambio di incontri sessuali ed altri favori”. Anche spiccioli. “Deve evidenziarsi – si legge nelle carte – come il non particolare valore dei favori ottenuti (ad esempio scatole di viagra) corrisponda non ad una minore tenuità delle sue condotte, ma piuttosto, ad una sua più accentuata pericolosità: svendere la funzione giudiziaria per un approccio sessuale, per una battuta di caccia o per ottenere significativi scontinell’acquisto di barche, appare il segno di una personalità ormai criminale”. Ora le indagini saranno estese anche agli altri fascicoli ancora sulla scrivania e “per i quali vi sia il sospetto che siano stati utilizzati come strumento per ottenere favori”.

Rif:https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/12/07/lecce-pm-arrestato-per-corruzione-sesso-anche-per-pilotare-lesame-da-avvocato-in-programma-l11-dicembre/4821019/

Magistrati arrestati, D’Introno: «Nardi aveva conti in Vaticano, gli ho dato 1,5 mln»

L’imprenditore di Corato conferma anche le mazzette a Savasta, oltre a Rolex e gioielli. Soldi prelevati anche in Svizzera

Un milione e mezzo di euro dati a Michele Nardi, l’ex gip tuttora in carcere che avrebbe ricevuto anche regali in natura tra cui un Rolex, diamanti, viaggi e lavori di ristrutturazione, poi altri 500mila euro all’ex pm Antonio Savasta. Il tutto per provare a sistemare i suoi problemi giudiziari. L’incidente probatorio nell’inchiesta sulla giustizia truccata a Trani si è aperto con la confessione di Flavio D’Introno, l’imprenditore di Corato che con il suo racconto è già stato determinante per gli arresti disposti a gennaio dalla Procura di Lecce. E che ieri – confermando il racconto delle mazzette pagate ai giudici – ha depositato un memoriale di 60 pagine con cui ha aperto pure nuovi capitoli: «Nardi – ha detto rispondendo alle domande del procuratore Leonardo Leone de Castris e della pm Roberta Licci – mi disse di avere anche un conto allo Ior, e di temere che i soldi depositati nella banca del Vaticano potessero sparire».

rif: https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/bat/1140973/magistrati-arrestati-d-introno-nardi-aveva-conti-in-vaticano-gli-ho-dato-1-5-mln.html

Operazione anticorruzione, arrestato il giudice Alberto Capuano

Operazione anticorruzione, arrestato il giudice Alberto Capuano

Il magistrato, ex gip del tribunale di Napoli, è giudice nella sezione distaccata di Ischia. Coinvolte anche altre quattro persone. L’Anm locale: “Siamo sgomenti, ma la magistratura è sana”

È Alberto Capuano il giudice arrestato nel blitz dei poliziotti della squadra mobile di Roma, nel corso di un’operazione anticorruzione della polizia, coordinata dalla Procura capitolina. Il magistrato sarebbe al centro di un sistema corruttivo e sarebbero emersi collegamenti degli arrestati con appartenenti alla camorra. Non sono contestate aggravanti mafiose.

Capuano, 60 anni, è giudice nella sezione distaccata di Ischia, in precedenza è stato gip presso il tribunale di Napoli. Insieme a lui sono finiti in carcere il consigliere circoscrizionale di Bagnoli Antonio Di Dio (66 anni), Giuseppe Liccardo (31 anni), pregiudicato e ritenuto vicino al clan Mallardo di Giugliano, e il libero professionista Valentino Cassini (52 anni). Arresti domiciliari per l’avvocato Elio Bonaiuto (71 anni).

I soggetti sono indagati “per i reati di corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione in atti giudiziari, traffico di influenze illecite, millantato credito, tentata estorsione, favoreggiamento personale”. Lo fa sapere la questura di Roma.

“Le notizie di stampa relative all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un giudice del Tribunale di Napoli, indagato per gravissimi fatti di corruzione in atti giudiziari e, addirittura, accusato di aver avuto contatto con sodalizi camorristici, lasciano sgomenti i magistrati del Distretto”.  È quanto si legge in una nota della Giunta esecutiva dell’Associazione nazionale magistrati sezione di Napoli.

“La magistratura napoletana – aggiunge la nota – è un’istituzione sana, quotidianamente impegnata con professionalità e dedizione in delicatissime funzioni giudiziarie di ripristino della legalità e di contrasto della criminalità anche organizzata. Ribadisce a voce alta che il rigore etico e deontologico costituisce un indefettibile presupposto per la credibilità dell’istituzione. Stigmatizza senza riserve le condotte, da accertare nelle sedi competenti, di chi tradisce questi valori”.

Biglietti aerei, tessere gratis  per stabilimenti balneari e perfino l’acquisto di pastiere e bottiglie di vino. C’è anche questo tra le utilità che il giudice Capuano avrebbe ottenuto in cambio di favori. Nell’ordinanza, il gip della capitale scrive che “tutto si può ottenere, tutto si può comprare attraverso il giudice Capuano, che vanta vere o presunte influenze su numerosi altri magistrati del tribunale e della Corte di Appello di Napoli ed è pronto a spendere i suoi rapporti in cambio di elargizioni di denaro ed altre utilità anche di entità economica relativamente modesta oltre a lavori di ristrutturazione, biglietti aerei intercontinentali e pacchetti vacanze in Colombia a prezzi di favore, tessere gratis per stabilimenti balneari ma anche pastiere e bottiglie di vino, fino alle somme di denaro in contanti”.

Favori in cambio di denaro non solo ad amici e conoscenti ma anche a persone legate alla camorra ed in particolare al clan camorristico dei Mallardo di Giugliano. C’è anche questo tra le accuse rivolte. Secondo quanto ricostruito dalla procura e dalla Squadra mobile di Roma, il giudice avrebbe accettato da due intermediari di Giuseppe Liccardo, pregiudicato del clan, la promessa di una grossa somma di denaro, circa 70mila euro, “20 prima e 50 dopo”,  in cambio dell’intervento del giudice su uno o più componenti un collegio penale, designato per decidere il processo penale a carico di Giuseppe Liccardo, del fratello Luigi e della madre Granata. I tre  sono imputati per violazione dell’articolo 12 d.L. 306/1992, Che riguarda il trasferimento illecito di valori, in continuità con il clan mafioso dei Mallardo. Lo scopo: ottenere un’assoluzione nel corso dell’udienza finale del processo che si sarebbe dovuta celebrare il 25 giugno scorso, poi rinviata di qualche mese.

In un’intercettazione contenuta nell’ordinanza di custodia cautelare si sente un intermediario che riferisce a Liccardo le rassicurazioni del giudice Capuano: “Mi ha detto: dì ai ragazzi che stiano tranquilli (…). Il presidente è una cosa loro, già sa tutte cose, ok? (…) Però già aveva parlato con il nuovo collegio, il presidente è una cosa sola con loro. Già sanno tutto. Anche se l’avvocato ti ha detto la prescrizione, loro devono uscire assolti a te e a tutta la famiglia, sarete assolti, punto”.

Liccardo, preso atto delle notizie, specificava che non voleva solo l’assoluzione per sè e per tutti gli imputati della sua famiglia – scrive il gip di Roma nell’ordinanza – ma anche il dissequestro dei beni, ottenendo anche in questo caso esplicita rassicurazione da uno dei due intermediari, Antonio Di Dio: “È automatico che ti ridanno i beni, è chiaro che quando vieni assolto ti ridanno pure i beni, è abbinato hai capito?”.

Capuano doveva intervenire ad un convegno antimafia, in programma domani pomeriggio nel Palazzo di Giustizia di Napoli. Stretto riserbo sulla vicenda viene mantenuto dal facente funzione di presidente del Tribunale mentre, per l’ex presidente Ettore Ferrara, da appena tre giorni in quiescenza, “la magistratura sta vivendo un brutto periodo”.

“Sono sorpreso, dispiace molto”. Così l’assessore all’Ambiente del Comune di Napoli Raffaele Del Giudice commenta l’arresto di Antonio Di Dio, consigliere municipale della Decima Municipalità (Fuorigrotta, Bagnoli) coinvolto nell’inchiesta della Procura di Roma. Di Dio era stato eletto nel 2016 con la lista “Solo Napoli”, che prendeva il nome del movimento che faceva capo proprio a Del Giudice, all’epoca vicesindaco di Napoli, e che è stato sciolto già da diverso tempo. Inoltre, sottolinea Del Giudice, “Di Dio era fuoriuscito dalla maggioranza più di un anno e mezzo fa”.

Rif: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2019/07/03/news/corruzione_operazione_san_gennaro_cinque_arresti_tra_cui_anche_un_giudice_napoletano-230212305/

Magistrati corrotti, le dichiarazioni choc del pentito su Seccia. Dal bacio con l’uomo del clan allo scandalo corruzione di Trani, quante ombre nella carriera del pm Antimafia

Il “metodo” Seccia ha radici lontane, risalenti alla fine degli anni ’90. Il magistrato barlettano, ex pm della DDA di Bari e procuratore di Lucera, si occupò di mafia garganica per buona parte della sua carriera prima di finire a Roma presso la Cassazione. Ma nelle ultime settimane sulla testa del magistrato sono comparse nubi oscure. Seccia, infatti, è stato tirato in ballo nella storia dei pm corrotti della Procura di Trani dove anche lui lavorò una decina di anni fa. Mazzette per aggiustare i processi di un imprenditore. “Per spaventarmi diceva che mi avrebbe mandato la mafia del Gargano”, ha raccontato la vittima agli inquirenti parlando di Seccia come di un “uomo pericoloso”.

E facendo un salto indietro di circa un ventennio, a cavallo tra la fine degli anni ’90 e i primi del 2000, ecco comparire altre vicende che videro il magistrato al centro di intrighi e soprusi. Presunti legami con malavitosi e altri illeciti raccontati dal pentito Michele Dicuonzo, alias ‘il piazzato’, boss mafioso di Barletta del clan Cannito-Lattanzio, a Michele Emiliano, il governatore della Regione Puglia che all’epoca era pubblico ministero. Verbali di interrogatorio in possesso de l’Immediato che gettarono ombre sul pm Seccia. Il tutto arricchito da materiale video molto compromettente per il magistrato barlettano.

Dichiarazioni che fecero emergere un quadro allarmante attorno alla figura di Seccia, il quale avrebbe utilizzato mezzi e personale dei vigili urbani di Trani e Barletta per farsi accompagnare/scortare sul posto di lavoro, in palestra o, addirittura per far consumare i bisogni mattutini al suo cane (nella foto sotto, il comandante dei vigili dell’epoca con il cane del pm)